Doparsi è sempre reato? Si rischia la prigione?

L’utilizzo di sostanze dopanti è una pratica diffusa nello sport internazionale: gli atleti decidono di doparsi per varie ragioni come per resistere meglio agli sforzi o per avere maggiore potenza, col risultato di fornire prestazioni “falsate” ed essere maggiormente competitivi nelle gare, barando. Il doping è però, in qualsiasi forma, illecito e l’atleta che ne fa ricorso rischia di andare in carcere: la legge italiana sanziona chi utilizza il doping e chi ne favorisce la somministrazione direttamente o indirettamente.

Doping: cos’è?

Prima di vedere se doparsi è reato, parliamo brevemente del doping. Di cosa parliamo quando facciamo riferimento al doping? La legge definisce il doping come la  somministrazione o l’assunzione di farmaci o altre sostanze, ovvero la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche, idonee a modificare le condizioni dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. Il doping, quindi, non può essere identificato con una singolo farmaco o con una determinata medicina, potendo consistere anche in una serie di pratiche mediche, come ad esempio terapie diverse dalla somministrazione vera e propria (si pensi all’utilizzo di moderne apparecchiature scientifiche che siano comunque in grado di alterare le prestazioni sportive). In buona sostanza, quindi, il doping può essere definito come l’insieme di attività che, senza alcuna giustificazione medica (cioè, in assenza di una reale patologia), viene proposta all’atleta per migliorare le sue prestazioni agonistiche. Secondo la legge, poi, sono equiparate al doping la somministrazione di farmaci o di sostanze nonché l’adozione di pratiche mediche non giustificate che hanno come scopo quello di modificare i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci. In altre parole, è doping anche l’attività diretta ad alterare le analisi cui si sottopongono gli atleti al fine di mascherare l’assunzione di qualche sostanza proibita.

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Doping: è sempre vietato?

Abbiamo spiegato a grandi linee cosa sia il doping. Abbiamo anche detto che il doping è illecito nel momento in cui non è giustificato da una patologia di cui soffre l’atleta. La legge precisa che, in presenza di condizioni patologiche dell’atleta documentate e certificate dal medico, allo stesso può essere prescritto un trattamento che altrimenti sarebbe dopante, purché sia attuato secondo le modalità indicate dalla legge stessa e secondo i dosaggi previsti. In tale caso, l’atleta ha l’obbligo di tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa documentazione e può partecipare a competizioni sportive, nel rispetto dei regolamenti, purché ciò non metta in pericolo la sua integrità psicofisica. Ad esempio il cortisone ha un effetto dopante, ma se l’atleta ha una comprovata necessità medica, può assumerlo.

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Doping: è reato?

Ora, che l’assunzione di doping comporti pesanti sanzioni sportive, è cosa nota. Praticamente ogni anno i giornali riportano di atleti smascherati dai cosiddetti test antidoping. Ma doparsi è reato? Cioè, chi fa utilizzo di sostanze dopanti rischia il carcere? Ebbene, la risposta è positiva.

Il codice penale punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni e una multa salatissima che può arrivare fino a 51.645 euro una serie di condotte eterogenee che comprende:

  • procurare ad altri sostanze dopanti;
  • somministrare le stesse sostanze;
  • assumere doping;
  • agevolare l’utilizzo del doping;
  • fare commercio di sostanze dopanti.

Le stesse pene si applicano a chi adotta o si sottopone a qualsiasi pratica medica che, pur essendo diversa dall’assunzione di una medicina o di altra sostanza, abbia come effetto quello di alterare le prestazioni atletiche. Illustrata la norma, vediamo ora quando doparsi è reato.

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Doparsi: quando è reato?

Doparsi è reato, dunque. La legge prevede una serie di condotte, punite tutte in egual misura. Non soltanto doparsi è reato, ma anche procurare del doping (ad esempio, un farmaco proibito dalla legge) è reato, così come lo è la somministrazione, ad esempio effettuata da un medico.

In altre parole, al fine di combattere il fenomeno del doping, il legislatore ha deciso di punire chiunque sia coinvolto nell’attività dopante intesa in senso lato. Dal medico al paziente (cioè, lo sportivo), fino a chi, anche non rivestendo una particolare qualità, favorisce l’assunzione di doping viene punito penalmente. Con delle differenze, però. La legge, infatti, prevede un aumento di pena se:

  • dal fatto deriva un danno per la salute;
  • il fatto è commesso nei confronti di un minorenne;
  • il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del Coni (Comitato olimpico nazionale italiano) ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal Coni.

Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna segue sempre l’interdizione temporanea dall’esercizio della professione.

La pena, infine, è più elevata (da due a sei anni, con una multa fino a 77.468 euro) per coloro che commerciano farmaci, sostanze o pratiche dopanti al di fuori dei canali consueti previsti dalla legge, cioè le farmacie e gli ospedali. Infine, va specificato che la semplice assunzione di doping è già di per sé condotta penalmente rilevante, nel senso che, anche se l’atleta non dovesse riportare un effetto migliorativo delle sue prestazioni, egli incorrerebbe comunque nel reato di cui stiamo parlando.

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Doparsi: quando non è reato?

Non sempre fare ricorso a sostanze dopanti costituisce reato. Innanzitutto, non lo è quando l’assunzione dei predetti farmaci è giustificato dalle condizioni di salute dell’atleta. Ad esempio, è noto che anche il normale cortisone abbia un effetto dopante. Tuttavia, ciò non significa che l’atleta non possa in assoluto assumerne se ne abbia una necessità comprovata dal proprio medico. Doparsi non è reato neanche quando lo si fa senza prendere parte ad alcuna competizione, oppure partecipando a competizioni di livello amatoriale. La legge, infatti, fa espresso riferimento a prestazioni agonistiche: devono quindi intendersi escluse tutte le attività di stampo amatoriale. Va da sé che, chi usa farmaci illegali, in caso di controlli dovrebbe giustificarne la provenienza, ad esempio indicando il medico senza scrupoli che glieli ha procurati. (nota dello Staff)

FONTE

Per approfondire:

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Lo Staff di Medicina OnLine

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