Con “elettrosensibilità” (ES) o “elettroipersensibilità” (EHS) (in inglese “electromagnetic hypersensitivity”) alcuni indicano un insieme di sintomi fisici e/o psicologici che sarebbero provocati dall’esposizione a campi magnetici, elettrici e/o elettromagnetici, a un livello di esposizione tollerato dalle altre persone. L’ES non è riconosciuta come una vera e propria malattia dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla comunità scientifica. La principale obiezione è la mancanza di evidenze scientifiche che forniscano parametri in grado di dimostrare il rapporto di causa-effetto tra sintomi e esposizione. Da quando, nel 2005 una revisione sistematica ha rilevato che non c’è alcuna prova che tali malesseri siano causati dai campi elettromagnetici, molti studi in doppio cieco sono stati pubblicati, ognuno dei quali suggerisce che coloro che affermano di essere malati non riescono a distinguere la presenza del campo elettromagnetico.
La OMS rileva che studi ben controllati hanno mostrato come i sintomi non sono causati dai campi elettromagnetici e che ci sono alcune indicazioni che tali sintomi sono dovuti a preesistenti condizioni psichiatriche, stress o sono causati dalla stessa paura dei campi elettromagnetici. La OMS aggiunge che la mancanza di evidenti basi tossicologiche o fisiologiche e di verifiche indipendenti la rendono simile ad un’altra condizione patologica: la sensibilità chimica multipla. Tale posizione della OMS è contestata dalle associazioni dei malati, diffuse in tutto il mondo.
L’elettrosensibilità, secondo alcuni, potrebbe essere un fattore di rischio per la “sindrome delle fascicolazioni benigne“.
Cause e fattori di rischio
In teoria la malattia sarebbe provocata dall’esposizione ai campi magnetici, tuttavia le cause e l’esistenza stessa di questa patologia sono ancora incerte. Le persone soggette ad elettrosensibilità affermano di presentare differenti livelli di risposta ai campi elettrici, campi magnetici e alle diverse frequenze delle onde elettromagnetiche. È una materia controversa, poiché nonostante l’imponenza dei sintomi accusati da alcuni soggetti colpiti, nessuna sperimentazione a doppio cieco è riuscita sinora a dimostrare univocamente il legame causale fra i campi elettromagnetici e la sindrome e si ritiene che la fonte prima possa avere natura psicosomatica. Coloro che ne sostengono la natura organica rilevano come molti apparecchi elettrici siano stati sospettati essere causa della sintomatologia, e una ricerca del 2004 ipotizza che le antenne per i telefoni cellulari e per i cordless, le linee elettriche ad alta tensione ravvicinate, i trasformatori e i telefoni cellulari sarebbero le più comuni fonti dei disturbi da elettrosensibilità.
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Diagnosi
Alla diagnosi di questa patologia si giungerebbe per esclusione di altre patologie che determinano sintomi simili, grazie ad anamnesi, esame obiettivo, esami di laboratorio (ad esempio esame del sangue) e di diagnostica per immagini (come radiografie, TAC e risonanza magnetica).
Controversie
Nel 2005 la OMS ha suggerito che si possa utilizzare il termine “Intolleranza ambientale idiopatica” per descrivere l’ES, poiché tale definizione ha carattere generale, ovvero raggruppa condizioni patologiche varie delle quali non si conosce l’origine ed è eziologicamente neutrale. Essa tuttavia è molto meno diffusa di “elettrosensibilità”. Pur riconoscendola quale “potenziale fattore di disabilità funzionale”, la OMS ribadisce in particolare che “non esistono criteri diagnostici chiari per l’ipersensibilità ai campi elettromagnetici e non esiste alcuna base scientifica per associarne i sintomi all’esposizione ai campi elletromagnetici”.
Studi scientifici condotti in doppio cieco, tesi a provare la relazione tra l’esposizione a un campo elettromagnetico e l’incidenza dei sintomi di elettrosensibilità hanno dimostrato che i soggetti colpiti non sono generalmente in grado di distinguere i campi elettromagnetici reali da quelli che credono tali. I risultati hanno portato l’autore dello studio a concludere che: «Gli studi osservativi disponibili non permettono di individuare una differenza tra gli effetti biofisici dovuti all’elettrosensibilità e un effetto nocebo». La posizione ufficiale della OMS è contestata dalle associazioni dei malati che, supportate da alcuni studi che ne collocherebbero l’origine nell’esposizione a campi elettromagnetici, la ritengono un'”intolleranza ai campi elettromagnetici” e ne definiscono protocolli diagnostici e terapeutici.
Trattamento
Nessun trattamento efficace sembra essere realmente efficace per coloro che affermano di essere affetti da elettrosensibilità è ancora noto, principalmente perché l’esistenza stessa della condizione resta non accertata. La principale strategia messa in atto dai pazienti convinti di avere questa patologia è quella di evitare il più possibile l’esposizione ai campi elettromagnetici per chi soffre di grave ES; ciò presenta difficoltà pratiche nella società moderna, in cui tutti noi siamo immersi in questi campi. Gli altri metodi usati spesso dai pazienti includono: schermatura (ad esempio con reti metalliche messe a terra), filtri elettrici e al trattamento delle condizioni correlate. Probabilmente questi pazienti avrebbero tuttavia maggior giovamento dall’uso di farmaci psichiatrici e psicoterapia.
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