La cosa più triste nella vita è il talento sprecato

MEDICINA ONLINE BRONX A BRONX TALE FILM FRASI AFORISMI CITAZIONI Ricorda che la cosa più triste nella vita è il talento sprecato 1993 diretto da Robert De Niro con Robert De Niro Chazz Palminteri Lillo Brancato.jpg“Ricorda che la cosa più triste nella vita è il Continua a leggere

Mimmo Beneventano: il medico antimafia che stava sempre dalla parte degli ultimi

MEDICINA ONLINE Domenico Beneventano, detto Mimmo (Petina, 11 luglio 1948 – Ottaviano, 7 novembre 1980), è stato un politico italiano, vittima della CamorraSiamo abituati a pensare agli eroi come a uomini straordinari, dotati di poteri speciali e di capacità sovrumane. Ma gli eroi sono altri, sono le persone normali che fanno ogni giorno il proprio dovere.
Questa è la storia di uno di loro, di un eroe normale, che si chiamava Mimmo Beneventano.

Domenico Beneventano nasce a Petina, in provincia di Salerno, ma si trasferisce fin dal 1968 a Ottaviano. Mimmo, così lo chiamano gli amici, è un ragazzo dal cuore d’oro, sta sempre dalla parte degli ultimi. L’amore per gli altri lo porta a iscriversi alla facoltà di medicina e a diventare dottore, una professione che dovrebbe essere sempre animata da quello spirito altruistico di cui Mimmo era ricolmo.

Lo stesso amore che lo conduce nel Belice ad aiutare i terremotati, a Firenze durante l’alluvione, tra i poveri al fianco delle organizzazioni caritatevoli. Ma Mimmo non è soltanto una persona buona, è anche intelligente, colto, lucido, scrive poesie e tiene gli occhi aperti. Così, per uno come lui, per un eroe normale, è facile vedere che nella sua terra c’è un cancro che distrugge tutto. Un cancro che si chiama camorra.

Quel cancro lo vede tra i suoi pazienti che si ammalano di tumore con percentuali molto superiori al resto d’Italia. Lo vede nelle discariche abusive. Lo vede nei laghi di percolato che appestano la sua regione. Lo vede nella cementificazione selvaggia, nell’abusivismo, nell’inquinamento dei prodotti della terra.

Mimmo lo vede e lo combatte. Perché è un eroe normale e gli eroi normali questo fanno. Vedono un cancro e cercano di estirparlo.
Si candida alle elezioni comunali di Ottaviano nelle liste del Partito Comunista. Viene eletto nel 1975 e riconfermato nel 1980.

Mimmo diventa una spina nel fianco per quelle che oggi vengono chiamate ecomafie e che allora erano ancora una realtà pressoché sconosciuta. Una spina che la camorra decide di togliersi nell’unico modo infame che conosce.

I sicari lo freddano il 7 novembre 1980 appena uscito di casa. Si stava recando al lavoro, dai suoi pazienti, dai malati, dagli ultimi. Stava andando dalla sua gente.

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Franca Viola: la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore

MEDICINA ONLINE FRANCA VIOLA DONNA ALCAMO TRAPANI SICILIA FUITINA MATRIMONIO RIPARATORE MAFIA MAFIOSA FAMIGLIA FILIPPO MELODIA POLIZIA CARCERE PROCESSO RIFIUTO.jpgFranca Viola è stata la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. Divenne simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione delle donne italiane.

Il fidanzamento rotto

Nata il 9 gennaio 1948 ad Alcamo (Trapani, Sicilia), Franca all’età di quindici anni – con il consenso dei genitori – si fidanzò con Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi e membro di una famiglia benestante. Tuttavia in quel periodo Melodia venne arrestato per furto ed appartenenza ad una banda mafiosa e ciò indusse il padre di Franca, Bernardo Viola, a rompere il fidanzamento; per queste ragioni, la famiglia Viola fu soggetta ad una serie di violente minacce ed intimidazioni: il loro vigneto venne distrutto, il casolare annesso bruciato e Bernardo Viola addirittura minacciato con una pistola al grido di “chista è chidda che scaccerà la testa a vossia“, ma tutto ciò non cambiò la sua decisione.

Il rapimento e le violenze

Il 26 dicembre 1965, all’età di 17 anni, Franca Viola fu rapita (assieme al fratellino Mariano di 8 anni, subito rilasciato) da Melodia, che agì con l’aiuto di dodici amici, con i quali devastò l’abitazione della giovane ed aggredì la madre che tentava di difendere la figlia. La ragazza fu violentata e quindi segregata per otto giorni in un casolare al di fuori del paese e poi in casa della sorella di Melodia ad Alcamo stessa; il giorno di Capodanno, il padre della ragazza fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta “paciata”, ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani.

La liberazione e l’arresto di Melodia

Il padre e la madre di Franca, d’accordo con la polizia, finsero di accettare le nozze riparatrici e addirittura il fatto che Franca dovesse rimanere presso l’abitazione di Filippo, ma il giorno successivo, 2 gennaio 1966 la polizia intervenne all’alba facendo irruzione nell’abitazione, liberando Franca ed arrestando Melodia ed i suoi complici. Secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, ossia non più vergine, avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando l’onore suo e quello familiare. In caso contrario sarebbe rimasta zitella, additata come “donna svergognata”.

Il processo

All’epoca, la legislazione italiana, in particolare l’articolo 544 del codice penale, recitava: “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”, in altre parole ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto “matrimonio riparatore”, contratto tra l’accusato e la persona offesa; la violenza sessuale era considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona. Il caso sollevò in Italia forti polemiche divenendo oggetto di numerose interpellanze parlamentari. Durante il processo che seguì, la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d’amore, la cosiddetta “fuitina”, un gesto che avrebbe avuto lo scopo di ottenere il consenso al matrimonio, mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto e che il successivo rifiuto di Franca di sposare il rapitore sarebbe stato frutto del disaccordo della famiglia per la scelta del marito. Filippo Melodia fu condannato a 11 anni di carcere, ridotti a 10 con l’aggiunta di 2 anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Pesanti condanne furono inflitte anche ai suoi complici dal tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Giovanni Albeggiani. Melodia uscì dal carcere nel 1976 e fu ucciso da ignoti, il 13 aprile 1978, nei dintorni di Modena, con un colpo di lupara.

Simbolo di libertà e dignità

Franca Viola diventerà in Sicilia un simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei avrebbero subito le medesime violenze e ricevettero, dal suo esempio, il coraggio di “dire no” e rifiutare il matrimonio riparatore. Franca Viola si sposò nel 1968 con il giovane compaesano amico d’infanzia Giuseppe Ruisi, ragioniere, che insistette nel volerla sposare, nonostante lei cercasse di distoglierlo dal proposito per timore di rappresaglie.

«Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori»

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