Da numerose ricerche emergono alcune strategie educative specifiche, connesse a livelli più alti di altruismo o di comportamenti premurosi dei bambini e di propensione alla diversità. Di seguito ne elenchiamo sei che reputiamo molto efficaci.
1) Creare un clima familiare caldo e affettuoso
Sembra banale, ma questo è il punto da cui partire: genitori che si comportano in modo affettuoso, disponibile e rassicurante, creando un clima famigliare adeguato all’educazione del bimbo, avranno generalmente dei figli più disponibili, sensibili e comprensivi verso gli altri. Tuttavia questo effetto è molto più evidente quando è accompagnato da spiegazioni chiare, come spiegato nel prossimo paragrafo.
2) Spiegare i perché e fornire le regole
I bambini più altruisti hanno genitori che espongono le regole e i modelli di comportamento in modo chiaro. Questo effetto è bene illustrato da Carolyn Zahn-Waxler e dai suoi colleghi in una ricerca in cui hanno chiesto a un gruppo di 16 madri di bambini piccoli di registrare in un diario ogni episodio in cui qualcuno vicino al bambino avesse manifestato preoccupazione, paura, dolore, dispiacere o affaticamento. Ecco come la madre di John ha descritto ciò che è accaduto durante la visita di Jerry, un amichetto del suo bambino di 2 anni:
Oggi Jerry era piuttosto capriccioso; aveva iniziato a schiamazzare e non c’era verso di fermarlo. John continuava ad allungargli dei giocattoli, cercando, in qualche modo, di tirarlo su, e gli diceva: «Tieni lerry». lo ho detto a John che Jerry era triste, che non si sentiva bene e che gli avevano appena fatto una puntura. John mi guardava con le sopracciglia aggrottate come se capisse realmente che Jerry stava piangendo perché era infelice e non perché era dvvero un piagnucolone. Gli è andato vicino, gli ha strofinato il braccio e gli ha detto: «Buono letry» e ha continuato a dargli dei giocattoli.
Zahn-Waxler ha constatato che le madri che spiegano le conseguenze delle azioni del figlio (“Se colpisci Susan le farai del male”) e che espongono le regole in modo chiaro, esplicito e con partecipazione emotiva (“Non devi picchiare una persona: se lo fai lei avrà dolore”) molto spesso hanno figli che reagiscono nei confronti degli altri con maggiore partecipazione e disponibilità. La stessa conclusione emerge da ricerche con bambini più grandi: spiegare le ragioni della generosità o della disponibilità -particolarmente se le ragioni mettono l’accento sui sentimenti degli altri – aumenta le probabilità che un bambino si comporti in modo gentile o generoso. Molti genitori trascorrono gran parte del tempo dicendo ai figli cosa non devono fare, ma la ricerca sull’altruismo dei bambini mette in evidenza l’importanza di spiegare ai figli perché non devono fare le cose che non devono fare, specialmente in termini di potenziale impatto sugli altri: non dire “non rompere il giocattolo del tuo amico”, bensì “non rompere il giocattolo del tuo amico perché altrimenti lui starà male e non vorrà più giocare con te”. Ugualmente importante è affermare al contempo delle regole positive o delle linee di condotta, ad esempio «E sempre importante aiutare gli altri», o «Dovremmo dividere il nostro giocattolo con il bambino che non ha giocattoli», spiegando anche che linee di condotta altruistiche potrebbero fornire dei vantaggi anche a sé stessi: «Dovremmo dividere il nostro giocattolo con il bambino che non ha giocattoli, così quando tu non avrai un giocattolo, troverai un bambino disposto a dividerlo con te».
3) Far fare ai bambini cose utili
La disponibilità viene anche favorita dando ai bambini la possibilità di fare qualcosa di realmente utile. I bambini possono aiutare a cucinare, prendersi cura degli animali di casa, costruire giocattoli da donare ai bambini poveri o che sono ricoverati in ospedale, aiutare a fare un dolce da portare alla vicina rimasta vedova di recente, insegnare dei giochi ai fratellini più piccoli. In età scolastica, sembra altrettanto efficace aiutare gli altri bambini a fare i compiti. Naturalmente, non tutti i bambini fanno queste cose spontaneamente, bisogna chiederglielo e talvolta obbligarli, ma se l’obbligo è perentorio l’effetto cambia, in quanto il bambino attribuirà il suo «buon» comportamento alla coercizione (“Mia madre mi ha detto di farlo”) anziché a una propria caratteristica personale interiore (“Io sono una persona utile e gentil”»). In questo caso, non sembra che queste azioni altruistiche ma obbligate favoriscano un comportamento generoso, per cui anche il modo in cui incoraggiamo i bambini a rendersi utili è importante.
4) Le attribuzioni prosociali
Una quarta strategia è quella di attribuire le azioni utili o altruistiche dei bambini a una loro caratteristica personale: «Sei un bambino così generoso!» oppure «Tu fai certamente molte cose belle per le altre persone». Questa strategia comincia a essere efficace con i bambini di 7 o 8 anni, quando iniziano a sviluppare opinioni generalizzate sulla loro personalità. Spiegando le azioni del vostro bambino in termini di qualità generali interiori di gentilezza, generosità o sollecitudine, potete influenzare il suo concetto di sé al quale, in seguito, cercherà di adattare le sue azioni.
5) Il modellamento del comportamento generoso e sollecito
Forse la strategia più importante è dimostrare ai bambini il comportamento generoso, sollecito e utile che vorremmo adottasse. Se vi è conflitto tra ciò che diciamo e ciò che facciamo, i bambini imiteranno le nostre azioni, per cui affermando delle regole o delle linee di condotta non otterremo gran che se il nostro comportamento non corrisponde a ciò che predichiamo. Se il nostro obiettivo è quello di promuovere nei figli l’altruismo come valore interiore è chiaro che dovremo prima fare attenzione al nostro comportamento.
6) Educare alla diversità
Per ridurre il rischio di bullismo/cyberbullismo e di avere adulti razzisti, è importante educare i bambini alla diversità. E’ necessario non raccontare “bugie” ai bambini, dicendogli che siamo tutti uguali e identici: i bambini non sono stupidi e quando vedono un bimbo afroamericano od orientale si rendono conto che esistono delle differenze fisiche e comportamentali. Cosa fare allora? Bisogna ammettere che gli esseri umani sono un unico gruppo che ha pari dignità, ma che all’interno di questo gruppo esistono esseri umani molto diversi tra loro e spiegare bene in che cosa sono diversi, sottolineando però il fatto che tali diversità possono essere una fonte di ricchezza, e non di chiusura. Non esistono, quindi, bambini “diversi”, bensì esistono bambini con le proprie specificità che non devono essere esclusi dal gruppo, ma al contrario devono essere inclusi anche perché – proprio in base a tali caratteristiche specifiche – possono arricchire un gruppo. La diversità deve quindi essere descritta al bambino come un valore, non un disvalore. Gli adulti hanno un ruolo fondamentale nel processo di educazione alle diversità: i bambini quando nascono sono una tabula rasa, non hanno preconcetti e probabilmente non li avranno mai se i genitori non glieli instilleranno e soprattutto se fin da piccoli sono cresciuti in un ambiente multiculturale. Come prima già accennato, il bambino nota le differenze, ma non giudica; al massimo si domanda per capire e non per puntare il dito: sta al genitore (e all’insegnante) fornire le risposte giuste. Il bambino fa riferimento all’adulto come modello e punto di riferimento: per tale motivo i genitori devono stare attenti a non fornire opinioni preconfezionate od a trasmettere paure immotivate, che influenzeranno il bambino per tutta la sua vita.
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