In un precedente articolo, ci siamo occupati tre processi chiave (“processi centrali”) che modellano lo sviluppo della prima infanzia: la maturazione fisica, l’esplorazione e l’attaccamento; in questo articolo ci occuperemo invece di un quarto concetto che modella i comportamenti del bambino: le influenze “esterne” rappresentate da eventuali malattie e l’ambiente famigliare. Nonostante lo sviluppo infantile sia “robusto e ben corazzato”, tuttavia i bambini piccoli possono infatti essere deviati da questa comune traiettoria da circostanze di vario genere: malattie e famiglia.
I danni organici
L’influenza potenziale più ovvia è rappresentata da alcuni danni all’organismo, causati da anomalie genetiche, da malattie ereditarie, o dagli effetti dei teratogeni durante la vita intrauterina, ma anche in casi del genere, c’è un’interazione tra natura e cultura. Le conseguenze a lungo termine di tali danni possono essere più o meno gravi a seconda
della ricchezza o della disponibilità dell’ ambiente in cui il bambino cresce.
L’ambiente familiare
Ci sono almeno due modi di analizzare l’ambiente familiare e uno di questi è cercare di definire un ambiente «ideale» che sostenga, arricchisca e favorisca al massimo lo sviluppo ottimale del bambino. Le ricerche di questa tradizione confermano che l’ambiente ideale è quello in cui il bambino ha la possibilità di esplorare oggetti diversi con una certa libertà e con adulti affettuosi, disponibili e sensibili, che gli parlano spesso e rispondono ai suoi segnali.
In alternativa, possiamo osservare gli effetti di ambienti molto poveri. Molti psicologi sostengono che la maggior parte degli ambienti garantisce uno sviluppo normale e
che soltanto quelli che deviano dalla norma in modo rilevante causeranno problemi gravi e duraturi, specialmente se anche il bambino porta nel processo una certa
vulnerabilità. I casi gravi di trascuratezza e di maltrattamenti dovrebbero rientrare in questa categoria, ma anche una depressione profonda e duratura di un genitore o i continui sconvolgimenti e gli stress della vita familiare.
Vorrei precisare ancora una volta che il bambino è integrato nella famiglia, ma la famiglia è parte di un sistema economico, culturale e sociale allargato, che può avere influenza diretta e indiretta sul bambino. Vi farò due esempi. L’aspetto più ovvio è che la situazione economica complessiva dei genitori può avere un impatto di vasta portata sulle esperienze di vita del bambino. Le famiglie povere sono meno in grado di fornire un ambiente protetto e tranquillo, infatti, i loro bambini hanno maggiori probabilità di essere esposti alle tossine ambientali, hanno minori probabilità di usufruire di cu-
re mediche regolari, comprese le vaccinazioni e le loro diete sono spesso insufficienti dal punto di vista nutrizionale.
Se queste famiglie mettono i bambini al nido generalmente non sono in grado di scegliere quelli di buona qualità e spesso devono spostare i loro bambini da una si-
stemazione all’altra. Messe tutte insieme, le differenze sono grandi. Gli effetti non si vedono immediatamente – i bambini cresciuti in famiglie povere non appaiono molto
diversi da quelli cresciuti in buone condizioni economiche – ma la differenza inizia a essere evidente a 2, 3 o 4 anni.
Un altro esempio, che riguarda tutti i ceti sociali, è l’effetto del sostegno sociale che i genitori ricevono. Le madri e i padri che si sentono adeguatamente appoggiati han-
no generalmente bambini con attaccamento sicuro, sanno affrontare meglio lo stress di un bambino nato sottopeso o dal temperamento difficile e così via.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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