“I miei genitori mi dicevano, in tedesco, che ero uno “stupido cane”. Gli insegnanti e persino il preside mi ripetevano che non avrei combinato niente nella vita. Non avevo amici, perché passavo il tempo a casa in punizione, a causa dei voti bassissimi a scuola, e per vedere qualche ora di tv dovevo convincere mamma che il programma aveva uno scopo educativo. Intanto ogni commento mi ha piazzato un chiodo nel cuore e mi ha fatto sempre sentire inferiore. Più mi impegnavo e meno riuscivo a fare i conti, leggere bene o ricordare lo spelling delle parole.
Anche nel bel mezzo di Happy Days, all’apice della mia fama e del mio successo, mi sentivo imbarazzato, inadeguato.
Ogni lunedì alle 10 avevamo una lettura al tavolo del copione della settimana e a ogni lettura perdevo il filo o inciampavo. Tralasciavo una parola, una battuta.
Non riuscivo mai a dare la battuta giusta, il che mandava a monte la battuta della persona che recitava la scena con me. Oppure fissavo una Continua a leggere