Un “by-pass” (o più semplicemente “bypass”) è un ramo della circolazione sanguigna, creato dal chirurgo, utilizzato per evitare e passare oltre (bypassare) una ostruzione posta a livello di un vaso, che non permette il normale fluire del sangue, a causa di una stenosi (restringimento) o una ostruzione. Più in particolare, il bypass aorto-coronarico (CABG o cabbage, da Coronary Artery Bypass Graft surgery), spesso chiamato semplicemente “bypass coronarico”, è l’intervento cardiochirurgico che – tramite l’uso di vasi prelevati dal paziente stesso come la vena safena o l’arteria mammaria – permette di superare un condotto coronarico ostruito parzialmente o totalmente e quindi di evitare che tale ostruzione conduca ad episodi ischemici che portano a necrosi del miocardio, angina pectoris ed infarto miocardico acuto.
Il bypass può essere singolo, doppio, triplo o quadruplo: la differenza è che vengono usati rispettivamente 1, 2, 3 o 4 bypass, per “scavalcare” altrettante ostruzioni (vedi immagine in alto). Per preparare un intervento di bypass, è necessario eseguire una coronarografia.
Bypass o angioplastica?
In caso di ostruzione o stenosi a livello delle coronarie, la disostruzione può essere tentata con farmaci, ma anche con angioplastica (spesso associata a posizionamento di stent). In molti casi la scelta tra bypass ed angioplastica risulta piuttosto complicata anche per il medico più esperto e bisogna bilanciare con attenzione vantaggi e svantaggi delle due tecniche. Come regola generale di solito quanto più la patologia è avanzata e riguarda un numero maggiore di arterie, tanto più il ricorso alla chirurgia di by-pass potrebbe essere la scelta migliore; viceversa, se la patologia non è in uno stadio avanzato e le occlusioni sono limitate, potrebbe essere raccomandato il ricorso ad una soluzione non chirurgica. Per approfondire, leggi: Differenza tra bypass ed angioplastica con stent: vantaggi e svantaggi
Bypass coronarico: indicazioni
Il bypass aorto-coronarico è generalmente indicato in pazienti:
- con età < 70 anni
- con occlusioni severe di varie arterie coronarie
- con elevato alto rischio di eventi cardiovascolari difficilmente prevenibili con la sola terapia farmacologica (come beta-bloccanti, calcio-antagonisti, aspirina…);
- ove farmaci fibrinolitici e/o angioplastica non sono efficaci;
- capaci di affrontare l’anestesia generale ed un intervento invasivo.
L’intervento si consiglia quando c’è una stenosi coronarica significativa, cioè quando quando si ha:
- una stenosi superiore o uguale al 70% dell’arteria: discendente anteriore, circonflessa, coronaria destra;
- una stenosi uguale o superiora al 50% del tronco comune.
Vasi usati
Per “confezionare” il bypass, possono essere usati vari vasi sanguigni prelevati dal paziente stesso durante lo stesso intervento, tra cui:
- vena safena: viene prelevato dalla gamba del paziente ed utilizzato per effettuare i bypass. Questo tipo di intervento (praticato soprattutto in passato) ha una durata limitata. Dopo circa dieci anni il 60-65% dei bypass è ostruito a causa della differenza di dimensioni fra la vena e l’arteria;
- arteria toracica interna (o mammaria interna): ha una durata maggiore (dopo dieci anni il 95% dei bypass è in ottime condizioni). Inoltre è meno invasivo in quanto l’arteria mammaria non viene spostata di sede;
- arteria radiale: se la perfusione dell’avambraccio è garantita dalle altre arterie e altri vasi non sono utilizzabili per l’intervento, talvolta si utilizza questa arteria.
Altri vasi usati sono: l’arteria gastroepiploica destra e l’arteria epigastrica inferiore.
Quale anestesia viene usata?
L’intervento si svolge in anestesia generale.
Come si svolge l’intervento?
Le fasi di un bypass coronarico, sinteticamente, sono:
- il paziente è sottoposto ad anestesia generale;
- il cardiochirurgo effettua un’incisione longitudinale sul torace, attraverso lo sterno, detta sternotomia mediana;
- si accede al cuore ed all’aorta;
- a valle del restringimento il chirurgo sutura un tratto di vena grande o piccola safena grande o di arteria mammaria o radiale;
- il chirurgo collega l’altra estremità a monte del restringimento o dell’occlusione.
Quanto dura l’operazione?
L’intervento può durare da 2 a 6 ore o oltre, in base al numero di arterie da sottoporre a bypass e ad eventuali complicazioni.
Bypass coronarico: rischi e complicanze
I rischi legati all’intervento sono:
- sanguinamento postoperatorio;
- infezioni;
- ictus cerebrale;
- infarto miocardico perioperatorio;
- insufficienza renale;
- insufficienza respiratoria;
- morte.
Bypass coronarico: mortalità
La mortalità dell’intervento si aggira intorno all’1%.
Quanto tempo dura il ricovero in ospedale?
Dopo l’intervento generalmente il paziente passare 2 o 3 giorni in terapia intensiva per essere monitorato in modo rigoroso e per essere pronti a situazioni di urgenza. La durata del ricovero totale in ospedale dipende da molti fattori, come il tipo di intervento, lo stato di salute del paziente e dalla sua capacità di recupero. Salvo complicazioni la dimissione avviene generalmente dopo circa 10-15 giorni.
Convalescenza
L’intervento richiede sternotomia mediana (lo sterno viene tagliato in senso longitudinale) e la cicatrizzazione della parete toracica può risultare dolorosa: dopo il bypass il medico fornirà al paziente il trattamento antidolorifico adatto. Mediamente il paziente passa a letto i primi 4 o 5 giorni dopo l’intervento e poi può rialzarsi. Dopo la dimissione si consigliano 2 o 3 settimane in un centro di riabilitazione specializzato in pazienti affetti da cardiopatia. Il paziente dovrà evitare:
- sforzi fisici intensi;
- il fumo di sigaretta;
- alcolici;
- abbuffate;
- stress psico-fisico;
- emozioni improvvide ed intense.
Il paziente dovrà inoltre seguire una dieta bilanciata, povera di grassi e sodio, ricca di acqua, frutta e verdura. Il paziente dovrà raggiungere, se obeso o sovrappeso, il proprio peso forma.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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