Una “arma da fuoco” o “arma a fuoco” (in inglese “gun”) è per definizione una macchina termobalistica che sfrutta l’energia cinetica (cioè l’energia legata al movimento) dei gas in espansione da una carica di lancio o scoppio per scagliare dei proiettili. L’energia è utilizzata per proiettare un oggetto (che viene chiamato proiettile o proietto se il suo diametro è maggiore di 20 mm) a grandissima velocità verso un bersaglio: sarà l’azione perforante del proiettile a causare i danni al bersaglio. Esempi di arma da fuoco sono il fucile semiautomatico americano Garand M1 ed il fucile d’assalto Sturmgewehr MP44.
Arma comune da sparo
Le armi comuni da sparo sono un tipo di arma da fuoco, elencate all’art. 2 della L. n. 110/1975 (come da ultimo modificato dal D.Lgs. n. 121/2013):
- i fucili anche semiautomatici con una o più canne ad anima liscia;
- i fucili con due canne ad anima rigata, a caricamento successivo con azione manuale;
- i fucili con due o tre canne miste, ad anime lisce o rigate, a caricamento successivo con azione manuale;
- i fucili, le carabine ed i moschetti ad una canna ad anima rigata, anche se predisposti per il funzionamento semiautomatico;
- i fucili e le carabine che impiegano munizioni a percussione anulare, purché non a funzionamento automatico;
- le rivoltelle a rotazione;
- le pistole a funzionamento semiautomatico;
- le repliche di armi antiche ad avancarica di modelli anteriori al 1890, fatta eccezione per quelle a colpo singolo (comma così modificato dall’art. 11, L. 21/12/1999, n. 526).
- i fucili e le carabine che, pur potendosi prestare all’utilizzazione del munizionamento da guerra, presentino specifiche caratteristiche per l’effettivo impiego per uso di caccia o sportivo, abbiano limitato volume di fuoco e siano destinate ad utilizzare munizioni di tipo diverso da quelle militari;
- sono considerate armi comuni da sparo quelle denominate «da bersaglio da sala», o ad emissione di gas, nonché le armi ad aria compressa o gas compressi, sia lunghe sia corte i cui proiettili erogano un’energia cinetica superiore a 7,5 joule, e gli strumenti lanciarazzi, salvo che si tratti di armi destinate alla pesca ovvero di armi e strumenti per i quali la commissione consultiva di cui all’articolo 6 escluda, in relazione alle rispettive caratteristiche, l’attitudine a recare offesa alla persona (comma così sostituito dall’art. 1, L. 21/02/1990, n. 36 e dall’art. 11, L. 21/12/1999, n. 526).
Ai sensi dell’art. 10, comma 6, L. n. 110/1975, il privato cittadino può detenere le seguenti armi comuni da sparo:
- tre armi comuni da sparo;
- sei armi classificate per uso sportivo;
- otto armi tra antiche, artistiche, rare o d’importanza storica (art. 8, comma, 1, D.M. 14 aprile 1982);
- un numero illimitato di fucili da caccia (art. 37, comma 2, L. n. 157/1992);
- un numero illimitato di parti essenziali d’arma (art. 38, comma 1, TULPS).
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Caratteristiche delle armi comuni da sparo
Ogni modello di arma comune da sparo prodotta, introdotta o commercializzata in Italia a partire dal 1 gennaio 2012, per definizione deve obbligatoriamente essere oggetto di classificazione da parte del Banco Nazionale di Prova, il quale ente ha il compito di verificare, per ognuna delle suddette armi, la qualità di arma comune da sparo – compresa la eventuale qualifica di arma sportiva ai sensi della vigente normativa – e la corrispondenza ad una delle categorie europee di cui all’All. I della Direttiva CEE 477/1991 (come previsto dall’art. 23, comma 12sexiesdecies, D.L. n. 95/2012 convertito nella L. n. 135/2012). L’elenco delle armi classificate dal Banco Naizonale di Prova è consultabile sul sito https://www.bancoprova.it/index.php/it/classificazione-armi/armi-classificate.html.
Tutti i modelli di armi prodotte o introdotte in Italia tra il 1 ottobre 1979 ed il 31 dicembre 2011, ad eccezione delle armi da caccia ad anima liscia e di quelle ad avancarica, prima di essere immessi sul mercato erano sottoposti ad un controllo preventivo da parte del Ministero dell’Interno per mezzo della Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi (art. 6 L. n. 110/1975; tale Commissione è stata soppressa dall’art. 12, comma 20, del D.L. n. 95/2012 convertito nella L. n. 135/2012); se tale verifica aveva esito positivo, il modello di arma veniva riconosciuto con specifico Decreto ministeriale (che veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale), gli veniva attribuito un numero di catalogazione e veniva iscritto nel Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo (come previsto dall’art. 7 L. n. 110/1975, poi abrogato dall’art. 14, comma 7, della L. n. 183/2011 a decorrere dal 1 gennaio 2012); il Catalogo delle armi comuni da sparo è consultabile sul sito https://www.space.interno.it.
Le armi comuni da sparo recano dei segni distintivi (cosiddetti marchi o punzoni) che consentono di identificarle. Tali segni identificativi sono elencati all’art. 11 della L. n. 110/1975 (come modificato dal D.Lgs. n. 204/2010, ma vedasi altresì quanto disposto già dall’art. 8, comma 1, lett. a) – Convenzione – Protocollo addizionale contro la fabbricazione ed il traffico illecito di armi da fuoco, della L. n. 146/2006) e sono:
- il marchio o la sigla che individua il produttore oppure l’assemblatore,
- il numero di matricola (solitamente costituito da un codice numerico o alfanumerico), che non è obbligatorio per le armi prodotte prima del 1920; il numero di matricola deve essere obbligatoriamente presente sempre anche sulle canne intercambiabili,
- il paese in cui è stata prodotta l’arma e l’anno di fabbricazione,
- il calibro almeno sulla canna,
- qualora si tratti di arma prodotta oppure importata oppure introdotta in Italia durante la vigenza del Catalogo nazionale delle armi comuni da spato (tra il 1 ottobre 1979 ed il 31 dicembre 2011) e per la quale era previsto l’obbligo della catalogazione, anche il numero di iscrizione nel Catalogo,
- i punzoni del Banco Nazionale di Prova italiano o di un Paese straniero il cui banco sia riconosciuto ai sensi della cd. normativa CIP (i punzoni del Banco sono tre: il punzone identificativo del Banco che ha eseguito le prove, il punzone indicante il tipo di prova effettuata sull’arma e l’anno della prova; inoltre, potrebbe esservi impresso anche un quarto punzone, il cosiddetto punzone del giglio, che indica che quell’arma è stata altresì sottoposta alle prove con i pallini d’acciaio).
È vietato effettuare interventi tecnici sull’arma che abbiano come effetto di alterare la meccanica in modo da aumentarne la potenzialità d’offesa oppure che interessino le dimensioni dell’arma ed abbiano come effetto di facilitarne il porto, l’uso o l’occultamento (art. 3 L. n. 110/1975). Quindi è vietato, ad esempio, aumentare il calibro dell’arma oppure aumentare la capacità del caricatore o montare su di essa un calcio pieghevole oppure accorciare la canna di un’arma posta a catalogo o, ancora, accorciare in maniera considerevole la canna di un’arma non posta a catalogo rendendo la medesima occultabile.
Non sono vietati quegli interventi che non incidono sulla meccanica o non aumentano la potenza e/o l’occultabilità dell’arma.
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