Differenza tra placenta anteriore, posteriore e laterale: cosa cambia

MEDICINA ONLINE DONNA GRAVIDANZA INCINTA PANCIA ANATOMIA IMMAGINI FETO BAMBINO BIMBO POSIZIONE PODALICO ESERCIZI MANIPOLAZIONE GINECOLOGO OSTETRICOLa placenta è la barriera di protezione che la natura ha ideato per il feto, è un organo che cresce insieme al piccolo durante i nove mesi di gravidanza. Quest’involucro ha molte funzioni: porta ossigeno ed elimina anidride carbonica, nutre la creatura per tutto il tempo di gestazione, fa passare gli anticorpi della madre, si prende cura di lui fornendo tutto quello di cui ha bisogno. Spesso le future mamme hanno dubbi in merito alla posizione di questa sacca, soprattutto sulla differenza tra placenta posteriore e placenta anteriore

Durante le visite mediche di controllo il ginecologo verifica questa diversità, che dipende principalmente dalla posizione dell’organo, infatti si parla di placenta posteriore quando si trova tra la schiena della madre e il feto, mentre la placenta anteriore è tra la pancia e il bambino. Entrambe le situazioni non provocano alcun problema né durante la crescita del piccolo né al momento del parto e non influiscono sulla salute della gestante e della sua creatura. La placenta può inserirsi in vari punti dell’utero: può trovarsi adesa sul fondo (che, contrariamente a quel che sembrerebbe, è la parte dell’utero posta in alto), inserirsi sulla parete uterina posteriore – che è la parte più vicina alla colonna vertebrale – o su quella laterale, sul lato destro o sinistro; oppure può assumere posizioni intermedie, ad esempio l’impianto può essere localizzato in parte anteriormente o posteriormente e poi estendersi su uno dei due lati, dando origine a definizioni tipo placenta antero-laterale destra o postero laterale sinistra.

La crescita della placenta anteriore o della placenta posteriore dipende da dove viene impiantato l’embrione e le differenze, oltre alla posizione, si possono trovare in piccoli dettagli, ma non c’è una situazione migliore dell’altra. Molte mamme confermano che se si trova vicino alla schiena i movimenti del bambino si percepiscono prima oppure, in caso di cesareo, è meglio che la placenta sia posteriore perché è più comodo peri medici effettuare l’operazione.

In generale anche se tale questione non suscita alcuna preoccupazione è importante conoscere la posizione di questo involucro, soprattutto se la mamma si sottopone all’esame dell’amniocentesi, in modo tale da continuare a proteggere il bambino durante tutta la gravidanza fino alla fase finale, quando avverrà l’espulsione della placenta.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Differenza placenta bassa e previa: rischi e cosa evitare

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA NATURALE CESAREO DIFFERENZE CHIRURGIA FOTO WALLPAPER PICTURE UTERO CHIRURGO OPERAZIONE RISCHI VANTAGGI VANTAGGI ALLATTAMENTO MADRE FIGLIO NEONATO MORTAìE MORTA LIQUIDONormalmente, la placenta si inserisce sul fondo o sulle pareti laterali dell’organo, a una distanza sufficiente dall’orifizio uterino. In una gravidanza su 200, però, capita che sia inserita in modo anomalo nella parte più bassa dell’utero, troppo vicina alla cervice o addirittura sopra di essa: si parla allora di placenta previa. In questi casi ostruisce parzialmente o totalmente l’”uscita” del canale del parto. Ma l’anomalia non deve spaventare perché viene diagnosticata in tempo e non pregiudica il buon andamento dell’attesa. Sono però necessarie alcune attenzioni in più e, nella maggior parte dei casi, la nascita avviene con un cesareo.

La placenta previa viene anche spesso chiamata “placenta bassa“: i due termini sono sinonimi, cioè indicano la stessa identica cosa.

Diverse le cause possibili

La placenta previa è un’anomala inserzione della placenta stessa nell’ambito della superficie interna dell’utero. Immaginiamo l’utero come un bottiglione a testa ingiù, in cui la parte più grossa è il corpo dell’utero, mentre il collo della bottiglia corrisponde alla cervice uterina. La placenta può normalmente insediarsi su tutta la superficie del “bottiglione” – su uno dei lati, nel fondo (che è posto nella parte alta) – ma in una gravidanza su tre può capitare che inizialmente vada a collocarsi sul collo, la zona che, con il trascorrere dei mesi, andrà soggetta a contrazioni per prepararsi al travaglio e dalla quale passerà il bambino al momento della nascita. La maggior parte delle volte, man mano che l’utero cresce, la placenta si sposta verso l’alto e tutto si risolve da sé; nello 0,5-1% di questi casi, invece, resta bassa sino alla fine della gestazione. In sintesi, la placenta previa si presenta quando, subito dopo il concepimento, l’embrione si annida nell’utero materno in un punto del suo segmento inferiore: un fatto, dunque, imprevedibile e inevitabile. Ci sono però alcuni fattori che aumentano le probabilità che l’evenienza si verifichi: l’età materna avanzata, il numero di gravidanze precedenti, un pregresso cesareo, la presenza di fibromi, l’aver sofferto di endometriti e persino il fumo di sigaretta. Chi ha già avuto il problema ha inoltre maggiori possibilità di svilupparlo nuovamente: il rischio di recidiva varia infatti dal 4 all’8 per cento.

Una diagnosi fatta col tempo

È però importante ricordare che nei primi periodi dell’attesa un’inserzione placentare bassa è piuttosto comune e può interessare fino al 30 per cento delle donne. Nella maggior parte dei casi, nelle settimane successive la placenta migra e nel terzo trimestre risulta inserita correttamente. Per questo, se l’ecografia del secondo trimestre evidenzia quest’anomalia, è bene non preoccuparsi eccessivamente. La patologia si determina solo quando la placenta rimane nella stessa posizione nonostante l’evolversi della gravidanza.

Si può quindi parlare di placenta previa solo dopo la 28esima-30esima settimana, mentre nel periodo precedente è più corretto parlare di inserzione placentare bassa. Se la gravidanza prosegue bene, non sono necessari controlli continui, a meno che si evidenzi un ritardo di crescita intrauterino: a volte, la placenta previa non funziona come quella normale. In questo caso, le ecografie devono avere una cadenza più ravvicinata. Se, invece, dovesse verificarsi una perdita ematica vaginale, la futura mamma dovrà rivolgersi immediatamente al 118 o recarsi in ospedale.

Sintomi caratteristici

Se nei primi mesi di gravidanza avere una placenta con dislocazione bassa non causa alcun sintomo, con il trascorrere delle settimane potrebbe provocare qualche sanguinamento, dovuto a piccoli scollamenti di placenta, che in genere non creano problemi al proseguimento dell’attesa, anche se è sempre necessario  consultare sempre il ginecologo quando si verificano perdite ematiche. Le complicanze insorgono nel terzo trimestre, quando la crescita dell’utero e le prime contrazioni possono determinare una rottura dei vasi sanguigni che tengono unita la placenta a questa zona dell’utero e provocare sanguinamenti anche abbondanti, sia che la placenta copra solo una parte della cervice sia che la occluda totalmente. Il tessuto del segmento uterino inferiore, infatti, a differenza del resto dell’utero, non è costituito da fibre muscolari (quindi elastiche), ma prevalentemente da fibre di tessuto connettivo, sclerotico e anelastico,  e non ha, quindi, la capacità di contrarsi per arrestare l’emorragia, come fisiologicamente dovrebbe succedere.  Si determina così un circolo vizioso, perché il maggior sanguinamento a sua volta stimola l’emissione nel sangue di una sostanza, detta protrombina, che provoca contrazioni e di conseguenza può far aumentare l’emorragia.

In breve, nel terzo trimestre e durante il travaglio, il segmento uterino inferiore si espande. Il tessuto della placenta, però, non è elastico e non può adattarsi alle modificazioni dell’utero. Questo fa sì che si verifichi un distacco (scollamento) dell’area d’inserzione della placenta e che quindi si presenti un’emorragia vaginale.

In questo caso il sangue è rosso vivo e la futura mamma non accusa dolore. Generalmente, il primo episodio di sanguinamento si presenta nel terzo trimestre di gravidanza, fra la 28esima e la 34esima settimana di gestazione, ovvero quando si verifica la distensione del segmento uterino inferiore. È invece piuttosto raro che ci siano perdite prima di questo periodo e, se ciò accade, solitamente è perché la placenta è previa centrale. L’entità della perdita ematica è variabile, ma la prima emorragia vaginale non comporta generalmente un rischio immediato per la donna e spesso si risolve spontaneamente. A volte, però, gli episodi si ripetono e in alcuni casi ci possono essere emorragie consistenti.

Una diagnosi corretta della placenta previa

Come si affronta la gravidanza se la placenta è previa? Innanzitutto bisogna fare una corretta diagnosi. In base alle recenti linee guida proposte dal Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (autorevole organo internazionale di riferimento della branca ostetrico-ginecologica), a 20 settimane, nel corso dell’ecografia morfologica, oltre a evidenziare tutti i parametri relativi al feto, si individuano i casi in cui la placenta ha una dislocazione bassa e quindi c’è il rischio – ma non ancora la certezza – che in futuro possa restare previa.

In caso di esito positivo, si adottano alcune precauzioni:

    • astenersi dai rapporti sessuali, che possono stimolare contrazioni del collo dell’utero;
    • durante la visita ginecologica si evita l’ispezione interna, sempre per non provocare stimolazioni uterine;
    • condurre una vita più riposata;
    • non percorrere lunghi tragitti in auto;
    • in vacanza, meglio scegliere località non troppo lontane da strutture sanitarie idonee a gestire eventuali imprevisti.

Intorno alla 26esima-30esima settimana, epoca in cui si può accertare se la placenta è rimasta previa o se è risalita, si ripete l’ecografia. Alla 35esima-36esima settimana si effettua l’ultima ecografia per fare la diagnosi definitiva, per stabilire il tipo di parto e per escludere che, oltre che previa, la placenta sia anche aderente (a seconda della posizione si definisce accreta, percreta o increta), ossia abbia messo radici nello spessore dell’utero. È un’evenienza rara, ma che può dare le complicanze più serie.

Strategie d’intervento

In ogni modo, la futura mamma deve recarsi subito in ospedale, dove il personale medico valuterà quali sono gli interventi necessari. Se la gravidanza non ha ancora raggiunto la 34esima settimana, la perdita ematica è contenuta e non vi è sofferenza fetale, il medico può decidere di attendere. In tal caso consiglia alla donna il riposo assoluto, anche a domicilio.

In alternativa, può proporre un ricovero per mantenere mamma e bambino sotto controllo, attraverso frequenti monitoraggi.
Soltanto nelle situazioni più gravi potrebbe servire ricorrere alle trasfusioni: se le perdite ematiche sono ripetute, la futura mamma corre il rischio di diventare anemica. Quando poi il sanguinamento è abbondante e non si arresta può essere indispensabile effettuare un cesareo d’urgenza.

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Se durante l’attesa non si presentassero particolari complicazioni?

Generalmente si evita un parto vaginale. La placenta previa è, infatti, un’indicazione per eseguire un cesareo elettivo. In ogni caso oggi, grazie alle moderne attrezzature presenti in ospedale e alla possibilità di eseguire l’intervento in completa sicurezza, i rischi per la salute della mamma e del bambino sono ridotti al minimo. 

Tre tipi diversi di placenta previa

La placenta previa può essere di tre tipi, distinti a seconda della distanza che intercorre fra il margine placentare inferiore e l’apertura del canale cervicale. Si parla di:

  • placenta previa centrale se ricopre l’orifizio uterino;
  • placenta previa marginale, nel caso in cui il margine placentare abbia una distanza inferiore a 2,5 cm dall’orifizio;
  • placenta previa laterale, quando è impiantata sul segmento uterino inferiore, ma dista almeno 2,5 cm dal collo dell’utero. Questa è la forma meno grave.

Qualche piccola attenzione

Quando viene diagnosticata la placenta previa è bene seguire alcune semplici regole. Vediamole insieme.

  1. È opportuno evitare gli sforzi fisici e, pur non essendo richiesto un riposo assoluto, è importante condurre una vita tranquilla che escluda ogni tipo di affaticamento.
  2. Si consiglia di astenersi dai rapporti sessuali.
  3. Meglio non intraprendere viaggi troppo lunghi e quindi faticosi,soprattutto all’estero o in località dove non è presente una struttura ospedaliera adeguata.
  4. Se compaiono perdite ematiche vaginali, bisogna recarsi subito in ospedale o allertare il 118.

Quando serve il ricovero

Una volta confermata la diagnosi di placenta previa, se l’ostruzione è solo parziale e, soprattutto, non si manifestano contrazioni precoci o sanguinamenti, la futura mamma può restare a casa, pur conducendo una vita più tranquilla ed evitando di allontanarsi troppo dalla struttura ospedaliera che la sta seguendo. Se, invece, si presentano emorragie, il ricovero è d’obbligo, specialmente allo scopo di scongiurare, ove possibile, un parto pretermine. Più precoci sono le emorragie, infatti, più c’è conflittualità sul timing del parto, perché bisogna bilanciare le condizioni di salute della futura mamma con il benessere e la maturità polmonare del feto. Per questo, se è necessario anticipare il parto, si somministrano alla gestante farmaci tocolitici per tentare di bloccare o ridurre le contrazioni uterine almeno per il tempo (non più di 48 ore) necessario per iniettare cortisonici che accelerano la maturità polmonare.

Parto naturale o cesareo?

Come avviene la nascita del bebè nei casi di placenta previa? Bisogna ricorrere per forza al bisturi o c’è la possibilità di mettere al mondo il bimbo per vie naturali? Se durante l’ecografia della 35esima-36esima settimana si evidenzia che la placenta è posta a una distanza superiore ai 2,5-3,0 cm dal collo dell’utero, è possibile tentare il parto per vie naturali, mentre se è inferiore a tali valori il cesareo è d’obbligo e viene programmato preferibilmente entro le 37 settimane, prima che comincino spontaneamente le contrazioni di travaglio, che potrebbero determinare un improvviso distacco di placenta. Con una placenta previa totale, inoltre, va messo in conto un 33% di probabilità che durante il cesareo si debba procedere anche all’isterectomia, cioè all’asportazione dell’utero; un’evenienza che è quasi inevitabile in caso di placenta aderente.

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Differenza tra placenta, sacco amniotico e liquido amniotico

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La placenta umana è l’organo deputato agli scambi metabolici tra la madre e il feto, ed è costituita da una parte materna, o decidua, e da una fetale, ossia il corion. La funzione della placenta è molto importante per il feto in quanto rappresenta un potente filtro per i parassiti del sangue, ma è meno efficace contro virus, batteri e sostanze tossiche trasmissibili al feto dalla madre come il treponema della sifilide e agenti patogeni della setticemia. Nonostante ciò, al feto la madre trasmette anche i propri anticorpi (immunoglobuline) rendendolo, anche dopo la nascita, immune contro diverse malattie. Una delle funzioni più importanti della placenta è la produzione di ormoni aventi lo scopo di regolare le attività della gravidanza; uno dei primi ormoni realizzati è la gonadotropina corionica. Essa stimola inizialmente il mantenimento del corpo luteo gravidico, che a sua volta libera estrogeni e progesterone, inducendo così il processo di feedback negativo sull’ipotalamo (nessuna liberazione ipotalamica di GnRH). In seguito, la HCG agisce sulle ghiandoli surrenali (sia del feto che della madre), ove viene aumentata la secrezione di un particolare ormone steroideo, il DHEA. Quest’ultimo viene riportato con il sangue nella placenta e viene modificato in alcuni estrogeni. Le conseguenze della liberazione di progesterone e estrogeni a gravidanza in corso sono: mantenimento della decidua e differenziazione delle ghiandole mammarie da parte del primo; crescita dell’utero e delle stesse ghiandole mammarie da parte dei secondi. Inoltre, la placenta è anche responsabile della liberazione di relaxina, che ha come scopo il rilassamento dei legamenti del bacino.

Sacco amniotico

Il bimbo, dentro la pancia è circondato da diverse strutture che lo proteggono da aggressioni e gli consentono di crescere e svilupparsi al meglio. Una delle strutture più importanti che circonda il feto è il sacco amniotico ripieno del liquido omonimo, che lo avvolge per tutto il tempo in cui resterà nella pancia della mamma. Nonostante sia sottile, questo sacco trasparente si rivela davvero molto resistente e riesce a svolgere perfettamente le sue funzioni protettive. Il sacco protegge il bambino dalle infezioni esterne, attutisce gli urti, aiuta nella formazione del liquido amniotico ed impedisce che esso fuoriesca.

Liquido amniotico

Il liquido amniotico protegge il bimbo da infezioni e movimenti bruschi ma allo stesso tempo protegge la mamma dai movimenti del bambino. Nel primo trimestre della gravidanza il liquido viene prodotto dalla placenta e dalle membrane che circondano la parete uterina, ma dal secondo trimestre è formato dall’urina del bambino stesso. Non è un liquido stagnante: il bimbo lo beve, lo digerisce lo assorbe, etc.. Il liquido, inoltre, contiene le cellule della pelle del bambino che si staccano, i capelli del bebè ed anche del grasso.

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Secondamento: come e perché avviene l’espulsione della placenta

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA BAMBINO PREGNANCY NEW BORN HI RES PICTURE WALLPAPER PANCIONE PANCIA MOTHER MAMMA MADRE CESAREO NATURALEDurante il parte bisogna espellere feto, membrane, liquido amniotico e placenta. Il secondamento è il termine utilizzato per definire l’espulsione della placenta. Spesso però questo momento rimane per le donne un grande quesito, in quanto si predilige sempre parlare dell’espulsione fetale e molto poco di quella placentare. Vediamo allora nel dettaglio come avviene l’espulsione della placenta, in quanto tempo e se è dolorosa.

Una volta espulsa il corpo fetale, il resto del liquido amniotico viene fuori con esso. Per la placenta invece potrebbero essere necessari ancora dai 15 ai 30 minuti. In questo margine di tempo la donna viene letteralmente assalita da una scarica di ossitocina, l’ormone dell’amore, provocata sia dalla vista del suo bambino, che dalla liberazione dal dolore fisico.

Pertanto, se alla donna viene permesso di tenere in braccio il suo bambino fino al completo secondamento, come avviene nel Lotus Birth, in quel caso i livelli di ossitocina saranno molto alti ed eserciteranno una sorta di copertura dal dolore durante la sutura. Infatti nell’intervallo tra l’espulsione fetale e il secondamento è necessario ricucire le lacerazioni sul perineo o su altro tessuto.

Dopo circa 15 minuti i villi placentari si saranno staccati del tutto dalla parete dell’utero e la placenta scivolerà fuori. Data l’apertura del canale vaginale, l’espulsione della placenta è piuttosto indolore, salvo qualche fastidio sulle lacerazioni, ma in ogni caso nulla rispetto al parto che si è appena affrontato. Il fatto che molte donne percepiscano il secondamento doloroso come o più del parto, è legato ad una diversa coscienza della sofferenza: dato che è passato l’ottundimento tipico della fase espulsiva fetale e la motivazione a farcela, la mente torna lucida ed il corpo esausto, e tutto sembra meno sopportabile.

Una volta espulsa la placenta ne viene controllata la faccia materna e la faccia fetale per assicurarsi che sia integra, cioè che niente sia rimasto in utero. In caso contrario andrà fatta una revisione strumentale della cavità uterina. Se dopo 15-30 minuti la placenta non si è ancora staccata è necessario stimolare l’utero a contrarsi, con qualche manovra ostetrica come quella detta “della spremitura” o con ossitocina.

Il mancato distacco della placenta può essere segno di aderenze patologiche della placenta, per le quali è necessario talvolta ricorrere perfino al taglio cesareo.

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Le aderenze patologiche della placenta in gravidanza

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA NATURALE CESAREO DIFFERENZE CHIRURGIA FOTO WALLPAPER PICTURE UTERO CHIRURGO OPERAZIONE RISCHI VANTAGGI VANTAGGI ALLATTAMENTO MADRE FIGLIO NEONATO MORTAìE MORTA LIQUIDOLa placenta costituisce l’ elemento fondamentale per la vita intrauterina fetale e, quindi, per il corretto andamento della gravidanza. Attraverso la placenta si garantisce il continuo scambio di “informazioni” tra mamma e feto, attraverso incessanti richieste e donazioni di ormoni e sangue. La placenta è un annesso fetale ed essendo tale possono riscontrarsi delle situazioni patologiche, specialmente nelle modalità di aderenza al tessuto uterino. Difatti può accadere che i villi coriali possano tendere ad un’infiltrazione anomala all’interno della parete uterina, così da rendere la reazione deciduale inadeguata a contenere l’ inserimento dei villi.

Si tratta di tre diverse forme di sincretismo placentare, nel senso che queste forme di placenta aderiscono in modo anomalo all’interno della cavità uterina:

  • Placenta accreta, ovvero quella placenta che si annida profondamente nella decidua e supera lo strato basale, giungendo ad un contatto con il miometrio;
  • Placenta increta, in cui i villi coriali si spingono fino ad addentrarsi nel miometrio, quindi sino al tessuto muscolare uterino;
  • Placenta percreta nel momento in cui la placenta si addentra fino ala sierosa peritoneale, giungendo talvolta addirittura fino agli organi peritoneali, come ad esempio la vescica.

I fattori di rischio che favoriscono queste anomalie sono: pregresse cicatrici uterine, pregressi secondamenti (espulsione placentare) manualiraschiamenti della cavità uterina, miomectomie. La sintomatologia potrebbe essere assente, con probabile comparsa di sangue nelle urine (ematuria). Se non ci sono sintomi, allora, quale potrebbe essere il problema per la donna? Sicuramente, se non viene diagnosticato nulla, il mancato distacco di placenta comporta la necessità di un secondamento manuale, che spesso può risultare fastidioso e doloroso per la paziente.

In questo caso risulta necessario anche una revisione della cavità uterina, con utilizzo di ossitocici e controllo ecografico. Inoltre, se il sanguinamento dovesse persistere si richiede un trattamento chirurgico più specifico: dall’embolizzazione dei vasi uterini sino ad arrivare persino alla rimozione dell’utero. In tutti i casi è sempre possibile effettuare una corretta diagnosi pre-parto attraverso controlli ecografici e studio della flussimetria doppler.

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