Con “ptosi mammaria“, comunemente chiamata “seno cadente”, in medicina si intende il graduale spostamento verso il basso della mammella, con capezzolo che – nei casi più gravi – Continua a leggere
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Malattia di Paget del capezzolo: sintomi precoci, cause e cure
La malattia di Paget del capezzolo (o “malattia di Paget della mammella”, da non confondere con il morbo di Paget, o osteite deformante, che è una malattia metabolica delle ossa) è un’alterazione simil flogistica della pelle del capezzolo, molto simile ad un eczema, ma in realtà causata da un tumore duttale infiltrante della mammella. A causa del suo aspetto innocuo e superficiale, viene diagnosticato spesso tardivamente, in fase non precoce e quindi legato a prognosi più gravi. E’ raro: rappresenta appena il 2% circa di tutti i casi di tumori alla mammella e colpisce soprattutto dalla quinta decade in poi (>50 anni). Dal punto di vista anatomo-patologico la neoplasia si sviluppa dalle strutture duttali principali (dotti galattofori), quindi infiltra progressivamente, con una crescita caratteristica, la cute del capezzolo e dell’areola. Nel tessuto mammario circostante sono presenti edema ed iperemia.
Sintomi
I sintomi includono:
- formicolio e dolore al capezzolo;
- rossore del capezzolo;
- bruciore e maggiore sensibilità del capezzolo;
- introflessione del capezzolo;
- presenza di nodulo;
- pelle secca, irritata o squamosa, con sintomi spesso simili in apparenza a quelli di un eczema sul capezzolo, sull’areola o su entrambi;
- secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo, spontanea o dopo spremitura del capezzolo.
I sintomi generalmente si riferiscono ad un solo capezzolo.
Le modifiche cutanee che coinvolgono il capezzolo possono esordire e risolversi entro breve tempo o rispondere al trattamento topico, facendo sembrare che la pelle sia in via di guarigione. In media, il paziente può sperimentare segni e sintomi limitati ad un aspetto superficiale per 6-8 mesi, prima che sia formulata la corretta diagnosi. In realtà, la comparsa di queste alterazioni cutanee simil-flogistiche è indicative di una condizione di base molto grave. Per evidenziare una probabile lesione associata alla malattia di Paget, può essere utile controllare regolarmente il capezzolo e l’areola di entrambe le mammelle, durante l’autoesame del seno. Se viene avvertito un nodulo od una variazione dell’aspetto o della forma di una mammella, oppure se compaiono prurito ed irritazione che persistono per più di un mese, è consigliabile consultare un medico.
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L’importanza di una diagnosi precoce
Come e più di altre patologie tumorali, quanto prima viene diagnosticata la Paget, tanto maggiori sono le possibilità di trattare con successo la patologia. La malattia di Paget del capezzolo è invece purtroppo spesso “mal diagnosticata” precocemente, perché è rara, inoltre i sintomi possono suggerire una condizione benigna della pelle e portare il medico su una “cattiva strada”. I pazienti spesso presentano i sintomi per diversi mesi prima che la condizione sia diagnosticata correttamente, rendendo la prognosi meno buona.
Diagnosi
La diagnosi comprende solitamente:
- visita senologica con esame obiettivo della mammella;
- mammografia;
- ecografia mammaria;
- risonanza magnetica;
- biopsia del linfonodo sentinella: in caso di cancro invasivo della mammella, devono essere esaminati i linfonodi sentinella sotto il braccio (linfonodi ascellari), i primi ad essere raggiunti da eventuali metastasi in presenza di tumori maligni. Durante la procedura, il chirurgo individua un linfonodo e lo rimuove per verificare se le cellule tumorali si sono diffuse in questa zona.
- biopsia ed esame istologico del capezzolo.
Una biopsia del capezzolo consente ai medici di diagnosticare correttamente la malattia di Paget. Questo esame consiste nella raschiatura delle cellule cutanee superficiali o nella rimozione di un piccolo campione di tessuto per l’analisi microscopica. Un patologo esamina al microscopio le cellule o i tessuti prelevati, alla ricerca di particolari cellule maligne, conosciute anche come cellule di Paget. Queste possono essere riscontrate come cellule singole o piccoli gruppi di cloni tumorali all’interno dell’epidermide del capezzolo e l’areola, e rappresentano un segno rivelatore della patologia.
La maggior parte delle persone colpite da malattia di Paget presenta anche uno o più tumori all’interno della stessa mammella. Oltre alla biopsia del capezzolo, il medico deve eseguire un esame clinico del seno, per verificare fisicamente la presenza di zone insolite. Durante questo esame, il medico controlla l’aspetto della pelle intorno ai capezzoli e l’eventuale presenza di noduli, aree di ispessimento o altri cambiamenti: il 50% delle persone con malattia di Paget del capezzolo ha un nodulo che può essere rilevato nel corso di un esame clinico del seno.
Terapia chirurgica
La malattia di Paget del capezzolo è spesso associata ad altre forme di cancro della mammella e, di solito, è trattata allo stesso modo, quindi è probabile che si renda necessario un intervento chirurgico. Per molti anni, la mastectomia – con o senza rimozione dei linfonodi ascellari sullo stesso lato del torace (procedura nota come linfoadenectomia) – è stata considerata l’approccio chirurgico standard per la malattia di Paget del capezzolo. Questo tipo di intervento è giustificato dalla constatazione che in molti casi, assieme alla malattia di paget, è presente anche un tumore all’interno della stessa mammella, il quale potrebbe essere situato a parecchi centimetri dal capezzolo e dall’areola.
Successivamente, gli studi hanno dimostrato che la chirurgia conservativa del seno, che prevede la rimozione del capezzolo, dell’areola e di una parte della mammella affetta da cancro, seguita da radioterapia, è una scelta sicura per i pazienti che non presentano un nodulo palpabile nel seno e le cui mammografie non rivelano un tumore.
Le persone con malattia di Paget del capezzolo che hanno un tumore al seno e stanno per subire una mastectomia dovrebbero essere sottoposte ad una biopsia del linfonodo sentinella, per valutare se il cancro si è diffuso ai linfonodi ascellari. Se le cellule tumorali si trovano nel linfonodo sentinella, può essere necessaria una più estesa procedura chirurgica. A seconda della fase di sviluppo e di altre caratteristiche del tumore al seno, può anche essere raccomandata una terapia adiuvante, costituita da chemioterapia, radioterapia e/o da terapia ormonale.
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Terapia adiuvante
Dopo l’intervento chirurgico, il medico può raccomandare un trattamento aggiuntivo (terapia adiuvante) con farmaci chemioterapici, radioterapia o terapia ormonale per prevenire una recidiva di cancro al seno e per distruggere eventuali cellule tumorali residue. Il trattamento specifico dipende dal grado della malattia di Paget del capezzolo e dalla positività o meno dei test tumorali per alcune caratteristiche, come la presenza di un coinvolgimento linfonodale, o l’espressione nelle cellule tumorali di recettori per estrogeni e progesterone o della proteina HER2.
Guarigione e prognosi
Le prospettive per i pazienti colpiti da malattia di Paget del capezzolo dipendono da una varietà di fattori, tra cui la presenza o l’assenza di un carcinoma invasivo della mammella interessata e l’eventuale diffusione ai linfonodi vicini. Se la malattia di Paget viene rilevata e trattata nelle sue fasi iniziali, ci sono buone possibilità di recupero completo, che però diminuiscono molto se il tumore è diagnosticato tardivamente, cosa che purtroppo avviene abbastanza spesso a causa della rarità della patologia e della difficoltà della diagnosi differenziale nelle sue fasi iniziali. La presenza di un carcinoma invasivo nel seno colpito e la diffusione del cancro ai vicini linfonodi sono sempre associati ad una ridotta sopravvivenza del paziente.
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Differenza tra seno della donna e seno dell’uomo
La mammella è costituita da tre componenti fondamentali:
- un insieme di ghiandole chiamate lobuli, che nella donna producono il latte;
- piccoli tubi che prendono il nome di dotti, che portano il latte dal lobulo al capezzolo;
- stroma, tessuto grasso e connettivo che circonda lobuli e dotti, assieme a vasi sanguigni e linfatici.
Nelle prime fasi della vita e fino alla pubertà, maschi e femmine presentano più o meno la stessa quantità di tessuto mammario; la situazione cambia radicalmente con l’arrivo della pubertà quando gli ormoni femminili prodotti dalle ovaie fanno accrescere dotti, lobuli e stroma nelle donne, mentre gli ormoni maschili tengono sotto controllo la crescita di tali tessuti negli uomini che in genere possiedono i dotti, ma pochissimi lobuli e poco tessuto adiposo (almeno finché la percentuale di massa grassa del corpo maschile rimane entro certi limiti).
Ciò si riflette ovviamente sia dal punto morfologico che funzionale: la mammella femminile diventa, al contrario di quella maschile, fisiologicamente adatta all’allattamento della prole ed acquista una forma più generosa dal momento che, mentre le dimensioni della mammella di un uomo normopeso sono determinate principalmente dal muscolo pettorale, nella mammella femminile sono determinate dall’accumulo di tessuto mammario, specialmente quello adiposo. Il maggiore volume della mammella femminile rappresenta una caratteristica che permetteva all’uomo preistorico di distinguere la femmina dal maschio ed è quindi diventata una caratteristica sessuale secondaria femminile molto ricercata dall’uomo.
I capezzoli maschili e femminili, così come le areole che li circondano, sono molto simili tra loro prima della pubertà: sono piccoli, poco pronunciati, poco pigmentati e circondati da cute glabra. Le cose cambiano radicalmente dalla pubertà in poi dal momento che capezzolo ed areola di una donna adulta sono invece generalmente molto più grandi e pronunciati rispetto a quello di un maschio adulto, oltre al fatto che la cute della mammella maschile si riempie di peli, mentre ciò non avviene nella donna. Per approfondire, leggi: Differenza tra capezzolo maschile e femminile
La mammella maschile può, in determinate condizioni e patologie, acquisire alcune caratteristiche femminili, a tal proposito leggi: Ginecomastia: quando è l’uomo ad avere il seno
Come prima accennato, però, anche nella mammella maschile per tutta la vita sono presenti piccole quantità di tessuto mammario che, come succede nella donna, possono mutare e dare il via alla formazione del cancro al seno ed alla sua successiva diffusione negli organi vicini: per questo motivo il tumore del seno, nonostante venga spesso considerato una malattia esclusivamente femminile, in realtà può svilupparsi anche negli uomini anche se in questi ultimi si sviluppa raramente, mentre tra le donne è il tumore più diffuso.
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Divisione in quadranti della mammella (Q1 Q2 Q3 Q4)
La mammella femminile può essere idealmente suddivisa in quattro quadranti, costituiti da due linee perpendicolari che si intersecano presso il capezzolo.
- QSE quadrante superiore esterno (Q1);
- QSI quadrante superiore interno (Q2);
- QIE quadrante inferiore esterno (Q3);
- QII quadrante inferiore interno (Q4).
L’area tonda che include capezzolo ed areola, che ha il suo centro nel punto in cui si incontrano le due linee perpendicolari, prende il nome di “complesso areola capezzolo” (CAP, Q5).
Per meglio comprendere la disposizione dei quadranti, vedi quest immagine che raffigura i quattro quadranti della mammella
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Capezzolo dolorante e sensibile in uomo, donna, gravidanza e menopausa
Diverse possono essere le cause legate al dolore al capezzolo. Nelle donne, per cominciare, può essere un fatto ricorrente a ogni mestruazione, in una prima fase di gravidanza o in pre-menopausa, ed è legato a squilibri ormonali, anche fisiologici.
Dolori al capezzolo femminile e secrezioni: che fare e quali le cause?
Per prima cosa, è bene prestare attenzione a eventuali secrezioni anomale dal capezzolo. L’autopalpazione deve essere anche accompagnata dalla spremitura del capezzolo. In questo caso, se si verifica una fuoriuscita di liquido limpido come acqua non vi è alcun significato; liquido verdastro, sino a divenire color smeraldo, potrebbe invece essere espressione di una mastopatia fibrocistica, per lo più già diagnosticata con la palpazione o attraverso una ecografia. Liquido lattescente, in qualsiasi periodo del ciclo, può essere legato a una iperprolattinemia, che va approfondita con un dosaggio su sangue. Liquido color marrone o rosso deve sempre mettere sull’avviso e spingere a un controllo specialistico, per una possibile patologia che va dal papilloma intraduttale al cancro.
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Palpazione e osservazione del capezzolo: perché è importante?
Prevenire vuol dire innanzitutto abituarsi a un auto–esame della mammella da eseguire almeno una volta al mese, in fase immediatamente post-mestruale. Parte fondamentale di questo auto-esame è il controllo dei capezzoli: da farsi di fronte a uno specchio, in piena luce, a braccia prima lungo i fianchi e poi alzate sopra la testa, e, quindi, ponendosi di fianco allo specchio stesso. Areola e capezzoli dovranno sempre essere diritti (tenendo presente che alcune donne hanno capezzoli piatti o introflessi, come fatto costituzionale: cioè sono così sin dalla pubertà). Il colorito deve essere roseo, più o meno scuro, con pelle integra, senza squame attorno al capezzolo.
Come lenire il dolore ai capezzoli durante le mestruazioni o in menopausa?
A volte, per lenire il dolore, sia in fase premestruale che mestruale che in menopausa, qualche lieve massaggio con crema a base di fans può essere utile. Al limite, l’uso di antidolorifici non è controindicato, anche se si supponesse una gravidanza iniziale. Volendo, anche un leggero diuretico può tornare utile. Se il dolore è persistente, e, ad esempio, abbiamo notato qualche secrezione rossastra sul reggiseno, possiamo trovarci in presenza di una ragade al capezzolo.
Questo è un evento che può essere frequente in allattamento, ma anche al di fuori. In questo secondo caso, bisogna controllare ed eventualmente cambiare il tipo di reggiseno che si usa, perché può essere legato a un semplice attrito o a umidità che persiste (sopratutto se si fa sport) nell’indumento stesso.
Se succede in allattamento, accompagnandosi a dolori e bruciori molto forti, è necessario anche qui prevenire: intanto, apprendendo (magari con l’aiuto di una ostetrica o di una mamma esperta) come tenere il bimbo attaccato al seno: deve essere col visetto orientato perpendicolare al seno stesso, in modo che possa succhiare tutta l’areola e non il solo capezzolo, avendo, al momento in cui lo si “attacca”, la bocca bene aperta per succhiare in modo adeguato.
Come cura, una crema alla lanolina rappresenta ancor oggi la soluzione migliore, magari associata a dei copri capezzoli o a dei raccoglitori di gocce di latte in metallo (argento), molto utili nel preservare dall’umidità la zona. Impacchi freddi possono attenuare il senso di bruciore, ma non vi deve essere contatto diretto tra la parte ghiacciata e la zona dolorante.
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Dolore al capezzolo dell’uomo
Il dolore al capezzolo nell’uomo non è sempre indice di una situazione allarmante, anche se i disturbi che possono essere alla base di questo fastidio più o meno intenso possono essere davvero molti. Anche negli uomini, come nella donna, il dolore al capezzolo può essere provocato da un cambiamento ormonale, che solitamente si manifesta nell’età della crescita”, vale a dire dai 10 anni e indicativamente fino ai 21-25 anni. Nel periodo della pubertà si possono notare fastidio e cambiamenti a livello del seno maschile, che talvolta possono essere accompagnati anche da gonfiore. Il problema, ovviamente, si risolve spontaneamente con la crescita. Talvolta il capezzolo dolorante nell’uomo può essere provocato dall’assunzione di alcuni farmaci, ma anche se si praticano discipline sportive come la corsa: il capezzolo del corridore è un disturbo che spesso colpisce le persone che praticano la corsa come sport ed è provocata dallo sfregamento delle maglie sulla zona interessata, dove il sudore può provocare arrossamenti, screpolature. Meglio indossare abiti adatti e usare creme appositi.
Noduli
Il dolore al capezzolo nell’uomo può essere provocato anche da noduli presenti in questa parte del corpo: i noduli possono essere sia benigni, nella maggior parte dei casi, sia maligni, quindi se il dolore è insistente e notate anche altri sintomi, chiedete consiglio al vostro medico curante, che saprà indirizzarvi verso gli esami di approfondimento e gli specialisti giusti per capire di che cosa soffrite. Talvolta, questo disturbo ci indica la presenza di altri disturbi che con il seno maschile non c’entrano molto, ma che colpiscono il torace e il petto, quindi meglio non sottovalutare mai questi sintomi: se il dolore al capezzolo persiste, consultate il vostro medico di fiducia.
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Capezzolo retratto (introflesso): cause, cancro al seno e trattamenti
Il capezzolo introflesso (o retratto) è una malformazione caratterizzata dall’assenza di prominenza del capezzolo, che risulta quindi come «risucchiato» all’interno del seno. Si presenta in due forme principali:
- capezzolo introflesso reversibile: il capezzolo è introflesso a riposo, ma può estroflettersi manualmente o con il freddo;
- capezzolo introflesso irreversibile: il capezzolo rimane introflesso anche se stimolato; è la forma più grave.
Il capezzolo introflesso può verificarsi sia nelle donne che nell’uomo.
Cause di capezzolo retratto
Questa anomalia è determinata da dotti galattofori (i tubicini che durante l’allattamento portano il latte al capezzolo) troppo corti, che trattengono all’interno della mammella il capezzolo. L’origine del problema, che colpisce in media 20 donne su mille, è di solito ereditario; in rari casi può essere causato da infiammazioni o da interventi chirurgici. Un tipo di capezzolo introflesso temporaneo, può presentarsi dopo l’allattamento.
Capezzolo introflesso e cancro alla mammella
Il capezzolo introflesso, specie se è monolaterale (solo su una mammella) e/o compare all’improvviso, può essere segno di tumore al seno. In questi casi, però, non si presenta da solo, bensì generalmente accompagnato da altri sintomi, come:
- un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
- una mammella che diventa più grande o più bassa,
- un capezzolo che cambia posizione o morfologia,
- la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
- un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
- una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
- dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
- un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.
Cure
Se il capezzolo introflesso è causato da tumore, la sua cura dovrà ovviamente passare attraverso il processo terapeutico specifico per questo tipo di patologia, a tal proposito leggi: Tumore alla mammella: cause, diagnosi e prevenzione
Nei casi più lievi e puramente estetici, per correggere l’anomalia si può ricorrere a dispositivi, simili a piccole ventose, che, creando dall’esterno un vuoto con pressione negativa, spingono il capezzolo in fuori. Devono essere applicati per circa 6-8 ore al giorno per almeno tre mesi. Gli svantaggi? Sono scomodi e visibili attraverso i vestiti. Inoltre, se la pelle è molto delicata, possono provocare l’ulcerazione del capezzolo.
Trattamento chirurgico
In caso di trattamento estetico, l’alternativa chirurgica è sicuramente la più efficace e consiste nell’effettuare una piccola incisione a livello del capezzolo, attraverso la quale rimuovere i tralci fibrosi e i dotti galattofori troppo corti. Al termine dell’operazione, il capezzolo verrà suturato sia all’interno (pull out), per proiettarlo in fuori, che sulla cute esterna (per affrancare meglio i margini). Poi verrà posizionata una medicazione ad anello (detta a ring). L’intervento, che ha una durata di 30-60 minuti, avviene in anestesia locale e in regime di day surgery. La medicazione applicata sulla mammella verrà rimossa dopo circa 5-7 giorni, eventuali punti di sutura, se non riassorbibili, dopo circa 10 giorni. Inizialmente la zona potrà risultare tumefatta, ma il gonfiore si ridurrà progressivamente fino a scomparire nell’arco di due settimane circa.
Dopo l’intervento
All’inizio la sensibilità di areola e capezzolo potrebbe essere alterata: ma si tratta di una condizione provvisoria, destinata a tornare alla normalità nell’arco di alcune settimane o di pochi mesi. In seguito a questa operazione, non è più possibile allattare. L’iter per avere le corrette indicazioni prevede una visita del medico di famiglia che, constatata l’anomalia, prescriverà una visita specialistica dal chirurgo plastico. Sarà poi quest’ultimo a decidere e a programmare, nell’ambito dell’attività ospedaliera, l’intervento, che ha un costo variabile fra i mille e i duemila euro.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Mammella: anatomia e funzioni del seno e delle ghiandole mammarie
La mammella è una organo ghiandolare, nella maggioranza degli animali (tra cui l’essere umano) è pari, e nelle femmine di mammifero secerne il latte. Nel genere umano l’organo femminile ha grandezza e forma variabile in base a molti fattori, come genetica, età, elasticità della pelle e percentuale di massa grassa. La mammella destra e sinistra sono difficilmente uguali in dimensioni e perfettamente simmetriche. Oltre che strumento di nutrizione della prole, la mammella è – dopo la pubertà – una caratteristica sessuale secondaria della donna e rappresenta una parte del corpo erogena, molto sensibile e generalmente considerata fonte di attrazione sessuale.
Mammella, seno e petto
Con il termine “seno” ci si riferisce allo spazio compreso tra le mammelle, tuttavia, nella lingua italiana la parola “seno” viene comunemente usata come sinonimo di “mammella”. Va però precisato che tale termine, in riferimento alla mammella femminile, risulta essere errato, poiché il termine indica una concavità (come si può intuire da espressioni come “in seno a”, oppure “insenatura”, le quali indicano entrambe “qualcosa che sta all’interno”). Anche il termine “petto“, viene in italiano spesso utilizzato come sinonimo di mammella nel linguaggio comune, ma va ricordato che in realtà in medicina con “petto” si indica il torace nel suo insieme, e non solo le mammelle.
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Anatomia della mammella umana
La mammella umana è un organo pari (cioè è presente in due copie, la mammella destra e quella sinistra), posto nella regione anteriore del torace, ai lati della linea mediana, localizzata tra il terzo e il sesto spazio intercostale. La mammella poggia in particolare su due strutture muscolari: una più esterna, muscolo grande pettorale, ed una profonda, muscolo piccolo pettorale.
L’organo è costituito da due parti fondamentali:
- tessuto adiposo;
- strutture ghiandolari;
nel complesso queste componenti costituiscono la ghiandola mammaria. Fino al periodo della pubertà, le mammelle sono poco sviluppate e sono uguali in maschi e femmine. Nella pubertà lo sviluppo della mammella maschile si interrompe, mentre invece la struttura femminile, subisce uno sviluppo che varia da donna e donna, in base al corredo genetico ed alla presenza o non di eventuali patologie, specie quelle ormonali. La dimensione e la forma dell’organo femminile è molto variabile. Tale variabilità è principalmente dovuta alla quantità di tessuto adiposo presente ed alla sua localizzazione.
Riguardo allo sviluppo della mammella, leggi anche:
- Storia di un seno: dall’embrione alla menopausa
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La mammella femminile
La mammella femminile può essere idealmente suddivisa in quattro quadranti, costituiti da due linee perpendicolari che si intersecano presso il capezzolo.
E’ composta da varie componenti:
- componente ghiandolare, (15-20 lobi), ognuno dei quali ha uno sbocco verso il capezzolo attraverso un dotto galattoforo;
- componente adiposa, in cui sono inserite ed immerse le strutture ghiandolari;
- componente fibrosa di sostegno, che genera suddivisioni tra le diverse appendici ghiandolari.
Capezzolo ed areola
Presso l’apice della mammella si trova il capezzolo, sporgenza esterna di forma conica, nella cui regione apicale presenta 15-20 forellini (pori lattiferi) che costituiscono lo sbocco dei dotti galattofori. Il capezzolo è circondato dall’areola, una regione circolare pigmentata avente diametro medio che varia dai 3 agli 8 cm. L’areola è caratterizzata da piccole sporgenze (tubercoli di Montgomery), dovute alla presenza sottostante di ghiandole sebacee, dette anche ghiandole areolari, esse sono considerate ghiandole mammarie rudimentali. Sia il capezzolo che l’areola sono dotati di fibre muscolari lisce, disposte sia circolarmente che radialmente, che ne permettono la contrazione, formano strutture che prendono il nome di muscoli areolari. La contrazione genera l’erezione del capezzolo ed il corrugamento dell’areola, nonché la contrazione dei dotti galattofori. Ciò permette, nel periodo dell’allattamento, un agevole deflusso del latte materno, cioè il nutrimento che, in seguito al parto, la madre fornisce al neonato. Il secreto della ghiandola mammaria è, nei primi giorni, una sostanza amarognola povera di grassi ma particolarmente ricca di proteine e immunoglobuline, detta colostro. Il colostro quindi trasferisce al lattante una sorta di immunità passiva, ha anche proprietà lassative. Successivamente ha inizio la secrezione di latte vero e proprio.
Lobi e lobuli della mammella
I fasci fibrosi della mammella, talvolta detti retinacoli, si portano in profondità e dividono il parenchima ghiandolare in lobi e lobuli. Ogni lobulo comprende gli alveoli che fungono da unità secernenti. Gli alveoli sono rivestiti da epitelio semplice poggiante su una membrana basale in cui sono intercalate cellule mioepiteliali che favoriscono la progressione del secreto attraverso dotti di calibro progressivamente crescente. Si comincia con i dotti alveolari per continuare in quelli lobulari ed arrivare ai dotti galattofori. Ogni lobulo ha il suo dotto galattoforo che sbocca lateralmente al capezzolo in un’ampolla, che prende il nome di seno galattoforo, questa ha la capacità di accumulare il secreto prodotto. L’epitelio da cubico semplice dei dotti alveolari diventa pluristratificato non cheratinizzato nei dotti galattofori.
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Vasi sanguigni e linfatici della mammella
- L’arteria mammaria esterna (o toracica laterale), ramo dell’arteria ascellare, è responsabile della vascolarizzazione della regione superficiale della mammella e dei quadranti laterali (supero-laterale ed infero-laterale) della ghiandola mammaria. Le regioni profonde ed i quadranti mediali (supero-mediale ed infero-mediale) della ghiandola mammaria sono vascolarizzati da rami perforanti dell’arteria mammaria interna (o toracica interna), ramo dell’arteria succlavia. La mammella è inoltre raggiunta da rami mammari laterali delle arterie intercostali posteriori da II a VI.
- Le vene fanno capo alle vene cefalica, giugulare esterna, mammaria interna e intercostali.
- I linfatici posteriori e laterali fanno capo ai linfonodi ascellari, quelli mediali drenano nei linfonodi mammari interni. Si hanno inoltre anastomosi fra i linfatici delle due mammelle e con i linfatici addominali. Il drenaggio della linfa si deve inoltre ai linfonodi interpettorali di Rotter.
Modificazioni fisiologiche della mammella in gravidanza
La mammella subisce notevoli modificazioni durante la gravidanza. Durante la prima metà della gravidanza la secrezione di estrogeni e progestinici induce ipertrofia alveolare e sviluppo di tutti i componenti della mammella, fatta eccezione del tessuto adiposo interstiziale, la cui massa diminuisce. L’areola, infatti, assume una colorazione più scura ed aumenta di diametro. Ciò è legato essenzialmente all’azione degli ormoni gonadotropi e, successivamente, dalla prolattina. La consistenza, poi, aumenta notevolmente in seguito al parto, dove l’ossitocina prodotta dall’ipotalamo induce la contrazione delle cellule mioepiteliali e quindi la secrezione di latte durante il periodo dell’allattamento. Le mammelle divengono più turgide durante il periodo mestruale e, in maniera più o meno evidente, in seguito all’eccitazione femminile. L’invecchiamento porta invece ad un progressivo calo di volume della mammella con riduzione della ghiandola e aumento del tessuto adiposo.
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La mammella maschile
L’organo maschile è decisamente meno sviluppato di quello femminile. Nel maschio la mammella è costituita da un piccolo rilievo, con una piccola areola ed un piccolo capezzolo (silloide). La struttura ghiandolare sottostante è composta da un numero ridotto di strutture alveolari prive di lume. Esistono dotti lattiferi, ma sono brevi e privi di vere e proprie ramificazioni. Durante l’adolescenza, in ogni caso, può esserci un aumento anche delle dimensioni della mammella maschile (ginecomastia puberale). Tale aumento, in realtà, è seguito solitamente da una regressione in un tempo breve (uno-due anni).
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Anomalie e patologie della mammella
Tra le patologie che colpiscono la mammella figurano patologie genetiche e patologie legate allo sviluppo. Tra le patologie genetiche figurano la politelia (la presenza di un soprannumero di capezzoli) o la polimastia (soprannumero di ghiandole mammarie). Sono in genere formazioni poco evidenti, non secernenti, che possono essere confuse con un lipoma se si tratta di ghiandola o con macchie cutanee o nei in caso di capezzoli rudimentali. Hanno la caratteristica di presentarsi costantemente lungo una linea ideale che va dalla cavità ascellare alla radice interna della coscia, la cosiddetta linea del latte, milk line degli autori anglosassoni e che coincide con quella presente in alcuni mammiferi. Tra le patologie legate allo sviluppo, si può verificare nei maschi uno sviluppo volumetrico mono o bilaterale, detto ginecomastia. La mammella femminile, invece, nel corso dello sviluppo può andare incontro ad un numero maggiore di anomalie, tra cui:
- il mancato sviluppo nel periodo della pubertà, solitamente legato a casi di agenesia delle ovaie o di deficienza ovarica;
- l’ingrossamento prematuro dell’organo, spesso correlato ad una sindrome di pubertà precoce;
- l’ipertrofia dell’organo (detta anche macromastia).
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Possono anche verificarsi casi in cui una o entrambe le mammelle siano mancanti (amastia), sebbene anomalie di questo tipo siano spesso correlate a malformazioni sistemiche ben più gravi, generalmente incompatibili con la vita. In ogni caso, le patologie vere e proprie sono legate a problemi nel delicato equilibrio degli ormoni provenienti essenzialmente da surrene e, soprattutto, ipofisi. Altri fattori determinanti lo sviluppo di patologie sono eventuali lesioni traumatiche a cui la mammella viene sottoposta o processi infiammatori cronici, che possono sfociare o complicare le forme tumorali (vedi mastopatia). Una patologia infiammatoria dovuta a traumi o iatrogena è la malattia di Mondor.
Visita senologica e palpazione
Per la prevenzione e la diagnosi precoce delle malattie che interessano la mammella, è particolarmente importante la visita senologica e la palpazione (fatta dal medico e da sole). L’esame clinico mira principlamente ad identificare eventuali lesioni o noduli sospetti ed indirizza nella scelta delle indagini strumentali (ecografia e mammografia) per l’approfondimento diagnostico. Inoltre il senologo potrà richiedere esami del sangue ed una radiografia del torace, per valutare ed indagare in maniera più efficace una situazione clinica sospetta. Per approfondire, leggi:
- La visita senologica: come, quando e perché farla?
- A cosa serve e come si fa l’autopalpazione del seno?
- Autopalpazione della mammella: come farla nel modo giusto VIDEO
Chirurgia plastica del seno
La chirurgia plastica è in grado di rimodellare il seno, a scopo di miglioramento estetico oppure per riparare i danni indotti da interventi quali l’asportazione di un tumore. Di frequente, vengono utilizzate protesi in silicone o altro. Tali protesi però presentano aspetti controversi, in parte discussi ed esaminati nelle relative voci. Un’ altra tecnica usata in medicina e chirurgia estetica per il seno è la radiofrequenza, a tal proposito leggi: Rassodare il seno senza chirurgia con la Radiofrequenza Monopolare
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