Con “soffocamento” (anche chiamato “asfissia”) in medicina, ed in particolare in medicina legale, ci si riferisce alla temibile e potenzialmente letale condizione nella quale la normale respirazione è impedita a causa di vari fattori diretti o indiretti che impediscono il corretto scambio di gas con l’ambiente. Una asfissia viene generalmente accompagnata da “dispnea” cioè dalla sensazione di respiro difficoltoso descritto dai pazienti come “fame d’aria”.
Un soffocamento prolungato determina ipossiemia ed ipossia, cioè una mancanza di ossigeno nel sangue e nei tessuti che si ripercuote soprattutto sui tessuti e gli organi più sensibili alla carenza di ossigeno, come il cervello (ipossia cerebrale). Se l’ipossia si prolunga, i tessuti smettono di funzionare e rapidamente si verificano una serie di eventi in sequenza: perdita di coscienza, danni cerebrali irreversibili, coma e decesso del paziente; se anche non si verifica il decesso, la grave ipossia cerebrale potrebbe comunque determinare necrosi (morte) del tessuto nervoso, con possibili danni motori e/o sensoriali gravi ed irreversibili.
E’ interessante notare come il bisogno di respirare è indotto da livelli crescenti di anidride carbonica nel sangue piuttosto che da livelli troppo bassi di ossigeno. A volte il livello di anidride carbonica non è sufficiente a indurre la “fame d’aria” e il soggetto diventa ipossico senza accorgersene.
Cause di soffocamento
Le cause di soffocamento sono principalmente tre:
- la presenza di una ostruzione intrinseca o estrinseca delle vie aeree;
- l’assenza di adeguata concentrazione di ossigeno nell’ambiente;
- la presenza di interferenze chimiche o psicologiche.
Ostruzione delle vie aeree
Sono varie le cause che possono impedire il transito dei gas nelle vie aeree, creando in esse delle barriere meccaniche. Tali ostruzioni possono essere intrinseche (l’ostruzione è interna alle vie aeree) o estrinseche (l’ostruzione è esterna alle vie aeree ma arriva a comprimerle fortemente). Le cause di ostruzione meccanica più comuni, sono:
- compressione del torace o dell’addome (asfissia compressiva o da compressione, vedi paragrafo apposito);
- ostruzione delle vie aeree esterne;
- annegamento;
- presenza di cibo o corpi estranei in laringe o trachea;
- strangolamento (a volte effettuato per aumentare l’eccitazione sessuale);
- impiccagione;
- restringimento delle vie aeree dovuto ad asma bronchiale o shock anafilattico;
- aspirazione di vomito (tipica nei bambini e nei soggetti che usano droghe).
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Alterazione dell’aria esterna
Il soffocamento può risultare dall’esposizione prolungata ad un’atmosfera contenente una concentrazione di ossigeno troppo bassa, fatto che si verifica in varie situazioni, come ad esempio:
- nella perdita di pressurizzazione nella cabina di un aereo. La pressione all’interno degli aerei commerciali è mantenuta a quella equivalente a 6000 ft (1800 mt), ma un guasto all’impianto di pressurizzazione può riportare la pressione interna pari a quella esterna;
- quando lavoratori discendono in una fogna o nella stiva di una nave contenente gas senza ossigeno e più pesanti dell’aria, solitamente metano o anidride carbonica;
- in caso di uso sconsiderato di un rebreather subacqueo a circuito chiuso dove l’aria respirabile ricircolata contiene ossigeno insufficiente.
Un esempio estremo di soffocamento è quello determinato dall’esposizione al vuoto dello spazio, come avvenne nel caso della decompressione della navicella Soyuz 11 il 29 giugno 1971, giorno in cui per la prima ed unica volta degli esseri umani purtroppo morirono nel vuoto dello spazio.
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Interferenze chimiche o psicologiche con la respirazione
Varie situazioni chimiche e psicologiche possono interferire con l’abilità del corpo di assorbire ed usare ossigeno o regolare i livelli di ossigeno nel sangue:
- inalazione di monossido di carbonio, per esempio dallo scarico di un’auto, il monossido di carbonio ha un’alta affinità simile a quella dell’ossigeno con l’emoglobina nei globuli rossi del sangue, in questo modo si lega fortemente con l’emoglobina, sostituendo l’ossigeno che dovrebbe invece normalmente trasportare all’interno del corpo;
- contatto con sostanze chimiche, inclusi agenti polmonari (come per esempio il fosgene) e agenti sanguinei (come per esempio Acido cianidrico);
- l’ipocapnia autoindotta mediante iperventilazione, come nelle acque poco o molto profonde o in giochi sessuali che prevedano l’asfissia;
- una crisi respiratoria che fermi la normale respirazione;
- apnea ostruttiva durante il sonno;
- overdose derivata da assunzione di droghe;
- sindromi da iperventilazione alveolare centrale;
- sindrome da acuto stress respiratorio.
Asfissia da compressione
L’asfissia da compressione (anche chiamata “soffocamento da compressione” o “compressione del petto”) si riferisce alla limitazione dell’espansione dei polmoni tramite la compressione del torso, che interferisce con la respirazione. Il soffocamento da compressione avviene quando il petto o l’addome sono compressi. Negli incidenti, il termine “asfissia traumatica” o “asfissia da schiacciamento” è comunemente usato per descrivere l’asfissia da compressione di un soggetto che è schiacciato o bloccato sotto un grande peso o forza. Un esempio di asfissia traumatica è quello in cui un soggetto, mentre usava una leva meccanica per riparare un’auto, viene schiacciato dal peso del veicolo quando la leva scivola. Nei fatali disastri dovuti alla folla, come il disastro dell’Heysel Stadium, l’asfissia traumatica è chiamata “compressione da assembramento”. Contrariamente alle credenze popolari, non è un trauma contundente che causa la gran parte delle morti in molti casi, ma piuttosto un’asfissia compressiva causata dal calpestamento della folla: le persone in basso sono letteralmente calpestate da altri individui che impediscono ai primi l’espansione del torace necessaria alla corretta respirazione.
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Asfissia neonatale
Con “asfissia neonatale” si descrivono gli episodi di soffocamento che si verificano prima, durante e dopo il parto, causate da vari fattori e patologie, tra cui:
- bimbo prematuro;
- distacco precoce della placenta dall’utero;
- ipossiemia materna (carenza di ossigeno nel sangue materno);
- parto lungo e complicato;
- difficoltà legate al cordone ombelicale;
- anemia;
- infezioni di bimbo e/o madre;
- ipertensione arteriosa materna;
- alta pressione sanguigna nella madre;
- vie aeree del bambino non ben sviluppate;
- vie aeree del bambino ostruite.
In caso di asfissia neonatale, è vitale agire tempestivamente per annullare o almeno ridurre i danni causati al bimbo dall’interruzione dell’apporto di ossigeno:
- in casi di asfissia lieve, i neonati dovranno essere monitorati e dotati di supporto respiratorio finché non respirano in maniera autonoma;
- in casi di asfissia grave, si ricorre a ventilazione meccanica, fluidi e farmaci.
Sintomi di soffocamento
Il sintomo principale di un soffocamento è un bisogno di respirare indotto da livelli sempre più crescenti di anidride carbonica nel sangue, cioè la dispnea. Altri segni e sintomi variano in base alla causa a monte del soffocamento e possono includere:
- cianosi (pelle e congiuntive bluastre);
- tosse violenta oppure debole (se il soggetto non riesce a riempire i polmoni d’aria);
- il soggetto si porta le mani alla gola;
- la respirazione può emettere rumori;
- miosi (restrizione della pupilla);
- sanguinamento da mucosa nasale e condotto uditivo;
- ipertensione arteriosa;
- alterazione della frequenza respiratoria;
- aritmie;
- deficit motori e/o sensitivi;
- perdita di coscienza;
- coma e decesso (nei casi in cui la respirazione non viene ripristinata entro un tempo variabile solitamente tra 3 e 6 minuti).
Morte per soffocamento: segni, sintomi e tempi
Se il soffocamento, e quindi l’ipossia, si prolunga nel tempo, i tessuti smettono uno dopo l’altro di funzionare a partire dal cervello (il cui tessuto è particolarmente avido di ossigeno) e rapidamente si verificano una serie di eventi, sintomi e segni in sequenza:
- perdita di coscienza;
- danni cerebrali irreversibili;
- coma;
- decesso del paziente.
Il decesso per soffocamento viene preceduto da quattro stadi:
1) Stadio irritativo o “della dispnea respiratoria”: dura da 30 a 60 secondi ed è caratterizzato da:
- tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
- tachicardia;
- ipotensione arteriosa (“pressione bassa”);
- cianosi (pelle bluastra);
- miosi (restringimento del diametro della pupilla dell’occhio).
2) Stadio convulsivo o “della dispnea espiratoria”: dura circa 1 minuto ed è caratterizzato da:
- ipercapnia;
- dispnea grave (difficoltà espiratoria accentuata);
- ipertensione arteriosa;
- elevato rilascio in circolo di adrenalina;
- tachicardia;
- obnubilamento della coscienza;
- ipossia cerebrale;
- convulsioni;
- riduzione dei riflessi motori;
- alterazione sensoriale;
- rilasciamento sfinteriale (possono essere involontariamente rilasciate feci e/o urina).
3) Stadio della fase apnoica o “della morte apparente”: dura circa 1 minuto ed è caratterizzato da:
- progressiva bradipnea (progressiva riduzione della frequenza degli atti respiratori);
- miosi;
- totale perdita di coscienza;
- rilasciamento muscolare;
- severa bradicardia (battito cardiaco lento e debole);
- coma profondo.
4) Stadio terminale o “del boccheggiamento”: dura circa da 1 a 3 minuti ed è caratterizzato da:
- proseguimento della perdita di coscienza;
- movimenti respiratori lenti ed irregolari;
- aritmia cardiaca severa;
- arresto cardiaco;
- arresto della respirazione;
- morte.
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In quanto tempo si muore?
Il tempo in cui sopraggiunge la morte è estremamente variabile in virtù di svariati fattori come età, stato di salute, stato di forma e modalità di asfissia. Un soggetto anziano, sofferente di diabete, ipertensione ed enfisema polmonare, se sottoposto ad una forza compressiva (ad esempio strangolamento) che determina asfissia meccanica, può perdere i sensi e morire in meno di un minuto, così come un bimbo che soffre di asma bronchiale. Un individuo adulto, in forma, abituato agli sforzi prolungati (pensiamo ad un atleta professionista o ad un sub), sottoposto ad asfissia chimica, come quella da inalazione di monossido di carbonio, può invece impiegare diversi minuti a perdere i sensi e morire, tuttavia nella maggioranza dei casi il decesso avviene in un tempo variabile che oscilla tra circa 3 e 6 minuti, in cui si alternano le 4 fasi descritte nel paragrafo precedente.
Trattamento
Il trattamento in caso di soffocamento consiste nel rimuovere la causa a monte che impedisce la respirazione, ad esempio utilizzando la manovra di Heimlich o altre tecniche per la rimozione dei corpi estranei in base al tipo di corpo estraneo, alla sua posizione ed all’età del paziente. Per approfondire: Soffocamento da cibo, liquidi, saliva in bimbi e adulti: cosa fare?
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