Le interazioni farmacologiche sono le modificazioni degli effetti dei farmaci dovute all’assunzione precedente o contemporanea di altri farmaci (interazioni farmaco-farmaco) o di alimenti (interazioni farmaco-alimenti). Un’interazione tra farmaci determina un aumento o una diminuzione degli effetti di uno dei farmaci o di entrambi. Le interazioni farmacologiche possono essere un fenomeno ricercato deliberatamente, come nelle terapie di associazione (p. es., per l’ipertensione, l’asma, alcune infezioni o le neoplasie), nelle quali vengono impiegati due o più farmaci per aumentare gli effetti terapeutici o ridurre la tossicità, oppure possono essere involontarie, provocando effetti farmacologici indesiderati o l’insuccesso della terapia. L’importanza clinica delle interazioni farmacologiche potenziali è difficile da prevedere. Nelle situazioni in cui è probabile che avvenga un’interazione farmaco-farmaco, vanno prese in considerazione le possibili alternative terapeutiche, ma un paziente non deve mai essere privato di una terapia necessaria sulla sola base del fatto che può avvenire un’interazione.
Interazioni farmacodinamiche
Le interazioni farmaco-farmaco di tipo farmacodinamico si manifestano quando un farmaco modifica la sensibilità o la responsività dei tessuti a un altro farmaco. I farmaci possono avere effetti farmacologici opposti (antagonisti) oppure additivi. L’antagonismo tra due farmaci può essere difficile da individuare. Per esempio, l’azione iperglicemizzante di un diuretico tiazidico può contrastare l’azione ipoglicemizzante dell’insulina o di un farmaco antidiabetico orale, rendendo necessaria una modificazione del dosaggio. Effetti additivi possono derivare dall’uso contemporaneo di due farmaci depressori del SNC (p. es., bevande alcoliche; ansiolitici, antipsicotici o alcuni antiistaminici), che provocano una sedazione e una stanchezza eccessive. Vi sono particolarmente predisposti i pazienti più anziani, con conseguente rischio di cadute e di traumi, sebbene molte persone assumano tali associazioni di farmaci senza problemi particolari. L’uso contemporaneo di due o più farmaci con attività anticolinergica (come un antipsicotico [p. es., la clorpromazina], un antiparkinsoniano [p. es., il triesifenidile] e/o un antidepressivo triciclico [p. es., l’amitriptilina]) produce comunemente effetti anticolinergici esagerati, compresa la xerostomia e le conseguenti complicanze dentarie, l’annebbiamento della vista e, nei pazienti esposti alle alte temperature e all’umidità, l’iperpiressia. Particolarmente nei pazienti anziani, gli effetti additivi possono esitare in un delirio atropino-simile, che può essere confuso con un peggioramento della sintomatologia psichiatrica o con la demenza e può accelerare la compromissione delle capacità mnemoniche e diminuire la capacità di autosufficienza. La distinzione tra gli effetti additivi dei farmaci e il peggioramento della sintomatologia legata alla malattia sottostante può essere difficile, ma è fondamentale. Accade comunemente che i pazienti assumano senza saperlo diverse specialità farmaceutiche che contengono lo stesso FANS (come l’ibuprofene soggetto a prescrizione medica e quello da banco), aumentando così il rischio di effetti indesiderati.
Interazioni a livello dei siti recettoriali
Le catecolamine (p. es., la noradrenalina) vengono metabolizzate dall’enzima monoaminossidasi (MAO). Gli inibitori della MAO (p. es., la fenelzina, la tranilcipromina) causano l’accumulo di noradrenalina all’interno dei neuroni adrenergici. I farmaci che inducono il rilascio della noradrenalina immagazzinata (p. es., le amine simpatico-mimetiche ad azione indiretta) possono provocare risposte esagerate, comprendenti cefalea intensa, ipertensione (con possibilità di una crisi ipertensiva) e aritmie cardiache. Sebbene la maggior parte delle amine simpatico-mimetiche (p. es., l’amfetamina) sia soggetta a prescrizione medica, altre (p. es., la fenilpropanolamina), le quali è noto che interagiscono con gli inibitori della MAO, sono contenute in molti diffusi prodotti da banco usati per il raffreddore, le allergie e le diete. I pazienti che assumono inibitori della MAO devono evitare l’uso di tali prodotti.
Nei pazienti in terapia con inibitori della MAO si sono manifestate crisi ipertensive in seguito all’ingestione di alimenti e bevande ad alto contenuto di tiramina (p. es., alcuni formaggi, bevande alcoliche, estratti di lievito concentrati, gusci di fava, aringhe in salamoia). Questo effetto è stato denominato “reazione al formaggio” (v. trattazione sugli inibitori della MAO nel Cap. 189). La tiramina viene normalmente metabolizzata dalla MAO presente nella parete intestinale e nel fegato. Quando la MAO è inibita, la tiramina non metabolizzata può accumularsi, inducendo il rilascio di noradrenalina dai neuroni adrenergici. Anche il farmaco antineoplastico procarbazina e l’antinfettivo furazolidone (o forse il suo metabolita) possono inibire la MAO, provocando interazioni simili. Tuttavia il furazolidone in genere non inibisce la MAO entro i primi 5 gg di terapia e il ciclo di trattamento viene spesso completato entro questi termini di tempo. Il farmaco antiparkinsoniano selegilina inibisce selettivamente la MAO di tipo B. Quando viene impiegata alle dosi raccomandate (non eccedendo i 10 mg/die), la selegilina ha minori probabilità di interagire con altri farmaci e con i cibi ricchi di tiramina rispetto agli antidepressivi inibitori della MAO. Tuttavia, essa può interagire con gli antidepressivi triciclici, con gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (p. es., la fluoxetina) e con la meperidina e non deve essere impiegata insieme a questi farmaci. Se la dose di selegilina è > 10 mg/die, la sua selettività diminuisce e il rischio di interazioni aumenta.
Interazioni farmacocinetiche
Le interazioni farmacocinetiche possono essere complesse e difficili da prevedere. Esse sono dovute prevalentemente ad alterazioni dell’assorbimento, della distribuzione, del metabolismo e dell’escrezione dei farmaci e quindi modificano la quantità e la permanenza del farmaco disponibile a livello dei siti recettoriali. La modificazione è a carico dell’entità e della durata dell’azione farmacologica, non del tipo di effetto. Le interazioni farmacocinetiche vengono spesso previste sulla base della conoscenza dei singoli farmaci interessati o vengono individuate tenendo sotto controllo le manifestazioni cliniche del paziente e le variazioni delle concentrazioni sieriche dei farmaci.
Alterazioni dell’assorbimento gastrointestinale
L’assorbimento GI di un farmaco può essere ridotto, compromettendo così l’efficacia terapeutica, oppure ritardato, il che non è desiderabile nei casi in cui è necessario un effetto rapido per risolvere una sintomatologia acuta, come quella dolorosa.
Alterazioni del pH: il ketoconazolo somministrato per via orale richiede un ambiente acido per dissolversi in maniera adeguata e quindi non deve essere somministrato insieme ai farmaci antiacidi, agli anticolinergici, agli anti-H2 o agli inibitori della pompa acida (protonica) (p. es., l’omeprazolo). Se sono indispensabili, tali farmaci devono essere somministrati almeno 2 h dopo il ketoconazolo.
Formazione di complessi e assorbimento: nel tubo digerente le tetracicline possono combinarsi con ioni metallici (p. es., calcio, magnesio, alluminio, ferro) per formare complessi che vengono scarsamente assorbiti. Di conseguenza determinati alimenti (p. es., il latte) o farmaci (p. es., gli antiacidi; i preparati contenenti sali di magnesio, alluminio e calcio; i preparati contenenti ferro) possono ridurre in maniera significativa l’assorbimento delle tetracicline. L’assorbimento della doxiciclina e della minociclina viene alterato in misura minore dal latte o da altri cibi ma viene ridotto in maniera analoga dagli antiacidi contenenti alluminio. L’antiacido innalza il pH del contenuto GI, contribuendo probabilmente alla riduzione dell’assorbimento della tetraciclina.
Gli antiacidi riducono notevolmente l’assorbimento dei composti fluorochinolonici (p. es., la ciprofloxacina) perché gli ioni metallici formano complessi con il farmaco. L’intervallo di tempo tra l’assunzione di un antiacido e quella di un fluorochinolone deve essere il più lungo possibile: almeno 2 h, ma preferibilmente superiore.
Oltre a legarsi agli acidi biliari e a impedirne il riassorbimento, nel tubo digerente la colestiramina e il colestipolo possono legarsi con altri farmaci, specialmente con quelli acidi (p. es., il warfarin). Perciò l’intervallo tra l’assunzione di colestiramina o di colestipolo e quella di un altro farmaco deve essere quanto più lungo possibile (preferibilmente ³4 h).
Alcuni farmaci antidiarroici (p. es., quelli contenenti attapulgite) adsorbono altri farmaci, riducendone l’assorbimento. Nonostante non siano state condotte indagini approfondite, l’intervallo tra l’assunzione di questi preparati e quella di un altro farmaco deve essere il più lungo possibile.
Alterazioni della motilità: dal momento che causano un incremento della motilità GI, la metoclopramide, la cisapride o i catartici possono accelerare il transito dei farmaci lungo il canale digerente provocando una riduzione dell’assorbimento, soprattutto dei farmaci che necessitano di un contatto prolungato con la superficie assorbente e di quelli che vengono assorbiti soltanto in una determinata porzione del tratto GI. L’aumento della motilità GI può inoltre ridurre l’assorbimento delle preparazioni farmaceutiche a rilascio controllato o di quelle entero-protette. Gli anticolinergici deprimono la motilità GI e possono ridurre l’assorbimento rallentando la dissoluzione dei farmaci e lo svuotamento gastrico, oppure aumentarlo prolungando il contatto dei farmaci con la sede elettiva di assorbimento.
Effetto del cibo: il cibo può ritardare o ridurre l’assorbimento di molti farmaci. Spesso il cibo rallenta lo svuotamento gastrico o può legarsi ai farmaci, diminuire il loro accesso ai siti di assorbimento o alterare la loro velocità di dissoluzione o il pH del contenuto GI. La presenza di cibo nel tratto GI riduce l’assorbimento di molti antibiotici. Con alcune eccezioni (p. es., la penicillina V, l’amoxicillina, la doxiciclina, la minociclina), le penicilline e le tetracicline e diversi altri antibiotici (p. es., alcune preparazioni di eritromicina) devono essere somministrati almeno 1 h prima o 2 h dopo i pasti perché l’assorbimento sia ottimale. Il cibo riduce l’assorbimento dell’alendronato, dell’astemizolo, del captopril, della didanosina e della penicillamina; questi farmaci devono essere assunti a distanza dai pasti. Il succo d’arancia, il caffè e l’acqua minerale possono ridurre sensibilmente l’assorbimento e l’efficacia dell’alendronato, il quale deve essere assunto accompagnato da acqua semplice, con almeno 1/2 h di anticipo sull’ingestione dei primi cibi, bevande o farmaci della giornata. Il cibo può alterare significativamente l’attività della teofillina presente nelle preparazioni a rilascio controllato, ma non in quelle a rilascio immediato. L’assunzione di un preparato a rilascio controllato meno di 1 h prima di un pasto ricco di grassi aumenta l’assorbimento e la concentrazione sierica massima della teofillina rispetto alla sua assunzione a digiuno.
Alterazioni della distribuzione
I farmaci possono essere spiazzati dai siti di legame con le proteine quando vengono somministrati contemporaneamente due composti con legame proteico, specialmente se essi hanno la capacità di legarsi ai medesimi siti della molecola proteica (spiazzamento competitivo). La frazione legata (inattiva) e quella libera (attiva) dei farmaci si trovano all’equilibrio. Man mano che il farmaco libero viene metabolizzato ed escreto, il farmaco legato viene liberato gradualmente, mantenendo costanti l’equilibrio e la risposta farmacologica. Il rischio di interazioni derivanti dallo spiazzamento dalle proteine è significativo soprattutto per i farmaci che hanno un alto legame proteico (> 90%) e un piccolo volume apparente di distribuzione; le interazioni tendono a verificarsi durante i primissimi giorni della somministrazione contemporanea. È stato segnalato che l’acido valproico spiazza la fenitoina dai siti di legame con le proteine e può inoltre inibirne il metabolismo. In alcuni pazienti che assumono i due farmaci, le concentrazioni della fenitoina libera aumentano significativamente, provocando un maggior numero di reazioni avverse, anche quando le concentrazioni sieriche totali di fenitoina si mantengono entro il range terapeutico abituale. Al contrario, la fenitoina può ridurre le concentrazioni sieriche di acido valproico. La terapia di associazione con questi farmaci deve essere tenuta sotto controllo molto attentamente, regolando il dosaggio in caso di necessità. I farmaci acidi generalmente si legano all’albumina sierica e quelli basici all’a1-glicoproteina acida.
Alterazioni del metabolismo
Stimolazione del metabolismo: un farmaco può aumentare l’attività degli enzimi epatici coinvolti nel metabolismo di un altro farmaco (fenomeno dell’induzione enzimatica); p. es., il fenobarbital aumenta il metabolismo del warfarin, riducendo la sua azione anticoagulante. Il dosaggio del warfarin deve essere aumentato per compensare il fenomeno, ma se il fenobarbital viene sospeso la dose di warfarin deve essere ridotta per evitare una tossicità potenzialmente pericolosa. L’uso di un sedativo non barbiturico (p. es., una benzodiazepina) elimina il problema. Il fenobarbital accelera anche il metabolismo di altri farmaci (p. es., gli ormoni steroidei). Anche altri barbiturici e farmaci come la carbamazepina, la fenitoina, la rifabutina e la rifampicina causano induzione enzimatica. Il fumo in grandi quantità può ridurre l’efficacia di farmaci come la clorpromazina, il diazepam, il propoxifene e la teofillina, perché gli idrocarburi policiclici presenti nel fumo di sigaretta aumentano la velocità del loro metabolismo epatico attraverso il meccanismo dell’induzione enzimatica.
La piridossina accelera la decarbossilazione della levodopa che dà origine al suo metabolita attivo, la dopamina, nei tessuti periferici. Al contrario della levodopa, la dopamina non è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica per esplicare un effetto antiparkinsoniano. La somministrazione di carbidopa (un inibitore della decarbossilasi) in associazione con la levodopa impedisce alla piridossina di interferire con l’azione della levodopa stessa.
Inibizione del metabolismo: un farmaco può inibire il metabolismo di un altro farmaco, eventualmente prolungandone e intensificandone l’azione. Per esempio, l’allopurinolo riduce la produzione di acido urico inibendo l’enzima xantina ossidasi, che metabolizza farmaci potenzialmente tossici come la mercaptopurina e l’azatioprina. L’inibizione della xantina ossidasi può aumentare sensibilmente l’effetto di questi farmaci. Pertanto, quando si somministra allopurinolo contemporaneamente alla mercaptopurina o all’azatioprina, la dose di queste ultime deve essere ridotta a circa 1/3-1/4 della dose abituale.
La cimetidina inibisce le vie metaboliche ossidative e può incrementare l’azione dei farmaci metabolizzati attraverso di esse (p. es., la carbamazepina, la fenitoina, la teofillina, il warfarin e la maggior parte delle benzodiazepine [compreso il diazepam]). La cimetidina non ha influenza sull’azione delle benzodiazepine lorazepam, oxazepam e temazepam, che vengono sottoposte a coniugazione con acido glucuronico. La ranitidina ha un’affinità minore per gli enzimi ossidativi epatici rispetto alla cimetidina, rendendo meno probabile il verificarsi di interazioni clinicamente significative. La famotidina e la nizatidina non hanno la tendenza a inibire le vie metaboliche ossidative ed è poco probabile che interagiscano con altri farmaci attraverso questo meccanismo.
Elevate concentrazioni sieriche di astemizolo o cisapride possono essere responsabili di gravi reazioni cardiovascolari (p. es., torsione di punta e altre aritmie ventricolari). Poiché questi farmaci vengono ampiamente metabolizzati dagli enzimi epatici del citocromo P-450, le loro concentrazioni sieriche possono aumentare quando questi enzimi vengono inibiti da farmaci come taluni antidepressivi (p. es., il nefazodone), la claritromicina, l’eritromicina, l’itraconazolo, il ketoconazolo e la troleadomicina, aumentando il rischio di tossicità. Di conseguenza, l’impiego contemporaneo di astemizolo o di cisapride con i suddetti e con determinati altri farmaci è controindicato. Bisogna usare cautela quando l’astemizolo o la cisapride vengono utilizzati in concomitanza con qualunque farmaco che inibisce gli enzimi epatici. Gli antiistaminici non sedativi loratadina e fexofenadina non sono stati messi in relazione con reazioni cardiovascolari gravi.
Il ritonavir, un potente inibitore di alcuni enzimi del citocromo P-450 epatico, può aumentare notevolmente le concentrazioni sieriche dei farmaci metabolizzati da questi enzimi (p. es., gli antiaritmici, l’astemizolo, la maggior parte delle benzodiazepine, la cisapride). Tali farmaci non devono essere impiegati insieme al ritonavir. Il ritonavir interagisce anche con molti altri farmaci e il loro uso contemporaneo deve essere attentamente controllato, regolando i dosaggi in caso di necessità.
È stato segnalato che l’eritromicina inibisce il metabolismo epatico di farmaci come la carbamazepina e la teofillina, aumentando pertanto i loro effetti. I fluorochinoloni ciprofloxacina, enoxacina e grepafloxacina possono aumentare notevolmente l’attività della teofillina, presumibilmente con lo stesso meccanismo.
Il succo di pompelmo inibisce il CYP3A4, un enzima del citocromo P-450, e di conseguenza aumenta la biodisponibilità di alcuni farmaci (p. es., la felodipina) e potenzia il loro effetto.
Alterazioni dell’escrezione urinaria
Alterazioni del pH urinario: il pH urinario influenza l’ionizzazione degli acidi e delle basi deboli, modificando in tal modo il loro riassorbimento e la loro escrezione. Un farmaco non ionizzato diffonde più facilmente in via retrograda dal filtrato glomerulare al sangue. La quota non ionizzata di un farmaco acido è maggiore in presenza di urine acide che di urine alcaline, nelle quali viceversa un farmaco acido si trova principalmente sotto forma di sale ionizzato. Pertanto, in presenza di urine acide, un farmaco acido (p. es., un salicilato) diffonde in via retrograda nel sangue in quantità superiori, con conseguente prolungamento e probabilmente intensificazione della sua azione. È più probabile che quest’effetto si verifichi nei pazienti che assumono alte dosi di salicilati (p. es., per l’artrite). Gli effetti sono opposti per un farmaco basico (p. es., la destroamfetamina). In uno studio, il 54,5% di una dose di destroamfetamina risultava escreto entro 16 h quando il pH urinario veniva mantenuto intorno a 5, mentre questa quota era pari al 2,9% quando il pH veniva mantenuto intorno a 8.
Alterazioni del trasporto attivo: il probenecid innalza la concentrazione sierica e prolunga l’attività delle penicilline, principalmente bloccandone la secrezione tubulare. Tali associazioni sono state impiegate a fini terapeutici.
Quando la digossina viene somministrata insieme con la chinidina, le sue concentrazioni sieriche sono significativamente più elevate rispetto a quando essa viene somministrata da sola. La chinidina sembra ridurre la clearance renale della digossina, sebbene nel fenomeno siano probabilmente coinvolti anche meccanismi non renali.
È stato osservato che diversi FANS aumentano l’attività e la tossicità del metotrexato. Una tossicità fatale da metotrexato è stata osservata in pazienti che assumevano ketoprofene. Il ketoprofene può inibire la secrezione tubulare renale attiva del metotrexato, ma ad aumentare le concentrazioni sieriche del farmaco contribuiscono probabilmente anche altri meccanismi. La maggior parte dei pazienti deceduti stava assumendo alte dosi di metotrexato a causa di malattie neoplastiche; tuttavia, è necessario usare cautela anche quando ai pazienti vengono somministrate dosi inferiori, soprattutto considerando che basse dosi di metotraxato vengono usate sempre più spesso nei pazienti con artrite reumatoide che stanno assumendo anche un FANS.
PRINCIPI DI TRATTAMENTO
È importante tenere in considerazione i seguenti principi generali.
- È più probabile che si verifichino interazioni clinicamente significative tra farmaci che possiedono effetti potenti, un ristretto margine di sicurezza e una curva dose-risposta con pendenza notevole (p. es., i farmaci citotossici, antiipertensivi e ipoglicemizzanti; la digossina; il warfarin).
- Può essere difficile distinguere un’interazione farmacologica dai fattori fisiopatologici che influenzano la risposta alla terapia.
- Esiste la possibilità che interazioni del tutto prevedibili in realtà non si verifichino; fattori individuali, come la dose e il metabolismo del paziente, sono importanti fattori determinanti delle interazioni.
- Quando gli effetti dei farmaci vengono seguiti con attenzione, un’interazione di solito non si traduce nella comparsa di effetti indesiderati significativi, ma spesso è necessaria una modificazione della posologia o l’uso di farmaci alternativi.
- Lo spiazzamento di un farmaco dai suoi siti di legame con le proteine altera il rapporto tra il farmaco totale e la sua quota libera, complicando l’interpretazione clinica delle concentrazioni totali del farmaco nel sangue. Quando un farmaco altamente legato e spiazzabile viene assunto insieme con un farmaco che è in grado di spiazzarlo, le concentrazioni sieriche totali dei farmaci non rivestono lo stesso significato che hanno quando essi vengono assunti separatamente. Questa considerazione è importante, perché le concentrazioni sieriche vengono spesso utilizzate come riferimento per indirizzare il trattamento dei pazienti che assumono più farmaci contemporaneamente.
L’incidenza e le conseguenze cliniche delle interazioni farmacologiche possono essere ridotte al minimo in diversi modi. Il medico che redige la prescrizione deve conoscere tutti i farmaci che il paziente assume, compresi quelli prescritti da altri medici e quelli da banco. Deve essere prescritto il minor numero possibile di farmaci, alle dosi più basse e per il tempo più breve, compatibilmente con le necessità terapeutiche. Vanno stabiliti gli effetti, voluti e indesiderati, di tutti i farmaci utilizzati, perché di solito tra questi effetti sono comprese le diverse interazioni farmacologiche. Se è possibile, devono essere utilizzati farmaci con un range di dosaggio che permetta un considerevole margine di errore. Il paziente deve essere tenuto sotto osservazione e controllato per seguire gli effetti dei farmaci, specialmente dopo aver introdotto una variazione nella terapia; alcune interazioni (p. es., gli effetti metabolici dipendenti dall’induzione enzimatica) impiegano ³ 1 sett per comparire. Le interazioni farmacologiche devono essere considerate come una delle possibili cause di qualunque problema non previsto. Quando si verificano risposte cliniche inattese, si devono determinare, se possibile, le concentrazioni sieriche dei farmaci che si stanno impiegando, si deve consultare la letteratura esistente sull’argomento o un esperto di interazioni farmacologiche e si deve calibrare il dosaggio fino a che non si ottiene l’effetto desiderato. Qualora l’adattamento della posologia non dovesse dare risultati, il farmaco deve essere sostituito con un farmaco diverso che non interagisce con gli altri farmaci assunti dal paziente.
Per approfondire:
- Assorbimento dei farmaci: somministrazione orale, parenterale e forme a rilascio controllato
- Diffusione attiva, passiva o pinocitosi: il trasporto dei farmaci attraverso le membrane cellulari
- Biodisponibilità di un farmaco: cause di bassa biodisponibilità e valutazione
- Distribuzione, velocità di ingresso, equilibrio di distribuzione e legame di un farmaco
- Finestra terapeutica ed esempi di farmaci con ampi e ristretti indici terapeutici
- Eliminazione di un farmaco: metabolismo, citocromo P-450, coniugazione
- Eliminazione di un farmaco: escrezione renale e biliare
- Farmacocinetica, biodisponibilità, volume di distribuzione, emivita di un farmaco e variabilità individuale
- Farmacodinamica, interazioni farmaco-recettore e relazione dose-risposta
- Farmacogenetica: variabilità farmacocinetica e farmacodinamica
- Reazioni avverse ai farmaci: effetti collaterali, tossicità, allergie, idiosincrasie
- Rapporto rischi-benefici nell’assunzione dei farmaci
- Mancata compliance del paziente: quando il paziente non prende i suoi farmaci
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Lo Staff di Medicina OnLine
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