Con l’espressione “disforia di genere” o “incongruenza di genere” in medicina e psicologia si intende una condizione – fino a pochi anni fa considerata patologia – caratterizzata dal malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel sesso che gli è stato assegnato alla nascita. Nel soggetto con disforia di genere, il soggetto avverte quindi che esiste una discrepanza tra il genere a cui egli sente di appartenere e quello che gli è stato assegnato. Ad esempio un individuo può essere stato assegnato al genere maschile alla nascita e ciononostante può sentire di avere una identità femminile, oppure un individuo assegnato al genere femminile può sentire di essere in realtà uomo o non binario. La non corrispondenza tra il genere che “appare sui propri documenti” e quello a cui si sente di appartenere, può generare un profondo disagio che, se associato a compromissione del funzionamento in aree di vita significative come ad esempio i rapporti sociali, le relazioni ed il lavoro, sfocia nella disforia di genere.
Alcuni ricercatori e persone transgender supportano la declassificazione della condizione perché affermano che la diagnosi patologizza la varianza di genere e rafforza il modello binario di genere, il che è esattamente il contrario di quello che un individuo trans desidera che accada. L’identificazione nel sesso opposto ed il relativo disagio provocato da questa condizione possono essere avvertiti già in fase preadolescenziale, quando il sogetto è ancora un bambino. Celebre il caso di Elliot Page, l’attore canadese nato donna (si chiamava Ellen Page), famoso per aver interpretato la parte dell’architetta Arianna nel film Inception di Christopher Nolan. Il 1º dicembre 2020 l’attore ha annunciato tramite il suo profilo Twitter di essere transgender, comunicando il cambio di nome da Ellen ad Elliot e chiedendo che la sua persona venisse declinata con pronomi maschili o neutri. Ha raccontato ad un giornalista di non ricordarsi bene quando ha cominciato a sentirsi un ragazzo ma che – già a nove anni – abbia provato un senso di vittoria, quando finalmente ha avuto il permesso di tagliarsi i capelli corti, come i suoi coetanei maschi. “Mi sentivo un ragazzo, volevo esserlo. Chiedevo a mia madre se lo potessi diventare, un giorno”.
Cos’è l’identita di genere?
Per comprendere meglio la disforia di genere, è necessario avere ben acquisto il concetto di “identità di genere”. L’identità di genere è il genere a cui un individuo sente di appartenere, ovvero se la persona identifica sé stessa come maschio, come femmina o altro a prescindere dal sesso che gli è stato assegnato alla nascita. L’identità di genere può essere “cis” (o “cisgenere” o “cisessuale” o “cisgender“), se l’individuo si sente a proprio agio con il sesso che gli è stato assegnato alla nascita, o “trans” (o “transgenere” o “transessuale” o “transgender“), se si identifica con un sesso diverso da quello che gli è stato assegnato alla nascita. Semplificando: un individuo assegnato alla nascita al genere maschile e che si sente uomo, sarà denominato “uomo cis“, mentre un individuo assegnato alla nascita al genere maschile e che si sente donna, sarà denominato “donna trans“; lo stesso vale al contrario per le persone assegnate alla nascita al genere femminile. Nel grande gruppo delle persone transgenere possono essere inserite anche quelle con “identità non binarie” (in inglese: genderqueer oppure nonbinary, non-binary, o enby dall’acronimo “NB“), cioè le persone che sentono di avere una identità di genere al di fuori del cosiddetto binarismo di genere, ovvero non strettamente e completamente maschili o femminili. Il motivo per cui un “non binario” rientra nel gruppo “trans” è perché per definizione un non binario si identifica con un genere diverso da quello specifico assegnato alla nascita: una persona non binaria – che sia stata assegnata al genere maschile o quello femminile o che sia intersessuale – può identificarsi come appartenente ad entrambi i generi (bigenere, in inglese genderfree o bigender), a nessun genere (agenere, in inglese genderfree o agender), o oscillante tra i vari generi (di genere liquido o di genere fluido, in inglese genderfluid). Il concetto di “fluidità di genere” indica l’identificarsi come maschio in un dato momento, come femmina in un altro, come neutro in un altro ancora. Un genderfluid rifiuta quindi di riconoscersi in un’identità sessuale definitiva: la sua identità di genere non è costante nel tempo ma varia in modo “fluido”. Nonostante la definizione inserisca tutti gli individui non binari nel gruppo dei transgenere, non tutte le persone non binarie utilizzano il termine transgenere o trans per descrivere sé stesse, preferendo semplicemente descriversi come “non binare”. Dal momento che identità sessuale ed orientamento sessuale sono due concetti distinti, un non binario può avere differenti orientamenti sessuali: un individuo cis, trans o non binario può avere attrazione verso altri individui, che possono essere considerati dello stesso sesso (omosessualità), di sesso opposto (eterosessualità) o entrambi (bisessualità). Un individuo cis, trans o non binario può anche essere “asessuale“. Qualsiasi individuo “trans” o “non binario” può soffrire – anche se non necessariamente – di disforia di genere, cosa che invece, per definizione, non può accadere negli individui “cis”, anche se non si può escludere che un individuo “cis” possa, nel tempo, modificare la propria percezione, sentirsi “trans” e soffrire di disforia di genere. La disforia di genere è spesso correlata al concetto di cisnormatività (la presunzione che l’identità cisgender sia quella “normale”) ed al cissessismo (il pregiudizio che favorisce le persone cisgender e sfavorisce quelle transgender, agender, genderqueer, bigender, terzo genere, genderfluid o non-gender-conforme), concetti a loro volta correlati alla “transfobia” (in inglese “transphobia”), cioè l’odio, la paura, la discriminazione ed il bigottismo verso le persone transgender e non-gender-conformi.
Denominazioni
L’espressione “disforia di genere” viene usata nel DSM-5 (la quinta e più recente edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, uscita nel 2013). L’espressione “incongruenza di genere” viene usata nell’ICD-11 (l’undicesima e più recente edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie, uscita nel 2019). Questa condizione precedentemente era conosciuta anche come DIG (abbreviazione di “disturbo dell’identità di genere“) ma a tale nomenclatura, nonostante sia ancora in parte usata, è da preferire “disforia di genere” e “incongruenza di genere”. L’espressione “disforia di genere” venne introdotta nel 1971 da Donald Laub e Norman Fisk. In inglese la condizione prende il nome di “gender dysphoria” o “gender identity disorder” o “gender incongruence“.
Diffusione
La disforia di genere interessa 1 nato maschio su 10-30 mila nati maschi; 1 nato femmina su 30-100 mila nati femmine. Si stima che la condizione sia sotto-diagnosticata e che quindi in realtà sia molto più diffusa di quanto si pensi attualmente.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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