Folie à deux (disturbo psicotico condiviso): cause, sintomi, conseguenze, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO FOLLIA A DUE PERSONE STRANE PSICHIATRIA PSICOTERAPIA PAZZIE DELIRIO ALLUCINAZIONI DEPRESSIONECon “disturbo psicotico condiviso“, anche chiamato sindrome di Lasègue-Falret o “psicosi condivisa” o “folie à deux” (cioè “follia condivisa da due”) in psichiatria si intende una sindrome psichiatrica molto rara nella quale un sintomo di psicosi – tipicamente una Continua a leggere

Somatizzazione: significato e disturbi

MEDICINA ONLINE DONNA CORPO DOLORE TRISTE PANCIA MESTRUAZIONI CICLODolori alla schiena, nausea, disturbi gastrointestinali, colite, cefalea, dolori alle articolazioni sono disturbi molto comuni, ma sono soltanto disturbi fisici o nascondono qualcos’altro? Spesso disturbi come quelli sopraelencati possono rappresentare una somatizzazione di disagi psichici non ben diagnosticati o semplicemente ignorati. La comparsa di sintomi fisici ricorrenti nasconde spesso una Continua a leggere

Carlo Angela, lo psichiatra che salvò gli ebrei dalle persecuzioni razziali

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO Carlo Angela padre papà di Piero Angela psichiatra che salvò gli ebrei dalle persecuzioni razziali Carlo Angela, nato a Olcenengo (Vercelli) il 9 gennaio 1875 e morto a Torino, il 3 giugno 1949, famoso anche per essere stato il padre del celebre divulgatore Piero Angela, ebbe una vita piena e ricca di Continua a leggere

Disturbo da dismorfismo corporeo: quando pensiamo di avere un grave difetto fisico

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO UOMO PELATO SENZA CAPELLI CHE SI VEDE ALLO SPECCHIO TRISTE PERCHE SI VEDE BRUTTO NON BELLO DIFETTI DEL VISO FACCIA DISMORFOFOBIA ACCENTUATICon disturbo da dismorfismo corporeo (da cui l’acronimo “DDC“, anche chiamato “dismorfofobia “; in inglese “dysmorphophobia” o “body dysmorphic disorder“, da cui l’acronimo “BDD“), in psichiatria si descrive l’eccessiva preoccupazione per un difetto fisico che non è presente oppure è presente ma è oggettivamente molto lieve e solo leggermente osservabile dagli altri. Il soggetto è convinto che il difetto sia presente e Continua a leggere

Sindrome di Lasègue-Falret (disturbo psicotico condiviso): quando la follia è “a due”

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO CERVELLO SISTEMA NERVOSO BRAIN (5)Con “disturbo psicotico condiviso“, anche chiamato sindrome di Lasègue-Falret o “psicosi condivisa” o “folie à deux” (cioè “follia condivisa da due”) in psichiatria si intende una sindrome psichiatrica molto rara nella quale un sintomo di psicosi – tipicamente una convinzione paranoica o  delirante – viene trasmessa da un individuo ad un altro, tale per cui entrambi i soggetti soffriranno degli stessi deliri in modo sinergico e potenzialmente esponenziale. In inglese il disturbo viene chiamato ” shared psychosis” o “shared delusional disorder” o “Lasègue-Falret syndrome” o “induced delusional disorder” o ancora “shared psychotic disorder”.
La sindrome di Lasègue-Falret, qualora sia condivisa da più di due persone, può essere chiamata folie à trois (follia a tre), folie à quatre (follia a quattro), folie à famille (follia di famiglia) o anche folie à plusieurs (follia di molti) in base al numero di persone coinvolte. La follia di molti si presenta tipicamente in persone raggruppate, in cui un individuo (il “guru”) convince gli altri soggetti che fanno parte della “setta”, delle proprie convinzioni deliranti. Generalmente gli individui affetti vivono a contatto oppure sono socialmente o fisicamente isolati e hanno poche interazioni con altre persone.

Eponimo

La sindrome di Lasègue-Falret deve il suo nome ai due medici psichiatri francesi che per primi la descrissero nel XIX secolo: Charles Lasègue e Jules Falret.

Epidemiologia

Il disturbo delirante condiviso si trova più comunemente nelle donne con un quoziente di intelligenza leggermente superiore alla media, che sono isolate dalla loro famiglia e che hanno relazioni con una persona dominante che ha deliri. La maggior parte dei casi soddisfa anche i criteri per il disturbo dipendente di personalità, caratterizzato da una paura pervasiva che li porta ad aver bisogno di rassicurazioni, sostegno e guida costanti. Oltre la metà dei casi ha un parente con un disturbo psicologico che include deliri.

Classificazione

Il disturbo psicotico condiviso può essere di due tipologie, “imposée” e “simultanée.

Folie imposée (follia a due imposta)

Nella folie imposée una persona dominante (nota come “induttore”, “primaria” o “principale”) crea inizialmente un pensiero delirante durante un episodio psicotico e lo impone su un’altra persona o su altre persone (nota/e come “secondaria/e” o “associato/i”), presumendo che il soggetto o i soggetti “secondario/i” non avrebbero avuto il disturbo psicotico se non avessero interagito con l’induttore. In questo caso, se gli individui sono ricoverati separatamente in ospedale, i deliri della persona o delle persone indotta/e di solito scompaiono senza l’utilizzo di farmaci.

Folie simultanée (follia a due simultanea)

Nella folie simultanée due o più persone persone, che indipendentemente soffrono di psicosi, influenzano il contenuto dei rispettivi deliri, in modo che diventino uguali o molto simili tra loro. In questo caso, se gli individui sono ricoverati separatamente in ospedale, i deliri di ogni individuo psicotico permangono, ma tendono a tornare a differire tra loro.

Cause

Le cause esatte della follia a due sono sconosciute, tuttavia si conoscono due principali fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo del disturbo: lo stress intenso e l’isolamento sociale. Le persone che sono socialmente isolate insieme tendono a diventare dipendenti da coloro con cui sono isolate, portando a un’influenza degli induttori su coloro che li circondano. Le persone che sviluppano un disturbo delirante condiviso non hanno infatti altri che possano ricordargli che le loro idee siano impossibili o improbabili, di conseguenza i deliri si cementano nella mente dei soggetti isolati. Proprio per questo motivo il trattamento per il disturbo delirante prevede che le persone colpite vengano divise tra loro. Anche lo stress psico-fisico intenso e prolungato, specie se legato a shock ed eventi fortemente traumatici (ad esempio assistere alla morte violenta dei propri genitori) è un fattore comune nello sviluppo o nel peggioramento di varie malattie mentali, tra cui anche la follia a due. La maggior parte delle persone che sviluppano un disturbo delirante condiviso è geneticamente predisposta alla malattia mentale, ma questa predisposizione non è generalmente sufficiente per sviluppare un disturbo mentale: lo stress può fungere da innesco in individui predisposti geneticamente. Quando si è stressati, la ghiandola surrenale rilascia il cortisolo (l’ormone dello stress) nel corpo, aumentando il livello di dopamina nel cervello; questo cambiamento può essere collegato allo sviluppo di una malattia mentale, come un disturbo delirante condiviso.

Tipo di deliri

I deliri sono convinzioni o idee errate fisse, non condivisibili e persistenti, quindi che non cambiano anche quando a una persona vengono presentate prove contrastanti. Un delirio, per essere considerato come tale, deve essere considerato nell’ambiente storico-sociale-culturale del soggetto: ad esempio alcune idee di un aborigeno australiano o di un antico romano o di uno spagnolo vissuto nel Medioevo, non devono essere considerate deliri anche se possono essere considerate tali da un italiano che vive nell’anno 2000. I deliri che possono interessare gli individui colpiti da follia a due, possono essere di varie tipologie.

Deliri bizzarri

Sono quelli che sono chiaramente non plausibili e non compresi dai coetanei all’interno della stessa cultura, anche quelli con disturbi psicologici; per esempio un individuo può pensare che tutti i propri organi siano stati prelevati e sostituiti da quelli di qualcun altro mentre dormiva senza lasciare cicatrici e senza che si svegliassero. Oppure un individuo può pensare di essere già morto. O ancora il paziente è convinto che i propri pensieri o le proprie emozioni siano sotto il controllo di qualche forza esterna o che le proprie idee siano stati sostituite con quelle di altre persone.

Deliri non bizzarri

Comuni tra quelli con disturbi della personalità e compresi da persone all’interno della stessa cultura. Ad esempio, affermazioni infondate o non verificabili di “complotti”, come quella di essere seguiti dall’FBI in auto non contrassegnate e osservati tramite telecamere di sicurezza sono classificati come deliri non bizzarri.

Deliri congruenti all’umore

Questi corrispondono alle emozioni di una persona entro un determinato periodo di tempo, specialmente durante un episodio di mania o depressione. Ad esempio, un soggetto con mania e con questo tipo di delirio può credere con certezza che vincerà un milione di euro alla roulette in una notte specifica, nonostante non abbia ovviamente alcun modo per prevedere il futuro o influenzare la probabilità di un tale evento. Allo stesso modo, qualcuno in uno stato depressivo può sentirsi certo che la madre verrà colpita da un fulmine e morirà il giorno successivo, nonostante non abbia i mezzi per prevedere o controllare gli eventi futuri.

Deliri di umore neutro

Al contrario dei deliri congruenti all’umore, quelli di umore neutro non sono influenzati dall’umore e possono essere bizzarri o non bizzarri; la definizione formale fornita dal Mental Health Daily è “una falsa convinzione che non è direttamente correlata allo stato emotivo della persona”.

Conseguenze biopsicosociali

Come con molti disturbi psichiatrici, il disturbo delirante condiviso può avere un impatto fortemente negativo sugli aspetti psicologici e sociali del benessere di una persona. Lo stress irrisolto derivante da un disturbo delirante alla fine contribuirà o aumenterà il rischio di altri esiti negativi per la salute, come malattie cardiovascolari, diabete, obesità, problemi immunologici e altre patologie. Questi rischi per la salute aumentano con la gravità della malattia, soprattutto se una persona affetta non riceve o non si attiene a un trattamento adeguato. Le persone con un disturbo delirante hanno un rischio significativamente alto di sviluppare comorbidità psichiatriche come depressione e ansia. Il disturbo delirante condiviso può avere un impatto profondamente negativo sulla qualità della vita di una persona. Le persone a cui viene diagnosticato un disturbo di salute mentale sperimentano comunemente l’isolamento sociale, che può portare a compiere atti violenti contro sé stessi (auto-mutilazione, suicidio…) e gli altri. Un individuo con follia a due tende a non poter gestire il proprio lavoro ed essere licenziato, e a non poter gestire un matrimonio ed eventuali figli (perdita della potestà genitoriale e divorzio).

Diagnosi

Il disturbo delirante condiviso è spesso difficile da diagnosticare. Di solito, la persona con la condizione non cerca un trattamento, poiché non si rende conto che la sua illusione è anormale, poiché proviene da qualcuno in una posizione dominante di cui si fida. Inoltre, poiché la loro illusione si manifesta gradualmente e si rafforza nel tempo, il loro dubbio si indebolisce lentamente durante questo periodo. Il disturbo delirante condiviso viene diagnosticato quando il paziente soddisfa tre criteri:

  • il paziente deve avere un delirio che si sviluppa nel contesto di una stretta relazione con un individuo con un delirio già stabilito;
  • il delirio deve essere molto simile o addirittura identico a quello stabilito dall’altro individuo con delirio;
  • il delirio non può essere meglio spiegato da nessun altro disturbo psicologico, disturbo dell’umore con caratteristiche psicologiche, un risultato diretto degli effetti fisiologici dell’abuso di sostanze o qualsiasi condizione medica generale.

Disturbo psicotico condiviso nel DSM-4, nell’ICD-10, nel DSM-5

Le classificazioni psichiatriche contenute nella penultima versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali e nell’ultima versione della Classificazione internazionale delle malattie, si riferiscono alla sindrome di Lasègue-Falret come disturbo psicotico condiviso (DSM-4 – 297.3) e disturbo delirante indotto (ICD-10 – F24), sebbene la letteratura medica utilizzi in gran parte il nome originale. Questo disturbo non è però presente nell’ultima versione del DSM (il DSM-5, pubblicato negli USA nel maggio 2013 e nel 2014 in Italia) che considera i criteri insufficienti o inadeguati. Il DSM-5 non considera la sindrome di Lasègue-Falret come un’entità separata, ma come “disturbo delirante” o “altro spettro schizofrenico specificato” e “altro disturbo psicotico”.

Trattamento

Il primo passo del trattamento è quello di separare le due persone: in genere, nella follia a due imposta, questo potrebbe bastare a far scomparire o diminuire nel tempo i deliri trasmessi dall’induttore. Se questo non basta a fermare i deliri, ci sono due possibili linee d’azione: farmacologica e non farmacologica. Con il trattamento, i deliri, e quindi la malattia, alla fine diminuiranno così tanto che praticamente scomparirà nella maggior parte dei casi. Tuttavia, se non trattata, può diventare cronica e portare a ansia, depressione, comportamento aggressivo e ulteriore isolamento sociale: in questi casi i deliri probabilmente non scompariranno anche dividendo le due persone.

Terapia farmacologica

Se la separazione da sola non funziona, spesso vengono prescritti farmaci antipsicotici per un breve periodo per prevenire i deliri. Gli antipsicotici sono farmaci che riducono o alleviano i sintomi della psicosi come deliri o allucinazioni. Altri usi degli antipsicotici includono la stabilizzazione dell’umore per le persone con sbalzi d’umore e disturbi dell’umore (cioè nei pazienti bipolari), la riduzione dell’ansia nei disturbi d’ansia e la riduzione dei tic nelle persone con Tourettes. Gli antipsicotici non curano la psicosi, ma aiutano a ridurre i sintomi. I farmaci hanno più successo se sono associati a terapia non farmacologica. Sebbene gli antipsicotici siano potenti e spesso efficaci, hanno effetti collaterali, come l’induzione di movimenti involontari, quindi dovrebbero essere assunti solo se assolutamente necessario e sotto la supervisione di uno psichiatra.

Terapia non farmacologica

Le due forme più comuni di terapia per le persone con disturbo delirante condiviso sono la terapia personale e quella familiare:

  • La terapia personale è una consulenza individuale che si concentra sulla costruzione di una relazione tra il consulente e il paziente e mira a creare un ambiente positivo in cui il paziente senta di poter parlare liberamente e in modo veritiero. Questo è vantaggioso, in quanto il consulente di solito può ottenere più informazioni dal paziente per avere un’idea migliore di come aiutarlo. Inoltre, se il paziente si fida di ciò che dice il consulente, sarà più facile smentire l’illusione.
  • La terapia familiare è una tecnica in cui l’intera famiglia entra in terapia insieme per lavorare sulle proprie relazioni e per trovare il modo di eliminare l’illusione all’interno della dinamica familiare. Ad esempio, se la sorella di qualcuno è l’induttore, la famiglia dovrà essere coinvolta per garantire che i due stiano separati e per capire come la dinamica familiare funzionerà intorno a questo. Più supporto ha un paziente, più è probabile che si riprenda, soprattutto perché la follia a due di solito si verifica a causa dell’isolamento sociale.

Prognosi

Sfortunatamente, non ci sono molte statistiche sulla prognosi del disturbo delirante condiviso, poiché si tratta di una malattia molto rara e si pensa che la maggior parte dei casi non venga segnalata; tuttavia, con un trattamento adeguato, la prognosi sembra essere in genere molto buona.

Controversie

Ammettere che le idee deliranti di un gruppo di persone affette da tale disturbo, siano effettivamente dei deliri, entrerebbe però in conflitto con un punto fermo della psichiatria: il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali afferma infatti che una persona NON può essere diagnosticata come delirante se la credenza in questione è comunemente accettata dagli altri membri della loro cultura o sottocultura (altrimenti anche la religione cattolica, col suo credere in un dio invisibile, sarebbe considerata di pertinenza psichiatrica). Quando una comunità abbastanza ampia di persone finisce quindi per credere a qualcosa di falso – o comunque NON dimostrabile – e potenzialmente pericoloso basandosi esclusivamente sul “sentito dire”, queste credenze non sono quindi considerate “deliri”, bensì sono considerate “isteria di massa“. Una religione estesa in tutto il mondo è, per certi versi, un insieme di deliri talmente diffusi da dare origine ad una isteria di massa che si è a sua volta talmente diffusa da diventare “normale”. Quando una religione “ufficiale” cessa di essere ampiamente diffusa, torna ad essere delirio: ad esempio credere attualmente all’idea dell’esistenza di Zeus è considerato oggi un delirio, ma la psichiatria non l’avrebbe considerata tale 2000 anni fa. La religione torna ad essere delirio quando cessa di essere diffusa.

Curiosità

Il film del regista Todd Phillips, con protagonisti Joaquin Phoenix e Lady Gaga, che uscirà al cinema nell’ottobre del 2024 e seguito del film Joker (2019), prenderà il nome di “Joker: Folie à deux“. Si presume che quindi, nella trama, siano presenti dei riferimenti proprio alla malattia psichiatrica trattata in questo articolo.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Disturbo dell’identità dell’integrità corporea: voler essere disabili

MEDICINA ONLINE FISIOTERAPIA RIABILITAZIONE DISABILE SEDIA ROTELLE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS PARAPLEGIA EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA DECUBITO RECUPERO PARALISIL’abisso dei sentimenti umani è spesso imperscrutabile e dai risvolti sorprendenti. Lo sa bene lo psicologo che ha provveduto a versare del detersivo Continua a leggere

Coprofagia umana e animale: cause, rischi e pericoli di ingerire feci

MEDICINA ONLINE MAL DI PANCIA INDIGESTIONE DISPEPSIA MAL DI STOMACO DIGERIRE DIGESTIONE NAUSEA VOMITO CIBO STRESS INSONNIA DORMIRE DIARREA COLITE DOLORE FASTIDIO DIETOLOGIA MANGIARE MALELa coprofagia è un comportamento animale che consiste nell’ingoiare escrementi propri o altrui. Molte specie animali si sono evolute per praticare la coprofagia, pratica dalla quale assumono sostanze preziose per la propria sopravvivenza; altre specie non consumano normalmente feci ma potrebbero farlo in condizioni inusuali. Abbastanza diffusa nel regno animale, è considerata in ambito umano come parafilia sessuale, ove prende il nome di coprofilia, caratterizzata dal particolare interesse per gli escrementi che diventano oggetto di piacere e, in alcuni casi, di eccitazione sessuale. Nelle pratiche erotiche BDSM e fetish consiste in una serie di giochi connessi alla defecazione. In alcuni soggetti la coprofagia è associabile a malattie psichiatriche, come la schizofrenia. Le cause della coprofagia umana, al pari di altre parafilie, non sono ancora del tutto note.

Coprofagia negli insetti

Gli insetti coprofagi ingeriscono e digeriscono gli escrementi di grandi animali; questi contengono sostanziali quantità di cibo semi-digerito (il sistema digerente erbivoro è particolarmente inefficiente). L’insetto che si nutre di feci più diffuso è la mosca.

Leggi anche: Perché le feci hanno un odore cattivo e sgradevole?

Coprofagia nei mammiferi

Anche i maiali mangiano a volte i propri escrementi, o quelli di altri animali. In Corea del Sud, soprattutto a Jeju-do, i suini neri vengono spesso nutriti con escrementi umani, e la loro carne (solitamente servita in ristorantini tipici specializzati) è molto apprezzata. I giovani elefanti, panda, koala e ippopotami mangiano le feci della madre per ottenere i batteri necessari alla digestione della vegetazione trovata nella savanae nella giungla. Alla nascita, il loro intestino è infatti sterile. Senza di essi, non sarebbero in grado di ricavare alcun nutrimento dalle piante. Gli escrementi dell’ippopotamo nutrono i pesci fluviali che poi costituiscono la principale risorsa alimentare delle popolazioni locali. Per questo motivo, la caccia spietata di cui gli ippopotami sono stati vittime ha influito in maniera pesantemente negativa anche sulla fauna ittica e sull’aspettativa di vita delle comunità umane che vivono di pesca sul fiume. I gorilla mangiano le proprie feci e quelle degli altri esemplari di gorilla: tale comportamento sembrerebbe essere motivato dal fatto di riassumere i nutrienti non assorbiti durante il transito dei vegetali nell’intestino e quindi rimasti nelle feci, motivo per cui la coprofagia è da molti ribattezzata “seconda digestione”. L’ipotesi è ad oggi contestata da alcuni ricercatori, in quanto se un organismo vivente lascia materia utile non digerita tra le feci, difficilmente sarà capace di assimilare gli scarti durante un secondo passaggio: è quindi possibile che tali comportamenti siano originati non da motivi nutrizionali, bensì da parafilie del tutto simili a quelle umane. Il comportamento coprofago è abituale nel cane, il cui metabolismo provoca spesso carenze di sali minerali che necessitano di essere reintegrati rapidamente. Per questo il cane ingerisce escrementi propri o altrui. Anche le feci dei cavalli sono particolarmente appetibili per i cani. I criceti mangiano i propri escrementi: si pensa che questa sia un risorsa di vitamina B e K, prodotta da batteri nell’intestino. Alcune scimmie sono state viste mangiare escrementi di cavallo e di elefante per ottenere sale, mentre la coprofagia è stata osservata anche nella talpa nuda.

Leggi anche: Dopo quanto tempo il cibo ingerito viene espulso con le feci?

Coprofagia nelle arti

Esistono vari esempi di coprofilia nelle produzioni pornografiche o d’autore in cui si affronta questa tematica. L’attore e regista austriaco Simon Thaur (creatore della KitKatClub di Berlino) è autore della serie pornografica Avantgarde extreme, che esplora la coprofagia e la coprofilia. Salò o le 120 giornate di Sodoma del celebre regista Pasolini abbonda di scene di coprofagia, mentre un legame tra feci e sessualità è anche chiaramente presente nel lungometraggio La grande abbuffata. Per girare una scena del film Fenicotteri rosa di John Waters il travestito Divine, che nel film impersona se stesso, ha dovuto ingerire le feci di un cane. La coprofagia è il tema centrale della saga The Human Centipede del regista Tom Six.

Leggi anche: Quanto pesano le feci prodotte in un giorno?

Rischi legati all’ingestione di feci

La coprofilia, tralasciando i giudizi di natura morale, può avere delle conseguenze legate all’igiene. Infatti, nelle feci sono contenuti numerosi batteri e virus e la loro ingestione potrebbe causare gravi danni alla salute. La pratica della coprofagia comporta seri rischi per chi ingerisce poiché le feci sono un veicolo per numerosi agenti patogeni, anche vermi e parassiti. Al contrario, il pissing (la pratica secondo la quale si ingerisce urina), non presenta rischi di questo genere. Va sottolineato che in casi di presenza di epatite le feci sono il principale veicolo di trasmissione. Per quanto riguarda il virus HIV (responsabile dell’AIDS) non vi sono rischi, a meno che nelle feci non sia presente del sangue.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, segui la nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Fobie specifiche o semplici: cosa sono ed esempi di fobia

Beautiful girl is scared of a spiderUna fobia specifica, chiamata anche fobia semplice, è un termine generico per qualsiasi tipo di disturbo caratterizzato da una irrazionale e fortissima risposta di paura in coincidenza con l’esposizione a specifici oggetti o situazioni, nonché una tendenza ad evitare ostinatamente e sistematicamente gli oggetti o le situazioni temute. Quindi, la fobia semplice o specifica comprende sia la reazione di paura in presenza (o nell’attesa) di particolari oggetti e situazioni, sia un comportamento di evitamento del contatto diretto con gli oggetti o le situazioni stesse.

La differenza con la paura “normale” è che questa è razionale, mentre la fobia è irrazionale. Ad esempio una persona può avere la fobia per i piccioni, animali innocui che nella persona sana non determinano paura, mentre la determinano in chi ha la fobia per essi. Avere la paura ad esempio di un leone è invece normale perché il leone è realmente pericoloso.

Il soggetto che soffre  di fobia talvolta non è in grado di rappresentarsi e immaginare le situazioni o le cose temute se non per pochi attimi e può temere anche di nominarle. La paura può essere attivata sia dalla presenza che da tracce che anticipano la presenza dell’oggetto o della situazione che crea disagio. Tuttavia, gli adulti in generale sono in grado di riconoscere che tali reazioni non hanno una base ragionevole, pur non essendo in grado di controllarla.

Leggi anche:

Quali sono le fobie più comuni?

Le fobie più comuni hanno come oggetto: animali, insetti, temporali, suoni forti, buio, sangue e ferite, visite mediche o dentistiche, altezza, luoghi chiusi a seconda della fase di sviluppo. Le fobie infatti si modificano con la crescita nell’intensità della reazione e nel contenuto. In realtà il tentativo di classificare le fobie in base al nome dell’oggetto o dell’evento si è rivelata nel tempo impresa molto ardua poiché la fonte dell’ansia non è l’oggetto in sé, ma le conseguenze dannose cui la persona potrebbe andare incontro in presenza dell’oggetto o quando si verifica l’evento.Praticamente le fobie sono tante quanti sono gli oggetti o gli eventi che possono determinare paura, è il vissuto esperenziale di ciascuno a determinare la paura delle conseguenze.

Terapie

Il trattamento di una fobia o più fobie prevede diversi approcci, tra cui:

  • terapia espositiva;
  • terapia dell’esposizione narrativa;
  • psicoterapia;
  • psicofarmaci.

Più tecniche possono essere usate in sinergia per aumentare l’effetto terapeutico.

Terapia espositiva

La terapia espositiva “costringe” il paziente ad affrontare la situazione (o le situazioni) che gli genera l’attacco di fobia: il soggetto è invitato a parlare e/o scrivere ripetutamente del peggior evento traumatico che ha affrontato (o dei peggiori eventi), rivivendo nel dettaglio tutte le emozioni associate alla situazione. Attraverso questo processo molti pazienti subiscono un “abituarsi” alla risposta emotiva scatenata dalla memoria traumatica, che di conseguenza, col tempo, porta a una remissione dei sintomi della fobia quando la situazione si ripresenta nella realtà. La terapia espositiva – praticata per un periodo di tempo adeguato – secondo la nostra esperienza aiuta circa 9 pazienti su 10. Per approfondire, leggi questo articolo: Terapia espositiva: essere esposti alla propria fobia per superarla

Terapia dell’esposizione narrativa

La terapia dell’esposizione narrativa (in inglese “Narrative Exposure Therapy” da cui l’acronimo “NET“) è una terapia a breve termine per individui che soffrono del disturbo post-traumatico da stress ed in alcuni casi delle fobie. Il trattamento prevede l’esposizione emotiva ai ricordi degli eventi traumatici e la riorganizzazione di questi ricordi in una coerente narrazione cronologica di vita. La terapia dell’esposizione narrativa può essere usata sia da sola che in associazione con la terapia espositiva, la psicoterapia, la medicina narrativa e/o la terapia farmacologica. Per approfondire: Terapia dell’esposizione narrativa: rievocare la propria esperienza traumatica per superarla

Psicoterapia

La psicoterapia che ha mostrato fornire buoni risultati con le fobie, è quella cognitivo comportamentale. La terapia cognitivo-comportamentale standard per il trattamento delle fobie, oltre agli interventi comportamentali basati sull’esposizione situazionale, prevede una psicoeducazione iniziale e interventi cognitivi. All’interno della psicoterapia cognitivo-comportamentale, le tecniche espositive si sono dimostrate utili nel ridurre i comportamenti che alimentano l’ansia (vedi paragrafi precedenti). Recentemente sono state implementate strategie volte a incrementare la capacità dei soggetti di stare in contatto con l’attivazione ansiosa senza temerne le conseguenze catastrofiche. Favorendo l’accettazione e diminuendo il bisogno di controllo dei sintomi d’ansia.

Farmaci

Vengono usati farmaci ansiolitici e antidepressivi. Tra gli ansiolitici, le benzodiazepine (come il Valium) possono essere utili poiché generano un sollievo sintomatologico ansiolitico istantaneo, tuttavia tra gli effetti collaterali (se usate per lunghi periodi) ritroviamo il rischio di dipendenza da farmaco. Tra gli antidepressivi, particolarmente utili sono gli SSRI (Inibitori Selettivi del Reuptake della Serotonina). I farmaci generalmente funzionano bene per controllare la fobia, tuttavia, i sintomi tendono a ripresentarsi alla loro sospensione.

Se credi di avere una fobia, prenota la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a risolvere definitivamente il tuo problema.

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRENOTA UNA VISITA CONTATTI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine