Per comprendere meglio il significato dei termini contenuti di questo articolo, è necessario avere ben compreso i concetti di “identità di genere” e di “orientamento sessuale”. A tal proposito vi invito a leggere questo articolo: Cisnormatività, eteronormatività, etero-cis-normatività, transfobia, omofobia e omotransfobia
Cissessismo
Con “cissessismo” (in inglese “cissexism“) in medicina, psicologia e sociologia si intende il pregiudizio che favorisce le persone con identità di genere cisgender e sfavorisce tutte le altre (cioè quelle transgender, agender, genderqueer, bigender, terzo genere, genderfluid, non-gender-conforme o altro). Una possibile definizione di cissessismo, è la convinzione o il presupposto che le identità di genere, le espressioni e le incarnazioni delle persone cisgenere siano naturali e legittime, mentre quelle transgenere non lo siano o comunque lo siano in misura minore. Il cissessismo e la transfobia sono certamente correlati tra loro, ma – secondo chi scrive – sono due concetti leggermente diversi: mentre la transfobia è una discriminazione attiva che si manifesta volontariamente nelle interazioni personali alimentate da odio, disgusto e pregiudizi, al contrario il cissessismo è più sottile, “nascosto alla vista” e “cerebrale”, perfino a volte inconscio, involontario. Mentre il transfobico può arrivare a compiere veri e proprie aggressioni verbali o fisiche nei confronti di un transgenere, al contrario il cissessista può apparire all’esterno indifferente o addirittura assolutamente ben disposto verso gli individui transgender, ma al contempo essere nel profondo convinto del “binarismo” come unica classificazione sana della sessualità, cioè che – a questo mondo – esistano due e solo due sessi (maschio e femmina) e che tali due sessi si escludano a vicenda, ignorando ad esempio gli intersessuali. Un punto di vista cissessista impone quindi che una persona debba essere necessariamente o maschio o donna e non c’è possibilità che qualcuno sia entrambi o fluido o nessuno dei due. Il cissessista può considerare i transgenere come persone “anormali” o “malati”, mentre i cisgenere come “normali” o “sani”. Esempi di possibile cissessismo nel linguaggio quotidiano e nelle strutture sociali:
- usare saluti come “signore e signori”, che possono escludere le persone non binarie;
- descrivere le persone cisgender come “normali”;
- usare il nome relativo al genere assegnato alla nascita per riferirsi ad individui trans. Ad esempio se una donna trans (cioè un individuo assegnato al sesso maschile alla nascita, ma che sente di avere una identità femminile) cambia il suo nome da “Valentino” a “Valentina”, chiamarlo ancora Valentino è cissessista;
- usare i pronomi sbagliati per riferirsi ad individui trans. Ad esempio riferirsi ad una donna trans usando il “lui” al posto di “lei” è cissessista;
- fare affermazioni che presumono che tutti gli uomini abbiano il pene e tutte le donne abbiano la vagina;
- chiedere il nome “reale” di una persona trans che si è presentata con il nome corrispondente all’identità sessuale che sente di avere: i nomi delle persone trans sono semplicemente i loro veri nomi;
- porre domande invasive sul genere o sul corpo di una persona trans, in base al suo aspetto;
- avere tamponi e assorbenti disponibili solo nel bagno delle donne, nonostante il fatto che alcuni uomini trans (cioè un individuo assegnato al sesso femminile alla nascita, ma che sente di avere una identità maschile) possano utilizzare il bagno degli uomini;
- creare spazi femminili che escludano le donne transgender, come i college femminili;
- avere moduli e applicazioni che richiedono a una persona di identificare il proprio genere offrendo solo un’opzione “maschile” o “femminile”;
- ospitare persone trans e non binarie in strutture carcerarie che non sono in linea con il loro genere;
- l’esistenza di compagnie assicurative che coprono la terapia ormonale sostitutiva per le persone cisgender ma non per le persone transgender;
- l’impedire alle persone trans di utilizzare il bagno in linea con il loro genere;
- usare lettere che identificano l’appartenenza di qualcuno ad un dato sesso specifico, se si identifica come non binario. Ad esempio secondo alcuni si dovrebbe dire “mi* figli* va bene a scuola” e non “mia figlia va bene a scuola” o “mio figlio va bene a scuola“. Secondo altri si dovrebbe usare il plurale: “i miei figli vanno bene a scuola“.
Eterosessismo
Con “eterosessismo” (in inglese “heterosexism“) in medicina, psicologia e sociologia si intende il pregiudizio che favorisce le persone con orientamento sessuale eterosessuale e sfavorisce tutti gli altri (come quello omosessuale o bisessuale). Una possibile definizione di eterosessismo, è la convinzione o il presupposto che gli orientamenti sessuali, le espressioni e le incarnazioni delle persone eterosessuali siano naturali e legittime, mentre tutte le altre non lo siano o comunque lo siano in misura minore.
Eterocissessismo
I concetti di cissessimo e di eterosessismo creano insieme una combinazione definita “etero-cis-sessismo” o “eterocissessismo” (in inglese “hetero-cis-sexism“). Con etero-cis-sessismo in medicina, psicologia e sociologia si intende il pregiudizio che favorisce le persone con la combinazione di identità sessuale cis ed orientamento sessuale eterosessuale.
Disforia di genere (incongruenza di genere)
Qualora un individuo avverta una discrepanza tra il proprio sesso assegnato alla nascita e quello che sente di essere (quindi sia transgenere o non binario) e qualora tale discrepanza gli generi una profonda angoscia capace di interferire con vari aspetti della sua vita, come la socialità, i rapporti e/o l’attività lavorativa, si verifica una condizione chiamata “disforia di genere” o “incongruenza di genere“. Con tali espressioni si intende una condizione – fino a pochi anni fa considerata patologia – caratterizzata dal malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel sesso che gli è stato assegnato alla nascita. Nel soggetto con disforia di genere, il soggetto avverte quindi che esiste una discrepanza tra il genere a cui egli sente di appartenere e quello che gli è stato assegnato e tale discrepanza gli genera un disagio che compromette aree di vita significative come ad esempio i rapporti sociali, le relazioni ed il lavoro.
Terzo sesso (terzo genere)
Con “terzo sesso” o “terzo genere” o “genere X” (in inglese “third gender“) si intende il concetto per cui un individuo rifiuta una categorizzazione “o maschio o femmina“, non riconoscendosi quindi nel binarismo di genere. Alcuni ritengono che la definizione di terzo sesso, visto che possono esistere anche un quarto sesso, un quinto sesso e così via. Alcuni ricercatori parlano a tal proposito non di “tre generi”, bensì di “alcuni generi“. Chiunque può ritenersi parte del gruppo del terzo sesso: un individuo nato con caratteristiche femminili, o con caratteristiche maschili o intersessuale può non riconoscersi nel binarismo di genere. Il terzo sesso può avere un qualsiasi tipo di preferenza sessuale.
Transfobia interiorizzata (auto-transfobia)
Un soggetto con “transfobia interiorizzata” o “auto-transfobia“, è un individuo transgenere che ha sentimenti transfobici vero sé stesso. La transfobia verso la propria condizione di transgenere è – in molti casi – sintomo di disforia di genere ed in genere include: scarsa accettazione di sé stessi, bassa autostima, senso di inferiorità, vergogna per il proprio stato, il sentirsi “anormali”, il provare senso di colpa per “aver deluso” i propri genitori e famigliari e l’identificazione con gli stereotipi denigratori. Il “self-transfobo” può provare talmente vergogna per la propria condizione, da autoisolarsi, autoescludersi da relazioni o lavoro, assumere droghe e/o comportamenti autolesionistici e – nei casi più gravi – tentare il suicidio.
Importante: alcune delle definizioni contenute in questo articolo sono soggette a cambiamenti nel tempo e non tutti i ricercatori, medici e psicologi le intendono nello stesso identico modo.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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