Tarzan esiste davvero: ecco l’uomo che ha vissuto 40 anni nella giungla

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Ormai la vita di Lang e quella di suo padre, oggi 86enne, è totalmente cambiata: benvenuti nella civiltà. Adesso Lang coltiva i campi con il fratello Tri e si dice felice, anche se, come il padre, ha nostalgia per la giungla. Ma come ha fatto quest’uomo a sopravvivere così a lungo? Come ha vissuto? Cosa ha provato? Domande cui Alvaro Cerezo, managing director dell’agenzia specializzata in viaggi estremi Docastaway, ha provato a rispondere. Pochi mesi fa, durante un viaggio in Vietnam, è riuscito a incontrare Lang e con lui è tornato nella giungla dove hanno passato cinque giorni insieme. Cerezo ha scoperto così i segreti di questo Mowgli vissuto come fosse nelle preistoria. Camminando e parlando con lui ha avuto la sensazione di confrontarsi con “un uomo che ha dei comportamenti da bambino, che non ha il concetto di tempo, che non conosce le fonti di energia” ma che “capendo la natura, si è salvato”. Per vivere Yang e Lang cambiavano spesso capanna, – ha scoperto ad esempio Cerezo – adattandosi fra pianure e montagne, e sempre vicino a fonti d’acqua. Mangiavano di tutto: frutta, verdura, miele, ananas, foglie “ma anche scimmie, serpenti, rane e pesci catturati con le mani, i suoi preferiti”. ”Mentre era con me – racconta – Lang ha mangiato un pipistrello come se fosse una oliva”.

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Lang ha raccontato a Cerezo di aver posseduto almeno 20 pezzi di stoviglie “fatte con pezzi di bombe trovati nella giungla. Pentole, vasi, piatti e posate realizzati con parti di un elicottero americano”. Per comunicare padre e figlio parlavano in un dialetto Cor e nel contare il giovane Tarzan sapeva arrivare fino a 10, i numeri successivi erano quantificati come “più di 10”. Indossavano sempre abiti fatti con fibra di corteccia e anche delle giacche, sempre di fibra, per proteggersi dal freddo: avevano perfino un ombrello costruito con foglie e guscio di tartaruga.Tenevano sempre vivo un fuoco acceso con due pietre, le fiamme usate contro serpenti e zanzare e per tenere lontani i temuti centopiedi. Ma la giungla per padre e figlio, ha spiegato Lang, non non è mai stata una minaccia. Piuttosto lo era l’uomo con la deforestazione: motivo per cui i due si sono spostati sempre più in alto nelle montagne, isolandosi ancora di più. Se Lang aveva idea di se stesso, era soltanto grazie agli specchi d’acqua. Non conosceva le malattie: in più di 40 anni ha sofferto solamente di mal di stomaco. Sapeva della morte ma rifiutava il concetto, credeva in un Dio immaginando però che la Luna fosse stata creata dall’uomo.

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Suo padre gli aveva parlato degli aerei e di altri oggetti del mondo civilizzato, ma mai delle donne. “Non ha mai avuto desiderio sessuale o istinto riproduttivo – spiega Cerezo – anche se ora, dopo tre anni nella civilizzazione, dice che vorrebbe un figlio. Ma è improbabile che capisca, è asessuato. Fa ancora fatica a distinguere i maschi dalle femmine”. Quando è stato portato al villaggio con il padre malato (che si rifiutava di credere nella fine della guerra e che Tri fosse suo figlio), Lang è salito per la prima volta su un’auto e ha visto la prima strada. Non capiva come gli animali potessero essere domestici, considerati “amici”. Era stupefatto dalle lampadine. E’ stato uno shock assoluto, come atterrare su “un altro pianeta”. Ma ora Lang sta imparando a godere di una nuova libertà e a conoscere il mondo civilizzato: sulla sua storia Cerezo ha deciso di fare un documentario, di cui è già pronto il trailer, che uscirà queste estate. Potrebbe essere trasmesso in tv e questo per il Tarzan vietnamita sarà un problema: non riesce a capire “come le persone possano stare dentro una scatola”, figuriamoci vedendosi incastrato lì dentro.

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