La malattia di Whipple (WD) è una rara malattia infettiva cronica caratterizzata da un quadro clinico di malassorbimento severo e da un esame istologico che rivela la presenza di macrofagi PAS nei linfonodi (ingranditi, specie quelli mesenterici), nel tratto intestinale ed in altri tessuti. La patologia è causata da un batterio bastoncelliforme chiamato Tropheryma whipplei. Ancora sconosciuta è la modalità del contagio; forse possibile è la familiarità. Non sono mai state descritte delle epidemie di tale malattia. La malattia causa sintomi locali e sistemici: si tratta quindi di un’infezione batterica che diventa sistemica, oppure che determina sintomi sistemici tramite tossine in circolo. E’ una malattia curabile ma insidiosa perché rara, il che comporta spesso una diagnosi tardiva.
Origine del termine e sinonimi
La malattia di Whipple è così chiamata dal medico patologo statunitense George Whipple, che per primo la descrisse nel 1907. Anche il batterio che la causa prende il nome dallo stesso medico. Altri nomi con cui viene chiamata la malattia di Whipple, sono:
- lipodistrofia intestinale;
- granulomatosi lipofagica intestinale;
- morbo di Whipple;
- sprue non tropicale secondaria.
Diffusione
L’incidenza nei paesi dell’Europa centrale è inferiore a 1 per milione all’anno: è una malattia rara. Fino al 1990 sono stati descritti in letteratura solo 617 casi di malattia di Whipple. E’ più frequente negli uomini che nelle donne. L’età di esordio è variabile: la patologia può esordire a qualsiasi età, anche se è rarissima in età pediatrica.
Cause
La malattia di Whipple è causata da una infezione cronica batterica da Tropheryma whipplei. Tale microrganismo è un batterio gram positivo, in grado di causare anche endocardite. E’ stato osservato negli impianti di depurazione delle acque di scarico e viene espulso attraverso le feci dai portatori sani e dai lavoratori degli impianti. Le circostanze che favoriscono l’infezione non sono note, ma si sospetta una predisposizione immunologica acquisita, genetica o ambientale.
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Sintomi
Il quadro clinico è variabile: alcuni sintomi sono frequenti anche se non sono presenti necessariamente in tutti i pazienti: perdita di peso, poliartrite, diarrea/malassorbimento, febbre, linfadenopatia, valvulopatia cardiaca, endocardite negativa all’esame colturale, pleurite, malattia infiammatoria dell’occhio e tenosinovite recidivante. In alcuni casi, possono essere presenti sintomi cerebrali complessi (comprese le disfunzioni cognitive, l’oftalmoplegia e il mioclono). I sintomi possono essere distinti in quattro categorie principali:
- sintomi gastrointestinali: malassorbimento, perdita di peso, febbricola, linfoadenopatia nel 90% dei casi (i più frequenti);
- sintomi articolari: artralgia migrante nel 60% dei casi;
- sintomi neurologici: demenza, oftalmoplegia, contrazioni cloniche della muscolatura facciale nel 30-40% dei casi;
- sintomi cardiaci: endocardite e pericardite nel 10-20 % dei casi (i meno frequenti).
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Diagnosi ed anatomia patologica
La diagnosi è spesso tardiva, perché la malattia è rara e non viene presa in considerazione inizialmente dal medico. Si basa su anamnesi ed esame obiettivo ma per la diagnosi di certezza è necessario il riconoscimento istologico – da parte di un patologo – dei batteri bastoncelliformi fagocitati o liberi, attraverso la colorazione acida periodico-reattiva di Schiff (PAS) nei macrofagi della mucosa duodenale o di altri tessuti. Possono essere ottenuti risultati falsi positivi e falsi negativi. La diagnosi nei tessuti extraintestinali deve essere accertata con la reazione a catena della polimerasi (PCR), positiva al DNA di Tropheryma whipplei. Dato che la maggior parte dei pazienti affetti da WD con liquido cerebrospinale (CSF) infetto sono asintomatici al momento della diagnosi, il CSF deve essere esaminato e valutato in relazione alla WD in tutti i pazienti prima della terapia antibiotica.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale si pone con la poliartrite sieronegativa, la spondilite anchilosante, l’endocardite con esame colturale negativo, la vasculite, la sindrome da malassorbimento, il linfoma, la malattia cerebro-vascolare, la demenza, l’infezione da HIV, la micobatteriosi atipica e la sarcoidosi (si vedano questi termini).
Terapia
Il trattamento consiste, all’inizio, nella somministrazione di antibiotici per endovena, seguita da 6-12 mesi di terapia antibiotica di mantenimento. Di solito la terapia assicura buoni risultati, anche se frequentemente si verificano ricadute che necessitano di nuova terapia antibiotica. La terapia maggiormente utilizzata al momento è rappresentata da ceftriaxone o penicillina e.v. seguita da cotrimoxazolo orale per un anno. Buoni risultati sono stati anche ottenuti con CAF (Cloramfenicolo), Claritromicina, Doxiciclina, Eritromicina, Penicillina e Streptomicina. Nei casi di Whipple con sintomatologia neurologica si comincia il trattamento con Cotrimossazolo per endovena, il quale ha la capacità di superare la barriera emato-encefalica, e passare alla somministrazione orale solo dopo alcune settimane.
Complicanze
Se la malattia non viene trattata, o è curata in modo inefficace, è inesorabilmente progressiva e può condurre al decesso del paziente per deperimento o/e per grave coinvolgimento del SNC (sistema nervoso centrale).
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