Complesso di Edipo: sintomi, fasi, età, risoluzione, conseguenze, cure

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Integratori per aumentare l’erezione e combattere la disfunzione erettile

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Tumore al seno nell’uomo sintomi, dolore, sopravvivenza e guarigione

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAIl cancro al seno viene erroneamente considerato una patologia esclusivamente femminile, ma in realtà può svilupparsi – pur raramente – anche negli uomini: dal punto di vista istologico, sono presenti anche nell’uomo piccole quantità di tessuto mammario che possono mutare e dare il via alla formazione del cancro e alla sua successiva diffusione negli organi vicini.

Diffusione del tumore al seno maschile e femminile

Il cancro al seno è tumore più diffuso tra le donne dal momento che colpisce una donna su 10, ma nell’uomo è molto raro (meno del’1% di tutti i tumori maschili). In Italia attualmente il 99,5% di tutti i tumori al seno sono riferiti a pazienti donne, il restante 0,5% a uomini. Si stima che in Italia interessi attualmente un uomo ogni 520 circa. L’incidenza sta tuttavia lievemente aumentando (nel 2012 i casi erano 400 all’anno), come per la donna, e si estende alla fascia di età sotto i 45 anni, anche se l’età più a rischio resta quella tra i 60 e i 70 anni. Entrambi i sessi sono accomunati dalla zona che il tumore predilige: sia nell’uomo che nella donna l’incidenza è maggiore nella mammella sinistra, nel cavo ascellare e nel quadrante mammario superiore esterno.

Perché tra gli uomini è meno diffuso?

La minore diffusione tra i maschi è in parte dovuta al fatto che il tessuto mammario che si può trasformare in senso tumorale è molto scarso nell’uomo e, in parte, anche alla diversa esposizione di questo tessuto agli ormoni nei due sessi: manca infatti nell’uomo l’esposizione costante agli ormoni femminili che promuovono la crescita delle cellule mammarie.

Tipologie

Il tumore del seno viene definito carcinoma duttale se si sviluppa a partire dalle cellule dei dotti o lobulare, se prende invece il via dalle cellule dei lobuli. Inoltre, la malattia può essere infiltrante, quando supera la parete di dotti e lobuli e si diffonde anche ai tessuti vicini, o in situ se le cellule malate non danno origine a metastasi.
Nell’uomo, il carcinoma duttale infiltrante è la forma più diffusa (8 casi su 10), mentre il tumore lobulare è piuttosto raro dal momento che il tessuto lobulare è molto scarso.

La malattia di Paget (o morbo di Paget) della mammella, è un tipo di tumore che si sviluppa nelle cellule dei dotti e si diffonde al capezzolo e all’areola, provocando cambiamenti visibili nella pelle di quell’area che appare arrossata e come ricoperta da una sorta di eczema.

Esistono anche forme benigne di tumore del seno, come per esempio la ginecomastia  – l’aumento della quantità di tessuto mammario – molto più diffusa nell’uomo rispetto al tumore maligno. In caso di ginecomastia è possibile sentire e a volte anche vedere, masse di tessuto mammario nell’area vicina al capezzolo, noduli che devono sempre essere tenuti sotto controllo. Negli adolescenti e negli anziani la ginecomastia è spesso legata ai cambiamenti ormonali che caratterizzano queste due fasi della vita, ma più in generale può essere associata, in tutte le età, a farmaci (per esempio quelli usati per trattare insufficienza cardiaca, ipertensione e ulcera) o, in rari casi, alla presenza di malattie delle ghiandole che producono ormoni (endocrine), a patologie del fegato, obesità e altre condizioni cliniche che aumentano la produzione di ormoni femminili nell’uomo.

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Evoluzione

Lo stadio di un tumore indica quanto la malattia è estesa e, nel caso del tumore del seno, si possono distinguere cinque diversi stadi, definiti in base al sistema di stadiazione TNM, dove T indica la dimensione del tumore, N lo stato dei linfonodi e M la presenza di metastasi. Lo stadio 0, il più basso, è il tumore in situ che non ha ancora raggiunto linfonodi e altri organi, mentre lo stadio IV, il più alto, include i tumori che hanno dato metastasi in organi lontani. Stabilire lo stadio del tumore – tramite indagine istologica – è molto importante per determinare la prognosi: più basso è lo stadio, maggiori sono le possibilità di curare la malattia.

Sintomi

In genere il cancro del seno nelle sue fasi iniziali non provoca dolore o altri sintomi particolari e per questo motivo gli unici campanelli d’allarme sono rappresentati dalla formazione di noduli che possono essere riconoscibili al tatto o addirittura visti e da cambiamenti nel seno come, per esempio:

  • un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa,
  • un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo, specie se intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

La presenza di dolore (“mastodinia“) può essere indicativo sia di tumore ma anche di altre patologie. I sintomi sono tanto più indicativi di malattia maligna quanto più si presentano monolateralmente (cioè ad una sola mammella e non ad entrambe).

Fattori di rischio

Tutti i segni e sintomi finora elencati sono ancora più indicativi di cancro mammario, se il paziente presenta i seguenti fattori di rischio:

  • età avanzata (>40 anni);
  • fumo di sigaretta;
  • genetica (altri casi in famiglia);
  • esposizione ad inquinamento atmosferico;
  • elevati livelli di alcuni ormoni;
  • dieta ricca di grassi;
  • sedentarietà;
  • obesità.

Alcuni di questi fattori di rischio sono non modificabili (ad esempio l’età), ma altri possono essere evitati modificando abitudini e stile di vita, ad esempio seguendo una dieta corretta, mantenendo un adeguato peso, facendo attività fisica e smettendo di fumare.

Con l’avanzare dell’età  aumenta anche nell’uomo il rischio di tumore del seno, che in genere viene diagnosticato poco prima dei 70 anni, mentre quando la malattia colpisce un uomo giovane, si può pensare a fattori di rischio di tipo ereditario o genetico. La presenza di casi di tumore al seno in familiari molto stretti può essere un campanello d’allarme: un uomo su cinque con tumore del seno ha parenti stretti – maschi o femmine – colpiti dalla stessa malattia. A livello genetico, sono molto importanti le mutazioni presenti nel gene BRCA2, responsabili del 10% circa dei tumori mammari maschili, mentre quelle nel gene BRCA1 sembrano meno legate all’aumento del rischio. Infine, anche alcune sindromi genetiche presenti alla nascita, come la sindrome di Klinefelter, o l’esposizione del torace a radiazioni, a causa per esempio di un trattamento di radioterapia, possono influenzare in modo negativo il rischio.

Come nella donna, anche nell’uomo gli ormoni giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita del tumore del seno e tutto ciò che sposta l’equilibrio ormonale può far aumentare il rischio di malattia: problemi a livello dei testicoli (rimozione, discesa incompleta o assente eccetera), terapia ormonale in caso di tumore della prostata, obesità  (che induce la produzione di livelli più elevati di estrogeni), ma anche abuso di alcol e malattie del fegato.

Va infine ricordato che la presenza dei segni e sintomi elencati non assicurano una diagnosi corretta: quest’ultima si dovrà infatti avvalere di esami strumentali (ecografia, mammografia, biopsia…) e di laboratorio.

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Screening e diagnosi precoce

Per gli uomini non esistono screening specifici (mammografia eccetera) che permettano di identificare il tumore nelle sue fasi iniziali, soprattutto perché il tumore del seno maschile è molto raro e sottoporre a questo tipo di esami tutta la popolazione non avrebbe senso. Nonostante ciò, i maschi figli o fratelli di donne portatrici delle  mutazioni BRCA1 e BRCA2  dovrebbero fare anch’essi il test genetico, poiché se risultano portatori del gene mutato sono anch’essi a rischio elevato di sviluppare un cancro del seno.

Diagnosi

È più semplice scoprire la presenza di un nodulo mammario in un uomo che in una donna, dal momento che la quantità di tessuto lobulare e adiposo è molto scarsa nel seno maschile, ciononostante spesso gli uomini si accorgono di avere un tumore quando la malattia è già in fase avanzata. Questo succede perché erroneamente si crede che il tumore del seno sia una malattia esclusivamente femminile.

La diagnosi di tumore del seno nell’uomo si basa innanzitutto sulla visita dal medico che, dopo aver analizzato la storia familiare e aver valutato eventuali noduli, decide se procedere con ulteriori esami di approfondimento.

In questo caso, anche per l’uomo vengono utilizzati ecografia e mammografia per visualizzare la struttura del seno oppure l’analisi del liquido  che in alcuni casi fuoriesce dal capezzolo, ma l’esame che permette di formulare una diagnosi certa è la biopsia, cioè il prelievo di una parte del tessuto “sospetto” e la sua analisi in laboratorio alla ricerca di cellule tumorali.

Una volta diagnosticato il cancro, è possibile determinare alcune caratteristiche delle cellule tumorali come la presenza/assenza di recettori per gli ormoni (estrogeni e progesterone) o i livelli della proteina HER2neu, molto importanti per guidare il medico nella scelta del trattamento più efficace.

Infine, risonanza magneticatomografia computerizzata (TC), tomografia a emissione di positroni (PET), ecografia e  scintigrafia ossea sono gli esami più comunemente utilizzati per identificare la presenza di metastasi in altri organi.

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Cure

La maggior parte delle informazioni relative al trattamento del tumore del seno derivano dall’esperienza di medici e ricercatori nel trattamento della malattia nelle donne: negli uomini, infatti, questo tumore è molto raro e di conseguenza è molto difficile riuscire ad organizzare uno studio clinico che coinvolga solo pazienti maschi.
Anche per l’uomo, comunque, la scelta del trattamento dipende da molti fattori come, per esempio, il tipo e la posizione della malattia, la sua eventuale diffusione ad altri organi e le condizioni del paziente.

Terapia chirurgica e guarigione

La chirurgia rappresenta una delle prime scelte di trattamento per il tumore del seno maschile e di norma richiede un ricovero di un paio di giorni in ospedale, anche se sono sempre più frequenti gli interventi in day-hospital. In genere nell’uomo, al contrario che nella donna dove si predilige preservare la mammella per motivi estetici, è piuttosto rara la chirurgia conservativa, cioè l’intervento che asporta solo una parte del tessuto mammario (per esempio uno o più lobuli), mentre è molto più diffusa la mastectomia – che rimuove tutto il tessuto mammario, non molto abbondante nell’uomo. Quando l’intervento si limita a rimuovere il tessuto mammario e capezzolo senza toccare linfonodi o tessuto muscolare circostante si parla di mastectomia semplice o totale, mentre nella mastectomia radicale si asportano anche i linfonodi e i muscoli della parete toracica al di sotto del seno. Per verificare se il tumore ha già dato il via al processo di metastasi ai linfonodi, anche nell’uomo è possibile utilizzare la tecnica del linfonodo sentinella: si preleva e si esamina il linfonodo ascellare che per primo viene in contatto con eventuali cellule del tumore e lo si analizza. In base al risultato di questo esame il medico deciderà se è necessario procedere con altri trattamenti. Se il tumore è ben circoscritto, non ha dato avvio a metastasi ed è stato ben operato, le possibilità di guarigione totale sono molto elevate.

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Radioterapia e chiemioterapia

La radioterapia, in particolare quella esterna, viene utilizzata per colpire le cellule del tumore “sfuggite” al bisturi, ma non è molto utilizzata per la cura del tumore del seno maschile, visto che gli interventi chirurgici in genere rimuovono tutto il tessuto mammario. In casi particolari, molto rari tra gli uomini, può essere usata anche la brachiterapia che consiste nel posizionare “semi” radioattivi in zone molto vicine al tumore, per rilasciare le radiazioni in modo più mirato. Resta valida nell’uomo la possibilità di far ricorso alla chemioterapia sistemica, somministrata con tempi e combinazioni di farmaci diverse a seconda dei singoli casi, e che può essere utilizzata anche come terapia adiuvante – dopo l’intervento chirurgico, per eliminare cellule tumorali rimaste dopo l’operazione – o neoadiuvante – prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore e renderlo più facilmente asportabile.

Terapia ormonale e nuovi farmaci

La terapia ormonale è un trattamento efficace in tutti i casi di tumore del seno che presentano sulla superficie delle cellule i recettori ormonali (9 tumori del seno su 10 nell’uomo) e può essere rappresentata sia da farmaci specifici sia da rimozione chirurgica dei testicoli, organi che producono ormoni capaci di favorire la crescita del cancro. Secondo uno studio pubblicato nel 2013 sulla rivista Cancer, risulta l’81% dei carcinomi mammari maschili è sensibile agli ormoni (contro il 60-70% di quelli femminili); il 15% è HER2 positivo (contro il 25-30% nelle donne) e il 4% è triplo negativo (cioè non è sensibile ad alcun ormone, contro il 10-15% tra le donne). Infine, sono stati recentemente inseriti tra le terapie disponibili anche i cosiddetti farmaci intelligenti che mirano a bersagli precisi presenti sulle cellule tumorali senza danneggiare le altre: tra i bersagli principali la proteina HER2/neu e proteine coinvolte nell’angiogenesi  (processo di formazione di nuovi vasi da parte del tumore).

Prognosi e sopravvivenza

La prognosi, come per altri tipi di tumore, è strettamente correlata al tipo di tumore ed alla sua diffusione, tuttavia – nonostante il cancro del seno maschile venga scoperto in uno stadio e a un’età più avanzata che nella donna – ha una prognosi generalmente migliore. Tale affermazione deriva da un recente studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, che ha preso in esame quasi 500.000 casi di tumore della mammella nelle donne e quasi 3.000 nell’uomo, in Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svizzera, Svezia e Singapore nell’arco di oltre 40 anni. Se la diagnosi arriva per le donne intorno ai 62 anni in media, per l’uomo l’età media sale a 70 anni. La sopravvivenza a cinque anni è apparentemente inferiore per l’uomo ma se viene corretta per l’età risulta invece più favorevole di quella nelle donne. Gli autori dello studio, un gruppo di epidemiologi del Memorial Sloan-Kettering di New York, non hanno una spiegazione definitiva per la migliore prognosi: l’ipotesi più convincente è che il corpo maschile risponda diversamente non solo alle terapie ormonali ma anche alla chemioterapia.

Prevenzione del tumore al seno maschile

Non aumentare troppo di peso ed evitare di eccedere con l’alcol rappresentano due preziose regole di prevenzione del tumore del seno nell’uomo, ma dal momento che non tutte le cause della malattia sono ben note, è impossibile stabilirne altre capaci di garantire una prevenzione ottimale. È comunque importante anche per gli uomini a rischio effettuare frequentemente la palpazione e non sottovalutare eventuali noduli o cambiamenti nella forma del seno e del capezzolo. E’ importante inoltre non farsi cogliere da imbarazzi (in Italia ancora molti uomini si vergognano di avere una “malattia da donna“) o paure non giustificati: un parere del medico può chiarire se sono necessari esami di approfondimento.

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Differenza tra seno della donna e seno dell’uomo

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIA.jpgLa mammella è costituita da tre componenti fondamentali:

  • un insieme di ghiandole chiamate lobuli, che nella donna producono il latte;
  • piccoli tubi che prendono il nome di dotti, che portano il latte dal lobulo al capezzolo;
  • stroma, tessuto grasso e connettivo che circonda lobuli e dotti, assieme a vasi sanguigni e linfatici.

Nelle prime fasi della vita e fino alla pubertà, maschi e femmine presentano più o meno la stessa quantità di tessuto mammario; la situazione cambia radicalmente con l’arrivo della pubertà quando gli ormoni femminili prodotti dalle ovaie fanno accrescere dotti, lobuli e stroma nelle donne, mentre gli ormoni maschili tengono sotto controllo la crescita di tali tessuti negli uomini che in genere possiedono i dotti, ma pochissimi lobuli e poco tessuto adiposo (almeno finché la percentuale di massa grassa del corpo maschile rimane entro certi limiti).

Ciò si riflette ovviamente sia dal punto morfologico che funzionale: la mammella femminile diventa, al contrario di quella maschile, fisiologicamente adatta all’allattamento della prole ed acquista una forma più generosa dal momento che, mentre le dimensioni della mammella di un uomo normopeso sono determinate principalmente dal muscolo pettorale, nella mammella femminile sono determinate dall’accumulo di tessuto mammario, specialmente quello adiposo. Il maggiore volume della mammella femminile rappresenta una caratteristica che permetteva all’uomo preistorico di distinguere la femmina dal maschio ed è quindi diventata una caratteristica sessuale secondaria femminile molto ricercata dall’uomo.

I capezzoli maschili e femminili, così come le areole che li circondano, sono molto simili tra loro prima della pubertà: sono piccoli, poco pronunciati, poco pigmentati e circondati da cute glabra. Le cose cambiano radicalmente dalla pubertà in poi dal momento che capezzolo ed areola di una donna adulta sono invece generalmente molto più grandi e pronunciati rispetto a quello di un maschio adulto, oltre al fatto che la cute della mammella maschile si riempie di peli, mentre ciò non avviene nella donna. Per approfondire, leggi: Differenza tra capezzolo maschile e femminile

La mammella maschile può, in determinate condizioni e patologie, acquisire alcune caratteristiche femminili, a tal proposito leggi: Ginecomastia: quando è l’uomo ad avere il seno

Come prima accennato, però, anche nella mammella maschile per tutta la vita sono presenti piccole quantità di tessuto mammario che, come succede nella donna, possono mutare e dare il via alla formazione del cancro al seno ed alla sua successiva diffusione negli organi vicini: per questo motivo il tumore del seno, nonostante venga spesso considerato una malattia esclusivamente femminile, in realtà può svilupparsi anche negli uomini anche se in questi ultimi si sviluppa raramente, mentre tra le donne è il tumore più diffuso.

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Differenze anatomiche e funzionali tra uomini e donne

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PERCENTUALE DI GRASSO CORPOREO UOMO DONNA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari PeneLa differenziazione sessuale negli esseri umani segue le tappe di sviluppo e di maturazione dell’organismo.
Nel neonato e nei primissimi anni di vita, le differenze sessuali sono visibili solo osservando il corpo a nudo, poiché i tratti della faccia e le proporzioni corporee sono antropologicamente neutri.
Solo nel periodo prepubere, che nella femmina inizia di norma intorno a dieci anni, e nei maschi circa a dodici anni, cominciano a verificarsi tutti quei cambiamenti connessi con l’avvento della crisi puberale che portano l’individuo alla maturità sessuale. Sotto la scarica degli ormoni sessuali responsabili di questi fenomeni, la morfologia corporea si rimodella, acquisendo, con i caratteri sessuali secondari, il definitivo status di uomo o donna. Durante le fasi dell’accrescimento, i fattori genetici che ne controllano tempi e modalità interagiscono in misura significativa con i fattori ambientali, non solo fisici, in primo luogo climatici, ma anche culturali in senso lato. Il tipo di alimentazione, lo status socioeconomico, l’ambiente familiare interagiscono contribuendo alla definizione dell’assetto morfofunzionale e psichico dell’individuo. Nelle società industriali i modelli femminile e maschile del corpo umano possono subire nell’arco di poche generazioni profondi cambiamenti sotto la spinta dei costumi sociali. Solo nelle società preindustriali, ancora molto legate alle proprie tradizioni culturali, gli originari modelli comportamentali si mantengono pressoché immutati.

Differenze anatomiche tra uomo e donna
Per quanto concerne lo scheletro, l’accrescimento termina nelle ragazze a circa 18-20 anni di età e nei ragazzi a 21-23 anni. Confrontando le caratteristiche scheletriche generali di soggetti adulti di sesso diverso, le principali differenze riguardano soprattutto la robustezza, la lunghezza e il grado di mineralizzazione delle ossa lunghe, che risultano maggiori nei maschi, nei quali anche le articolazioni e le superfici articolari sono più grandi: a causa della maggiore lunghezza delle ossa, l’uomo raggiunge una statura che in media supera quella della donna di circa 9-13 cm. Le differenze antropometriche riguardano anche le proporzioni tra i vari segmenti corporei. Anche la composizione corporea è generalmente diversa nei due sessi, particolarmente rispetto alla quantità di grasso corporeo (massa corporea grassa) e alla sua relazione con la massa corporea magra, quest’ultima rappresentata essenzialmente dai muscoli, dalle ossa e dagli organi interni. Il grasso corporeo si deposita in vari siti dell’organismo, ma è soprattutto quello sottocutaneo che contribuisce in modo determinante a rendere più palesi le differenze sessuali. Nella donna il grasso sottocutaneo si accumula nelle regioni del bacino e delle spalle, nelle mammelle e nella parte posteriore delle braccia. Complessivamente il grasso costituisce nella donna il 22-25% della massa corporea, nell’uomo il 13-15%. Per quanto riguarda la massa muscolare, mentre prima della pubertà non ci sono sostanziali differenze tra i sessi, successivamente queste diventano assai vistose. Nell’età adulta il maschio è dotato di una muscolatura maggiore di quella della femmina, ma non vi sono differenze qualitative nelle caratteristiche contrattili delle fibre che compongono il muscolo. Le maggiori dimensioni dello scheletro e della muscolatura del maschio contribuiscono in modo sostanziale alla differenza di peso mediamente riscontrabile tra individui di sesso diverso. L’uomo in media pesa circa 11-13 kg più della donna e, se si considera soltanto il peso della massa corporea magra, la differenza diviene ancora più evidente, assumendo il valore di 18-20 kg. Diversità anatomiche tra i sessi si riscontrano anche nelle dimensioni e nel peso di alcuni organi interni. Particolarmente rilevanti per le implicazioni funzionali a esse collegate sono le differenze riguardanti il cuore e i polmoni. In tutti i mammiferi il peso del cuore è in media direttamente proporzionale al peso corporeo e può essere calcolato moltiplicando quest’ultimo per il valore 0,0066; in accordo con il maggiore peso corporeo, il peso del cuore dell’uomo è maggiore di quello della donna. Nel rapporto tra peso corporeo e peso del cuore si rilevano però anche delle differenze in relazione all’età: nell’arco di vita compreso tra 12 e 60 anni, nelle donne il valore medio di tale rapporto è inferiore del 10-15% rispetto agli uomini, mentre dopo i 60 anni i valori divengono simili. Anche le dimensioni dei diametri cardiaci sono diverse tra i due sessi: per es., il diametro trasverso è mediamente di circa 12 cm nell’uomo e di 10,5 cm nella donna. Così come per il cuore, anche le dimensioni del polmone sono direttamente proporzionali alla taglia corporea, pertanto i polmoni della donna sono più piccoli di quelli dell’uomo. Tale differenza si riflette sul valore delle grandezze respiratorie e in modo particolare sulla capacità vitale, cioè sul volume di aria che può essere espirato con un’espirazione massimale dopo aver eseguito un’inspirazione massimale. In soggetti adulti giovani la capacità vitale è in media di 2-3 litri nella donna e di 3-4 litri nell’uomo. Tra le varie misure antropometriche l’area della superficie corporea è quella più attendibilmente correlata con la capacità vitale. Nell’adulto il rapporto tra capacità vitale e area della superficie corporea è 2,6 l/m2 nell’uomo e 2,7 l/m2 nella donna.

Differenze anatomiche tra uomo e donna
Le differenze strutturali sopra descritte svolgono un ruolo assai rilevante principalmente nel determinare quelle differenze funzionali che riguardano la capacità dell’individuo di eseguire un esercizio fisico intenso. Sebbene importanti fattori socioculturali possano essere almeno in parte considerati responsabili della diversa capacità fisica tra uomo e donna, è tuttavia ormai ben dimostrato che la capacità di lavoro muscolare della donna è approssimativamente minore del 20% rispetto a quella dell’uomo. Questa differenza viene in larga misura attribuita alle diversità di dimensioni e composizione corporea, mentre i meccanismi cellulari che controllano la maggior parte delle risposte fisiologiche e biochimiche all’esercizio fisico sono gli stessi per entrambi i sessi. Le differenze riscontrabili devono pertanto essere interpretate come dipendenti da fattori quantitativi piuttosto che qualitativi. Forza muscolare Prima dello sviluppo puberale non ci sono tra i due sessi sostanziali differenze nella forza muscolare ma, come comunemente dimostrato mediante test specifici, esse emergono chiaramente durante la pubertà, si mantengono nell’età adulta, e declinano nella vecchiaia. La differenza di forza è chiaramente correlata con lo sviluppo della massa muscolare, che nell’uomo, favorito dall’intensa azione anabolizzante del testosterone, può superare quella della donna perfino del 50%. Grazie alla maggiore massa muscolare, evidente soprattutto negli arti superiori, nelle spalle e nel tronco, l’uomo risulta avvantaggiato in tutte quelle attività fisiche che richiedono elevati livelli di forza, velocità e potenza. Esaminando la differenza di forza in termini assoluti, cioè senza considerare le diversità riguardanti la taglia fisica e la composizione corporea, risulta che nella donna la forza muscolare è pari a circa il 75% di quella dell’uomo. Si deve tuttavia tenere conto che la differenza può variare notevolmente a seconda dei gruppi muscolari considerati: generalmente essa è maggiore per i muscoli delle braccia che per quelli delle gambe.
Come per altre capacità funzionali, la differenza di forza tra maschio e femmina si riduce se viene rapportata ad alcune caratteristiche strutturali dell’individuo, quali la massa corporea totale o la massa corporea magra. Se si elimina l’influenza del primo fattore, cioè la differenza legata alla diversa taglia corporea, la forza muscolare della donna raggiunge l’80% di quella dell’uomo e la differenza si riduce ulteriormente se si rapporta la forza alla sola massa corporea magra. Infatti il rapporto tra la forza e la massa corporea totale è favorevole all’uomo non tanto a causa di una qualche differenza inerente il tessuto muscolare stesso, quanto, come indicato precedentemente, per la maggiore adiposità relativa della donna. Se si elimina anche l’influenza di questo fattore, sebbene permangano ancora differenze riguardanti la forza sviluppata dai muscoli degli arti superiori, esse si annullano completamente nel confronto tra i muscoli degli arti inferiori. Infine, prendendo in considerazione esclusivamente il rapporto tra la forza sviluppata da un muscolo e la sua dimensione, espressa come area della sua sezione trasversale massima, si rileva che la forza per unità di superficie è la stessa per l’uomo e per la donna e varia tra 4 e 8 kg/cm2 a seconda del muscolo considerato. Ciò indica che i processi funzionali che si attuano nella fibra muscolare per lo sviluppo della forza sono qualitativamente analoghi nei due sessi.

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Micropene: i trattamenti per un pene troppo piccolo

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO PENE INTERNO UOMO SESSO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, leggi anche: Micropene: quanto misura, complicazioni, c’è una cura?

La condizione di micropene può essere risolta facendo ricorso sia a una terapia ormonale (quindi farmacologica) sia a una terapia chirurgica.

TRATTAMENTO ORMONALE

Il trattamento ormonale consiste principalmente nella somministrazione di testosterone esogeno.
Per ottenere dei buoni risultati, tale cura dovrebbe iniziare durante la prima infanzia – quindi è fondamentale la diagnosi precoce – e interrompersi alla fanciullezza – per evitare spiacevole effetti collaterali come virilizzazione e maturazione ossea precoci.
Sui tempi e le modalità di somministrazione del testosterone esogeno, è bene sapere che:

  • L’assunzione dell’ormone non è mai continuativa. Infatti, massimo ogni 3 mesi è prevista un’interruzione temporanea della terapia.
  • Le vie di assunzione possibili sono quella intramuscolo e quella topica.

Se all’origine del micropene c’è una condizione di ipogonadismo (per esempio come nel caso di un portatore di sindrome di Klinefelter), la cura ormonale a base di testosterone esogeno deve riprendere durante l’adolescenza; molto spesso, in questi frangenti, le somministrazioni durano per tutta la vita.
Per quanto concerne la sua efficacia, il trattamento ormonale può avere particolare successo in alcuni pazienti e meno in altri, quindi varia da persona a persona. In ogni caso, raramente fa sì che il pene raggiunga una lunghezza considerata normale.

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Deficienza di 5-alfa reduttasi

In presenza di una deficienza di 5-alfa reduttasi (quindi quando c’è una mutazione genetica a carico del gene SRD5A2), i medici possono prescrivere una terapia a base di diidrotestosterone esogeno. I risultati ottenibili da un siffatto trattamento sono più che soddisfacenti.
A tal proposito, è importante sottolineare che il ricorso al diidrotestosterone avviene in tutti quei casi in cui c’è una risposta ridotta alla cura con testosterone esogeno.

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TRATTAMENTO CHIRURGICO

Il trattamento chirurgico del micropene consiste in un intervento particolare e molto delicato, chiamato falloplastica di allungamento.
Durante una falloplastica di allungamento, il chirurgo preleva da un avambraccio del paziente una porzione di tessuto cutaneo, che applica attorno al piccolo pene, creando una sorta di involucro cilindrico.
Quindi, su questo involucro cilindrico, opera nel seguente modo:

  • Lo fa raggiungere da una rete di vasi sanguigni e lo innerva. La costruzione di un sistema vascolare serve per la capacità d’erezione, mentre l’innervazione per la sensibilità durante i rapporti sessuali.
  • Vi inserisce una protesi gonfiabile (N.B: in genere, sono protesi ripiene di liquido), dotata di un canale interno per l’espulsione dell’urina e dello sperma. In altre parole, nella protesi c’è un’uretra sintetica.

Se c’è il consenso del paziente, il chirurgo può anche migliorare l’aspetto estetico dell’involucro cilindrico, ricostruendovi, al suo apice, il glande (glanduloplastica).
La falloplastica di allungamento è un’operazione alquanto invasiva, pertanto non è esente da rischi e complicazioni.

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TRATTAMENTI CHIRURGICI DEL PASSATO

In passato, soprattutto su influenza dello psicologo e sessuologo John William Money (1921-2006), si diffuse la teoria secondo cui i portatori del micropene fossero delle “donne mancate” e che, per questo, era necessario ricorrere a una terapia particolare, nota come riassegnazione del sesso.
Brevemente, la riassegnazione del sesso consisteva in: un intervento chirurgico per la modificazione dell’apparato genitale (in un maschio, si provvedeva alla sostituzione del pene con una vagina), cure ormonali e terapia psicologica finalizzata all’accettazione della nuova condizione sessuale.
A partire dal 1975, dopo l’emblematico caso di un certo Bruce Reimer, gli studi e le teorie sulla riassegnazione del sesso, portate avanti da Money, destarono sdegno e furono oggetto di aspre critiche in più parti del mondo. Fu così, quindi, che diversi medici e rappresentanti della carta stampata si incaricarono di screditare l’operato di Money, affermando come la riassegnazione del sesso fosse un trattamento del tutto illogico.
A questo punto, riteniamo opportuno precisare che i soggetti con micropene nascono con un corredo cromosomico XY, come gli uomini con un pene di dimensioni normali.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Differenze tra il cervello del maschio e della femmina

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma AMICIZIA UOMO DONNA ESISTE NO LUI HA IN TESTA SOLO SESSO Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaIl cervello è l’organo più importante del sistema nervoso centrale con un peso piuttosto variabile che non supera i 1500 grammi ed ha un volume compreso tra i 1100 e i 1300 cm³, tenendo presente la possibilità di significative variazioni tra individuo e individuo, anche legate a sesso, età e altri fattori.

Il cervello della donna adulta pesa in media circa il 12% in meno di quello dell’uomo adulto. Fino a non molti decenni or sono questo veniva interpretato come il correlato biologico di una presunta superiorità intellettiva dell’uomo rispetto alla donna. In realtà questa differenza riflette semplicemente la maggiore taglia corporea del maschio rispetto alla femmina nella specie umana. Infatti se si fa una misura non assoluta del peso cerebrale, ma relativa al peso corporeo la differenza si annulla ed anzi ne esiste una molto lieve a favore della femmina.

Il cervello femminile ha l’11% in più di neuroni rispetto a quello maschile nelle aree del linguaggio e dell’ascolto, inoltre presenta zone collegate alle emozioni e alla memoria, situate nell’ippocampo, più grandi che negli uomini. Il cervello femminile ha meno circuiti neuronali nell’amigdala, zona del cervello in cui si attivano le risposte di fronte al pericolo o si generano i comportamenti aggressivi, ecco perché alcuni possono arrivare a uno scontro fisico in pochi secondi mentre molte donne fanno di tutto per evitare il conflitto.La zona del cervello in cui si genera l’ansia è quattro volte inferiore negli uomini. Nell’uomo lo spazio cerebrale preposto all’impulso sessuale è due volte più grande.

Esistono altre piccole ma significative differenze anatomiche fra il cervello della donna e dell’uomo: in particolare le connessioni fra i due emisferi cerebrali sono relativamente più sviluppate nella donna che nell’uomo, mentre in piccoli centri nervosi di una regione del cervello chiamata ipotalamo esistono nell’uomo neuroni maggiori in numero e dimensioni. D’altro canto, test appropriati mettono in luce differenze in alcune capacità intellettive fra l’uomo e la donna, ad esempio nel pensiero logico-matematico, nella capacità di calcolo, nell’abilità linguistica, nella capacità di orientamento spaziale. In linea di massima è possibile ipotizzare oggi che l’uomo possegga un cervello che segue schemi logici più basati sulla razionalità, mentre nella donna il funzionamento cerebrale sarebbe maggiormente di tipo intuitivo, che nell’uomo il funzionamento dei circuiti nervosi sia più rigido mentre è più plastico nella donna. Questa differenza è certamente il risultato di una catena di effetti, avvenuti nel corso di millenni, che coinvolgono la genetica, gli ormoni, il cervello, i comportamenti, e che non implicano alcun giudizio di inferiorità o superiorità, di maggiore o minore intelligenza, ma semplicemente il riconoscimento del fatto che durante l’evoluzione, nel corso di millenni, l’uomo e la donna hanno avuto ruoli diversi e per questo si sono realizzati adattamenti cerebrali diversi nei due sessi, in grado di fornire una base neurobiologica alle diversità comportamentali.

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Non riesco a rimanere incinta: e se la colpa fosse dell’uomo?

uomo-tristeIn passato quando una coppia non riusciva ad avere figli, si pensava subito che il problema dipendesse dalla donna e raramente il primo ad essere messo sul “banco degli imputati” era l’uomo. Ciò rappresenta un errore, dal momento che ben un terzo di tutte le infertilità dipendono dal partner maschile. Se si sospetta che l’infertilità dipenda dall’uomo si procederà con uno spermiogramma (analisi del liquido seminale), per analizzare la qualità degli spermatozoi, la mobilità e la forma. Inoltre si può anche effettuare un dosaggio ormonale del testosterone. Il liquido seminale consta di una parte cellulata (spermatozoi) e di una parte liquida; gli spermatozoi vengono prodotti a livello testicolare mentre la parte liquida deriva principalmente dall’attività della prostata e delle vescicole seminali. Il fattore determinante ai fini della fertilità è rappresentato dalle caratteristiche degli spermatozoi: questi ultimi devono essere in numero adeguato (più di 20 milioni per ml) e soprattutto devono essere dotati di corretta motilità; devono quindi avere una buona motilità rettilinea sia rapida che lenta.

Le soluzioni?
Se lo sperma dell’uomo si rivela “debole“ (non contiene molti spermatozoi oppure gli spermatozoi sono morfologicamente o funzionalmente alterati), la medicina può venirvi incontro. La qualità e la quantità degli spermatozoi possono essere influenzati da svariati fattori, alcuni dei quali possono essere risolti cambiando abitudini di vita errate, a tale proposito leggi anche:

In caso la qualità dello sperma non migliori, la coppia potrà ricorrere alla FIVET (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer): verrà prelevato uno degli ovuli della donna, che sarà poi fecondato in provetta da uno degli spermatozoi selezionati del tuo partner, spermatozoo che sarà comunque scelto accuratamente perché non deve presentare nessuna anomalia (questa tecnica è chiamata anche ICSI (Intracytoplasmatic Sperm Injection).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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