Neonato morto dopo circoncisione in casa, genitori indagati per omicidio colposo

MEDICINA ONLINE BAMBINO BIMBO PADRE FIGLIO FAMIGLIA TRISTE MANO DITO LATTANTE NEONATO NEWBORN BABY BOY GIRL PARTO GRAVIDANZA INCINTAUn intervento di circoncisione “fatto in casa” è risultato fatale per un bimbo di appena cinque mesi, deceduto nella Continua a leggere

Lascia il figlio di 6 mesi legato al seggiolino sotto il sole e va in vacanza: bimbo muore

MEDICINA ONLINE Lovily Johnson and Noah Johnson Lascia il figlio di 6 mesi legato al seggiolino sotto il sole e va in vacanza bimbo muore.jpgMentre suo figlio Noah, di soli sei mesi, giaceva tutto solo in un seggiolino, abbandonato in una soffitta arroventata dal sole, che nelle Continua a leggere

Differenza omicidio di primo e secondo grado, manslaughter e murder

MEDICINA ONLINE GIUSTIZIA LEGGE CODICE PENALE CIVILE AVVOCATO LEGISLAZIONE ASSASSIONIO MURDER OMICIDIO PRIMO GRADO SECONDO MURDER MANSLAUGHTER VOLONTARIO PREMEDITATO COLPOSO DOLOSO MORTE GIUDICE.jpgNella legislazione degli Stati Uniti d’America, il reato di omicidio può essere di primo o di secondo grado: quali sono le differenze? Per prima cosa è importante distinguere tra due tipi di omicidio: manslaughter (meno grave) e murder (più grave).

Manslaughter

E’ un tipo di omicidio in cui esistono attenuanti. Esso costituisce un reato diverso dal murder, dal momento che il murder è molto più grave del manslaughter. Può essere volontario (doloso) oppure colposo.

  • Manslaughter volontario (doloso): è un omicidio commesso con l’intenzione di causare la morte di un uomo ma viene considerato di minor gravità in considerazione delle circostanze in cui viene commesso, ad esempio durante un attacco d’ira, in questo caso corrisponde all’omicidio volontario non premeditato della legislazione italiana.
  • Manslaughter colposo: la morte è conseguenza di una condotta imprudente o negligente del reo, in questo caso corrisponde all’omicidio colposo della legislazione italiana.

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Murder

E’ un tipo di omicidio in cui non esistono attenuanti, anzi compaiono aggravanti importanti come la premeditazione o la crudeltà. Il murder può essere di primo grado (più grave) o di secondo grado (meno grave). In alcuni stati è presente anche l’omicidio di terzo grado.

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Omicidio (murder) di primo grado

L’omicidio (murder) di primo grado è la forma più grave di omicidio, tanto che – se lo stato in cui viene commesso lo prevede o se il reato è federale – può comportare la condanna alla pena di morte. Perché un omicidio venga classificato di primo grado è necessario dimostrare che il reato sia il risultato di un disegno criminoso premeditato volto all’uccisione di un uomo. Si parla in proposito di malice aforethought, cioè di premeditazione del reato di omicidio. L’omicidio di primo grado è dunque un omicidio premeditato che non sia stato compiuto in uno stato d’ira o di concitazione, accostabile al reato di omicidio volontario premeditato della legislazione italiana.

Accanto all’omicidio premeditato si possono individuare altre due forme di omicidio di primo grado, definite in base alle circostanze oggettive in cui il delitto è stato commesso:

  • omicidio compiuto con particolare crudeltà o violenza: le modalità di esecuzione del reato determinano la sua qualificazione come reato di primo grado anche a prescindere dall’esistenza o meno di premeditazione;
  • felony-murder: è colpevole di omicidio di primo grado chiunque abbia partecipato alla commissione di un diverso grave crimine (felony), quando in conseguenza di tale reato si sia causata la morte di un uomo. Qualora ad esempio tre persone compiano una rapina in banca ed uno solo dei rapinatori spari ed uccida una persona nel corso del furto, tutti e tre i rapinatori potranno essere condannati per omicidio di primo grado, anche se la morte della vittima è imputabile esclusivamente a uno dei malviventi. In questo caso la sola partecipazione ad un diverso crimine, in conseguenza del quale si è verificata la morte di un uomo, fa sì che tutti gli autori del primo crimine possano rispondere di omicidio. Alcuni stati estendono ulteriormente la portata di questo principio e puniscono per omicidio di primo grado tutti gli autori di un diverso crimine, a causa del quale si è verificata la morte di un uomo, anche quando la morte non sia imputabile ad alcuno degli autori del primo reato, ma sia stata cagionata da altra persona o sia un evento accidentale.

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Omicidio (murder) di secondo grado

L’omicidio di secondo grado è una figura residuale, nel senso che viene considerato di secondo grado ogni omicidio che sia un murder e che non abbia i requisiti espressamente previsti per l’omicidio di primo grado. Sul piano generale, tutte le volte che un omicidio volontario non può essere qualificato di primo grado, perché privo di premeditazione oppure perché non caratterizzato da particolare crudeltà nell’esecuzione o perché non avvenuto in concomitanza con un altro grave reato (felony), si potrà affermare che si tratta di un omicidio di secondo grado, purché non lo si possa altrimenti qualificare come un manslaughter volontario. Nella legislazione italiana si accosta all’omicidio volontario non premeditato, senza aggravanti.

In alcuni stati si configura il reato di omicidio di secondo grado quando una persona procura ad un’altra delle lesioni gravi e quest’ultima muore. L’autore delle lesioni risponderà di omicidio di secondo grado anche se la morte non era stata da lui voluta né prevista come conseguenza delle lesioni causate alla vittima. In altri casi è chiamato a rispondere di omicidio di secondo grado colui che, sottraendosi all’arresto, causa la morte di un uomo oppure determina col suo gesto le circostanze che portano all’uccisione del seguente.

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Omicidio (murder) di terzo grado

Negli stati dove sono previsti tre diversi gradi di omicidio, viene considerato omicidio di terzo grado qualunque omicidio volontario che non abbia i requisiti espressamente previsti né per il primo né per il secondo grado.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Mimmo Beneventano: il medico antimafia che stava sempre dalla parte degli ultimi

MEDICINA ONLINE Domenico Beneventano, detto Mimmo (Petina, 11 luglio 1948 – Ottaviano, 7 novembre 1980), è stato un politico italiano, vittima della CamorraSiamo abituati a pensare agli eroi come a uomini straordinari, dotati di poteri speciali e di capacità sovrumane. Ma gli eroi sono altri, sono le persone normali che fanno ogni giorno il proprio dovere.
Questa è la storia di uno di loro, di un eroe normale, che si chiamava Mimmo Beneventano.

Domenico Beneventano nasce a Petina, in provincia di Salerno, ma si trasferisce fin dal 1968 a Ottaviano. Mimmo, così lo chiamano gli amici, è un ragazzo dal cuore d’oro, sta sempre dalla parte degli ultimi. L’amore per gli altri lo porta a iscriversi alla facoltà di medicina e a diventare dottore, una professione che dovrebbe essere sempre animata da quello spirito altruistico di cui Mimmo era ricolmo.

Lo stesso amore che lo conduce nel Belice ad aiutare i terremotati, a Firenze durante l’alluvione, tra i poveri al fianco delle organizzazioni caritatevoli. Ma Mimmo non è soltanto una persona buona, è anche intelligente, colto, lucido, scrive poesie e tiene gli occhi aperti. Così, per uno come lui, per un eroe normale, è facile vedere che nella sua terra c’è un cancro che distrugge tutto. Un cancro che si chiama camorra.

Quel cancro lo vede tra i suoi pazienti che si ammalano di tumore con percentuali molto superiori al resto d’Italia. Lo vede nelle discariche abusive. Lo vede nei laghi di percolato che appestano la sua regione. Lo vede nella cementificazione selvaggia, nell’abusivismo, nell’inquinamento dei prodotti della terra.

Mimmo lo vede e lo combatte. Perché è un eroe normale e gli eroi normali questo fanno. Vedono un cancro e cercano di estirparlo.
Si candida alle elezioni comunali di Ottaviano nelle liste del Partito Comunista. Viene eletto nel 1975 e riconfermato nel 1980.

Mimmo diventa una spina nel fianco per quelle che oggi vengono chiamate ecomafie e che allora erano ancora una realtà pressoché sconosciuta. Una spina che la camorra decide di togliersi nell’unico modo infame che conosce.

I sicari lo freddano il 7 novembre 1980 appena uscito di casa. Si stava recando al lavoro, dai suoi pazienti, dai malati, dagli ultimi. Stava andando dalla sua gente.

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Sindrome Genovese ed effetto spettatore: la diffusione della responsabilità e l’ignoranza collettiva

MEDICINA ONLINE SINDROME GENOVESE KITTY EFFETTO SPETTATORE MORTE MURDER KILL DEATH SAMARITANO CATTIVO.jpgLa Sindrome Genovese, nota anche come “effetto spettatore” o “complesso del cattivo samaritano” o “apatia dello spettatore” (in inglese bystander effect) è un fenomeno psicologico divenuto purtroppo noto a causa dell’omicidio Genovese. Kitty Genovese era nata a New York il 7 luglio del 1935, da una famiglia italoamericana appartenente alla middle class, ed era cresciuta a Brooklyn. Nel 1954, la sua famiglia decide di trasferirsi nel Connecticut, così Kitty decise di restare da sola a New York. Si trasferì nel Queens, dove iniziò a gestire un bar, il Ev’s 11th Hour Sports Bar, e prese un appartamento insieme alla socia e fidanzata, Mary Ann Zielonko.

L’omicidio

Era la notte del 13 marzo del ’64, quando la Genovese rincasò verso le 3 di notte, dopo aver chiuso il bar. Dopo aver parcheggiato l’auto, a circa 30 metri dal portone di casa, la Genovese fu accoltellata alle spalle da Winston Moseley. I vicini della Genovese gridarono all’aggressore di lasciar perdere la donna e, in un primo istante, l’uomo si allontanò. Dopo una decina di minuti Moseley tornò a cercare la giovane, ormai agonizzante, e la uccise. La durata complessiva dell’aggressione fu di circa mezz’ora: l’uomo abusò della vittima per lasciarla poi morente a terra. La Genovese aveva provato a chiedere aiuto ai vicini, ma nessuno si degnò di aiutarla. Si stima che ben 38 persone abbiano “assistito” alla scena, senza aver mosso un dito. Perché nessuno dei vicini aiutò Kitty Genovese?

L’ignoranza collettiva e la diffusione di responsabilità

Bibb Latané e John Darley hanno portato avanti una serie di studi, in relazione a questo caso, e hanno spiegato che l’effetto era stato generato da un duplice processo: l’ignoranza collettiva e la diffusione della responsabilità.

In base all’ignoranza collettiva, o “ignoranza pluralistica”, ciascun membro ritiene che gli altri abbiano più informazioni e/o competenze per agire su un determinato evento e quindi, in situazioni confuse e vaghe, si tende a dare per scontato che altre persone nelle vicinanze sappiano più cose di noi sull’evento nefasto e che quindi siano più “competenti” nell’aiutare o chiamare i soccorsi. Nessuno però valuta una cosa: anche gli altri fanno lo stesso. Questo determina, nella maggior parte dei casi, una probabile mancanza d’azione.

Un’altra componente che impedisce alle persone di aiutare qualcuno in difficoltà, è la diffusione della responsabilità, o “disimpegno morale”. Quando si è in tanti a fare un gesto reputato negativo o antisociale, tendiamo a non agire, visto che quel comportamento – condiviso da molti – diventa meno grave ai nostri occhi. “Se nessuno agisce, significa che non è poi così grave non agire, altrimenti lo farebbero tutti”.

Un esperimento molto famoso per valutare la diffusione della responsabilità fu condotto da Latané e Darley su un gruppo di persone. I soggetti in questione venivano fatti accomodare singolarmente in diverse stanze ed erano convinti di stare a partecipare ad un esperimento di psicologia, in cui dovevano esprimere delle opinioni su questioni personali. Queste stanze erano isolate tra di loro e i soggetti potevano comunicare solo per mezzo di un interfono. Durante l’esperimento, uno dei partecipanti raccontava di soffrire di attacchi di epilessia e, poco dopo, simulava di averne uno. Quando agli altri soggetti veniva detto che vi erano più partecipanti all’esperimento, la probabilità che uno di loro prestasse aiuto, diminuiva moltissimo. In particolare:

  • se i partecipanti erano consapevoli di essere soli, l’85% di loro interventiva;
  • se erano convinti che ci fosse almeno un altro individuo, la percentuale scendeva al 62%;
  • se credevano che i partecipanti fossero almeno 4, solo il 31% dei partecipanti si precipitava ad aiutare il malato.

In parole semplici, paradossalmente più persone assistono a un’emergenza, più si riscontra la probabilità che ogni spettatore non intervenga o lo faccia più lentamente perché ci sentiamo maggiormente deresponsabilizzati; al contrario, se siamo da soli ad assistere alla stessa emergenza, aumentano le possibilità che noi agiamo, perché ci sentiamo maggiormente responsabilizzati.

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Differenza tra omicidio volontario, colposo e preterintenzionale

MEDICINA ONLINE GIUSTIZIA LEGGE CODICE PENALE CIVILE AVVOCATO LEGISLAZIONE ASSASSIONIO MURDER OMICIDIO PRIMO GRADO SECONDO MURDER MANSLAUGHTER VOLONTARIO PREMEDITATO COLPOSO DOLOSO MORTE GIUDICE.jpgOmicidio volontario (o doloso)

L’omicidio volontario (o doloso) in diritto penale è il delitto previsto dall’articolo 575 del codice penale italiano che consiste nel provocare volontariamente la morte di una persona diversa dal reo, con qualsiasi mezzo/modalità questo venga realizzato, ad esempio usando un’arma da fuoco, un veleno o un’arma da taglio. La sua verifica avviene con l’accertamento del nesso di causalità fra la condotta aggressiva del reo e la morte. Il coefficiente psicologico è il dolo, tale deve sussistere al momento dell’azione e deve perdurare durante tutta la durata della stessa o finché la condotta aggressiva sia controllabile da parte dell’agente. Per dolo si intende la consapevolezza e la volontà di commettere un reato. Il dolo è uno degli elementi essenziali al fine di qualificare ciascun reato, l’art. 42 del c.p. prevede infatti che nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà. L’omicidio volontario può essere distinto in

  • non premeditato: non pensato, pianificato ed organizzato anticipatamente rispetto all’atto dell’omicidio;
  • premeditato: pensato, pianificato ed organizzato anticipatamente rispetto all’atto dell’omicidio, quindi più grave.

Inoltre, nel caso in cui il reo provochi volontariamente la morte di più persone, si configura il reato di omicidio volontario plurimo o di strage. Ad esempio:

Correttamente il giudice di merito ritiene la sussistenza del delitto di strage e non di quello di omicidio volontario plurimo nel comportamento di appartenenti a un’associazione criminosa che, dopo aver fatto irruzione in un luogo aperto al pubblico, situato nel centro cittadino e frequentato da molte persone, abbia aperto il fuoco in maniera indiscriminata sia contro avversari non preventivamente designati sia contro persone estranee alla cosca avversaria, non rilevando che non si sia fatto ricorso a mezzi di natura tale (bombe o esplosivi) da cagionare la morte di un numero indeterminato di persone.

Cassazione penale sez. VI  20 novembre 1998 n. 3333

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Omicidio preterintenzionale

L’omicidio preterintenzionale è un delitto previsto dall’ordinamento italiano all’art. 584 del c.p. Il reato si consuma quando l’agente cagiona la morte della vittima come conseguenza di un’azione violenta. Si determina uno stato soggettivo di preterintenzione quando si vuole porre in essere un reato, ma le conseguenze della propria azione sono più gravi di quanto previsto (ad esempio, si vuole colpire con un pugno per provocare una percossa e invece si determina la morte della persona colpita). Sussiste il reato di omicidio preterintenzionale quando avviene la morte di un soggetto come conseguenza della condotta di cui agli artt. 581 (reato di percosse) o 582 (reato di lesioni personali). L’unica figura prevista nel nostro ordinamento oltre l’omicidio preterintenzionale, è l’aborto preterintenzionale (art. 18, c. 2, L. 194/1978).

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Omicidio colposo

L’omicidio colposo è un reato, previsto dall’art. 589 del codice penale. Ricorre quando qualcuno, per colpa, determina l’evento-morte di una persona: manca la volontà di determinare un qualsiasi evento costituente reato, ma l’evento si verifica ugualmente per colpa, cioè per negligenza, imprudenza, imperizia o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (art. 43 c.p.). All’accertamento causale si aggiunge quello sul “nesso colposo“: l’evento dev’essere la concretizzazione della regola cautelare violata. Appartiene alla categoria dei reati comuni di evento a forma libera.  Si tratta di un reato per cui non è configurabile il tentativo. Eventualmente è configurabile il reato di Lesione personale. Rientra nell’omicidio colposo anche la colpa cosciente quando chi commette l’azione prevede la possibilità di un evento, ma che resta, tuttavia, non voluto. Una sottile distinzione separa questa ipotesi dal dolo eventuale: il soggetto che compie l’azione, pur non volendolo, accetta il verificarsi dell’evento lesivo.

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Tentato omicidio

Il tentato omicidio, infine, si verifica quando un soggetto compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di una persona ed è disciplinato dal combinato disposto dall’art. 56 c.p. e l’art. 575 c.p. Il tentativo (art. 56 c.p.), si configura quando un soggetto compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, ma lo stesso non viene compiuto in quanto l’evento voluto dal soggetto non si è verificato, ovvero perché l’azione non è giunta a compimento.

Semplificando

Le differenze fra questi delitti, semplificando, sono le seguenti:

  • nel delitto di omicidio colposo (gravità più bassa) muore una persona ma il reo non voleva in alcun modo ucciderlo (es. investimento di un pedone);
  • nel delitto di omicidio preterinzionale (gravità media) muore una persona, ma in questo caso il reo voleva solo ferirla, non ucciderla (es. aggressione sfociata involontariamente nella morte della persona offesa);
  • nel delitto di omicidio volontario (gravità elevata) muore una persona che il reo voleva volontariamente uccidere, in modo premeditato o non (es. agguato);
  • nel delitto di tentato omicidio, invece, non si verifica la morte di nessuno, anche se il reo in questo caso voleva uccidere la sua vittima ed ha tentato di farlo in modo non equivoco con atti idonei (es. accoltellamento plurimo di una persona).

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Gli animali non sono oggetti da sfruttare, sono anime da amare

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ANIMALI NO OGGETTI SFRUTTARE ANIME DA AMARE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgBasta con circhi, zoo, corride, allenamenti intensivi e tutti gli altri posti dove gli animali sono oggetti da sfruttare a piacimento. Gli animali sono esseri viventi, che provano le nostre stesse emozioni, piangono, soffrono ed hanno paura di morire come noi. Basta con lo sfruttamento degli animali!

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