Il problema dell’allergia al latte è di particolare importanza nei neonati e nei piccoli bambini, in cui il latte rappresenta comunque il nutriente essenziale o di base. È ben noto come il latte di donna costituisca per il neonato, senza eccezioni, l’alimento più completo, da ritenersi ideale perché naturale. Esso presenta alti valori nutrizionali (tra l’altro, rispetto al latte vaccino, contiene minori quantità di caseina, che è meno facilmente digeribile, ed ha un rapporto calcio/fosforo ottimale, col risultato di un migliore assorbimento del calcio) ed è assolutamente privo di allergenicità (non è mai stato segnalato alcun caso di allergia al latte di donna). Inoltre, il latte di donna contiene, in rapporto al grado di immunità acquisita dalla nutrice verso agenti infettivi, numerosi anticorpi, che possono proteggere il neonato da alcune malattie infettive. L’allattamento al seno dovrebbe essere, quindi, se possibile, protratto a lungo nei neonati con allergia al latte vaccino, anche fino al compimento del primo anno di vita; successivamente, nell’alimentazione del bambino con allergia al latte, che più facilmente può divenire allergico ad altri alimenti, dovrebbe essere ritardata l’introduzione di cibi solidi (uova, pesce, carne, etc.).
Nei paesi socio-economicamente più sviluppati l’allattamento al seno materno è andato via via rarefacendosi: dal punto di vista della salute ciò costituisce sicuramente un errore, e non solo dal punto di vista biologico ma anche sotto il profilo psicologico: l’allattamento al seno, infatti, mentre da un lato promuove nella donna il pieno esplicarsi dell’istinto materno, dall’altro offre al lattante, attraverso il più intimo e naturale contatto fisico con la madre, una più adeguata stimolazione delle diverse funzioni sensoriali ed importanti interazioni emotive, con favorevoli ripercussioni sull’evoluzione maturativa, anche futura, della sfera psicoaffettiva.
Quando l’allattamento al seno non possa essere prolungato per motivi di ordine pratico, ad esempio per gli orari lavorativi della madre, il latte può essere raccolto dal seno materno ogni poche ore, con le opportune precauzioni igieniche, posto in contenitori
sterili e conservato in frigorifero, per essere poi somministrato allattante anche quando la madre è al lavoro. È invece ormai quasi del tutto abbandonato il ricorso alle balie nutrici, che una volta assicuravano a molti bambini l’alimentazione naturale con latte umano nei casi in cui le madri non potevano, o non volevano, provvedere direttamente all’allattamento al seno.
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Va ricordato che nel latte di donna possono essere presenti varie sostanze estrinseche,
quali tracce di alimenti o di farmaci assunti dalla madre o dalla balia. In teoria, per quel che concerne gli alimenti, ogni alimento ingerito dalla madre può rinvenirsi nel suo latte e provocare disturbi in un lattante suscettibile; in pratica, tuttavia, tale eventualità è alquanto remota e sono in effetti poco frequenti i casi in cui la comparsa di manifestazioni cliniche nel bambino può essere fondatamente correlata ad alimenti (soprattutto latte vaccino, pesce ed alcuni vegetali) assunti dalla madre. In simili circostanze la diagnosi di certezza può essere posta solo sottoponendo la madre a diete di eliminazione per gli alimenti sospetti e verificando nel contempo l’andamento dei disturbi nel lattante; in caso di positività, per ottenere la completa regressione di tali disturbi sarà sufficiente che la madre si attenga a una dieta appropriata in cui l’ali-
mento o gli alimenti responsabili siano totalmente assenti.
Un’utile prevenzione nei neonati a rischio per allergie alimentari, ad esempio quando nella stessa famiglia si siano già verificati casi di allergia al latte vaccino, consiste nell’eliminazione di quest’ultimo dalla dieta della madre durante l’allattamento al seno. Più controverso è il problema se un’analoga prevenzione debba essere attuata anche nel corso della gravidanza, dato che, almeno in teoria, sostanze potenzialmente allergeniche contenute in alimenti assunti dalla gestante potrebbero attraversare la placenta e sensibilizzare il feto ben prima della nascita (tra l’altro, è ormai dimostrato che il feto è in grado di produrre IgE già a partire dall’11ª settimana di gestazione).
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C’è anche da segnalare che durante l’allattamento al seno, la madre dovrebbe evitare il
fumo e l’assunzione di alcolici, anche perché sia l’uno che l’altra rappresentano fattori favorenti la comparsa di manifestazioni allergiche nel lattante.
Per quel che concerne i farmaci, nel latte di donna possono rinvenirsi quantità variabili di diversi farmaci (antibiotici, teofillinici, etc.) eventualmente assunti dalla nutrice nel corso dell’allattamento al seno. Poiché la presenza di tracce di farmaci nel latte materno può indurre, nel lattante, conseguenze di tipo tossico o allergico, va sempre scrupolosamente osservata la regola di prescrivere un farmaco alla donna che allatta solo ove questo sia realmente indispensabile e comunque di procedere, nella prescrizione di qualunque farmaco, con la massima cautela.
Nei lattanti in cui non possa essere utilizzato per l’alimentazione, per motivi diversi, il latte di donna ovvero nei bambini più grandi con allergia al latte vaccino vanno impiegati sostituti del latte vaccino, i cui requisiti fondamentali sono rappresentati da un adeguato valore nutrizionale, da una modesta allergenicità, da un sapore gradevole, dal costo non elevato e dalla facile reperibilità. Il cosiddetto “latte” di soia è un ali-
mento sufficientemente completo, contenente proteine della farina di soia, miscele di olii vegetali e maltodestrine ed integrato con metionina, iodio, ferro, zinco e vitamine.
Gli idrolisati proteici possiedono un’allergenicità di gran lunga inferiore (fino a 30.000 volte) a quella del latte vaccino e sono molto simili al latte materno in termini di nutrienti, di amino acidi e di rapporto tra vari acidi grassi.
Le diete elementari (Vivonex, Nutrinaut, Neocate, Nutri Junior, Survimed OPD, etc.), oltre ad essere notevolmente costose, sono spesso male accettate dai bambini (almeno dai bambini italiani!) a causa del loro sapore piuttosto sgradevole. In ogni caso, tutte le diete sostitutive debbono soddisfare i fabbisogni calorico, proteico, di minerali e di vitamine, per cui necessitano spesso di supplementi in calcio, principi vitaminici, etc. Deve essere ricordato, comunque, che ogni alimento sostitutivo è potenzialmente in grado di dar luogo ad un’allergia (un’allergia alla soia, ad esempio, si riscontra nel 20 circa dei bambini con allergia al latte vaccino).
Nelle forme, ovviamente non allergiche, di intolleranza al latte per deficit di lattasi, cioè dell’enzima che scinde il lattosio, può essere permessa l’assunzione di latte a basso contenuto in lattosio, reperibile in commercio.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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