Il giorno da ricordare è il 7 marzo 2014. E quello sull’uso terapeutico della cannabis sembra quasi il primo segno forte del governo Renzi. Perché, per la prima volta, il consiglio dei ministri non ha impugnato e portato al giudizio della Corte Costituzionale la legge della Regione Abruzzo che consente la preparazione galenica e l’utilizzo all’interno del servizio sanitario regionale della cannabis per uso terapeutico. La decisione del governo è il punto di arrivo di una marea montante di pazienti e medici che si chiedono perché se questa pianta può essere usata per preparare farmaci e terapie non la si possa usare. Sulla rete e nel passaparola fioriscono ricette e leggende: è utile contro la sclerosi, contro il cancro, contro i dolori più debilitanti. Ma è vero? Di certo che proibirne, per dettato morale, l’utilizzo rallenta di molto la ricerca scientifica che, invece, può fare molto per capire a cosa serva davvero la cannabis. E, non da ultimo, a quali dosi e in quali situazioni debba essere usata in ospedale. Insomma, sulla marjuana pesa un discorso pubblico che non ha niente a che fare con la medicina. E, se da oggi, le regioni italiane possono dare il via ai preparati che la contengono senza temere l’altolà del governo, resta il dubbio di cosa cosa c’è di vero sulle sue magnificate virtù terapeutiche. Lo abbiamo chiesto agli scienziati che ci lavorano, cercando di non cadere nell’ideologia né nell’aneddotica miracolistica. Ma per capirlo bisogna partire da Charlotte.
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