Con “cistinuria” o “ipercistinuria” in medicina ci di riferisce ad una malattia ereditaria autosomica recessiva del metabolismo, caratterizzata da abbondante eliminazione di cistina attraverso le urine. Dal punto di vista funzionale, la cistinuria è correlata ad un difetto tubulare genetico che determina un’insufficiente riassorbimento renale degli aminoacidi cistina, lisina, arginina ed ornitina. La cistina è un composto chimico solforato che entra nella costituzione di molte proteine. L’ipercistinuria è associata a calcolosi delle vie urinarie, determinata dall’accumulo di cistina nel rene, nell’uretere e nella vescica. L’incidenza della malattia è di un caso ogni 10.000 abitanti quindi è una malattia relativamente rara. La cistinuria è molto diffusa anche in alcuni animali, tra cui il cane domestico.
Cause e trasmissione
La causa della malattia è genetica ed è correlata alla mutazione dei geni SLC3A1 e SLC7A9, che codificato per due parti di una proteina di membrana localizzata a livello renale: ciò comporta un difettoso trasporto transepiteliale nel riassorbimento della cistina e degli aminoacidi dibasici (lisina, arginina e ornitina) nel rene e nell’intestino. Normalmente questo trasportatore permette il corretto riassorbimento nel torrente circolatorio di tali aminoacidi, ma nella forma mutata la proteina non è in grado di riassorbirli, permettendo un loro accumulo all’interno dell’urina già a livello del tubulo contorto prossimale. Una volta raggiunto un valore critico di concentrazione la cistina precipita in cristalli e in calcoli localizzati lungo le vie urinarie, mentre invece gli altri amminoacidi che non vengono riassorbiti, non formano cristalli.
Trasmissione
Essendo una malattia genetica autosomica recessiva l’allele alterato trasmesso dai genitori deve essere presente in coppia (omozigosi), cioè sono necessarie due copie dell’allele difettoso per far sì che la malattia si esprima, a prescindere dal sesso. Non basta un solo genitore portatore sano o malato, bensì entrambi i genitori devono essere portatori sani o malati, il fenotipo quindi si esprime quando nel genotipo dell’individuo sono presenti entrambi gli alleli responsabili, fatto che spiega l’alta probabilità di sviluppare malattie genetiche in caso di incesto. Quindi:
- un individuo che possegga entrambi gli alleli alterati: è portatore ed è malato;
- un individuo che possegga solo un allele alterato: è portatore ma è sano;
- un individuo che non possegga nessun allele alterato: NON è portatore ed è sano.
Essere portatore sano vuol dire quindi NON avere la patologia ma possedere nel proprio genotipo un allele mutato, che può essere trasmesso alle generazioni successive.
Dalla combinazione delle possibili condizioni di genitori sani, malati e portatori sani, deriva la distribuzione probabilità che la malattia sia trasmessa ai figli:
- genitori malato-malato: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 100%;
- genitori sano-malato: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 100%;
- genitori malato-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
- genitori sano-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca sano è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
- genitori portatore-portatore: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 50% mentre è del 25% che nasca sano o malato.
Se nessuno dei genitori ha un allele mutato, non c’è ovviamente alcuna trasmissione autosomica recessiva ed i figli saranno tutti sani e NON portatori dell’allele mutato, almeno questo avviene normalmente in una malattia recessiva, è tuttavia importante ricordare che, nonostante questa sia una malattia recessiva, anche nel caso di eterozigosi è comunque possibile che il riassorbimento renale della cistina non sia comunque del tutto normale: le mutazioni del solo gene SLC3A1 solitamente non danno luogo ad alterazioni nell’escrezione di cistina; mentre invece le mutazioni del solo gene SLC7A9 possono associarsi a un’alterazione nel riassorbimento di questo aminoacido con gravità variabile dal normale fino ai livelli degli omozigoti. In definitiva anche la sola trasmissione di un gene alterato da uno solo dei genitori è capace di determinare un diverso grado di malattia.
Classificazione
In base agli alleli coinvolti, si distinguono 3 tipi di cistinuria:
- Tipo A (40% dei casi totali): da mutazione in entrambi gli alleli (omozigosi) del gene SLC3A1, localizzato sul cormosoma 2.
- Tipo B (50% dei casi, la forma più diffusa): da mutazioni in omozigosi del gene SLC7A9, localizzato sul cromosoma 19.
- Tipo AB (10% dei casi, la forma meno diffusa): da mutazioni su un allele del gene SLC3A1 e uno del gene SLC7A9 (doppia eterozigosi).
Segni e sintomi
La malattia è quasi sempre del tutto asintomatica (non fornisce sintomi) finché non si formano calcoli, i quali possono determinare vari sintomi:
- dolore addominale;
- dolore tipo colica (intermittente) che aumenta improvvisamente il dolore addominale per periodi variabili;
- nausea;
- vomito.
Per approfondire: Colica renale: sintomi premonitori, quanto dura, cosa fare e mangiare?
Alla presenza di un calcolo, spesso si associano vari sintomi legati ad alterata minzione, tra cui:
- tenesmo vescicale;
- gocciolamento post-minzionale;
- pollachiuria;
- disuria;
- ematuria;
- stranguria;
- proteinuria;
- leucocituria;
- urine torbide e maleodoranti;
- ritenzione urinaria;
- piuria;
- batteriuria;
- sensazione di svuotamento incompleto della vescica;
- sensazione di minzione urgente;
- globo vescicale.
La patologia si può talvolta complicare in senso ostruttivo, fino a causare idronefrosi, oppure in senso infettivo, generando una pielonefrite, a tal proposito leggi: Idronefrosi: stadi, bilaterale, conseguenze, dieta
Diagnosi
La diagnosi dei calcoli urinari e della patologia eventuale a monte che li ha determinati o favoriti, viene formulata grazie a vari strumenti diagnostici:
- anamnesi (raccolta dei dati del paziente);
- esame obiettivo (visita vera e propria con, ad esempio palpazione dell’addome ed ispezione dei genitali);
- ecografia renale;
- ecografia transrettale della prostata;
- PSA;
- esplorazione digitale rettale della prostata;
- esame del sangue (emocromo);
- VES;
- esame delle urine;
- esami per valutare la funzionalità renale;
- clearance della creatinina;
- azotemia;
- cistoscopia;
- cistografia;
- biopsia della prostata;
- biopsia renale;
- radiografia, TAC e/o risonanza magnetica;
- uro-TAC;
- scintigrafia;
- uroflussometria;
- urinocultura.
Non tutti gli esami sono sempre necessari. I cristalli di cistina sono di forma esagonale e traslucidi, e possono essere osservati tramite microscopia ottica sulle urine dopo colorazione al nitroprussiato di sodio. E’ interessante notare come, all’aumentare del pH delle urine, aumenta la solubilità della cistina, riducendo la probabilità di formazione di calcoli. I calcoli di cistina non sono solitamente visibili né alla radiografia, né all’ecografia, mentre sono visualizzabili mediante TC. L’iter diagnostico prevede l’esecuzione di un esame del sangue (emocromo, glicemia, creatininemia e urea), di un esame delle urine con ricerca microscopica dei cristalli e di un’indagine radiologica o ecografica per escludere altri tipi di calcolosi. Successivamente possono essere eseguite analisi del genotipo per la ricerca di eventuali mutazioni.
Terapia
Il trattamento iniziale prevede un’adeguata idratazione, l’alcalinizzazione delle urine con citrato di sodio e l’imposizione di una dieta povera di sale e di proteine, soprattutto metionina. Nel caso il trattamento fallisca si procede alla terapia chelante con penicillamina, una molecola che si lega alla cistina formando complessi solubili. Nel caso i calcoli si siano già formati la terapia consiste nella distruzione fisica dei calcoli mediante litotrissiaextracorporea, endoscopica o chirurgica. È stato suggerito che la somministrazione profilattica di L-cistina-dimetilestere possa prevenire la formazione dei calcoli. Il dolore acutissimo determinato dai calcoli, necessita spesso di intervento medico o chirurgico d’urgenza, tramite somministrazione di analgesici, a volte direttamente alle radici dei nervi appartenenti ai neuromeri T11, T12 e T13. Nei casi più gravi si consiglia di associare l’alcalinizzazione delle urine e l’iperidratazione alla terapia farmacologica.
Rischi e complicanze
La cistinuria aumenta il rischio di soffrire di malattia renale cronica, a tal proposito leggi: Malattia renale cronica: stadi, terapia, sintomi, diagnosi, dieta
Dal momento che la cistinuria causa una calcolosi renale recidivante ed estremamente fastidiosa, gli accessi al pronto soccorso del soggetto cistinurico sono numerosi e questi pazienti possono venir erratamente inquadrati come ipocondriaci o persone in cerca di sostanze analgesiche stupefacenti.
Dieta
Il paziente cistinurico trova un buon giovamento alimentandosi con una dieta adeguata e bilanciata, normocalorica se normopeso o ipocalorica se in sovrappeso o obeso. Il soggetto deve eliminare gli alimenti che contengono quantitativi elevati di metionina e cisteina, tra cui:
- alga spirulina
- proteine in polvere della soia
- polvere d’uovo
- parmigiano
- noci
- tonno
- petto di pollo.
Estremamente utile mantenere il proprio corpo sempre idratato, assumendo una quantità di acqua adeguata al proprio fabbisogno idrico, che generalmente oscilla tra 1,5 e 2 litri al giorno di acqua. Altro consiglio è quello di ridurre il consumo di sale a meno di 2 grammi al giorno; spesso i cibi possono essere insaporiti usando spezie al posto del comune sale da cucina. Per alcalinizzare le urine e ridurre il rischio di calcoli è utile:
- aumentare l’apporto di sali minerali ed oligoelementi alcalinizzanti
- limitare i cibi proteici;
- evitare integratori alimentari di proteine o aminoacidi;
- evitare l’acidosi indotta dalle diete chetogeniche
- limitare il caffè
- evitare alcolici.
Leggi anche: Classifica dei cibi con maggiori e minori quantità di proteine esistenti
Integratori consigliati per la salute delle vie urinarie
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