Disforia di genere (incongruenza di genere): legge italiana e iter legale

MEDICINA ONLINE GIUSTIZIA LEGGE CODICE PENALE CIVILE AVVOCATO LEGISLAZIONE ASSASSINIO MURDER OMICIDIO REATO VOLONTARIO PREMEDITATO COLPOSO DOLOSO GIUDICE GIURISPRUDENZA LEGALECon l’espressione “disforia di genere” o “incongruenza di genere” in medicina e psicologia si intende una condizione – fino a pochi anni fa considerata patologia – caratterizzata dal malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel sesso che gli è stato assegnato alla nascita. Nel soggetto con disforia di genere, il soggetto avverte quindi che esiste una discrepanza tra il genere a cui egli sente di appartenere e quello che gli è stato assegnato. Ad esempio un individuo può essere stato assegnato al genere maschile alla nascita e ciononostante può sentire di avere una identità femminile, oppure un individuo assegnato al genere femminile può sentire di essere in realtà uomo o non binario. La non corrispondenza tra il genere che “appare sui propri documenti” e quello a cui si sente di appartenere, può generare un profondo disagio che, se associato a compromissione del funzionamento in aree di vita significative come ad esempio i rapporti sociali, le relazioni ed il lavoro, sfocia nella disforia di genere.

La legge in Italia

In Italia, dopo una mobilitazione del Movimento Italiano Transessuali e dei Radicali, che sensibilizzò l’opinione pubblica sulla questione, si arrivò alla legge 164 del 14 aprile 1982, recante la disciplina per la rettificazione del genere sentito e conseguentemente del nome anagrafico, a favore delle persone transgender. Questa legge, secondo gli attivisti LGBT, ha costituito per il nostro ordinamento un esempio importante di civiltà giuridica e rispetto dei diritti fondamentali della persona. In realtà non è mai stata sottoposta al parere dell’opinione pubblica per rilevarne il riscontro.
Ne deriva che la legge n. 164 riconosce quindi alle persone transessuali la loro condizione ed il genere di transizione. La legge recita all’art. 3:

«Il tribunale, quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, lo autorizza con sentenza. In tal caso il tribunale, accertata la effettuazione del trattamento autorizzato, dispone la rettificazione in camera di consiglio»
(Legge 14 aprile 1982, n. 164)

Nella teoria, dunque, nel caso la persona transgender non ritenga necessario l’intervento chirurgico per raggiungere l’equilibrio, in Italia è possibile comunque ottenere il cambiamento dei dati anagrafici, come ha chiarito una sentenza del Tribunale di Roma nel 2012. Nei fatti, tuttavia, si è sempre data una interpretazione rigida della legge e si è dunque sempre ritenuto necessario l’intervento chirurgico al fine dell’adeguamento dei dati anagrafici. Le persone che hanno concluso legalmente la transizione da un sesso all’altro, secondo la legge italiana possono sposarsi ed adottare.

La Piccola soluzione e la Grande soluzione

Come obiettivo di massima della mobilitazione da parte del Movimento Italiano Transessuali e dei Radicali si considerò la legge tedesca (10 settembre 1980, I, nr.1654) che prevedeva due ‘tappe’ chiamate “soluzioni”:

  • PRIMA TAPPA: Attraverso la cosiddetta piccola soluzione si riattribuisce anagraficamente un nome adatto alle istanze della persona transessuale, senza alcuna necessità di interventi ormonali e/o chirurgici sul viso.
  • SECONDA TAPPA: La grande soluzione, che rimane facoltativa, permette (dopo almeno uno o due anni di vita vissuta come appartenente al sesso di elezione e dopo varie verifiche) di accedere all’iter che porta fisicamente alla riassegnazione chirurgica del sesso.

Recentemente in Spagna è stata approvata una legge che consente il cambiamento del nome sui documenti senza dover intervenire chirurgicamente sul proprio corpo e senza procedure giudiziarie. I requisiti richiesti rimangono una diagnosi di “incongruenza di genere” e che la persona richiedente si sia sottoposta almeno da due anni a terapia ormonale, ad eccezione dei casi in cui per motivi, certificati, di salute o età non si possa accedere al trattamento suddetto.

L’iter legale

La legge 164 del 14 aprile 1982 non prevede un regolamento di applicazione, quindi – ad oggi – la procedura giudiziaria è frutto di un’interpretazione tendenzialmente condivisa, che lascia comunque ampi vuoti. La legge non descrive una “normalità” acclarata né una “diversità” certa da correggere, non si esprime in modo rigoroso e restrittivo, quindi dà luogo alla possibilità di non uniformarsi del tutto agli stereotipi di genere.

  • La persona transessuale deve presentare un’istanza al Tribunale della zona di residenza. Si preferisce allegare una perizia tecnica favorevole da un perito di parte accreditato presso il Tribunale stesso.
  • Il Tribunale nel caso lo ritenga necessario nomina un consulente tecnico d’ufficio (ad esempio se non si è presentata una perizia autonomamente o nel caso sia prassi consolidata in quella sede).
  • Con la sentenza positiva del tribunale ci si può rivolgere alle strutture ospedaliere per richiedere gli interventi chirurgici: penectomia, orchiectomia ed eventualmente vaginoplastica per le persone trans MtF; mastectomia, isterectomia ed eventualmente falloplastica o clitoridoplastica (metoidioplastica) per le persone trans FtM.
  • Dopo essersi sottoposti agli interventi demolitivi bisogna nuovamente rivolgersi al Tribunale per il cambiamento di stato anagrafico attraverso il quale i documenti d’identità (carta d’identità, passaporto, documenti elettorali, patente di guida, codice fiscale, titoli di studio, licenze, certificati di proprietà) vengono modificati per sesso e per nome, con l’eccezione del casellario giudiziario e l’estratto integrale di nascita, documenti che possono essere richiesti esclusivamente dallo Stato o da Enti pubblici.

Si può osservare che non è semplice eliminare ogni traccia che riguardi il nome ed il sesso originari, nonostante sia questa un’intenzione alla base della legge: i curricula scolastici ed accademici, alcuni attestati e certificazioni in alcuni casi non sono riscrivibili. I diplomi di Laurea e di scuole superiori, tuttavia, sono ottenibili su pergamena originale con il nuovo nome anagrafico, richiedendoli, previa documentazione di sentenza di tribunale attestante l’avvenuto cambio di sesso, ai Provveditorati degli Studi, ai Conservatori di musica, eccetera. Le vecchie pergamene saranno contestualmente distrutte a carico degli ufficiali pubblici. Nel caso di figli biologici non è automatica la ri-certificazione. Da luglio 2017 si può ottenere il cambio di sesso anagrafico anche senza alcun intervento chirurgico. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con sentenza n. 180. La prevalenza della tutela della salute dell’individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, “porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione (come sosteneva il Tribunale di Trento) ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico”.

Qualsiasi regolamento descritto in questo articolo, è soggetto a possibili modifiche nel tempo. Chiedi sempre ad un avvocato le opzioni legali disponibili.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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