Tirosinemia: cause, trasmissione, sintomi, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE INVASIVITA VIRUS BATTERI FUNGHI PATOGENI MICROBIOLOGIA MICROORGANISMI DNA RNA GENI CROMOSOMI LABORATORIO ANALISI PARETE INFEZIONE ORGANISMO PATOGENESI MICROBIOLOGY WALLPAPERLa tirosinemia (in inglese “tyrosinemia” o “tyrosinaemia”) è malattia genetica metabolica congenita, cioè già presente alla nascita, causata da varie alterazioni genetiche trasmesse con modalità recessiva, in cui l’organismo non può metabolizzare efficacemente l’amminoacido tirosina, che tende ad accumularsi e determinare vari sintomi e segni.

Classificazione

La tirosinemia è essenzialmente di tre tipi:

  • tirosinemia I o tirosinemia epatorenale;
  • tirosinemia II o tirosinemia oculocutanea;
  • tirosinemia III.

Cause

La tirosinemia ha cause genetiche. Tutti i tipi di tirosinemia derivano dalla disfunzione di vari geni nella via catabolica della fenilalanina e della tirosina e sono ereditate con modalità autosomica recessiva.

  • La tirosinemia di tipo I deriva da una mutazione nel gene FAH, che codifica per l’enzima fumarilacetoacetasi. Come conseguenza del deficit di FAH, il substrato fumarilacetoacetato può accumularsi nelle cellule tubulari renali prossimali e negli epatociti, con conseguenti danni rispettivamente al rene e al fegato.
  • La tirosinemia di tipo II deriva da una mutazione nel gene TAT, che codifica per l’enzima tirosina aminotransferasi. Come conseguenza del deficit di TAT, il substrato tirosina si accumula, causando anomalie oftalmologiche e dermatologiche.
  • La tirosinemia di tipo III deriva da una mutazione nel gene HPD, che codifica per l’enzima 4-idrossifenilpiruvato diossigenasi. La tirosinemia di tipo III è la più rara delle tre condizioni, con solo pochi casi segnalati. La maggior parte di questi casi includeva disabilità intellettiva e disfunzione neurologica.

Trasmissione

Tutti e tre i tipi di tirosinemia sono malattie genetiche a trasmissione autosomica recessiva. Una malattia è detta a trasmissione autosomica recessiva quando l’allele alterato deve essere presente in coppia (omozigosi), cioè sono necessarie due copie dell’allele difettoso per far sì che la malattia si esprima, a prescindere dal sesso. Non basta un solo genitore portatore sano o malato, bensì entrambi i genitori devono essere portatori sani o malati. Il fenotipo quindi si esprime quando nel genotipo dell’individuo sono presenti entrambi gli alleli responsabili, fatto che spiega l’alta probabilità di sviluppare malattie genetiche in caso di incesto. Quindi:

  • un individuo che possegga entrambi gli alleli alterati: è portatore ed è malato;
  • un individuo che possegga solo un allele alterato: è portatore ma è sano;
  • un individuo che non possegga nessun allele alterato: NON è portatore ed è sano.

Essere portatore sano vuol dire quindi NON avere la patologia ma possedere nel proprio genotipo un allele mutato, che può essere trasmesso alle generazioni successive.

Dalla combinazione delle possibili condizioni di genitori sani, malati e portatori sani, deriva la distribuzione probabilità che la malattia sia trasmessa ai figli:

  • genitori malato-malato: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 100%;
  • genitori sano-malato: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 100%;
  • genitori malato-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
  • genitori sano-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca sano è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
  • genitori portatore-portatore: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 50% mentre è del 25% che nasca sano o malato.

Se nessuno dei genitori ha un allele mutato, non c’è ovviamente alcuna trasmissione autosomica recessiva ed i figli saranno tutti sani e NON portatori dell’allele mutato.

Nell’immagine che segue, è raffigurata la tipica situazione in cui entrambi i genitori sono sani ma portatori dell’allele mutato:

  • un figlio su quattro avrà entrambi gli alleli alterati e sarà malato ed ovviamente portatore;
  • due figli su quattro avranno un allele normale ed uno alterato e saranno sani ma anche portatori;
  • un figlio su quattro avrà entrambi gli alleli normali e sarà sano e NON portatore.

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Le altre quattro situazioni possibili sono raffigurate nelle seguenti immagini:

Sintomi e segni

I sintomi e segni della tirosinemia sono variabili in base al tipo (I, II o III). Parlando in generale, i sintomi e segni di una tirosinemia non trattata includono quelli relativi ad alterazione della funzionalità epatica e renale. E’ presente ritardo metale in alcuni casi. Sono presenti anomalie oftalmologiche e dermatologiche in altri casi. Senza trattamento, alcuni tipi di tirosinemia portano ad una insufficienza epatica che può essere fatale.

  • la tirosinemia di tipo I o “tirosinemia epatorenale” si presenta soprattutto con alterazioni della funzionalità epatica, cui conseguono cirrosi e insufficienza, neuropatie periferiche, rachitismo e un caratteristico odore “di cavolo bollito”;
  • la tirosinemia di tipo II o “tirosinemia oculocutanea” è caratterizzata da manifestazioni cliniche in particolar modo cutanee e oculari, con cheratosi del palmo della mano e della pianta dei piedi ed erosioni corneali associate a fotofobia;
  • la tirosinemia di tipo III si manifesta con ipertirosinemia, a volte associata a ritardo mentale. La funzionalità epatica è normale.

Diagnosi

La tirosinemia di tipo I può essere rilevata tramite esami del sangue per la presenza di un metabolita fumarilacetoacetato, il succinilacetone, che è considerato un indicatore patognomonico della malattia.

La tirosinemia di tipo II può essere rilevata attraverso la presenza di livelli plasmatici di tirosina significativamente elevati e la diagnosi può essere confermata dal rilevamento di una mutazione in TAT nei fibroblasti in coltura.

La tirosinemia di tipo III può essere diagnosticata rilevando una mutazione in HPD nei fibroblasti in coltura.

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Trattamento

Il trattamento varia a seconda del tipo specifico di tirosinemia. Nella maggior parte dei casi è necessaria una dieta a basso contenuto proteico combinata con l’uso di una formula appositamente progettata per fornire proteine. L’esperienza con il nitisinone ha dimostrato che è efficace, soprattutto se iniziato entro il primo mese di vita, ed è ora il corso standard di trattamento. È un inibitore della 4-idrossifenilpiruvato diossigenasi indicato per il trattamento della tirosinemia ereditaria di tipo 1 (HT-1) in combinazione con la restrizione dietetica di tirosina e fenilalanina. Il trapianto di fegato è indicato per i pazienti con tirosinemia di tipo I che non rispondono al nitisinone, così come per quelli con insufficienza epatica acuta ed epatomi.

Prognosi

Oggi, la tirosinemia viene sempre più rilevata nei test di screening neonatale prima che compaiano i sintomi. Con una gestione precoce e per tutta la vita che comporta una dieta a basso contenuto proteico, una formula proteica speciale e talvolta farmaci, le persone con tirosinemia si sviluppano normalmente, sono sane e vivono una vita normale.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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