E’ morto Maurizio Costanzo: il popolare giornalista e conduttore aveva 84 anni

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MAURIZIO COSTANZO MORTO A ROMA TV TELEVISIONE GIORNALISTA LUTTO DECESSOÈ morto questa mattina a Roma Maurizio Costanzo, popolare giornalista, conduttore tv, sceneggiatore, autore ed ex responsabile delle strategie di comunicazione della squadra di calcio A.S. Roma. Lo ha comunicato il suo Continua a leggere

Addio Piero Angela e grazie di tutto

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO PIERO ANGELAPiero Angela si è spento questa mattina a Roma, a 93 anni. Grazie di tutto, carissimo Piero, di cuore. In una tv che fa a gara a chi urla di più dicendo sciocchezze, tu sei stata una voce pacata, intelligente e votata alla divulgazione scientifica, con un Continua a leggere

Vetrinizzazione sociale: città come vetrina, Disneyzation, reality show e morte vetrinizzata

MEDICINA ONLINE COSA SI PROVA A VIVERE IL PROPRIO FUNERALE MORTE CHIESA BARA SENSAZIONEPrima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento, leggi questo articolo: Vetrinizzazione sociale: social network e corpo-packaging

Con “vetrinizzazione sociale” in psicologia si intende un fenomeno sociale caratterizzato dalla spettacolarizzazione di sé stessi, della propria vita e di tutto ciò che è ad essa relativo. Il fenomeno è stato particolarmente enfatizzato dai Continua a leggere

Doping, parla il bodybuilder: “Giudici e preparatori corrotti, giovani che si prostituiscono”

MEDICINA ONLINE BIG BUBBLE GUT GUTS BODY BUILDING ADDOME GONFIO GH ORMONE DELLA CRESCITA STEROIDI ANABOLIZZANTI TRENBOLONE DOPING FOTO IMMAGINIQuesto articolo è tratto dal sito del programma televisivo Le Iene.

Negli ultimi due mesi sono morti tre ragazzi e il sospetto è che la loro fine sia legata in tutti e tre i Continua a leggere

E’ morta Nadia Toffa, la conduttrice de “Le Iene” ha perso la sua battaglia contro il cancro

MEDICINA ONLINE NADIA TOFFA MORTA MORTE CAUSE PROGRAMMA TV TELEVISIVO LE IENE CANCRO TUMORE MALIGNO REGALO CHEMIOTERAPIA DECESSO ANNUNCIO FACEBOOK PERSONE FAMOSE VIP INVIATA PRESENTATRICE BATTAGLIA MALATTIA.jpgNadia Toffa ha perso la sua battaglia contro il cancro: la famosa conduttrice e inviata del programma televisivo “Le Iene” è morta oggi 13 Agosto 2019 a Brescia, presso la Continua a leggere

Gestiremo tv e smartphone col pensiero: ci sta lavorando la Samsung

MEDICINA ONLINE CELLULARE COLAZIONE SMARTPHONE APP WHATSAPP APPLICAZIONE PROGRAMMA TELEFONARE TELEFONO TELEFONINO PHONE CALL MARMELLATA MANGIARE DONNA MATTINA BREKFAST WALLPAPER PIC HI RIl colosso sudcoreano Samsung sta lavorando ad un progetto per rendere le proprie smart Tv maggiormente accessibili a persone con disabilità fisiche che Continua a leggere

Black Mirror: trama e spiegazione del finale di Giochi pericolosi (Playtest)

MEDICINA ONLINE BLACK MIRROR STAGIONE 3 EPISODIO 2 3X2 GIOCHI PERICOLOSI PLAYTEST RECENSIONE SPOILER FINALE SPIEGAZIONE COLPO DI SCENA DOWNLOAD STREAMING RAGNO SPIDER WALLPAPER TRAMA HORROR FANTASCIENZA NERD VIDEOGIOCHI.jpg

Se cercate la spiegazione del finale, andate direttamente in fondo all’articolo

Questa terza stagione di Black Mirror, di cui questo episodio è il secondo, prodotta da Netflix risulta indubbiamente più matura rispetto agli inizi, probabilmente grazie alla consapevolezza di aver ormai conquistato una fetta di pubblico decisamente maggiore rispetto a quando fu lanciata. Ma la cosa che mi fa piacere ancor di più questa serie incredibile è che questa consapevolezza non si esplica con il ripetersi, con quell’auto-citazione fine a se stessa che contraddistingue alcune serie e film che sembrano campare di rendita per il solo fatto di avere un nome ormai consolidato; e fortunatamente non si percepisce comunque alcuno sforzo di banalizzazione (leggi “commercializzazione”) mirata a raggiungere a tutti i costi un pubblico tanto ampio. No, al contrario, Black Mirror continua sulla stessa strada ideologica innovando al punto giusto, tirando fuori dal cappello idee nuove come solo la fantascienza più cerebrale e matura riesce a fare, fregandosene di ogni aspettativa, liberandosi da qualunque tipo di ansia di prestazione che può colpire quando si produce il seguito di qualcosa che già prometteva bene.
La sperimentazione è sempre stata una costante di questa serie, e in quest’ultima stagione questo è particolarmente evidente: ogni puntata, infatti, omaggia un genere diverso. In questa seconda puntata, i creatori riescono abilmente a giocare non solo con la fantascienza, che nelle loro mani è come il pongo per un bambino, ma anche con l’horror, fondendo i due aspetti in un inquietante finestra su un futuro decisamente non molto lontano, e sfruttando il potere della paura di raggiungere la parte più primitiva del nostro io. Non a caso, alla regia troviamo Dan Trachtenberg (noto ultimamente per quel piccolo gioiellino di 10 Cloverfield Lane), che dimostra che con il genere ci sa fare, e che, come nel sopracitato seguito di Cloverfield, si destreggia tra i cliché tipici dell’horror con la giusta dose di ironia e ci regala qualche riflessione interessante sul perché siamo così attratti da un genere tanto inquietante.

Leggi anche: Black Mirror, recensione dell’episodio San Junipero: la vita infinita dopo la tua morte

Trama senza spoiler

La parte iniziale dell’episodio ci introduce al protagonista, Cooper, in viaggio alla ricerca di sé stesso ed in fuga da un passato con il quale ha un rapporto complesso. A Londra, l’incontro con una ragazza del luogo, Sonja, è la scusa per spiegare allo spettatore i motivi del viaggio e del complicato rapporto con la madre, che continua a chiamarlo inutilmente, essendo Cooper non intenzionato a sentirla fino al ritorno a casa. Quando, finalmente, egli sembra aver completato il suo lungo viaggio attorno al globo e si appresta a tornare, la mancanza di denaro lo spinge a sottoporsi alla sperimentazione pagata di un nuovo gioco, creato da una famosa casa di sviluppo di videogame horror. In linea con il suo atteggiamento, Cooper non ci pensa due volte e pur di ottenere i soldi per tornare si reca al centro di sviluppo del prestigioso brand. Qui lo spettatore comincia ad avere un assaggio di quella che sarà la puntata: paura. Senza voler fare eccessivo spoiler, cominciate a questo punto a porre estrema attenzione a quello che accade dopo l’entrata di Cooper nell’edificio dove avverrà la sperimentazione, anche agli elementi apparentemente secondari.

Leggi anche: Donnie Darko (2001): trama, recensione e spiegazione del film

Spaventare qualcuno che sa che sta per essere spaventato

Ma se il gioco da testare è horror, in quanto è noto che la casa produca giochi di genere, la domanda che viene da porsi è: come si fa a spaventare qualcuno che sa che sta per essere spaventato? È qui che entra in gioco la sperimentazione: il gioco si installa direttamente nel sistema nervoso, con un semplice chip sul retro del collo. E tramite l’analisi del cervello dell’individuo plasma le sue percezioni audiovisive per spaventarlo, studiando le sue debolezze, le sue paure, le sue conoscenze pregresse e i suoi “scheletri nell’armadio”. Questa è pressappoco la presentazione che il fondatore della “SaitoGemu” fa della sua creazione, mostrandosi entusiasta di aver raggiunto un nuovo livello di intrattenimento, certo che questa nuova tecnologia rivoluzionerà il mondo del gaming. Con queste premesse, la puntata non può che costruirsi in modo intricato (poiché, come vedremo, il fatto di trovarsi in un gioco mentale complica di molto le cose) e inquietante, sfruttando la paura dell’ignoto portata all’ennesima potenza (non è l’ignoto in fondo il fondamento della paura?) tanto da spingere lo spettatore stesso a mettere in dubbio quello che sta vedendo, ben oltre quello che la trama di per sé suggerisce.

Leggi anche: Bootstrap paradox e paradosso della predestinazione: spiegazione ed esempi nei film

Inganno

È questo uno dei temi fondamentali della puntata: l’inganno, che supera i limiti dello schermo e si instilla direttamente nella testa di chi guarda. È straordinaria la capacità di immedesimare lo spettatore nello stesso inganno in cui si ritrova catapultato Cooper, nonostante il primo sia pronto ad ammettere che la simulazione possa andare ben oltre quello che invece il protagonista crede. Di fatto, quindi, non solo Cooper si autoinganna, ma anche la nostra mente, nel tentativo di giustificare gli eventi mostrati, tende ad ingannarci, portandoci a costruire una serie di scenari per spiegare la situazione: scenari certamente plausibili, così tanto da convincerci di essere esatti. Ma, esattamente come avviene al protagonista, i suddetti scenari si riveleranno poi con tutta probabilità errati, per il semplice motivo che è quello lo scopo del gioco, ed è quello lo scopo della puntata.

Leggi anche: Le 38 curiosità che ancora non conosci su Ritorno al Futuro

Realtà aumentata

Veniamo quindi al secondo tema che segue logicamente il primo: la potenza della mente. Questa non è l’unica puntata di Black Mirror a sfruttare come pilastro narrativo una realtà simulata a livello percettivo, ma è la prima volta che tale realtà viene ad essere costruita puramente dalla mente di chi la vive. Ecco che una semplice regola forzata all’interno della mente (spaventati!) diventa un’ossessione, e le percezioni vengono plasmate di conseguenza, con una realtà che di fatto non è più possibile definire tale, riaccendendo il dibattito eterno tra realisti e nominalisti (esiste una realtà indipendente dall’uomo?). In questo caso è interessante notare come una volta che il nostro “strumento di analisi percettivo” (la mente) viene impostato su un certo obiettivo, la realtà perde completamente di significato, come avveniva nel film Inception per Mal, che una volta convintasi di star vivendo un sogno, forzava ogni percezione a diventare una prova a favore della sua ossessione. La puntata ci mostra però come una realtà esterna esista e come, anzi, questa abbia un valore importante nel modo in cui il protagonista costruisce la propria esperienza, riconducendo tutto ad un unico elemento, proposto fin dall’inizio dell’episodio, che funge da collante per tutta la storia (per chi non avesse visto l’episodio, quest’ultima affermazione potrebbe sembrare confusa, ma una volta visto diverrà chiaro). Molta della produzione fantascientifica moderna, non a caso, ha concentrato gli sforzi non più su mondi lontani, alieni, navi spaziali o simili, ma sull’individuo, sulle costruzioni mentali e sulle possibilità praticamente illimitate del nostro cervello (a livello di complessità, si paragonano spesso mente e universo, con la prima che spesso sembra detenerne il primato). Allo stesso modo, la scienza stessa, a partire dalla psicoanalisi e dal dibattito sulla conoscenza, ha cominciato sistematicamente a concentrarsi su questo magnifico strumento: nel tentativo di spiegarlo, si continua ad evidenziarne la complessità.

Leggi anche: Another Earth (2010): trama senza spoiler e recensione del film

Basta un particolare anche innocuo, per distruggere tutto

Veniamo dunque alla fine della puntata che, come la serie di ha abituato, lascia un profondo senso di rassegnazione, paura e inquietudine. Ma in che modo siamo guidati fino a queste emozioni? La risposta risiede in quella che potrebbe essere definita “provocazione narrativa”. Quel che accade, ancora una volta, è che nonostante la storia ci inganni in vari modi, l’inganno realmente disturbante è quello che sfrutta le conoscenze pregresse di uno spettatore moderno (esattamente come il gioco sfrutta le conoscenze di Cooper per ingannarlo). Siamo abituati ad associare ad un protagonista ottimista, positivo e allegro dei risvolti che in fine saranno proporzionali al suo carattere. È il ritorno finale alla realtà che scombussola lo spettatore, lo nausea, mostrando un contrasto netto tra il mondo delle costruzioni mentali, in cui tutto deve avere senso, positivo o negativo che sia, e quello della realtà, che non segue alcuno schema e non ha alcuno scopo. Nella realtà “reale” basta un particolare apparentemente innocuo e insignificante per distruggere qualsiasi cosa, anche la nostra stessa vita. La puntata funziona quindi come un’enorme monito sul potere della tecnologia in relazione però a prerogative tutte umane: se questa vuole imporsi come strumento con il quale il sogno dell’uomo dell’onnipotenza può finalmente prendere vita, la realtà sarà sempre un passo avanti, imprevedibile, spietata, e sempre completamente indifferente alla nostra volontà.

Leggi anche: Resident Evil (2002): trama e recensione del film

Spiegazione del finale (SPOILER)

I momenti più importanti per capire il finale sono quattro, mentre i colpi di scena sono due:

MOMENTO 1: Cooper è nella stanza bianca del test assieme a Katie, l’assistente afroamericana del direttore Saito. Katie ritira e spegne il cellulare di Cooper. Katie esce un momento dalla stanza e Cooper ne approfitta per sbloccare la rete sul cellulare e scattare e inviare foto a Sonia, ma il ritorno di Katie gli impedisce di rimettere il cellulare in modalità aereo, e riceve l’ennesima chiamata dalla madre, che Katie blocca. Nonostante l’imprevisto, tutto procede bene e la donna gli inserisce dietro il collo un chip di controllo neurale che chiama “fungo”: dopo un primo momento di attivazione, Cooper vede gli ologrammi della talpa ed inizia a giocarci.

MOMENTO 2: Subito dopo il momento 1, Cooper viene portato da Saito e Katie collega il “fungo” di Cooper ad un cavo per qualche secondo, per caricare un “pacchetto di rete neurale”. Finita l’istallazione Katie lo accompagna presso la casa degli orrori.

MOMENTO 3: Cooper all’interno della casa, comincia ad aver davvero troppa paura e chiede di terminare l’esperimento, va nella “stanza di recupero” ed impaurito, tenta di estrarsi il fungo da solo, ma Katie, Saito e due collaboratori intervengono e lo fermano: a quanto pare il fungo ha interagito troppo a fondo con il sistema nervoso di Cooper, facendogli dimenticare il suo passato: Saito, dopo avergli chiesto scusa, ordina ai due assistenti di portarlo via. Cooper urla e si risveglia: è ancora nell’ufficio di Saito, che si scusa sentitamente: forse i parametri erano troppo alti e l’esperimento è durato solo un secondo.

COLPO DI SCENA 1: Arrivati al termine del “momento 3” lo spettatore capisce il “colpo di scena 1”: tutto quello che ha visto tra il momento 2 ed il momento 3 in realtà non è mai esistito, bensì è stato solo il frutto di quel secondo di “iperattività cerebrale” che ha provato Cooper grazie al pacchetto di rete neurale, mentre era seduto nella stanza di Saito. In pratica tutta la fase della casa degli orrori sarebbe solo una specie di “bad trip” causato dai “parametri troppo alti”. Lo spettatore è così rassicurato: Cooper sta bene e lo vede tornare a casa. Tutti vissero felici e contenti? Non proprio.

MOMENTO 4: Cooper tornato a casa, incontra la madre in lacrime in stato apparentemente confusionale, che non lo riconosce e gli dice che deve chiamare suo figlio per sapere come sta. La madre compone il numero e… Cooper nuovamente si risveglia nel momento in cui la madre lo aveva chiamato al suo incontro con Katie e muore in preda agli spasmi.

COLPO DI SCENA 2: Al termine del momento 4 il corpo di Cooper viene portato via. Lo spettatore capisce quindi che tutto quello che è successo tra il momento 2 ed il momento 4, in realtà non è esistito se non nella mente di Cooper: è stato tutto un enorme “bad trip” causato dall’interferenza della chiamata ricevuta sul cellulare che sarebbe dovuto essere spento. Questo bad trip include quindi buona parte della puntata: Cooper non è mai stato davvero nella casa degli orrori, non è mai stato seduto nella stanza di Saito, non ha mai subito l’istallazione del “pacchetto di rete neurale” e nemmeno ha mai giocato con le talpe virtuali. Tutto questo, come anche il colpo di scena 1, col protagonista che torna a casa, è stato solo immaginato da Cooper in quegli 0.04 secondi che sono stati la durata reale dell’esperimento.

Leggi anche: E se Matrix in realtà fosse il mondo reale?

Riflessioni sul finale

Lo spunto di riflessione principale è dato dal fatto che la fine definitiva del gioco è dettata dal non rispetto di una regola che vietava l’utilizzo del cellulare durante la fase di beta testing, cellulare utilizzato al fine di raccogliere prove sulla nuova tecnologia da vendere alla stampa di settore. Un po’ come quando sull’aereo ti dicono di spegnere il cellulare ma tu lo vuoi lasciare acceso. La fatalità della chiamata ricevuta dalla madre nel momento più sbagliato possibile, a sua volta conseguenza proprio dell’irrisolutezza da parte di Cooper nell’affrontare la propria paura di riallacciare i rapporti con lei, contribuisce a chiudere il cerchio, nel momento in cui scopriamo che quasi tutto l’episodio è avvenuto – esclusivamente all’interno della mente iperstimolata del protagonista – nell’intervallo di 0,04 secondi, il tempo impiegato da Cooper per dire “Mamma”.

L’intero episodio si rivela, solo a questo punto, un excursus delle paure irrisolte del protagonista, un viaggio sempre più in profondità nella sua mente e nelle sue paure: la paura di rimanere solo, la paura di non ricordare, la paura del lutto familiare e la conseguente difficoltà di riallacciare un legame con i propri affetti rimasti, tutte terribilmente vissute in forma “reale” dal protagonista all’interno della propria mente.

Sei appassionato di cinema e serie TV? Fatti un piccolo regalo! Sceglilo tra queste offerte imperdibili!

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, segui la nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Reddit, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

La scoperta (2017): trama, recensione e spiegazione del film

MEDICINA ONLINE LA SCOPERTA FILM SPIEGAZIONE  FINALE TRAMA RECENSIONE.jpg
Probabilmente è ancora presto per parlare di un vero e proprio “filone”, ma è indubbio che ultimamente la fantascienza indie americana sia caratterizzata da precise idee ricorrenti e da una matrice comune, che restituisce alla science fiction la sua dimensione più psicologica e anti-spettacolare: un assunto speculativo di natura fantascientifica genera un dramma, e questo avviene perché tale assunto rispecchia ansie e timori del nostro presente. Questo film conferma l’interesse di Netflix per queste tendenze off-Hollywood, e incarna molti tòpoi della sci-fi indipendente americana, a partire dall’ossessione di indagare il sovrasensibile – ed eventualmente giustificarlo – attraverso la scienza. Lo abbiamo già visto nell’interessante “I, Origins” e nella serie The OA, ma qui il discorso si fa ancor più radicale.

Trama senza spoiler

Al centro della trama c’è lo scienziato Thomas Harbor (un Robert Redford ancora in forma), che dimostra l’esistenza dell’aldilà grazie a una macchina che cattura la lunghezza delle onde cerebrali a livello subatomico, osservandone l’abbandono del corpo durante la morte. Oltre la vita ci sarebbe quindi un altro piano dell’esistenza (il paradiso?) e questa consapevolezza scatena un’ondata di suicidi da parte di uomini e donne che non vedono l’ora di raggiungere questo secondo livello di esistenza. Addirittura una malattia terminale diventa una buona notizia, perché l’aldilà ci attende dopo il nostro ultimo battito cardiaco. Il figlio maggiore di Thomas, il neurochirurgo Will (Jason Segel), non approva gli studi del genitore, che nel frattempo ha fondato un istituto per accogliere ed assistere gli aspiranti suicidi. Will, in visita da suo padre e da suo fratello Toby (Jesse Plemons), s’imbatte nella tormentata Isla (Rooney Mara), e la salva da un tentato suicidio nelle acque dell’oceano. Fra di loro nasce una complessa storia d’amore, mentre Thomas sperimenta un dispositivo che registra l’esperienza dei defunti nell’aldilà, e dovrebbe quindi mostrare ciò che vedono dopo la morte. Quello che il dispositivo permetterà di vedere, lascerà il neurochirurgo senza parole.

Leggi anche:

Fantascienza, non religione

Il paradosso di esplorare l’ultraterreno con metodi scientifici può sembrare moralmente ambiguo (quante volte la pseudo-scienza ha tentato di giustificare antiche superstizioni?), ma il regista Charlie McDowell e il co-sceneggiatore Justin Lader hanno l’accortezza – dal mio punto di vista quasi essenziale in un film di questo tipo – di escludere ogni sfumatura divina, affidandosi esclusivamente alle speculazioni della scienza/fantascienza: non si parla infatti di un aldilà religioso, ma di un secondo livello di percezione delle cose da parte del nostro sistema nervoso. Niente angeli, luci in fondo al tunnel o santi ad aspettarci dall’altra parte, ma solo un secondo piano di realtà…

ATTENZIONE SPOILER

…una realtà alternativa che gioca con il concetto dei loop temporali e con le infinite diramazioni dei mondi paralleli. Il film ci dice che nel cosiddetto “paradiso” ogni individuo genera, laicamente, il proprio aldilà, basato sui rimpianti della sua vita passata e sul desiderio che ognuno ha, di poter correggere gli errori fatti in vita. L’idea è molto incisiva, anche perché insiste su risvolti fantascientifici più che sovrannaturali, senza propinarci una razionalizzazione di principi religiosi preesistenti.

FINE SPOILER

L’approccio intimista e le implicazioni romantiche, tipici di molta sci-fi indipendente, focalizzano l’attenzione sulla vicenda privata più che sullo scenario globale, mediamente trascurato se si escludono gli sporadici accenni ai suicidi di massa. Certo, rispetto al precedente “The One I Love” manca l’analisi entomologica del rapporto amoroso, qui ritratto senza particolari giustificazioni, soprattutto se consideriamo l’atteggiamento contraddittorio di Isla. Anche diversi snodi narrativi appaiono inverosimili, eppure il finale riesce a giustificarne l’assurdità per mezzo di un “ribaltamento” piuttosto canonico, seppure inaspettato: la sovrapposizione di piani alternativi stravolge il punto di vista sulla vicenda, ma risulta un po’ frettoloso e didascalico, relegato ai minuti conclusivi senza il supporto di un climax adeguato. È qui che “La scoperta” rivela il suo lato più fragile: McDowell sembra compiacersi dei principali cliché del cinema indie, e li nutre con dialoghi sussurrati, tecnologia retro-futuristica e un personaggio femminile che risponde a tutti i requisiti della categoria, con la sua personalità sfuggente e provocatoria. La rappresentazione dei tòpoi in una realtà parallela potrebbe denudarne l’artificiosità, ma questa lettura metanarrativa non regge alla prova dell’epilogo, dove il regista prende chiaramente sul serio gli strascichi emotivi della storia. Così, persino il brusco taglio di montaggio sul nero dei titoli di coda (altrove molto suggestivo: si pensi a Donnie Darko), appare qui un semplice manierismo, sin troppo prevedibile per coinvolgere davvero. Restano l’ottima idea del ragionare su quello che accadrebbe scoprendo con sicurezza che la morte non è la fine, e la sobrietà della messinscena, tutta concepita per sottrazione, ma l’impressione di assistere a un bigino della fantascienza indie è piuttosto forte. A conti fatti però a me è piaciuto, da vedere almeno una volta (o anche due per capirlo meglio!) specie se siete appassionati di fantascienza umana, quella senza esplosioni o alieni che invadono la terra, ma con una sfumatura di mondi paralleli per certi versi in stile “Moon“, che in un film di fantascienza non è mai fuori posto.

Spiegazione del finale (ovviamente spoiler)

Il protagonista, il neurologo Will, è già morto quando la storia inizia. Tutto quello che accade durante la narrazione del film non è reale, bensì è semplicemente una delle molte realtà alternative in cui è entrata la mente di Will dopo la sua morte.

La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo

Virginia Woolf

Sei appassionato di cinema e serie TV? Fatti un piccolo regalo! Sceglilo tra queste offerte imperdibili!

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!