Cure palliative perinatali: quando il neonato soffre di una malattia inguaribile

MEDICINA ONLINE PARTO PREMATURO PRETERMINA NEONATO BAMBINO INCUBATRICE VENTILATORE SONDINO BAMBINO BIMBO GRAVIDANZA MATERNITA INCINTA Premature_infant_with_ventilatorCon “Cure palliative perinatali” (da cui l’acronimo “CPPn” o “CPP“; in inglese “Perinatal palliative care“, da cui l’acronimo “PPC“) in medicina si intende un insieme di modelli di assistenza perinatale integrati e multispecialistici dedicato a feti, neonati e bimbi molto piccoli che soffrono di patologie, in genere gravi e congenite (cioè già presenti alla nascita), per le quali è prevedibile una aspettativa di vita molto limitata e/o una situazione di impossibilità di guarigione. L’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) definisce le cure palliative pediatriche come l’attiva presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino a partire dalla diagnosi di malattia. Queste prevedono il supporto attivo non solo del neonato, ma anche della famiglia; la casa del bimbo rappresenta, nella maggior parte dei casi, il luogo scelto ed ideale di assistenza e cura. Un recente studio osservazionale condotto in un centro perinatale di Berlino su circa 10 mila neonati, ha identificato un 18% di pazienti affetti da patologia ad aspettativa di vita limitata e di questi solo l’1,5% veniva avviato ad un percorso di Cure palliative perinatali. Il team delle Cure palliative perinatali lavora a stretto contatto con quello della Terapia intensiva neonatale (TIN). Con l’espressione “Cure palliative pediatriche” (in inglese “Pediatric palliative care” da cui l’acronimo “PPT“) in genere ci si riferisce a cure dirette a bambini in età più avanzata rispetto a quella di un neonato (ricordo che un neonato viene considerato tale solo entro il primo mese di vita).

Piano di Cure palliative avanzato

La presa in carico del neonato con malattia grave ed inguaribile avviene al momento della diagnosi, che spesso è prenatale (prima della nascita) ma può anche avvenire al momento della nascita o entro poco tempo dalla nascita. La presa in carico avviene contestualmente alla definizione del Piano di Cure palliative avanzato. La formalizzazione del Piano di Cure palliative avanzato è l’elemento portante del percorso di cura palliativa nei confronti del neonato e deve essere inteso come un processo continuo multidisciplinare e interdisciplinare. L’équipe di cura, attraverso numerosi contatti e incontri con la famiglia, dovrà cercare di costruire un rapporto di fiducia e condividere le conoscenze mediche in quel momento disponibili. Inoltre il team dovrà esporre la diagnosi della patologia, l’aspettativa di vita limitata e gli obiettivi di cura che possono essere sia curativi che “palliativi“, cioè che non curano a monte la patologia, ma alleviano i sintomi spiacevoli che essa determina, come ad esempio il dolore. Nel Piano di Cura avanzato sono incluse anche le decisioni sul fine vita, che tengono in considerazione i desideri ed i valori personali e religiosi della famiglia. Ogni Piano di Cura avanzato è unico, ritagliato sulle specifiche esigenze del neonato e della sua famiglia ed è uno strumento che va aggiornato e ridiscusso ogni qualvolta se ne ravveda la necessità, ad esempio per mutate condizioni di salute del neonato.

Quali bambini sono destinati alle Cure palliative perinatali e pediatriche?

Il confine tra neonato o bambino che possa essere o meno destinato alle cure palliative, è ancora oggetto di dibattito. Nel 2004 The Association for Children with Life-limiting and Terminal Illness ed il Royal College of Paediatrics and Child Health2, hanno cercato di sistematizzare l’eleggibilità dei bambini con patologia inguaribile alle Cure Palliative Pediatriche, individuando quattro categorie di pazienti:

  1. Bambini con patologie per le quali esiste un trattamento specifico, ma che può fallire in una quota di essi. (patologie life-threatening) Le cure palliative intervengono quando il trattamento volto alla guarigione fallisce (ad esempio neoplasie ed insufficienza d’organo irreversibile);
  2. Bambini con patologie in cui la morte precoce è inevitabile, ma cure appropriate possono prolungare ed assicurare una buona qualità di vita (Patologie life-limiting; ad esempio fibrosi cistica);
  3. Bambini con patologie progressive, per le quali il trattamento è quasi esclusivamente palliativo e può essere esteso anche per molti anni (Patologie life-limiting; ad esempio malattie degenerative neurologiche e metaboliche, patologie cromosomiche e geniche);
  4. Bambini con patologie irreversibili ma non progressive, che causano disabilità severa, e morte prematura (ad esempio paralisi cerebrale severa, disabilità per sequele di danni cerebrali e/o midollari).

Questa categorizzazione però non risolve appieno la definizione dei criteri di eleggibilità: persiste infatti, per alcune categorie (per esempio la patologia oncologica) l’estrema difficoltà di definire quando un bambino sia o meno inguaribile; inoltre ogni categoria di pazienti presenta una grande diversità di forme morbose interessate, imprevedibilità dell’andamento clinico ed eterogeneità importante di storie di malattia e di bisogni innescati. In termini epidemiologici in ambito pediatrico vi è una prevalenza maggiore di pazienti affetti da malattia cronica piuttosto che oncologici in fase terminale.
Oltre alla diagnosi di inguaribilità, il parametro che gioca un ruolo determinante nella definizione della eleggibilità alle cure palliative in età pediatrica, è il concetto di bisogni di cura del bambino e della sua famiglia: clinici, psicologici, sociali, organizzativi, spirituali ed etici. A tale scopo sono state individuate delle situazioni favorevoli o “green lights” per considerare un bambino eleggibile alle cure palliative:

  • bambino con una nuova diagnosi di malattia life-threatening o life-limiting;
  • difficile gestione del dolore o di altri sintomi;
  • tre o più ricoveri urgenti per problematiche cliniche gravi in un periodo di 6 mesi;
  • prolungato ricovero (oltre 3 settimane) senza evidenza di miglioramento clinico;
  • prolungato ricovero in terapia intensiva (oltre 1 settimana) senza evidenza di un miglioramento clinico;
  • posizionamento di presidi invasivi (ad esempio tracheostomia)
  • bambino e/o famiglia con bisogni psicosociali complessi, limitato sostegno sociale o entrambi;
  • bambino seguito da più di 3 servizi specialistici, con potenziale difficoltà nella comunicazione interdisciplinare;
  • bambino con difficile e complesso passaggio di consegne tra il setting ospedaliero e quello domiciliare;
  • bambino e/o famiglia con necessità di prendere decisioni difficili e significative
  • difficoltà ad ottenere un consenso tra bambino, famiglia, équipe medico sugli obiettivi di cura e di gestione (es. manovre di rianimazione, uso di nutrizione parenterale/idratazione ev o proseguimento della chemioterapia nella terminalità);
  • bambino e/o famiglia in difficoltà rispetto alla decisione di eventuali manovre di rianimazione;
  • dibattiti etici relativi alle cure palliative espressi da bambino, famiglia o équipe medica;
  • bisogno di supporti o presidi medici ad uso continuo o monitoraggio laboratoristico;
  • frequente ad opera del servizio domiciliare, se questi servizi non sono prontamente disponibili nell’ambito cure primarie territoriali;
  • previsione di esiti complessi in caso di sopravvivenza, ad esempio una grave tossicità da terapia a lungo termine;
  • previsione di bisogni complessi nel periodo del lutto.

Obiettivi

Le Cure palliative perinatali hanno tre obiettivi principali. Il primo è quello di ottimizzare e migliorare il più possibile la qualità di vita dei neonati con bassa aspettativa di vita e/o che soffrono di malattie incurabili, lenendo la loro sofferenza o altri sintomi spiacevoli provocati dalla malattia. Il secondo è quello di creare le condizioni di salute per favorire la più alta aspettativa di vita possibile per il neonato. Il terzo è quello di migliorare il più possibile la qualità della vita dei membri della famiglia del neonato, offrendo anche un supporto psicologico mirato a sopportare il difficile momento che stanno affrontando. Tali tre obiettivi si raggiungono grazie all’azione sinergica di tutti i componenti del team multidisciplinare che si occupa delle CPPn, che dovranno:

  • costruire un rapporto di fiducia con la famiglia;
  • riconoscere i bisogni specifici e le aspettative del neonato e della sua famiglia;
  • valorizzare la genitorialità con un coinvolgimento discreto ma sostanziale (empowerment);
  • essere attenti alla multiculturalità del neonato e della sua famiglia, venendo incontro ai principi etico-morali della loro cultura di riferimento;
  • promuovere una comunicazione attenta e trasparente tra famiglia ed équipe, usando sempre un linguaggio chiaro e comprensibile da parte della famiglia;
  • valutare gli obiettivi di cura e le scelte raggiunte tra équipe curante e genitori;
  • informare adeguatamente le famiglie sulla situazione e sulle possibilità di cura disponibile;
  • formalizzare un Piano di Cura avanzato condiviso con la famiglia e tutti i professionisti coinvolti ed allegarlo alla documentazione clinica;
  • definire e condividere il piano di comfort care e le cure di fine vita;
  • predisporre un supporto per l’elaborazione del lutto;
  • supportare gli eventuali bisogni spirituali e religiosi della famiglia anche con l’obiettivo di risolvere possibili conflitti insiti nel processo decisionale;
  • creare un network di cura in caso di trasferimento ad altra struttura o domiciliazione, interagendo con il territorio;
  • prendersi cura del team curante con un supporto psicologico mirato ed attività di debriefing che consentano una maggior condivisione soprattutto nei percorsi particolarmente difficili.

Quale personale è presente in una CPPn?

Una struttura per le Cure palliative perinatali è gestita da un team multidisciplinare che può comprendere numerose figure professionali, tra cui medici neonatologi, pediatri palliativisti, ostetriche, genetisti, chirurghi pediatrici, bioeticisti, esperti in multiculturalità, infermieri, psichiatri, psicologi, medici legali e altri operatori. Empatia, umanità, discrezionalità, vicinanza, delicatezza, oltre ovviamente ad ampie competenze relative al proprio campo lavorativo, sono tutti aspetti importanti che vanno coltivati dai singoli operatori coinvolti nelle Cure palliative perinatali.

Scheda ACCAPED

Per valutare l’entità e complessità dei bisogni assistenziali della condizione di salute del bambino in situazioni cliniche di inguaribilità e/o di cronicità, si usa la Scheda ACCAPED. ACCAPED è l’acronimo di “ACcertamento dei bisogni Clinico Assistenziali complessi in PEDiatria”. Per approfondire, leggi: Scheda ACCAPED: cos’è, quando serve, cosa valuta nel bambino?

Livelli di cura

Le cure palliative in neonati e bambini possono essere distinti in diversi livelli di cura in base alla gravità della situazione:

  • Primo livello di cura – “approccio palliativo”: si applica in caso di bisogni di cura di bassa-media entità, che richiedono interventi di Cure Palliative Pediatriche di base. Tali interventi devono essere assicurati da tutti i professionisti della salute formati in materia;
  • Secondo livello di cura – “Cure Palliative Pediatriche generali”: si applica in caso di bisogni di cura moderati/elevati, che richiedono l’intervento di quei professionisti che si occupano della patologia in causa ma che hanno anche preparazione e competenze specifiche in Cure Palliative Pediatriche. Le Cure Palliative Pediatriche generali possono richiedere supporto e supervisione anche da parte di una équipe specialistica in Cure Palliative Pediatriche.
  • Terzo livello di cura – “Cure Palliative Pediatriche specialistiche”: si applica in caso di bisogni di cura elevati; queste situazioni richiedono l’intervento continuativo di professionisti esclusivamente dedicati alle cure palliative pediatriche operanti in équipe multiprofessionali e multidisciplinari specifiche.

Dove si trovano le CPPn in Italia?

Attualmente le Cure palliative perinatali sono ancora limitate a solo cinque centri in Italia, tutti dislocati nelle regioni centro-settentrionali (mentre nessun centro è presente nel sud). Tra gli Hospice Perinatali attivi in Italia ricordiamo il Perinatal Hospice “La Quercia Millenaria ONLUS” presso l’Ospedale Agostino Gemelli di Roma; il Perinatal Hospice “La Quercia Millenaria ONLUS” presso l’Ospedale Santa Chiara di Pisa; il Perinatal Hospice presso l’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. L’appello della Società Italiana di Neonatologia nella scorsa Giornata Nazionale del Sollievo (28 maggio) è stato a riguardo: “E’ importante creare una o più strutture in ogni regione del nostro Paese e garantire così le giuste cure a tutti, grazie anche a una rete di professionisti specializzati”.

Cure palliative perinatali e legge italiana

In Italia, la legge che regolamenta lo sviluppo dei percorsi di Cure Palliative (anche in ambito pediatrico e neonatale) è la legge del 15 marzo 2010, n. 38 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”. La legge 38/2010 impegna il sistema a occuparsi di cure palliative (CP) e terapia del dolore (TD) in tutti gli ambiti assistenziali, in ogni fase della vita e per qualunque patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per le quali non esistono terapie o, se vi sono, risultano inadeguate ai fini della stabilizzazione della malattia. Questa legge è molto importante perché puntualizza chiaramente che la sofferenza non deve più essere un aspetto inevitabile di un percorso di malattia, ma è una dimensione che va affrontata con serietà ed in modo sistematico, ridefinendo la ridefinizione dei modelli assistenziali, creando reti assistenziali specializzate, ponendo l’attenzione anche sulla specificità pediatrica, semplificando le procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore e realizzando di campagne istituzionali di comunicazione tese ad informare i cittadini sull’esistenza di programmi di assistenza in materia di cure palliative e di terapia del dolore.
L’art. 2, comma 1, lettera a), della Legge 38/2010 definisce le cure palliative come “L’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”.
L’art. 2, comma 1, lettera b), della Legge 38/2010 definisce la terapia del dolore come “L’insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore” .

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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