La Sindrome Genovese, nota anche come “effetto spettatore” o “complesso del cattivo samaritano” o “apatia dello spettatore” (in inglese bystander effect) è un fenomeno psicologico divenuto purtroppo noto a causa dell’omicidio Genovese. Kitty Genovese era nata a New York il 7 luglio del 1935, da una famiglia italoamericana appartenente alla middle class, ed era cresciuta a Brooklyn. Nel 1954, la sua famiglia decide di trasferirsi nel Connecticut, così Kitty decise di restare da sola a New York. Si trasferì nel Queens, dove iniziò a gestire un bar, il Ev’s 11th Hour Sports Bar, e prese un appartamento insieme alla socia e fidanzata, Mary Ann Zielonko.
L’omicidio
Era la notte del 13 marzo del ’64, quando la Genovese rincasò verso le 3 di notte, dopo aver chiuso il bar. Dopo aver parcheggiato l’auto, a circa 30 metri dal portone di casa, la Genovese fu accoltellata alle spalle da Winston Moseley. I vicini della Genovese gridarono all’aggressore di lasciar perdere la donna e, in un primo istante, l’uomo si allontanò. Dopo una decina di minuti Moseley tornò a cercare la giovane, ormai agonizzante, e la uccise. La durata complessiva dell’aggressione fu di circa mezz’ora: l’uomo abusò della vittima per lasciarla poi morente a terra. La Genovese aveva provato a chiedere aiuto ai vicini, ma nessuno si degnò di aiutarla. Si stima che ben 38 persone abbiano “assistito” alla scena, senza aver mosso un dito. Perché nessuno dei vicini aiutò Kitty Genovese?
L’ignoranza collettiva e la diffusione di responsabilità
Bibb Latané e John Darley hanno portato avanti una serie di studi, in relazione a questo caso, e hanno spiegato che l’effetto era stato generato da un duplice processo: l’ignoranza collettiva e la diffusione della responsabilità.
In base all’ignoranza collettiva, o “ignoranza pluralistica”, ciascun membro ritiene che gli altri abbiano più informazioni e/o competenze per agire su un determinato evento e quindi, in situazioni confuse e vaghe, si tende a dare per scontato che altre persone nelle vicinanze sappiano più cose di noi sull’evento nefasto e che quindi siano più “competenti” nell’aiutare o chiamare i soccorsi. Nessuno però valuta una cosa: anche gli altri fanno lo stesso. Questo determina, nella maggior parte dei casi, una probabile mancanza d’azione.
Un’altra componente che impedisce alle persone di aiutare qualcuno in difficoltà, è la diffusione della responsabilità, o “disimpegno morale”. Quando si è in tanti a fare un gesto reputato negativo o antisociale, tendiamo a non agire, visto che quel comportamento – condiviso da molti – diventa meno grave ai nostri occhi. “Se nessuno agisce, significa che non è poi così grave non agire, altrimenti lo farebbero tutti”.
Un esperimento molto famoso per valutare la diffusione della responsabilità fu condotto da Latané e Darley su un gruppo di persone. I soggetti in questione venivano fatti accomodare singolarmente in diverse stanze ed erano convinti di stare a partecipare ad un esperimento di psicologia, in cui dovevano esprimere delle opinioni su questioni personali. Queste stanze erano isolate tra di loro e i soggetti potevano comunicare solo per mezzo di un interfono. Durante l’esperimento, uno dei partecipanti raccontava di soffrire di attacchi di epilessia e, poco dopo, simulava di averne uno. Quando agli altri soggetti veniva detto che vi erano più partecipanti all’esperimento, la probabilità che uno di loro prestasse aiuto, diminuiva moltissimo. In particolare:
- se i partecipanti erano consapevoli di essere soli, l’85% di loro interventiva;
- se erano convinti che ci fosse almeno un altro individuo, la percentuale scendeva al 62%;
- se credevano che i partecipanti fossero almeno 4, solo il 31% dei partecipanti si precipitava ad aiutare il malato.
In parole semplici, paradossalmente più persone assistono a un’emergenza, più si riscontra la probabilità che ogni spettatore non intervenga o lo faccia più lentamente perché ci sentiamo maggiormente deresponsabilizzati; al contrario, se siamo da soli ad assistere alla stessa emergenza, aumentano le possibilità che noi agiamo, perché ci sentiamo maggiormente responsabilizzati.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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