La febbre si manifesta solitamente in tre fasi:
- fase prodromica o fase d’ascesa: coincide con l’inizio della produzione delle prostaglandine. I neuroni ipotalamici sono tarati ad una temperatura superiore ai 37 °C e innescano delle reazioni che determinano l’aumento della temperatura corporea: spasmi muscolari involontari (brividi o shivering), attivazione dell’ortosimpatico che provoca vasocostrizione periferica, stimolazione della tiroide affinché venga attivato il metabolismo basale). A livello del muscolo scheletrico quindi si ha una contrazione involontaria, ma anche l’attività di cascate di segnalazione intracellulari, con l’espressione di PGC1, un fattore trascrizionale che attiva la mitocondriogenesi. Allo stesso tempo è attivata la trascrizione di UCP, che abbassa l’efficienza nella sintesi di ATP nel mitocondrio. Si hanno così più mitocondri poco efficienti, con maggior produzione di calore in ogni miocita. Il soggetto in questa fase ha una sensazione generalizzata di freddo, perché non si è ancora raggiunto il set point ipotalamico;
- fase del fastigio o acme febbrile: dura per tutto il periodo di produzione delle prostaglandine. I neuroni ipotalamici mantengono la temperatura sul nuovo valore. Il soggetto ha una sensazione di caldo, con pelle calda ed arrossata, cefalea, mialgia, oliguria, agitazione ed aumento della frequenza cardiaca e respiratoria.
- fase di defervescenza: inizia con l’inattivazione della produzione delle prostaglandine ed è tanto più rapida quanto è più celere l’eliminazione dei possibili patogeni. I neuroni tornano ad essere tarati al normale valore di 37 °C, riconoscono l’innalzata temperatura corporea e attivano meccanismi affinché questa si abbassi: si ha la stimolazione del sistema colinergico che causa sudorazione e vasodilatazione periferica. La fase di defervescenza può essere graduale (defervescenza per lisi) o immediata (defervescenza per crisi). Il soggetto ha una sensazione di caldo, suda ed ha la pelle arrossata.
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