Epatite C: contagio, saliva, sintomi, cura, si guarisce?

MEDICINA ONLINE MALATTIE FEGATO EPATOPATIE AUTOIMMUNI VARICI ESOFAGEE SINTOMI PRURITO PELLE ITTERO INSUFFICIENZA RENALE ALCOL GRASSI DIABETE CISTIFELLE EPATITE A B C CIRROSI EPATICA STEATOSI ALCOLICA NON EPATOCITI TRAPIANTO.jpgL’epatite virale C o, più semplicemente “epatite C“, è una malattia infettiva che colpisce il fegato, determinata dal virus dell’epatite C (Hepatits C Virus, HCV), trasmesso principalmente per contatto diretto con il sangue infetto, spesso dovuto all’uso di droghe per via endovenosa, ma anche per via sessuale, tramite tatuaggi/piercing, per via verticale madre/feto e per trasfusioni di sangue infetto. L’infezione è inizialmente spesso asintomatica ma cronicamente può cronicizzare e condurre alla cirrosi del fegato con insufficienza epaticavarici esofagee ed encefalopatia epatica. Si stima che l’HCV sia responsabile del 27% delle cirrosi epatiche e del 25% degli epatocarcinomi. E’ una infezione in diminuzione ma ancora molto diffusa: attualmente in Italia ci sono circa 1 milione di persone infette con un’incidenza di 0,4 nuovi casi ogni 100.000 abitanti. Con i farmaci più moderni si può avere la guarigione in oltre il 90% dei pazienti trattati, ma in alcuni casi – ad esempio complicati da epatocarcinoma – si rende necessario un trapianto di fegato.

Cause

La causa dell’epatite C è l’hepatitis C virus (HCV), un virus appartenente al genere hepacivirus nella famiglia Flaviviridae. Quando entra nel circolo ematico, tale pmicrorganismo si lega al recettore CD81 (tetraspanina), espresso da epatociti e linfociti B oltre che ai recettori delle lipoproteine a bassa densità (LDL); ciascuna cellula infettata produce circa 50 virioni al giorno.

Incubazione

I sintomi, come abbiamo prima accennato, non sono sempre presenti. Per chi li sviluppa, il tempo che intercorre tra il momento dell’infezione ed il manifestarsi dei sintomi oscilla solitamente tra 2 settimane e 6 mesi (frequentemente in un periodo che va dalle 6 alle 9 settimane), lasso di tempo in cui il paziente appare totalmente asintomatico. In tale periodo, chiamato incubazione, il soggetto – pur non presentando sintomi della malattia – è tuttavia in grado di trasmettere l’infezione agli altri.

Epatite C: come si trasmette?

In Italia la via di trasmissione principale del virus è legata all’assunzione di droghe tramite iniezione endovenosa. Nelle zone del mondo in via di sviluppo, la causa di contagio più diffusa è invece legata alle trasfusioni di sangue infetto, al trapianto d’organo ed alle procedure mediche con strumenti non sterilizzati. Possibile anche il contagio per via sessuale, durante l’esecuzione di tatuaggi e piercing, tramite ogetti sporchi di sangue e per via verticale tra la madre ed il feto. In circa un quinto dei casi, la causa reale di trasmissione del virus rimane sconosciuta ai medici.

Epatite C: trasmissione sessuale

Il virus dell’epatite C, sebbene con frequenza di gran lunga inferiore a quella del virus dell’epatite B e/o dell’HIV, si trasmette anche per via sessuale ma tale trasmissione avviene solo se durante l’atto vi è scambio di sangue: non sono infettanti né lo sperma, né la saliva, né le secrezioni vaginali, a patto che non siano mescolati con sangue, come avviene ad esempio nell’ematospermia. Non solo i rapporti vaginali, ma anche i rapporti orali o anali possono determinare infezione se vi è scambio di sangue infetto, ad esempio per la presenza di ferite sanguinanti. Il rischio è minore nei partner monogami, sia eterosessuali sia omosessuali, rispetto ai soggetti con numerosi partner sessuali, ai quali si consiglia di usare SEMPRE una barriera meccanica durante il rapporto (preservativo). La coinfezione con HIV aumenta il rischio di trasmissione sessuale di HCV. Altri fattori potenzialmente in grado di aumentare il rischio di infezione sono la presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili, come herpes simplex labiale e genitale,  gonorrea e trichomoniasi vaginale.

Epatite C: tatuaggi e piercing

Alla pratica della tatuazione è associato un rischio da due a tre volte maggiore di contrarre l’epatite C rispetto alla popolazione generale. Questo può essere dovuto a uso di apparecchiature impropriamente sterilizzate o alla contaminazione dei coloranti utilizzati. I tatuaggi e i piercing eseguiti nella prima metà degli anni 1980 o in strutture non professionali destano una maggior preoccupazione, poiché i requisiti di sterilità, in tali contesti, possono essere mancati. Il rischio sembra essere maggiore per i tatuaggi più grandi. Si stima che quasi la metà dei detenuti abbiano utilizzato attrezzature per tatuaggi non sterili. Nelle strutture autorizzate è comunque raro poter contrarre un’infezione da HCV.

Trasmissione tramite oggetti

Oggetti per la cura personale, come rasoi, spazzolini da denti e attrezzature per la manicure o pedicure, possono essere contaminati con il sangue. La loro condivisione può portare all’esposizione al virus HCV: un’appropriata cautela deve essere assunta in qualsiasi situazione in cui vi siano oggetti esposti ad una perdita di sangue. L’HCV non si diffonde attraverso il contatto casuale, come ad esempio un abbraccio o dandosi la mano o con la condivisione di utensili da cucina, a patto che questi non siano sporchi di sangue.

Trasmissione tramite saliva

L’HCV non si diffonde attraverso la saliva, ad esempio con un bacio, uno starnuto o tosse, a patto che nella saliva NON sia presente sangue infetto. Una ferita sanguinante nel cavo orale può rendere la saliva, mescolata col sangue, una potenziale fonte di infezione.

Trasmissione dalla madre al feto

La trasmissione verticale del virus dell’epatite C da una madre infetta al suo bambino avviene in meno del 10% delle gravidanze. Non vi sono misure preventive che modifichino tale rischio. Non è chiaro in quale momento della gravidanza possa avvenire la trasmissione, ma sembra che possa verificarsi sia durante la gestazione, sia al momento del parto. Non vi è alcuna prova che l’allattamento al seno possa essere causa di trasmissione del virus, tuttavia, a scopo cautelativo, si consiglia di evitarlo se i capezzoli sono sanguinanti, o se la carica virale risulti elevata.

Sintomi

L’infezione da epatite C provoca sintomi acuti nel 15% dei casi, mentre circa l’85% delle persone esposte al virus sviluppa un’infezione cronica. In alcuni casi l’infezione acuta è asintomatica. La maggior parte dei pazienti con infezione cronica prova pochi o nessun sintomo durante i decenni iniziali dall’infezione: i sintomi diventano del tutto evidenti in genere dopo numerosi anni, ad esempio mediamente il 20% dei pazienti manifesta i segni di cirrosi dopo oltre 30 anni di malattia. Coloro che sviluppano cirrosi hanno un rischio 20 volte maggiore di carcinoma epatocellulare, e se questi sono anche forti consumatori di alcool, il rischio diventa 100 volte maggiore. Sintomi più gravi si hanno in pazienti anziani, debilitati per altre patologie (ipertensione arteriosa, diabete mellito, obesità, coagulopatie…), coinfettati con epatite B o con AIDS.

I sintomi di infezione acuta, sono:

  • malessere generale;
  • inspiegabile perdita di peso;
  • anoressia (riduzione dell’appetito);
  • astenia (stanchezza);
  • prurito sulla pelle;
  • vomito;
  • diarrea;
  • ittero (colorazione gialla di cute e sclera dell’occhio);
  • dolori articolari;
  • dolori muscolari.

I possibili sintomi di infezione cronica, sono:

In particolare la cirrosi epatica può determinare:

Malattie associate

L’epatite C può essere associata a:

Diagnosi

Vi sono una serie di test diagnostici per l’epatite C, tutti eseguibili su semplici campioni di sangue del paziente, tra cui: il test ELISA, il test Western blot e la verifica della presenza di RNA virale tramite reazione a catena della polimerasi (PCR). L’RNA del virus può essere rilevato tramite PCR tipicamente da una a due settimane dopo l’infezione, mentre la formazione degli anticorpi può richiedere più tempo e quindi inizialmente possono non essere rilevati. Una volta diagnosticata la presenza del virus nel sangue, si eseguono una serie di altre procedure per capire il grado di compromissione del fegato, tra cui:

Leggi anche: L’esofagogastroduodenoscopia: cos’è, preparazione, è dolorosa o pericolosa?

Tra le analisi del sangue più importanti per valutare la funzionalità del fegato, ci sono:

Terapia

I moderni farmaci antivirali utilizzati per la cura dell’epatite C cronica hanno il compito di contrastare e possibilmente debellare il virus responsabile dell’infezione.
Fra gli antivirali utilizzati nel trattamento dell’epatite C cronica, troviamo:

  • Ribavirina (Ribavirina Three Rivers ®, Ribavirin Teva ®, Rebetol ®): questo farmaco antivirale è utilizzato sempre in associazione ad altri medicinali, quali interferone alfa (naturale, 2a e 2b) e peginterferone alfa (2a e 2b) e può essere impiegato sia nel trattamento di pazienti adulti (anche affetti da HIV), sia nel trattamento di pazienti pediatrici. La ribavirina è somministrata per via orale, durante i pasti, in dosi che variano dai 600 mg ai 1400 mg in funzione del peso corporeo del paziente.
  • Boceprevir (Victrelis ®): questo farmaco deve sempre essere utilizzato in associazione a peginterferone alfa e ribavirina. La dose di boceprevir solitamente impiegata è di 2,4 grammi al giorno, da assumersi per via orale con il cibo in tre dosi frazionate.
  • Telaprevir (Incivo ®): anche questo farmaco deve essere assunto sempre in associazione a peginterferone alfa e ribavirina. La dose di telaprevir abitualmente somministrata è di 2,25 grammi al giorno, da assumersi per via orale con il cibo in due o tre dosi frazionate.
  • Sofosbuvir (Sovaldi ®): questo antivirale non deve mai essere utilizzato da solo, ma sempre in associazione a ribavirina, oppure in associazione a peginterferone alfa e ribavirina. La dose di sofosbuvir solitamente impiegata è di 400 mg al giorno, da assumersi per via orale con il cibo.
  • Daclatasvir (Daklinza ®): questo farmaco deve essere utilizzato in associazione a peginterferone alfa e a ribavirina, oppure in associazione a sofosbuvir. La dose di daclatasvir abitualmente somministrata per via orale è di 60 mg al giorno, da assumersi con o senza cibo.
  • Simeprevir (Olysio ®): la dose raccomandata è di 150 mg al giorno, da assumersi per via orale con il cibo. Anche in questo caso, il farmaco non deve essere somministrato da solo, ma sempre in associazione ad altri farmaci per il trattamento dell’epatite C cronica.

In casi di epatite cronica con danni epatici irreversibili, potrebbe essere necessario il trapianto di fegato.

Consigli importanti

Tutti i pazienti affetti da epatite C devono evitare di assumere paracetamolo,  ibuprofene, acido acetilsalicilico ed altri farmaci che possano affaticare il fegato. Estremamente utile può essere il condurre uno stile di vita sano, seguendo questi consigli:

  • diminuire il peso corporeo se obesi o sovrappeso;
  • abbassare il livello di trigliceridi;
  • alimentarsi in modo adeguato;
  • svolgere adeguata attività fisica;
  • smettere di fumare;
  • smettere di bere alcolici;
  • assumere minori quantità di grassi o carboidrati, ad esempio con dieta ipolipidica o ipoglucidica;
  • controllare il diabete e/o l’ipertensione, se presenti.

Per approfondire: Dieta per le malattie del fegato: cibi consigliati e consigli

Prognosi

Dall’epatite C si può guarire in oltre il 90% dei casi. La risposta al trattamento con i nuovi farmaci ad azione diretta varia in base al genotipo del virus ed è definita come la discesa dei livelli di RNA virale a valori non rilevabili dopo 12-24 settimane dalla sospensione del farmaco: è quasi del 100% nei genotipi 1, 2 e 4 specie se senza cirrosi. La discesa dell’RNA virale è minore, ma sempre molto incoraggiante, nei pazienti con genotipo 3, specie se cirrotici (fino all’80%).

Prevenzione e vaccino

A differenza dell’epatite A e B, non è attualmente ancora disponibile un vaccino efficace nella prevenzione dall’infezione da virus dell’epatite C.

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