La “xenomelia” (anche chiamata “sindrome dell’arto straniero” o “sindrome della gamba estranea”, in inglese “foreign limb syndrome“) è una condizione descritta nel 2011 dallo psicologo John Alexander McGeoch e si riferisce al desiderio di allontanare da sé uno o più arti, seppur sani, in particolare quelli inferiori ed in particolare la gamba sinistra. I pazienti che soffrono di questo disturbo raccontano che una volta amputato l’arto indesiderato, si sentono finalmente completi poiché hanno finalmente rimosso una parte del corpo considerata “non propria”. Una condizione rara ma di cui si ha evidenza già fin dalla fine del diciottesimo secolo, quando un ricco signore inglese nel 1785 ha obbligato un chirurgo ad amputargli la gamba sinistra, da lui considerata come un “ostacolo insormontabile alla mia felicità”. La xenomelia fa parte del gruppo dei disturbi dell’identità dell’integrità corporea (BIID).
Etimologia
Il termine “xenomelia” deriva dai termini greci ξένος (xenos) e μέλος (melos) che significano rispettivamente “estraneo” ed “elemento”, proprio a descrivere una parte del corpo riconosciuta come estranea.
Diffusione
Questo disturbo colpisce in prevalenza uomini in quinta decade con una condizione economica medio alta ed un livello di istruzione medio alto. Secondo Mihir Upadhyaya, uno psichiatra della Fondazione Everest di Los Angeles (California, USA) la prevalenza del disturbo è inferiore a uno su 100 mila persone in tutto il mondo, ma il vero dato è difficile da stabilire dal momento che si pensa che molti pazienti tengono il disturbo ben nascosto agli altri e perfino al proprio medico.
Cause
Le cause di questo disturbo sono ancora ben poco conosciute, anche a causa dell’esiguo numero di casi in letteratura scientifica.
Esistono solo 11 ricerche scientifiche sull’argomento e nessuna di queste è particolarmente significativa. Tra i più importanti studi sull’argomento c’è quello condotto dal team del prof. Peter Brugger dell’Istituto di neuropsicologia dell’Ospedale universitario di Zurigo. Secondo Brugger i pazienti affetti da xenomelia presentano delle lesioni nelle aree parietali – che controllano la percezione del nostro corpo e della sua pozione nello spazio. L’uso di speciali risonanze magnetiche ha dimostrano che nelle aree parietali corrispondenti all’arto rifiutato – quindi nel lobo parietale destro in cui giungono le informazioni sensitive relative all’emilato sinistro – ci sono “grappoli” di attività celebrale ridotta in misura significativa rispetto alle aree delle altre estremità. In questi grappoli ad attività ridotta si ritiene ci sia una rarefazione di neuroni e sinapsi e un difetto di sincronizzazione che permette una sensibilità spaziale ma non di sentire l’arto come parte del corpo. Alcuni studiosi come Nasrallah, vista la lesione del lobo parietale, associano la xenomelia alla schizofrenia poiché uno dei sintomi più diffusi di questa malattia è il non riconoscere sé stessi o gli altri.
Sintomi
Il paziente affetti da xenomelia si sente over complete, cioè “troppo completi”, abbondanti per via dell’arto in eccesso. Sentono che il loro corpo è come non dovrebbe essere a causa di un di più. Nelle testimonianze riportate nei principali studi sulla xenomelia, i pazienti dicono di sentire “esattamente la linea dove la mia gamba dovrebbe finire” o che si sentono “completi senza la gamba e fastidiosamente troppo completi con essa”. Dicono che l’amputazione ristabilirebbe il loro senso dell’integrità del corpo.
Molti pazienti con xenomelia, quando ancora il loro arto non sia stato amputato, vivono la loro vita fingendo che lo sia, ad esempio camminando con stampelle (o su carrozza a ruote) e legando la gamba sulla coscia in modo da nasconderla alla vista propria e degli altri.
Quando al paziente si ricorda che una amputazione lo renderebbe disabile, egli risponde che preferisce l’invalidità che deriverebbe dall’amputazione, piuttosto che l’angoscia che deriva dalla mancata amputazione. Nei casi conosciuti di xenomelia in cui si sia poi proceduto all’amputazione, nessun paziente si è mai pentito della propria scelta.
Diagnosi
Qualsiasi soggetto che, senza alcun motivo medico, desideri o pratichi l’amputazione di un proprio arto sano, potrebbe soffrire di xenomelia. Dal gruppo di soggetti affetti devono essere esclusi coloro che praticano una amputazione:
- per scopi fraudolenti come ad esempio per intascare i soldi di una assicurazione
- come forma estrema di protesta;
- per sfuggire ad un pericolo o alla prigionia: famoso è stato il caso del ventisettenne Aron Ralston che nel 2003 si è autoamputato l’avambraccio usando il suo coltellino dopo che era rimasto bloccato sotto un masso mentre faceva escursionismo nello Utah (da questa storia è stata tratta il famoso film “127 ore“, diretto e sceneggiato nel 2010 dai premi Oscar Danny Boyle e Simon Beaufoy, con James Franco nel ruolo di Ralston.
E’ importante anche distinguere il soggetto affetto da xenomelia, da un paziente psichiatrico che desideri l’amputazione di un proprio arto.
Autoamputazione
Nel giuramento di Ippocrate pronunciato dai medici di tutto il mondo, una regola molto importante è “non fare danno al paziente” e rendere disabile un soggetto, non è esattamente conforme al giuramento. L’amputazione di arti sani è, poi, illegale in molti paesi, per questo il medico non pratica l’amputazione, col risultato che chi presenta la xenomelia attua dei tentativi di amputazione auto-indotta come congelare o bruciare l’arto o provocarsi ferite profonde con armi (coltelli, pistole…) o traumi (ad esempio lanciarsi dal balcone) con lo scopo di raggiungere necrosi e cancrena, le quali spingeranno poi il medico ad effettuare una amputazione del tutto legale. Alcuni soggetti decidono di simulare gravi incidenti stradali al fine di provocare talmente tanti danni all’arto, che al Pronto Soccorso non ci sia alternativa per il medico se non quella di amputare l’arto. Le “autoamputazioni” sono però estremamente pericolose: il paziente può andare incontro a pericolose infezioni locali e sistemiche o, nel peggiore dei casi, ad emorragie spesso fatali.
Terapia
Una terapia realmente efficace con i pazienti affetti da xenomelia. Una associazione tra psicoterapia e farmaci antidepressivi si pensa possa in qualche modo migliorare la situazione, anche se quasi mai il paziente abbandona del tutto il sentimento di repulsione verso il proprio arto “estraneo” e per la volontà di rimuoverlo. La terapia dovrà necessariamente coinvolgere varie figure tra cui psichiatra, neurologo e psicoterapeuta.
La xenomelia al cinema
Un soggetto affetto da xenomelia è presente nel film Pelle (Pieles) del 2017 diretto dall’esordiente Eduardo Casanova. Il personaggio riesce a procurarsi l’amputazione tanto anelata grazie ad un incidente stradale che esso stesso provoca. Un altro esempio è il settimo episodio della terza stagione della serie televisiva statunitense Nip/Tuck, ideata da Ryan Murphy, chiamato “Ben White” (da cui è tratta l’immagine in alto nell’articolo).
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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