Diagnosi differenziale in medicina: significato ed esempi

MEDICINA ONLINE DIAGNOSI DIFFERENZIALE ESEMPIO DISPNEA MEDICO PAZIENTE ANAMNESI VISITA ESAME OBIETTIVO IDIOPATICO SINTOMI DOLORE STUDIO OSPEDALE AMBULATORIO CONSIGLIO AIUTO DOTTORE INFERMIERE PRESCRIZIONE FARMACO.jpgCon “diagnosi differenziale” in medicina si intende per definizione il procedimento decisionale che tende ad escludere tra varie patologie o condizioni simili in un dato soggetto, quelle che non comprendono l’insieme di sintomi e segni che si sono riscontrati durante gli esami, fino a comprendere quale sia la patologia o condizione che realmente appartiene al paziente. Per effettuarla il medico confronta segni, sintomi ed esami del soggetto malato, usando buon senso, statistica e soprattutto esperienza. Il fine ultimo della diagnosi differenziale è una corretta diagnosi della patologia in esame, escludendo patologie simili o che possono dare sintomi/segni simili ed evitando tutti i possibili errori di valutazione.

Esempio

Dal medico si reca un uomo di 50 anni in sovrappeso, poiché presenta alcuni sintomi che nell’ultimo periodo sono peggiorati: si sente stanco, ha facile affaticabilità, riferisce di avere spesso “fame d’aria” (dispnea). Stanchezza ed affaticabilità sono sintomi aspecifici (poco specifici), mentre già la dispnea – pur essendo presente in moltissime patologie – ci dice qualcosa di più sulla patologia dell’uomo. Se al posto della dispnea, il paziente avesse riferito “mal di testa” con una progressiva difficoltà a camminare bene (ad esempio “ultimamente inciampo spesso”), il medico si sarebbe diretto verso una indagine mirata a scoprire una patologia neurologica e/o muscolare. Grazie al riferimento alla dispnea, il medico si indirizza verso una probabile patologia cardiaca e/o polmonare. I sintomi riferiti dal paziente sono tuttavia provocati da moltissime patologie diverse quindi la diagnosi differenziale è necessaria perché deve discriminare tra tutte le patologie caratterizzate da stanchezza-affaticabilità-dispnea.

A questo punto diventa importantissima l’anamnesi: il paziente ha una storia di allergie? Oppure di ipertensione? Ha dei genitori che soffrono di patologie cardiache o respiratorie? Fuma? Ha mai avuto un infarto? La dispnea viene a riposo o sotto sforzo, di giorno o di notte? Compare insieme a palpitazioni o a dolori al petto? Sono solo alcuni esempi di domande che permettono al medico di scartare alcune patologie, focalizzarsi su alcuni aspetti e formulare una serie di ipotesi diagnostiche.

Alla anamnesi segue l’esame obiettivo che è già in parte “condizionato” dall’anamnesi: se il paziente è un forte fumatore, il medico si focalizzerà su patologie polmonari e ad esempio ausculterà con più attenzione i polmoni; se il paziente è iperteso si focalizzerà su patologie cardiache ed ausculterà con più attenzione il cuore, facendo attenzione alla presenza di eventuali fattori di rischio cardiovascolare (ad esempio, ricordate che il paziente è in sovrappeso? Potrebbe essere utile sapere i valori del suo colesterolo totale ed LDL, la sua glicemia e l’emoglobina glicosilata). Il medico non dovrà tuttavia tralasciare ogni possibile ipotesi, fatto che potrebbe portarlo su una strada totalmente sbagliata.

Raggiungere la diagnosi è seguire un vero e proprio diagramma di flusso, tanto più pieno di ramificazioni quanto più la diagnosi differenziale è complessa. Il medico cercherà ovviamente di “battere” il sentiero del diagramma che è più probabile (ad esempio perché la malattia sospettata è più frequente) e solo successivamente, una volta escluse le ipotesi statisticamente più probabili, si dirigerà verso sentieri meno probabili (che corrispondono a malattie rare), seguendo il “Rasoio di Occam“. L’uso del rasoio rende il processo diagnostico più rapido ed efficace: ciò si rivela letteralmente vitale specie nei casi di urgenza, nella famosa ora d’oro (golden hour) in cui i pazienti urgenti possono sopravvivere solo se diagnosi e terapie sono tempestive.

Per approfondire:

Dopo l’esame obiettivo, specie se sintomi e segni sono abbastanza specifici, il medico tende ad aver già ristretto di molto il gruppo di possibili patologie. Per avere una diagnosi di certezza, ha però quasi sempre bisogno di ulteriori esami che confermino una delle ipotesi diagnostiche, come esami di laboratorio e/o di diagnostica per immagini. Tali indagini sono ovviamente condizionate dalle ipotesi di diagnosi: se si sospetta una patologia polmonare il medico prescriverà ad esempio una spirometria e/o una rx torace; se si sospetta una patologia immunologica, prescriverà una prova allergica; se si sospetta una patologia cardiaca prescriverà un elettrocardiogramma ed una ecografia cardiaca con colordoppler. Auspicabilmente, grazie a tutti i dati raccolti dal medico e da tutti gli specialisti coinvolti (radiologi, medici di laboratorio, internisti e tanti altri che variano in base alla patologia sospettata…) , si potrà finalmente raggiungere una diagnosi di certezza. In base alla diagnosi di certezza, il medico potrà infine impostare una terapia adeguata.

Quella che ho appena fatto è ovviamente una semplificazione (schematizzata in parte nell’immagine che segue), ma è grossomodo il processo decisionale che il medico affronta partendo dal sintomo “dispnea” per arrivare alla patologia che l’ha determinato e quindi alla giusta cura.

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Cosa facilita o rende più complessa una diagnosi differenziale?

La diagnosi differenziale è facilitata quando:

  • il paziente riferisce correttamente i propri sintomi, descrivendoli attentamente (e non inventandoli come talora accade!);
  • il medico raccoglie con attenzione ogni dato possibile relativo alla diagnosi, tramite anamnesi completa ed esame obiettivo;
  • i sintomi e/o i segni sono molto caratteristici e specifici di un gruppo molto ristretto di patologie;
  • il medico ha esperienza ed usa alberi decisionali in modo efficace, talvolta affidandosi anche a software appositi che lo aiutano nelle diagnosi differenziali più complesse.

Perché una diagnosi differenziale efficace è importante?

Per vari motivi. Il primo, quello più ovvio, è quello di fare la diagnosi in modo più preciso possibile. Ma ve ne sono altri, ad esempio:

  • una diagnosi differenziale efficace consente una diagnosi rapida la quale a sua volta permette di impostare la terapia in tempi brevi, ciò può significare intervenire quando ad esempio un tumore è nelle fasi precoci (quindi più facilmente curabile o quando ancora è curabile) o quando la vita del paziente è ancora “salvabile”: in alcuni casi una diagnosi differenziale lenta può determinare la morte del paziente;
  • una diagnosi differenziale efficace permette al paziente di evitare esami inutili, magari anche invasivi e rischiosi. Prendendo l’esempio del paragrafo precedente, è inutile far fare al paziente una fastidiosa colonscopia se tutti i sintomi indicano una malattia allergica;
  • una diagnosi differenziale efficace permette al Sistema Sanitario Nazionale di risparmiare su esami inutili: prendendo l’esempio del paragrafo precedente, è inutile far fare al paziente costose risonanze magnetiche, PET e TAC se tutti i sintomi indicano una patologia cardiaca facilmente diagnosticabile con una più economica ecocardiografia.

Malattia rara o frequente?

Una malattia rara da una parte potrebbe avere dei sintomi talmente caratteristici da essere facilmente diagnosticabile e NON confusa con altre malattie; d’altra parte però, essendo rara, è più probabile che il medico conosca meno quella determinata patologia e la riconosca con meno difficoltà oppure che la scarti dalle ipotesi diagnostiche. Al contrario una malattia frequente potrebbe essere inclusa immediatamente tra le ipotesi diagnostiche ed essere ben conosciuta dal medico, ma al contempo avere dei sintomi piuttosto vaghi che rendono difficile la diagnosi differenziale. Ovviamente sono due casi limite: esistono malattie frequenti con sintomi caratteristici e patologie rare con sintomi aspecifici (queste ultime senza dubbio le più difficili da diagnosticare).

Diagnosi differenziale in psicologia e psichiatria

Esiste una vera e propria diatriba di lunga data che coinvolge i medici, in particolare gli psichiatri, gli psicologi e gli psicoterapeuti, ma anche i dietisti ed i biologi nutrizionisti, sul diritto di fare una diagnosi differenziale sul paziente. Tale discussione esula dagli argomenti di questo articolo e la rimandiamo a sedi più appropriate.

Per approfondire:

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