In questo articolo ci occuperemo inizialmente del coronavirus “in generale”, mentre nella seconda parte parleremo specificatamente del coronavirus 2019-nCoV, ormai tristemente noto come il “virus dell’epidemia cinese” o “coronavirus di Wuhan”.
Coronavirus
Con “coronavirus” in microbiologia si indica un genere di virus a RNA della famiglia Coronaviridae, dotato di pericapside con un genoma a filamento singolo a senso positivo ed un nucleocapside di simmetria elicoidale. La sua dimensione genomica dei varia da circa 26 a 32 kilobasi, la più grande tra i virus a RNA.
Etimologia
Il nome “coronavirus” deriva dal termine latino “corona”, a sua volta derivato dal greco κορώνη (korṓnē, “ghirlanda”), che significa “corona” o “aureola”: ciò si riferisce all’aspetto caratteristico dei virioni visibile al microscopio elettronico.
Coronavirus umani
Ad oggi sono conosciuti 7 ceppi di coronavirus in grado di infettare gli umani:
- Human Coronavirus 229E (HCoV-229E)
- Human Coronavirus OC43 (HCoV-OC43)
- Human Coronavirus NL63 (HCoV-NL63)
- Human Coronavirus HKU1 (HCoV-HKU1)
- Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus (SARS-CoV)
- Sindrome respiratoria mediorientale da Coronavirus (MERS-CoV), conosciuto anche come Novel Coronavirus 2012 (2012-nCoV) e Human Coronavirus Erasmus Medical Center/2012 HCoV-EMC/2012
- Coronavirus_2019-nCoV (2019-nCoV), conosciuto anche come Wuhan Coronavirus o “coranavirus cinese”, responsabile dell’epidemia da 2019-nCoV del 2019-2020
Trasmissione
La trasmissione dei coronavirus tra umani avviene principalmente attraverso le goccioline respiratorie emesse da un individuo infetto mediante tosse o starnuti che, successivamente, vengono inalate da un soggetto sano che si trovi nelle vicinanze. Non è chiaro se sia possibile infettarsi anche dopo aver toccato superfici od oggetti ove sia presente il virus e portando successivamente le mani verso la propria bocca o verso il naso o gli occhi. Sebbene i virus respiratori siano trasmissibili solitamente quando il soggetto malato presenta anche i sintomi, sembrerebbe che il coronavirus 2019-nCoV possa diffondersi anche in occasione di un contatto ravvicinato con un paziente asintomatico.
Patologie provocate
I coronavirus sono responsabili di patologie nei mammiferi che comportano il verificarsi di diarrea nelle mucche e nei suini e di malattie respiratorie delle vie superiori nei polli. Nell’uomo, provocano infezioni respiratorie, spesso di lieve entità come il raffreddore comune, ma in rari casi potenzialmente letali come polmoniti e bronchiti. I coronavirus sono stati responsabili delle gravi epidemie di SARS del novembre 2002 e della polmonite di Wuhan del 2019-2020. A gennaio 2020, non esistono vaccini o farmaci antivirali per la prevenzione o per il trattamento considerati validi dalla comunità scientifica. Alla stessa data si conoscono sette ceppi di coronavirus in grado di infettare gli umani.
Struttura
I coronavirus sono virus a RNA positivo dal diametro di circa 80-160 nm. Il virus ha un aspetto caratteristico “a corona”, determinato dalla presenza di “spike” (spicole) rappresentate dalla glicoproteina che attraversa il pericapside, raggiungendo il “coat” proteico, detta proteina S, con proprietà emoagglutinanti e di fusione. La struttura del virus è quella più o meno tipica dei virus rivestiti, presenta quindi un nucleocapside a simmetria elicoidale e un pericapside costituito da un doppio strato fosfolipidico di origine cellulare; tra questi due strati si interpone un coat proteico costituito dalla proteina M (matrix o matrice). Nel nucleocapside si ritrova il genoma costituito da un ssRNA+ (un filamento di RNA singolo a polarità positiva) da 27-30 kilo basi che codifica per 7 proteine virali ed è associato alla proteina N. I coronavirus si attaccano alla membrana cellulare delle cellule bersaglio grazie alle loro proteine S che interagiscono con l’aminopeptidasi N della membrana; alcuni coronavirus possono legare l’acido N-acetil neuraminico grazie all’espressione della glicoproteina E3. Non è chiaro se la penetrazione della cellula sia effettuata mediante fusione del pericapside con la membrana plasmatica o per endocitosi. All’interno del citoplasma della cellula il coronavirus rilascia il suo RNA a singolo filamento positivo che si attacca ai ribosomi dove viene tradotto. La traduzione comporta la produzione di una RNA-polimerasi RNA-dipendente (proteina L) che trascrive un RNA a singolo filamento negativo da cui poi è possibile ottenere nuovi RNA a filamento positivo del coronavirus nonché le sette proteine che esso codifica. A ciascun nuovo filamento di RNA positivo si associa la proteina N mentre le proteine del pericapside si integrano nella membrana del reticolo endoplasmatico. Un traslocatore trasferisce i nuovi nucleocapsidi nel lume del reticolo endoplasmatico, successivamente da questo gemmano vescicole che costituiscono i nuovi virioni che possono essere rilasciati per esocitosi.
Patogenesi
La patologia portata da questo virus è nella stragrande maggioranza dei casi irriconoscibile da un semplice raffreddore da rinovirus (rinorrea, ostruzione delle coane, starnuti, febbricola); tuttavia fa parte di questo genere il temibile virus della SARS che nel 2003 provocò la morte di 775 persone nel mondo. I coronavirus sono responsabili del 20% delle polmoniti virali. La variante SARS dei coronavirus, apparsa inizialmente in Cina nella provincia del Guangdong nel novembre 2002 e isolata per la prima volta l’anno successivo, ha le stesse identiche caratteristiche morfologiche degli altri coronavirus, ma sembra sia una specie del tutto nuova derivata probabilmente da un serbatoio animale (non ancora noto) che ben si è adattato all’uomo. Tra i fattori che il virus della SARS utilizza per incrementare notevolmente la sua virulenza rispetto agli altri coronavirus, c’è un potente sistema di inibizione dell’interferone. Un secondo focolaio pericoloso provocato da un diverso ceppo di coronavirus ha avuto inizio nel giugno 2012 in Arabia Saudita. La malattia è stata perciò indicata col nome di sindrome respiratoria mediorientale da Coronavirus o MERS (dall’acronimo in inglese). Un terzo focolaio pericoloso è apparso nel 2019 a Wuhan in Cina.
Coronavirus 2019-nCoV
Il coronavirus 2019-nCoV, chiamato anche “2019-nCoV” dall’Organizzazione mondiale della sanità e conosciuto anche come “coronavirus di Wuhan” o come “COVID-19” o ancora “SARS-CoV-2” (acronimo dall’inglese “severe acute respiratory syndrome coronavirus 2”, cioè “coronavirus 2 della sindrome respiratoria acuta severa“), è un virus facente parte del genere betacoronavirus (e famiglia coronavirus) scoperto intorno alla fine dell’anno 2019. Il virus è stato sequenziato genomicamente dopo un test di acido nucleico effettuato su un campione prelevato da un paziente colpito da una polmonite durante l’epidemia del 2019-2020 a Wuhan. Questo virus è paragonato alla SARS ed ha un tasso di mortalità ancora incerto a causa della fase transitoria di contagio ancora in corso: non sono ancora ben chiare molte sue caratteristiche e, sebbene sia stato accertata la sua capacità di trasmettersi da uomo a uomo, permangono ancora delle incertezze sulle esatte modalità di trasmissione – probabilmente aerea – e sulla sua patogenicità. Il coronavirus 2019-nCoV ha un periodo di incubazione di 14 giorni, di conseguenza il periodo di quarantena è di due settimane: una volta superato questo periodo, se non si sono verificati i sintomi, si è certi che la persona messa in quarantena non sia contaminata e può tornare “libera”. Il coronavirus 2019-nCoV determina vari sintomi, tra cui febbre anche alta, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte, come accaduto anche in Italia, soprattutto in soggetti già debilitati (ad esempio anziani, immunodeficienti e con altre patologie gravi).
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Lo Staff di Medicina OnLine
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