Con l’espressione “effetto rebound” (o “fenomeno di rimbalzo“, in inglese “rebound effect“) in medicina e farmacologia si intende il ripresentarsi o l’inasprimento di una malattia dopo la sospensione del principio attivo contenuto in un farmaco o la riduzione del suo dosaggio. Ricordiamo che un “principio attivo” è una specifica sostanza dotata di una specifica attività biologica, curativa nel caso dei farmaci, ma anche di altro tipo come avviene nelle droghe. Un effetto rebound si verifica ad esempio quando, dopo prolungata assunzione di un farmaco per curare la depressione, esso viene interrotto improvvisamente e senza “scalare” gradatamente dosaggio: l’effetto rimbalzo determina nel paziente i sintomi di astinenza (come il “craving”) e di una depressione anche più grave di quella per cui all’inizio ha assunto il farmaco. In molti casi l’effetto rebound provoca quindi una patologia o condizione che ha sintomi spesso peggiori rispetto a quelli determinati dalla patologia o condizione che il farmaco ha curato.
E’ difficile prevedere se un farmaco determinerà o no un effetto rimbalzo anche se certamente ciò è più frequente in caso di prolungata assunzione di un farmaco, di sovra-dosaggio di un farmaco o di assunzione/abuso di farmaci “fai da te” e/o illegali (ad esempio come avviene con le droghe o nel mondo del body building con l’uso di farmaci dopanti che vanno ad interferire anche pesantemente con i livelli ormonali dell’organismo).
Alcuni effetti rebound sono transitori e poco gravi, mentre altri possono essere legati a danni permanenti e di difficile cura.
Esempi di effetto rebound
Virtualmente qualsiasi principio attivo esistente può determinare un effetto rimbalzo, tuttavia alcuni farmaci e sostanze sembrano statisticamente più facilmente provocare rebound, tra cui:
- decongestionanti nasali: specie se usati per periodi prolungati (oltre i 3-5 giorni consecutivi), possono determinare un tipico effetto rebound: la rinite medicamentosa;
- antidepressivi: molti, tra cui gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, possono causare, quando vengono interrotti, una forma di depressione di rimbalzo, attacchi di panico, ansia e insonnia;
- antipsicotici: improvvise e gravi crisi di psicosi possono verificarsi quando gli antipsicotici vengono sospesi troppo rapidamente;
- colliri vasocostrittori: tetrizolina o nafazolina usati in caso di congiuntivite, spesso in caso di sovra-dosaggio possono determinare effetto rebound;
- stimolanti: l’effetto rebound a seguito della sospensione di stimolanti, come il metilfenidato o le destroanfetamine includono: psicosi, depressione e la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) ma in una forma temporanea molto grave. Fino ad un terzo dei bambini con ADHD sperimentano un effetto rebound quando gli viene sospeso il metilfenidato.
Leggi anche: Differenza tra effetto paradosso ed effetto rebound in medicina
Consigli per evitare l’effetto rebound
Non esiste una soluzione per evitare il 100% dei casi di effetto rebound, ma si può tuttavia diminuirne il rischio:
- evitando di interrompere improvvisamente l’assunzione di un farmaco, bensì diminuendo gradatamente il suo dosaggio come prescritto dal medico;
- evitando farmaci illegali (doping) e/o di dubbia provenienza;
- evitando di assumere un farmaco per periodi prolungati;
- evitando il sovra-dosaggio;
- assumendo un farmaco solo se c’è realmente bisogno;
- evitando se possibile di assumere più farmaci contemporaneamente;
- evitando di assumere farmaci assieme ad alcol e droghe;
- evitando il “fai da te” e chiedendo sempre consiglio al medico prima di assumere qualsiasi farmaco.
Per approfondire:
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