Differenze delle ferite da taglio, da punta, superficiali, profonde, pulite, sporche

MEDICINA ONLINE TAGLIARSI CUTTING ADOLESCENTE AUTOLESIONISMO FERITA TAGLIO POLSO SANGUE MALE DOLORE MORTE MORIRE AIUTOPer ferita si intende l’interruzione traumatica di uno o più tessuti esterni o interni del corpo, causata da agenti esterni di varia natura che agiscono con modalità diversa.

Classificazione in base a percorso e profondità della ferita

In relazione al percorso e alla profondità le ferite possono essere distinte in:

  • ferite superficiali: quando interessano esclusivamente lo strato cutaneo e sottocutaneo;
  • ferite profonde: quando coinvolgono lo strato fasciale e le strutture che si trovano al disotto;
  • ferite penetranti: quando creano un tramite tra l’esterno e una delle grandi cavità dell’organismo (cranica, toracica, addominale);
  • ferite interne: quando interessano organi interni (fegato, milza, polmone, ecc.) a prescindere dal coinvolgimento delle strutture parietali che possono anche rimanere integre, come accade nei traumi chiusi.

Classificazione in base al grado di contaminazione della ferita

Un sistema di classificazione importante è quello che si basa sul grado di contaminazione delle ferite. È opportuno tuttavia precisare che la presenza di germi patogeni nella ferita non determina necessariamente una infezione della stessa.

  • ferite pulite: sono definite tali le ferite di origine non traumatica e nel cui ambito non vi siano interruzioni di alcuni apparati: digestivo, respiratorio, uro-genitale;
  • ferite pulite-contaminate: sono le ferite in cui uno degli apparati è interrotto ma sotto controllo e non vi siano segni apparenti di contaminazione. A questo gruppo appartengono interventi molto frequenti quali la colecistectomia o l’appendicectomia;
  • ferite contaminate: gruppo nel quale vengono inserite le ferite traumatiche recenti e quelle aperte, le ferite con interruzione non controllata dell’apparato gastro-enterico, quelle in presenza di fenomeni infiammatori acuti ma non purulenti, le incisioni delle vie biliari e urinarie in presenza di bile e urine infette;
  • ferite sporche: sono le ferite traumatiche aperte non recenti o quelle dovute a fenomeni perforativi o in presenza di infiammazioni pregresse purulente.

Classificazione in base al meccanismo che determina la ferita

In base al meccanismo che l’ha determinata, una ferita può essere da taglio, da punta o di altro tipo.

Ferite da taglio

Sono prodotte da agenti affilati quali coltelli, rasoi, schegge di vetro o metalliche, premuti e fatti scorrere su un tessuto corporeo. Si presentano rettilinee o ad ampia curvatura, più lunghe che profonde, con una caratteristica coda iniziale breve (tratto iniziale del contatto) e una coda finale più lunga (allontanamento del tagliente dal tessuto). Una caratteristica ferita da taglio è quella chirurgica da bisturi. Hanno i margini netti e sono, in genere, fortemente sanguinanti. L’entità dell’emorragia è legata al numero, al diametro e alla natura arteriosa o venosa dei vasi interrotti, elementi spesso in relazione sia con la profondità del taglio che con il distretto coinvolto. Risultano particolarmente sanguinanti, ad esempio, le ferite del cuoio capelluto, molto meno quelle della linea alba, struttura preferita, per questo motivo, nelle grandi incisioni laparotomiche. Le ferite da taglio spesso provocano un sanguinamento diffuso e puntiforme dei bordi, detto a nappo. Questo tipo di ferita, in particolare quella chirurgica che è più netta e regolare, va incontro a guarigione con ottimi risultati estetici. È condizione essenziale però che sia adeguatamente suturata e che non sia contaminata. In presenza di fenomeni settici concomitanti (intervento per appendicite acuta purulenta o per perforazione intestinale) o insorti nel decorso post-operatorio (infezione secondaria del sito chirurgico) anche la sutura più accurata non riesce ad evitare danni al normale processo di guarigione della ferita con possibili esiti cicatriziali antiestetici.

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Ferite da punta

Sono prodotte da agenti vulneranti appuntiti quali spine, aghi, chiodi, spilli, infissi nel tessuto. Si presentano con un foro di entrata più o meno piccolo e un tragitto di lunghezza diversa e che ne determina la distinzione in: superficiali e profonde. Possono essere:

  • trapassanti: quando attraversano completamente un segmento corporeo, quale un arto;
  • penetranti: quando raggiungono una delle tre cavità: cerebrale, toracica o addominale;
  • transfosse: quando la ferita penetrante presenta oltre al foro di entrata anche quello di uscita.

Le ferite da punta vanno incontro ad una rapida guarigione favorita dalla loro stessa conformazione che però implica anche maggiori rischi di:

  • infezione: la penetrazione dell’oggetto all’interno della ferita può introdurre materiale inquinante: polvere, terriccio, brandelli di stoffa che a causa della forma stretta e allungata della lesione vengono trattenuti. L’impossibilità di una detersione naturale e la difficoltà di praticarne una chirurgica favorisce quindi le infezioni localizzate con formazione di ascessi. Questo vale nelle lesioni di natura traumatica, ma anche in quelle legate a procedimenti chirurgici (iniezioni, ago-aspirati, paracentesi) per la presenza abituale di germi patogeni sulla superficie cutanea o eventualmente sui presidi chirurgici impiegati. È per tale motivo che ogni atto operatorio va eseguito nel rispetto della più rigorosa antisepsi e dopo lunga e accurata disinfezione della cute;
  • complicazione: la ferita da punta, essendo poco dolorosa e scarsamente sanguinante, tende in genere ad essere sottovalutata; inoltre è oggettivamente difficile stabilirne l’entità. Anche avendo a disposizione l’agente vulnerante non è possibile avere la certezza di quanto sia penetrato e quale direzione abbia seguito. Inoltre la sovrapposizione per scorrimento dei piani tissutali, dotati di elasticità diversa, una volta estratto l’oggetto appuntito, rende impossibile la definizione esatta del suo percorso. La stessa introduzione di uno specillo o di una sonda chirurgica scanalata che voglia seguire il tragitto può dare la sensazione, sbagliata, che esso sia più breve del reale, con conseguenze gravi. Un caso emblematico è quello delle ferite penetranti in addome ma non giudicate tali e quindi non ritenute meritevoli di ulteriori e più approfondite indagini. In questi casi le probabili lesioni degli organi interni comporteranno complicazioni gravi emorragiche o settiche  con quadri clinici anche drammatici: addome acuto, shock.

Altre ferite

  • ferite da punta e taglio: sono inferte da agenti vulneranti particolari quali pugnali, spade, lance nei quali si combinano l’azione di pressione e quella di strisciamento. Sono potenzialmente pericolose in quanto sono in grado di raggiungere più facilmente i piani profondi e le grandi cavità;
  • ferite lacere: sono dovute ad un’azione di strappamento o stiramento, oltre che di taglio. Si presentano edematose con vaste ecchimosi, aree necrotiche e margini fortemente irregolari; in generale sono scarsamente sanguinanti. Hanno spiccata tendenza all’infezione e richiedono quindi un’accurata toilette chirurgica con asportazione dei lembi mortificati e irregolari. Non sempre è possibile suturarle, anzi, in determinati casi, è opportuno lasciare aperte in modo che guariscano per seconda intenzione;
  • ferite contuse: sono conseguenza dell’azione vulnerante di oggetti smussi  esercitata con energia sufficiente a vincere l’elasticità dei tessuti ma non quella dei vasi. L’area appare fortemente edematosa con ampie aree ecchimotiche;
  • ferite lacero-contuse: questo tipo di ferita, che combina la natura di quelle lacere e di quelle contuse, rappresenta la lesione di natura traumatica più frequente. La loro caratteristica le rende particolarmente soggette all’infezione e di conseguenza a lunghi tempi di guarigione con esiti cicatriziali antiestetici;
  • ferite da arma da fuoco: sono ferite dovute all’azione vulnerante dei proiettili lanciati dalle armi da fuoco: pistole, fucili, mitragliatrici o delle schegge da scoppio di ordigni esplosivi: bombe, mine, proiettili di mortaio.
    • Nel primo caso le ferite sono caratterizzate da un foro di entrata relativamente piccolo, da un tragitto più o meno lungo e da un foro di uscita a margini estroflessi e di diametro maggiore (dovuto al corpo vulnerante che nel suo progredire crea una rosa di frammenti di tessuto e di osso che lo accompagnano). La gravità della ferita dipende alla forza viva del proiettile, dal distretto colpito, dal numero di organi interessati. Queste ferite hanno molte analogie con le ferite da punta e come queste vanno frequentemente incontro a infezione ed emorragie interne. Almeno inizialmente il dolore è modesto così come il sanguinamento esterno.
    • Le ferite da scheggia somigliano a quelle lacero contuse aggravate dal fatto che la forza viva, in questi casi elevata, può determinare danni importanti fino alle conseguenze estreme definite di sfacelo traumatico.

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Patologia delle ferite

Le ferite hanno tendenza alla guarigione spontanea che avviene mediante il fenomeno della cicatrizzazione. I tempi e gli esiti sotto l’aspetto estetico e funzionale dipendono dai fattori ai quali si è accennato in precedenza. In alcune circostanze il processo cicatriziale evolve in senso francamente patologico:

  • ipoplastico. Caratterizzato da una scarsa presenza di tessuto di granulazione con riepitelizzazione insufficiente. La cicatrice si presenta di colore più chiaro, infossata, ulcerata.
  • iperplastico. Questa complicazione è legata a situazioni diverse: contaminazione, guarigione per II intenzione, presenza di corpi estranei (anche punti di sutura). La cicatrice si presenta rilevata, dura e arrossata. La correzione chirurgica di questa lesione consiste nella asportazione della cicatrice e nella risutura dei lembi cutanei.
  • metaplastico. Complicazione conosciuta anche come cheloide ha una eziopatogenesi non chiara mentre più certe sono alcune predisposizioni: individuali e familiari, la pelle nera, la localizzazione in sedi particolari quali il collo o i rilievi ossei. A differenza della precedente nonostante la correzione, richiesta dai gravi inestetismi che comporta, ha un’alta tendenza alla recidiva.
  • canceroso. Costituisce una grave e fortunatamente rara complicazione legata a cause sconosciute.

Terapia delle ferite

La terapia delle ferite è essenzialmente chirurgica. A questa va sempre associata una idonea copertura con antibiotici.

  • Nel caso delle ferite da taglio non contaminate, a margini lineari e netti, una adeguata sutura favorisce la guarigione per prima intenzione nel giro di pochi giorni.
  • Nel caso delle ferite lacere e/o contuse la prima operazione è quella di detergerle accuratamente asportando le aree mortificate o francamente necrotiche e di provvedere alla regolarizzazione dei margini. Ciò consentirà una adeguata valutazione del danno e la scelta di procedere alla sutura immediata della ferita, con o senza apposizione di drenaggi, o piuttosto di lasciarla aperta lasciandola ad una guarigione per seconda intenzione, più lunga ma meno rischiosa.
  • Nel caso di ferite da punta è essenziale stabilire se esse siano penetrate in qualche cavità. Utili a questo scopo il ricorso ad alcuni esami quali quello ecografico o radiografico. In presenza di ferite penetranti il rischio di coinvolgimento di uno o più organi è molto alto. Ciò conforta la decisione di intervenire chirurgicamente con un’ampia laparotomia esplorativa o meglio, per la sua minore invasività, di ricorrere ad una laparoscopia esplorativa.

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I militari che cercano di hackerare il tuo cervello

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma MAL DI TESTA VIVEVA CERVELLO Verme HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Luce Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaNo, non è la solita tesi complottista. Da più di un anno DARPA (agenzia governativa degli Stati Uniti di sviluppo di nuove tecnologie in ambito militare) è per davvero impegnata in un progetto chiamato TNT: un programma che ha come obiettivo quello di esplorare vari metodi di neuro-stimolazione sicuri per attivare la plasticità sinaptica, cioè la capacità del cervello di cambiare e modificare i punti di connessione tra i neuroni. In altre parole, attraverso la stimolazione del sistema nervoso, DARPA spera di accelerare la capacità di apprendimento del cervello stesso. L’enorme vantaggio deriva dalla possibilità di “scaricare” le conoscenze dopo aver messo le nostre menti in uno stato ricettivo e neuro-plastico. Per fare un esempio pratico, si potrebbe imparare un nuovo mestiere, senza la necessità di dover studiare o di fare pratica.

La strategia DARPA

DARPA finanzia otto progetti in sette istituzioni diverse. Tutti i progetti sono parte di un programma unico che prima studierà i fondamenti dietro la plasticità del cervello, poi si concluderà con test fatti su persone. La prima parte del programma TNT servirà per svelare i meccanismi neurali che consentono la stimolazione nervosa per influenzare la plasticità del cervello. La seconda parte del programma metterà in pratica tutto quello che è stato appreso nei vari esercizi di allenamento.

Il programma TNT

I ricercatori stanno lavorando con specialisti di lingua straniera, analisti di intelligence e altri che addestrano il personale con lo scopo di raffinare la piattaforma TNT così da soddisfare le esigenze di formazione militare. I ricercatori confronteranno l’efficacia dell’uso di un dispositivo impiantato per stimolare il cervello contro la stimolazione non invasiva. Esamineranno sia l’etica dell’apprendimento avanzato attraverso la neuro-stimolazione sia i modi per evitare effetti collaterali e potenziali rischi.

Gli obiettivi TNT

Il TNT Pogram Manager, Doug Weber, in un comunicato stampa, ha dichiarato: “Il Dipartimento della Difesa opera in un mondo complesso e interconnesso in cui le competenze umane come la comunicazione e l’analisi sono essenziali. Il Dipartimento ha spinto le frontiere della formazione per massimizzare tali competenze. L’obiettivo di DARPA con TNT è quello di migliorare ulteriormente i metodi di formazione esistenti in modo che gli uomini e le donne delle nostre forze armate possano operare a pieno potenziale”.

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Elenco di varie tipologie di armi suddivise per tipo

MEDICINA ONLINE MEDICINA LEGALE ARMI ARMA ELENCO TIPO TIPOLOGIA ARMA DA FUOCO DA TAGLIO.jpg

In foto: armi improprie (levachiodi, cutter, martello americano, catena per la moto), arma bianca antica (mazzafrusto), armi contundenti (tirapugni, pugno di ferro con punte, sfollagente telescopico, shuriken 8 punte), arma non letale per difesa (spray al peperoncino), arma bianca da taglio (coltello a lama fissa) e arma bianca da punta (coltello da allenamento in plastica dura con lama in GRIVORY e manico in KRATON).

Elenco di varie tipologie di armi:

  • Armi da fuoco: (armi automatiche, semiautomatiche, ad azione manuale, pistole, fucili, mitra, mitragliatrici, …).
  • Armi da taglio: (lame, coltelli, machete, spade, pugnali, asce, stiletti, katane…).
  • Armi da lancio o da getto: (arco, fionda, lancia, balestra, catapulta, shuriken e kunai, coltello da lancio, giavellotto…).
  • Armi esplosive: (bombe, mine, granate, Molotov…).
  • Armi ad aria compressa: (o ad aria precompressa o con altri gas come il CO2. Le munizioni di solito sono a pallini di piombo o di plastica dura).
  • Armi bianche: (mazze, clave, tirapugni, nunchaku, sai, bolas, daghe, sciabole…).
  • Armi non letali: (armi a salve, taser, phaser, gas lacrimogeni, spray al peperoncino o gas OC, DSLAD, LRAD, granate stordenti, tonfa, gas OC, sfollagente, armi con proiettili di gomma, armi da paintball).
  • Armi passive: (scudi, corazze…).
  • Armi improprie: (catena, martello, coltelli da cucina, spranghe, tubo di piombo, piccone, multitool, piede di porco, mazza da baseball, chiave inglese…).
  • Arma di distruzione di massa: (nucleari, biologiche, chimiche, radiologiche).
  • Armi da guerra: (lanciarazzi, missili, armi d’artiglieria…).

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Differenza tra arma da fuoco ed arma da sparo con esempi

MEDICINA ONLINE MEDICINA LEGALE ARMA FUCILE PISTOLA MITRA ASSALTO AUTOMATICA SEMI DIFFERENZAUna “arma da fuoco” o “arma a fuoco” (in inglese “gun”) è per definizione una macchina termobalistica che sfrutta l’energia cinetica (cioè l’energia legata al movimento) dei gas in espansione da una carica di lancio o scoppio per scagliare dei proiettili. L’energia è utilizzata per proiettare un oggetto (che viene chiamato proiettile o proietto se il suo diametro è maggiore di 20 mm) a grandissima velocità verso un bersaglio: sarà l’azione perforante del proiettile a causare i danni al bersaglio.  Esempi di arma da fuoco sono il fucile semiautomatico americano Garand M1 ed il fucile d’assalto Sturmgewehr MP44.
Arma comune da sparo
Le armi comuni da sparo sono un tipo di arma da fuoco, elencate all’art. 2 della L. n. 110/1975 (come da ultimo modificato dal D.Lgs. n. 121/2013):

  • i fucili anche semiautomatici con una o più canne ad anima liscia;
  • i fucili con due canne ad anima rigata, a caricamento successivo con azione manuale;
  • i fucili con due o tre canne miste, ad anime lisce o rigate, a caricamento successivo con azione manuale;
  • i fucili, le carabine ed i moschetti ad una canna ad anima rigata, anche se predisposti per il funzionamento semiautomatico;
  • i fucili e le carabine che impiegano munizioni a percussione anulare, purché non a funzionamento automatico;
  • le rivoltelle a rotazione;
  • le pistole a funzionamento semiautomatico;
  • le repliche di armi antiche ad avancarica di modelli anteriori al 1890, fatta eccezione per quelle a colpo singolo (comma così modificato dall’art. 11, L. 21/12/1999, n. 526).
  • i fucili e le carabine che, pur potendosi prestare all’utilizzazione del munizionamento da guerra, presentino specifiche caratteristiche per l’effettivo impiego per uso di caccia o sportivo, abbiano limitato volume di fuoco e siano destinate ad utilizzare munizioni di tipo diverso da quelle militari;
  • sono considerate armi comuni da sparo quelle denominate «da bersaglio da sala», o ad emissione di gas, nonché le armi ad aria compressa o gas compressi, sia lunghe sia corte i cui proiettili erogano un’energia cinetica superiore a 7,5 joule, e gli strumenti lanciarazzi, salvo che si tratti di armi destinate alla pesca ovvero di armi e strumenti per i quali la commissione consultiva di cui all’articolo 6 escluda, in relazione alle rispettive caratteristiche, l’attitudine a recare offesa alla persona (comma così sostituito dall’art. 1, L. 21/02/1990, n. 36 e dall’art. 11, L. 21/12/1999, n. 526).

Ai sensi dell’art. 10, comma 6, L. n. 110/1975, il privato cittadino può detenere le seguenti armi comuni da sparo:

  •  tre armi comuni da sparo;
  • sei armi classificate per uso sportivo;
  • otto armi tra antiche, artistiche, rare o d’importanza storica (art. 8, comma, 1, D.M. 14 aprile 1982);
  • un numero illimitato di fucili da caccia (art. 37, comma 2, L. n. 157/1992);
  • un numero illimitato di parti essenziali d’arma (art. 38, comma 1, TULPS).

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Caratteristiche delle armi comuni da sparo
Ogni modello di arma comune da sparo prodotta, introdotta o commercializzata in Italia a partire dal 1 gennaio 2012, per definizione deve obbligatoriamente essere oggetto di classificazione da parte del Banco Nazionale di Prova, il quale ente ha il compito di verificare, per ognuna delle suddette armi, la qualità di arma comune da sparo – compresa la eventuale qualifica di arma sportiva ai sensi della vigente normativa – e la corrispondenza ad una delle categorie europee di cui all’All. I della Direttiva CEE 477/1991 (come previsto dall’art. 23, comma 12sexiesdecies, D.L. n. 95/2012 convertito nella L. n. 135/2012). L’elenco delle armi classificate dal Banco Naizonale di Prova è consultabile sul sito https://www.bancoprova.it/index.php/it/classificazione-armi/armi-classificate.html.
Tutti i modelli di armi prodotte o introdotte in Italia tra il 1 ottobre 1979 ed il 31 dicembre 2011, ad eccezione delle armi da caccia ad anima liscia e di quelle ad avancarica, prima di essere immessi sul mercato erano sottoposti ad un controllo preventivo da parte del Ministero dell’Interno per mezzo della Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi (art. 6 L. n. 110/1975; tale Commissione è stata soppressa dall’art. 12, comma 20, del D.L. n. 95/2012 convertito nella L. n. 135/2012); se tale verifica aveva esito positivo, il modello di arma veniva riconosciuto con specifico Decreto ministeriale (che veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale), gli veniva attribuito un numero di catalogazione e veniva iscritto nel Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo (come previsto dall’art. 7 L. n. 110/1975, poi abrogato dall’art. 14, comma 7, della L. n. 183/2011 a decorrere dal 1 gennaio 2012); il Catalogo delle armi comuni da sparo è consultabile sul sito https://www.space.interno.it.
Le armi comuni da sparo recano dei segni distintivi (cosiddetti marchi o punzoni) che consentono di identificarle. Tali segni identificativi sono elencati all’art. 11 della L. n. 110/1975 (come modificato dal D.Lgs. n. 204/2010, ma vedasi altresì quanto disposto già dall’art. 8, comma 1, lett. a) – Convenzione – Protocollo addizionale contro la fabbricazione ed il traffico illecito di armi da fuoco, della L. n. 146/2006)  e sono:

  • il marchio o la sigla che individua il produttore oppure l’assemblatore,
  • il numero di matricola (solitamente costituito da un codice numerico o alfanumerico), che non è obbligatorio per le armi prodotte prima del 1920; il numero di matricola deve essere obbligatoriamente presente sempre anche sulle canne intercambiabili,
  • il paese in cui è stata prodotta l’arma e l’anno di fabbricazione,
  • il calibro almeno sulla canna,
  • qualora si tratti di arma prodotta oppure importata oppure introdotta in Italia durante la vigenza del Catalogo nazionale delle armi comuni da spato (tra il 1 ottobre 1979 ed il 31 dicembre 2011) e per la quale era previsto l’obbligo della catalogazione, anche il numero di iscrizione nel Catalogo,
  • i punzoni del Banco Nazionale di Prova italiano o di un Paese straniero il cui banco sia riconosciuto ai sensi della cd. normativa CIP (i punzoni del Banco sono tre: il punzone identificativo del Banco che ha eseguito le prove, il punzone indicante il tipo di prova effettuata sull’arma e l’anno della prova; inoltre, potrebbe esservi impresso anche un quarto punzone, il cosiddetto punzone del giglio, che indica che quell’arma è stata altresì sottoposta alle prove con i pallini d’acciaio).

È vietato effettuare interventi tecnici sull’arma che abbiano come effetto di alterare la meccanica in modo da aumentarne la potenzialità d’offesa oppure che interessino le dimensioni dell’arma ed abbiano come effetto di facilitarne il porto, l’uso o l’occultamento (art. 3 L. n. 110/1975). Quindi è vietato, ad esempio, aumentare il calibro dell’arma oppure aumentare la capacità del caricatore o montare su di essa un calcio pieghevole oppure accorciare la canna di un’arma posta a catalogo o, ancora, accorciare in maniera considerevole la canna di un’arma non posta a catalogo rendendo la medesima occultabile.
Non sono vietati quegli interventi che non incidono sulla meccanica o non aumentano la potenza e/o l’occultabilità dell’arma.
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Differenza tra arma automatica e semiautomatica con esempi

MEDICINA ONLINE MEDICINA LEGALE ARMA FUCILE PISTOLA MITRA ASSALTO AUTOMATICA SEMI DIFFERENZA.jpgCon “arma automatica” (in inglese “automatic firearm”) si intende un’arma da fuoco con la capacità di sparare in modo automatico, senza bisogno di ricaricare le stesse tra l’esplosione di una cartuccia e l’altra, in grado quindi di generare un fuoco continuo (continuano a sparare fino a che non finiscono i proiettili o viene rilasciato il grilletto). Esempi di arma a fuoco automatico, sono:

  • AK-47, senza dubbio il più celebre e diffuso tra i fucili di assalto, chiamato anche Kalašnikov, dal nome del suo inventore, il militare sovietico Michail Timofeevič Kalašnikov;
  • Beretta MAB 38 e Thompson, due mitra;
  • Breda Mod.30, un fucile mitragliatore;
  • SIG SG 510, un fucile da battaglia.

Con “arma semi-automatica” (in inglese “semi-automatic firearm”) si intende un’arma da fuoco che necessita della pressione del grilletto, con un meccanismo tale per cui successivamente al fuoco viene ricaricata la munizione successiva. Le armi semi-automatiche sono morfologicamente uguali alle armi automatiche: ciò che le differenzia è il sistema di scatto, il quale permette di sparare solamente un colpo ad ogni pressione del grilletto mentre le armi automatiche continuano a sparare fino a che non finiscono i proiettili o viene rilasciato il grilletto, anche se a volte il termine automatico viene incorrettamente usato per le armi semiauto. Storicamente sono comparse prima le armi automatiche rispetto a quelle semiautomatiche, ciò si spiega in virtù della maggiore complessità del sistema di scatto di un’arma semiautomatica rispetto ad una automatica. Esempi di arma a fuoco semi-automatico, sono:

  • M1 Garand;
  • M1 Carbine;
  • Tokarev SVT 40;
  • Mauser Gewehr 41/43.

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Differenze tecniche tra arma automatica e semiautomatica

Tecnicamente la differenza tra le due armi è una diversa organizzazione della catena di scatto: mentre nelle armi automatiche, una volta premuto il grilletto viene liberato il dispositivo di percussione che non viene più intercettato per essere bloccato in posizione armata durante la fase di ritorno dell’otturatore finché non viene rilasciato il grilletto stesso, nelle armi semiautomatiche, ogni volta che l’otturatore arretra durante la fase di sparo, il dispositivo di percussione viene intercettato e bloccato in posizione armata. Il successivo avanzamento dell’otturatore non cambia lo stato di armamento del percussore, che per essere liberato per effettuare una nuova azione di sparo deve essere di nuovo intercettato dagli elementi della catena di scatto durante il rilascio del grilletto, il quale potrà nuovamente liberare il dispositivo di percussione solo dopo essere stato premuto nuovamente.
Avvenuto ciò, ogni qualvolta si prema il grilletto si otterrà la risposta al fuoco e, oltre all’espulsione del bossolo, l’inserimento di una nuova cartuccia con conseguente riarmo del percussore. Queste operazioni proseguono sino a che il caricatore non si svuota a seguito di ripetute pressioni del grilletto: a quel punto l’arma può rimanere con l’otturatore aperto per segnalare che non può più sostituire nella canna vuota una nuova cartuccia.
Questi tipi di armi sparano quindi sempre a colpo singolo ad ogni pressione del grilletto, pur provvedendo alla ricarica di una nuova cartuccia in camera per essere pronte alla ripetizione del colpo appena si torna a premere il grilletto, a differenza delle armi a ripetizione manuale, che necessitano ad ogni colpo dell’azione manuale di ricameramento di una nuova cartuccia.

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Cacciatore prova ad uccidere cucciolo di cervo, ma poi papà cervo si vendica [VIDEO]

Un cacciatore ha provato ad uccidere un indifeso cucciolo di cervo in una battuta di caccia, ma non c’è riuscito e l’animale è fortunatamente sopravvissuto.  Il papà del piccolo però ha deciso che era il caso di far capire al cacciatore che certe cose NON SI DEVONO FARE! Bravo papà cervo!

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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La bimba siriana che si arrende davanti alla macchina fotografica

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma BIMBA SIRIANA SI ARRENDE DAVANTI A MACHINA FOTOGRAFIACA Nadia Abu Shaban Guerra Morte Arma No Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Tecarterapia Dietologo DermatologAlza le piccole manine unite sulla testa, stringe le labbra in un accenno di pianto senza lacrime, per farsi catturare dal nemico come se aspettasse quel momento da quando è nata. E’ una bambina siriana di quattro anni che si arrende davanti al flash della macchina fotografica pensando che sia un’arma. E mentre noi passiamo la giornata col problema di quale smartphone nuovo comprare o di quale borsa abbinare alle scarpe, lei passa la sua osservando gente armata che intima il “mani in alto” ai civili. La nostra “civiltà” è tutta completamente sbagliata.

Nadia Abu Shaban su Twitter

La foto è stata scattata dalla fotoreporter palestinese Nadia Abu Shaban durante uno dei suoi viaggi nella Siria devastata dalla guerra. La giornalista ha deciso di pubblicare la foto della bambina triste che si consegna arresa sul suo account Twitter. “Fotografia scattata a una bambina siriana – scrive Nadia Abu Shaban sulla sua bacheca Facebook – Lei crede che ho in mano un’arma e non una macchina fotografica. Per questo si è consegnata”.

Milioni di bambini coinvolti

Tra scuole e orfanotrofi bombardati, in giornate scandite dalla paura di essere uccisi o di dover fuggire, si calcola che siano 5 milioni i bambini siriani coinvolti nella guerra del regime di Bashar Al Assad contro i terroristi dello Stato islamico. Secondo recenti dati Unicef, i bambini costretti a lasciare la Siria sarebbero arrivati a un milione, 740 mila hanno meno di undici anni. Tremilacinquecento bambini siriani hanno valicato la frontiera con Libano, Giordania e Iraq, da soli, senza famiglia. I piccoli uccisi in Siria, sostiene l’Alto Commissariato per i diritti umani, sono stati finora 7 mila.

Devo essere sincero, quando ho visto questa foto, mi è venuto da piangere.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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