Nessuno può mettere Baby in un angolo

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“Nessuno può mettere Baby in un angolo”

Johnny Castle (Patrick Swayze) dal film del 1987 “Dirty Dancing” diretto da Emile Ardolino e interpretato anche da Jennifer Grey nella parte di Frances “Baby” Houseman.

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Le 20 curiosità che ancora non conosci su 1997: Fuga da New York

Escape from MEDICINA ONLINE New York is a 1981 American dystopian science-fiction action film co-written, co-scored and directed by John Carpenter Kurt Russell WALLPAPER HD PHOTO PICTURE MOVIEQuanto conoscete il film 1997: Fuga da New York? Ecco le venti cose che forse non sapete su questo bellissimo film del 1981!

20 – John Carpenter scrisse una prima bozza della sceneggiatura di Escape from New York nel 1976, sotto l’influsso di tutta una serie di fattori: la sfiducia nei confronti delle istituzioni diffusasi in America dopo lo scandalo Watergate, la New York dipinta come una giungla metropolitana ne Il giustiziere della notte di Michael Winner (1974) e l’idea di un protagonista costretto a compiere un lavoro per qualcun altro de Il Pianeta dei Dannati, un romanzo di fantascienza di Harry Harrison del ’62. Un paio d’anni dopo, grazie al successo di Halloween, la notte delle streghe, Carpenter firmò un accordo con la Avco-Embassy Pictures per la realizzazione di due pellicole: la prima fu The Fog, la seconda sarebbe dovuta essere The Philadelphia Experiment, ma il progetto si arenò in fase di stesura dello script (nell’84 l’avrebbe poi diretto Stewart Raffill) e così il regista decise di ripescare dal cassetto quella storia sulla Manhattan del futuro trasformata in un gigantesco carcere. A quella storia, però, secondo Carpenter mancava ancora qualcosa. “Era un film d’azione e basta”, avrebbe ricordato anni dopo il regista, “gli mancava quel pizzico di umorismo cinico che soprattutto chi abitava a New York si sarebbe aspettato dal film”. Carpenter tirò così dentro Nick Castle, un suo vecchio amico ai tempi degli studi alla University of Southern California, già chiamato a interpretare il Michael Myers mascherato in Halloween. Ruolo per il quale Castle era stato pagato la bellezza di 25 dollari al giorno. Fu proprio Castle – in seguito regista di una dozzina di film, come Giochi stellari (1984) e Dennis la Minaccia (1993), a inventare la figura del Tassista (Ernest Borgnine) ed il finale della pellicola. La sceneggiatura modificata con l’aiuto di Nick Castle presentava comunque diversi elementi poi lasciati fuori: ad esempio la rapina per cui viene arrestato Jena/Snake Plissken (Kurt Russell). Tanto che nei titoli di coda si legge di un personaggio, Taylor (Joe Unger), che nel film non appare proprio perché coinvolto in quella scena, e che nella colonna sonora una delle tracce composte da Carpenter si intitola appunto The Bank Robbery. Non è tutto. Alla fine del film, Jena avrebbe dovuto scagliare la sigaretta addosso al presidente (ma Kurt Russell non se la sentì) e Lee Van Cleef avrebbe dovuto rivelargli che le microcapsule iniettategli erano in realtà finte, usate per costringerlo a scapicollarsi per aiutarli. Un’idea poi riciclata da Carpenter per il seguito, Fuga da Los Angeles.

19 – La Avco-Embassy Pictures, nella persona dei due produttori Larry Franco e Debra Hill, non voleva assolutamente Kurt Russell come Snake Plissken, preferiva puntare su attori con la faccia da duro come Charles Bronson o Tommy Lee Jones. Solo che secondo Carpenter, Bronson, con tutto il rispetto, aveva sessant’anni; quanto a Tommy Lee Jones, il regista temeva che un attore navigato come lui non gli avrebbe lasciato un controllo totale sulla pellicola. Per sua fortuna, Tommy Lee Jones declinò l’offerta e così Carpenter potè averla vinta sull’idea Kurt Russell, un attore con cui aveva già girato Elvis, il re del rock. Un sodalizio artistico, il loro, che sarebbe proseguito poi con La cosaGrosso guaio a Chinatown e Fuga da Los Angeles. Kurt Russell, che come vedremo più avanti ha avuto un ruolo importante nella caratterizzazione dell’antieroe Plissken, lo descrisse all’epoca delle riprese come un “mercenario a metà tra Bruce Lee, il protagonista di The Exterminator (film del 1980 su un reduce del Vietnam diventato vigilante) e Darth Vader, con la voce Clint Eastwood”.

18 – Per essere un film ambientato a New York, la pellicola di Carpenter include un numero limitatissimo di scene girate davvero a New York: una. La ripresa dell’elicottero che arriva all’inizio a Liberty Island, girando attorno alla Statua della Libertà: Fuga da New York è stato il primo film a ottenere un permesso per girare sull’isola. Per tutto il resto delle riprese, invece, a Carpenter serviva una New York semidistrutta e così spedì il location manager Barry Bernardi in giro per gli USA alla ricerca “della peggiore città d’America”. Alla fine Bernardi suggerì East St. Louis, nell’Illinois, sull’altra sponda del Mississippi rispetto alla più nota St. Louis del Missouri. Perché? Diversi isolati della cittadina erano bruciati durante un incendio nel 1976. Per girare alcune scene, Carpenter e la produzione convinsero inoltre il sindaco addirittura a spegnere l’illuminazione pubblica in dieci isolati. Le riprese si protrassero dall’agosto al novembre del 1980: si girava solo di notte, tormentati dalle zanzare e da un caldo asfissiante, fino alle sei del mattino, quando si andava a dormire. Cast e troupe non videro letteralmente la luce del giorno per due mesi e mezzo.

17 – Il personaggio di Maggie, la moglie di Mente, fu scritto da Carpenter espressamente per Adrienne Barbeau, perché lei (ex ballerina in un locale scusagno di Broadway della mafia) era all’epoca sua moglie. Il che significava che Carpenter la infilava nei suoi film (era già successo con The Fog), ma aveva anche i suoi vantaggi. Quando il regista si accorse, diverso tempo dopo la fine delle riprese, di non aver girato la scena della morte di Maggie, poté infatti risolvere il tutto in quattro e quattrocchi, riprendendo la moglie nel vialetto del garage di casa. Adrienne Barbeau e Carpenter hanno divorziato nell’84: l’attrice, protagonista anche de Il mostro della palude, il film tratto dal fumetto Swamp Thing, è apparsa nel 2012 in Argo di Ben Affleck.

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16 – L’idea di girare davanti casa la scena con Maggie morta, peraltro, venne in mente a Carpenter solo dopo che un adolescente, figlio di uno dei dipendenti della Avco-Embassy Pictures che aveva avuto modo di vedere una prima versione del montato finale, gli aveva fatto notare che il film non mostrava la sorte della donna. Quel ragazzino si chiamava J. J. Abrams, il famoso produttore e regista. Sempre in tema saranno famosi, gli effetti speciali del film, come uno dei due modellini in scala della città (ci arriviamo subito) oppure la skyline di Manhattan con il World Trade Center e i palazzi che si vedono nella scena in cui l’elicottero atterra a Central Park, vennero affidati alla New World Cinema di Roger Corman. A occuparsi in prima persona del tutto, un giovanotto aspirante regista che lavorava per Corman: l’ormai famosissimo James Cameron.

15 – La ragazza con cui Snake Plissken parla nel bar Chock Full O’Nuts, la tizia con i capelli alla Limahl che viene poi inghiottita dai selvaggi sbucati dal sottosuolo, è Season Hubley, all’epoca moglie di Kurt Russell. L’attrice aveva partorito solo pochi mesi prima il figlio della coppia, Boston.

14 – Durante il film, diversi personaggi che incontrano il protagonista gli dicono che lo credevano morto: si tratta di una gag che da un lato omaggia il western Il grande Jack con John Wayne, dall’altro… il vero Plissken. Ai tempi del liceo, infatti, Carpenter aveva conosciuto davvero un bullo chiamato Plissken e soprannominato Snake, a un certo punto creduto morto da tutti per una falsa voce.

13 – Se convincere i produttori ad affidare la parte di Snake all’ex protagonista de Il computer con le scarpe da tennis non era stato semplice, per Carpenter fu una vera e propria battaglia far digerire Lee Van Cleef come Bob Hauk. La Avco-Embassy voleva Burt Lancaster, Kirk Douglas o William Holden. Lo stesso Van Cleef non era del resto sicuro di accettare, ma si convinse a farlo quando Carpenter gli disse che avrebbe potuto tenersi l’orecchino durante le riprese. L’attore era però reduce da una brutta caduta da cavallo che gli aveva ridotto male il ginocchio, e in seguito dichiarò che camminare dritto nel corridoio all’inizio assieme a Snake, senza mostrare alcuna zoppia nonostante il dolore, era stata una delle prove più dure della sua carriera.

12 – I problemi per Donald Pleasence, che nel film interpreta il presidente degli Stati Uniti, erano invece di altra natura. Pleasence, già diretto da Carpenter in Halloween, la notte delle streghe e in seguito apparso in altri suoi film, come Il signore del male (1987), era nato nel  Nottinghamshire e aveva un forte accento inglese. E che diavolo ci faceva un inglese al comando degli USA? Niente, e infatti Pleasence non voleva accettare la parte. Carpenter gli scrisse perciò una lettera, sottolineando gli elementi ironici della pellicola, e lo convinse a dirgli di sì. Il diligente attore britannico si inventò anche tutta una storia del personaggio che giustificasse la presenza di un inglese alla Casa Bianca, qualcosa che aveva a che fare con Margaret Thatcher che conquistava il pianeta, rendendo di nuovo gli Stati Uniti una colonia britannica. A Pleasance fare la parte del prigioniero veniva benissimo, perché durante la Seconda Guerra Mondiale il bombardiere della RAF su cui volava era stato abbattuto e lui era finito realmente in un campo di prigionia tedesco. Questo non era bastato comunque a soffocare la sua grande ironia: Adrienne Barbeau e Isaac Hayes (che in 1997 è il Duca) dichiararono al termine delle riprese di non aver mai conosciuto uomini più divertenti di lui, e quanto fosse difficile recitare in sua presenza senza scoppiare a ridere. Parlando di presidenti USA, il tizio biondino che cerca di entrare nella cabina dell’Air Force One dirottato all’inizio del film? È l’attore Steven Ford, figlio dell’ex presidente Gerald Ford.

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11 – Per il tono simile, molti continuano a credere che la voce del computer che si sente all’inizio, quando viene descritto come e perché nel 1988 Manhattan sia diventata una prigione, appartenga a Jamie Lee Curtis. Ma non è così: a parlare è infatti la produttrice del film, Debra Hill.

10 – Quando Snake arriva a Manhattan, prima di atterrare sul World Trade Center vede dall’interno del suo aliante, il Gullfire, una versione in wireframe della città sui tre schermi del velivolo. Ma all’epoca i computer necessari per generare immagini di quel tipo costavano parecchio, perciò i tecnici presero il modellino della città usato per le altre riprese, fatto di plexiglass bianco, ed un altro set in scala in legno, e li verniciarono di nero, lasciando scoperte delle parti di bianco lungo i bordi e la struttura per creare quell’effetto griglia: una botta di luce nera con la lampada di Wood e voilà, finto 3D in wireframe a basso costo: eccezionale!

9 – Il Duca ha un vistoso tic all’occhio destro. Fu Isaac Hayes – compianto musicista e attore che, tra le altre cose, avrebbe un giorno doppiato Chef in South Park prima di litigare con i suoi autori a causa della presa in giro di Scientology nella puntata “Intrappolato nello stanzino” – a suggerire la cosa a Carpenter, ipotizzando che uno dei tagli che gli avevano provocato le cicatrici piazzategli in faccia dal reparto trucco gli avesse danneggiato un nervo. Ah, con la sua auto stramba con i lampadari appesi fuori ed una palla da disco anni 70 all’interno, il Duca è il grande precursore della moda del pimpaggio veicoli.

8 – L’iconica benda di Plissken era stata invece un’idea di Kurt Russell. Idem per la giacca di pelle, comprata dall’attore qualche mese prima a Parigi. Nei poster del film e in altre foto promozionali, Snake viene mostrato con il tatuaggio di un cobra sul bicipite, un fucile e dei pantaloni verdi: nel film non ha nessuna delle tre cose, visto che il cobra fu spostato sulla panza, il fucile venne soppiantato da una mitraglietta Ingram MAC-10 e i pantaloni mimetici verdi divennero bianchi, grigi e azzurrini, perché Plissken era un reduce della guerra a Leningrado, e perché meglio adatti all’ambientazione urbana del film. Per prepararsi fisicamente per la parte, Russell seguì una dieta rigorosa e trascorse mesi e mesi agli attrezzi. Felice di potersi lasciare alle spalle tutti quei personaggi da film Disney per famiglie, si sforzò di creare un antieroe tosto e taciturno. Una notte, durante le riprese, Russell si trovò di fronte un tizio di East St. Louise che tornava a casa: il tipo restò pietrificato davanti all’attore con la benda, indietreggiando spaventato. Quella sera Russell disse a Carpenter che il loro Snake funzionava. Nel film furono impiegate due diverse bende. Una più scura per i primi piani, l’altra meno coprente, per lasciar intravedere qualcosa a Russell nelle scene d’azione. Russell aveva suggerito anche di dotare Snake di sigarette in grado di accendersi da sole. Ma dopo un paio di tentativi e altrettante scottature rimediate ai polpastrelli, l’idea venne definitivamente abbandonata. Snake Plissken è da sempre il personaggio preferito di Kurt Russell tra quelli che ha interpretato in carriera. Questo nonostante i soldi che gli era costato quella sera a New York, all’uscita del film, quando aveva portato tutta la famiglia a vederlo. Solo che i gestori della sala non volevano credere che lui avesse davvero recitato in quella pellicola, e lo costrinsero a pagare i biglietti.

7 – Slag, l’energumeno con cui Plissken scambia cortesie e colpi di mazza (semplice prima, dotata di veri chiodi dopo) nel ring è Ox Baker, famigerato wrestler americano la cui finisher, chiamata Heart Punch, si credeva avesse provocato la morte di due lottatori nei primi anni 70. Le cose non stavano proprio così, ma a Baker era rimasta appiccicata addosso una pessima fama. Fatto sta che quando si doveva girare la scena dell’incontro nella vecchia stazione di St. Louis, Baker, che nelle prove aveva rotto il naso di uno stuntman e generato un enorme bernoccolo sulla testa di un altro, colpì ripetutamente Kurt Russell al volto con il cestino dei rifiuti di metallo. Dopo un po’ l’attore ne ebbe abbastanza e come risposta piazzò una mano ad altezza attributi del wrestler, minacciando di strizzarglieli. I testicoli dovevano essere grossomodo l’unico punto debole di Ox Baker: quel giorno, nel salire sul ring, si era procurato un taglio su una gamba. Vedendolo sanguinare, Carpenter gli chiese se gli facesse male. “Che cosa?”, gli rispose Baker, che non se n’era neanche accorto.

6 – Lo sgherro del Duca con i capelli da Super Saiyan si chiama Romero. Nei titoli di coda si leggono inoltre i nomi di altri due personaggi chiamati Cronenberg e Taylor (vedi sopra). Si tratta ovviamente di un omaggio ai colleghi George A. Romero, David Cronenberg e Don Taylor (quello di Fuga dal pianeta delle scimmie). Il personaggio di Tom Atkins si chiama invece Rehme visto che Robert Rehme era all’epoca il direttore della AVCO Embassy che produceva il film. La scena della “fissazione nucleare”. I dati importanti portati in giro dal presidente USA nel 1997 su audiocassetta sono uno degli “anacronismi inevitabili” del film, assieme alla citazione dell’Unione Sovietica (scioltasi nel 1991) e della città di Leningrado (tornata a chiamarsi San Pietroburgo sempre nel ’91) Parlando di nomi, Snake Plissken diventa come tutti sapete Jena Plissken nella versione italiana (che aggiunge il 1997 nel titolo e nella quale a un certo punto – dopo 1 ora e 19 minuti dall’inizio – qualcuno ha tradotto brillantemente “nuclear fission” con “fissazione nucleare”), mentre nell’edizione coreana del film il suo nome è Cobra.
Il soprannome originale del personaggio è probabilmente dovuto al vistoso tatuaggio a forma di serpente (“snake” in inglese) sul ventre, analogia che si è persa nella versione italiana, costretta, per motivi di labiale, a ribattezzarlo “Jena” Plissken. In Germania il film è stato ribattezzato Die Klapperschlange, il serpente a sonagli, ma chi ha realizzato il poster ufficiale ha scritto male il cognome del protagonista.

5 – Il ponte minato sulla 69a non esiste. Cioè, nel senso che al di là delle mine, a New York City non c’è mai stato un ponte all’altezza della 69a strada. In una recente intervista, Carpenter ha dichiarato che la sua conoscenza di New York era molto approssimativa, e che in realtà si sarebbe dovuto trattare del ponte sulla 59a, l’Ed Kock Queensboro Bridge. Sia quel che sia, siccome per la scena dello slalom tra le mine occorreva del fumo, il supervisore degli effetti speciali Roy Arbogast si fece spedire dei contenitori di fumo artificiale allo stato liquido da Los Angeles, dimenticandosi di far dichiarare all’imbarco che si trattava di materiale infiammabile. Uno dei contenitori si ruppe e l’aereo fu invaso dal fumo in fase di atterraggio: tutti pensarono a un incendio a bordo, e fu attivata la procedura d’emergenza, con passeggeri fatti scendere dagli scivoli appena toccata terra e intervento dei pompieri. Quando si scoprì che a metter su quel casino era stata una troupe di Hollywood, il coordinatore della produzione venne interrogato dall’FBI.

4 – Al centro della locandina americana del film, e comunque presente nelle versioni per gli altri mercati, c’è la testa della Statua della Libertà. In una strada di New York. La cosa per Carpenter non aveva il benché minimo senso: era stato l’artista autore del poster a tirarla fuori, ma secondo la produzione funzionava, e allora si era deciso di lasciarla lì. Considerata la distanza tra Liberty Island e Manhattan, Carpenter era convinto ci volesse una qualche forza disumana per far arrivare la testa della statua fino a lì. Era, disse, “come lanciare qualcosa da Heathrow fino al London Bridge”. Quel poster, in ogni caso, colpì quel ragazzino di nome J. J. Abrams, che quasi trent’anni dopo produsse Cloverfield, sulla cui locandina del film la Statua della Libertà ha la testa mozzata.

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3 – Arrivato nelle sale USA il 10 luglio del 1981, ed in Italia il 15 ottobre dello stesso anno, 1997: Fuga da New York fu girato con un budget di 6 milioni di dollari e ne raccolse, solo in America, ben 25. Carpenter ne ha realizzato un seguito nel 1996, Fuga da Los Angeles (dopo una lavorazione durata più di dieci anni) ed ha parlato più volte di un possibile terzo film della serie. Intanto è ovviamente in cantiere anche per Fuga da New York un remake, una TRILOGIA che partirà da un prequel. Ultimamente sono circolati i nomi di Jason Statham e Tom Hardy per interpretare Plissken. Prima dell’uscita del film, Carpenter e la produttrice Debra Hill contattarono la Marvel, all’epoca attivissima negli adattamenti a fumetti di film e telefilm di grido, per realizzare una trasposizione su carta di Plissken, ma non c’era modo di uscire in tempo con un progetto del genere e non se ne fece niente. Peccato.

2 – 1997: Fuga da New York ha ispirato non solo Abrams, ma un’intera generazione di cineasti: Robert Rodriguez aveva dodici anni quando andò a vederlo e fu proprio il film di Carpenter a fargli decidere cosa volesse fare da grande. Va poi citata tutta quella serie di B-movie fantascientifici spuntati sulla scia di Escape from New York, come 1990: i guerrieri del Bronx di Castellari (figlio illegittimo di Snake Plissken e de I guerrieri della notte) e soprattutto 2019: Dopo la caduta di New York di Sergio Martino.

1 – L’influenza di 1997: Fuga da New York non si limita chiaramente al cinema. William Gibson dichiarò di esser stato influenzato nella scrittura di Neuromante da un dialogo del film (quello tra Jena e Hauk sul volo con il Gullfire a Leningrado), e in particolare dal gergo utilizzato da Jena. Hideo Kojima pensò il suo primo Metal Gear (MSX2, 1987) dopo aver visto il film di Carpenter. Non a caso il protagonista del gioco si chiama Snake. Da allora, la saga è stata tutto un omaggio al mondo di 1997: da Iroquois Pliskin alla benda sull’occhio in Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Senza Escape from New York, in buona sostanza, non ci sarebbero stati il romanzo che ha dato inizio al cyberpunk ed il gioco che ha creato il genere stealth. Non ci sarebbero stati di conseguenza Nathan Never, Sam Fisher e chissà che altro.

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Non si sottomette un fiume con la forza

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“Non si sottomette un fiume con la forza, devi arrenderti alla sua corrente e usare la sua potenza come fosse tua”

Antico – Katherine Mathilda “Tilda” Swinton – nel film Doctor Strange del 2016

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Non sapevo per quanto tempo saremmo stati insieme

MEDICINA ONLINE BLADE RUNNER RACHAEL SEAN YOUNG fantascienza 1982 diretto Ridley Scott Harrison Ford Rutger Hauer, Sean Young Edward James Olmos Daryl Hannah.jpg“Non sapevo per quanto tempo saremmo stati insieme. Ma chi è che lo sa?”

Deckard – Blade Runner 

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Che la forza sia con te

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Che la forza sia con te

Luke Skywalker, Star Wars

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Blade Runner: differenze tra le versioni Director’s cut, Final del 2007 e Release cinematografica del 1982

MEDICINA ONLINE BLADE RUNNER RACHAEL SEAN YOUNG fantascienza 1982 diretto Ridley Scott Harrison Ford Rutger Hauer, Sean Young Edward James Olmos Daryl Hannah.jpgAd oggi esistono sette diverse release di Blade Runner, le cui differenze spaziano da mere imprecisioni tecniche a “dettagli” che suggeriscono una completa re-interpretazione del protagonista.

Al contrario di molti altri film, l’interesse per Blade Runner, accresciutosi con gli anni, ha eletto il film allo stato di “cult” e ha spinto tutte le parti in causa a creare una versione definitiva della pellicola, incarnata nella famosa “Final cut” che mette la parola fine ai vari rimaneggiamenti e, tra le altre cose, include scene tagliate dalla censura.

ATTENZIONE!
Data l’esigenza di descrivere le differenze tra le varie versioni, questa pagina contiene SPOILER! Non leggetela se non avete ancora visto il film nelle versioni più recenti e non volete rovinarvi certe sorprese, soprattutto una.

Workprint prototype version (1982)

Durata: 113 minuti
Dove: mostrata inizialmente a Dallas ad un’audience ristretta
Come accade per numerose produzioni, anche per Blade Runner è stata organizzata una preview ad un ristretto numero di spettatori. Come conseguenza di pareri negativi dell’audience limitata, Blade Runner è stato rimaneggiato fino a raggiungere la versione ufficiale rilasciata più tardi nel 1982.
Sono numerose le differenze con le altre versioni. Tra queste [SPOILER!]:
– niente narrativa di Harrison Ford
– manca il sogno dell’unicorno
– non c’è la scena finale in volo sopra una foresta
– dal momento in cui Rick Deckard giunge al Bradbury, la colonna sonora di Vangelis manca completamente, sostituita da musica riempitiva

San Diego sneak preview version (1982)

Dove: a San Diego, poco prima della release ufficiale
Quasi identica alla release ufficiale americana, contiene solo qualche scena in più mai uscita in nessuna versione seguente, nemmeno nella forma di contenuti speciali su DVD.

Release cinematografica ufficiale americana (1982)

Durata: 116 minuti
Dove: in tutti gli USA
La prima versione rilasciata al grande pubblico è riconoscibile dalla [SPOILER!] scena finale aerea con materiale tratto da riprese non utilizzate di Shining e dalla voce fuori campo narrante di Harrison Ford, che non ha mai nascosto il suo disappunto per questa tecnica. La voce narrante fu aggiunta dopo che la test audience diede segnali di non avere capito diversi punti del film.
Questa versione venne rilasciata in VHS e BETAMAX nel 1983, e non vide più la luce fino al DVD della Ultimate Edition del 2007.

Release cinematografica ufficiale internazionale (1982)

Durata: 117 minuti
Dove: Europa e Asia
Rispetto alla release ufficiale americana, questa versione contiene qualche scena “scabrosa” in più. Molti ricorderanno alcune di queste scene [SPOILER!]:
– Roy Batty che, mentre uccide il suo creatore, gli ficca le dita negli occhi
– Roy Batty che, durante l’inseguimento finale, si conficca un chiodo nella mano

Release televisiva ufficiale americana (1986)

Durata: 114 minuti
Dove: in tutti gli USA
Come se non bastassero le scene tagliate dalla versione cinematografica ufficiale americana, la proiezione televisiva manca di ulteriori scene ritenute eccessive per la TV americana degli anni 80.

Director’s cut (1992)

Durata: 116 minuti
Dove: internazionale
Nell’89 venne scoperta una pellicola di Blade Runner che si pensava perduta. Un cinema di Los Angeles ottenne il permesso dalla Warner di proiettare quella versione e si scoprì solo dopo che si trattava della Workprint. Il film cominciò a diffondersi e Blade Runner riemerse come film di culto. A Ridley Scott questa versione non piacque e, dopo diversi colloqui con la Warner Bros, si decise per una re-release cinematografica ufficiale, solo dopo un attento lavoro di “pulizia”. Il risultato vide tre modifiche sostanziali [SPOILER!]:
– la rimozione della voce fuori campo narrativa
– la rimozione della scena finale in volo sopra la foresta
– l’aggiunta del sogno dell’unicorno (vedi foto più in basso)
Il sogno dell’unicorno suggerisce un risvolto nella trama non indifferente [SPOILER!]: Rick Deckard sarebbe un replicante. L’origami di Gaff implica che i sogni di Deckard sono conosciuti, e quindi delle memorie impiantate, caratteristica appunto dei replicanti della stessa generazione di Rachel.
Anche in questo caso, le scene “violente” caratteristiche della international release non vennero incluse. Scott e Ford non diedero pareri particolarmente soddisfacenti di questa versione.
Nel 1997 la Director’s cut venne rilasciata in DVD.

MEDICINA ONLINE unicorn dream BLADE RUNNER Deckard is a replicant FINAL CUT DIRECTOR'S RACHAEL SEAN YOUNG fantascienza 1982 diretto Ridley Scott Harrison Ford Rutger Hauer, Sean Young Ed

Final cut – 25esimo anniversario (2007)

Durata: 117 minuti
Dove: internazionale
La Final cut è la versione più affine alla visione di Ridley Scott, che per l’occasione ha avuto completo controllo artistico. Venne rilasciata prima al cinema e poi in DVD e Blu-Ray nel 2007. Il cofanetto in vendita contiene ben 5 DVD, completi con diverse versioni del film e numerosi contenuti speciali.
Le differenze tra la Final cut e la Director’s cut sono numerose e consistono per la maggior parte di correzioni e miglioramenti tecnici. Ne citiamo un paio tra le meno “tecniche” [SPOILER!]:
– il sogno dell’unicorno è presente, ma in una scena più lunga e comprensibile, che chiarisce meglio l’origine del protagonista
– le scene violente rimosse dalla versione cinematografica americana del 1982 sono tutte incluse.

Ma in definitiva, il protagonista di Blade Runner è umano o è un replicante. Pare che il regista Ridley Scott abbia detto che Rick Deckard sia un replicante, cosa che si intuisce dal sogno dell’unicorno, mentre Harrison Ford abbia detto che in realtà è un umano. La verità? Ognuno scelga la sua preferita!

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Le 20 curiosità che ancora non conosci su RoboCop

MEDICINA ONLINE RoboCop is a 1987 American cyberpunk science superhero action film directed Paul Verhoeven and written by Edward Neumeier and Michael Miner stars Peter Weller, Nancy Allen WALLPAPER HD CINEMA MOVIEQuanto conoscete il film RoboCop – Il futuro della legge? Ecco le venti cose che forse non sapete su questo bellissimo film del 1987. Cominciamo il conto alla rovescia!

20 – L’idea di RoboCop nasce in Edward Neumeier (poi co-sceneggiatore della pellicola assieme a Michael Miner) dopo aver visto una locandina di Blade Runner. Non sapendone nulla, Neumeier chiese a un amico di cosa parlasse quel film: sentendo del poliziotto umano che dà la caccia agli androidi, immaginò la storia inversa, cioè quella di un uomo per metà robot che dà la caccia a dei criminali umani. Una volta steso il soggetto assieme a Miner, i due volevano proporlo a vari studi di Hollywood, presentandolo come un film su “un Ranger Solitario in un futuro dominato dalle corporation”: un uomo di legge creduto morto che torna in azione mascherato. Ma a creare l’occasione giusta pensò il caso, sotto forma di un ritardo aereo: bloccati in un terminal per diverse ore in attesa di un volo, Neumeier e socio ebbero modo di conoscere un produttore importante, intrigato da questa storia del robopoliziotto…

19 – La musica che venne usata per il trailer cinematografico di RoboCop era quella di Terminator: entrambi i film erano prodotti dalla Orion, e in fase di pre-produzione si pensò di far interpretare RoboCop ad Arnold Schwarzenegger. Il problema? La stazza di Schwarzy non era esattamente facile da infilare in una corazza: secondo i produttori avrebbe fatto sembrare il protagonista l’Omino Michelin. Furono presi in considerazione Michael Ironside e Rutger Hauer (richiesto espressamente dal regista, Paul Verhoeven, che aveva già lavorato con lui), ma non erano abbastanza smilzi. Alla fine si scelse Peter Weller perché dalla corporatura più esile e, secondo Verhoeven, dotato della parte inferiore del volto giusta. Tradotto: a Verhoeven piacevano le labbra di Weller.

18 – La scelta del regista fu molto più complicata. La Orion offrì il film praticamente a chiunque: a Jonathan Kaplan (che preferì occuparsi di Project X – Fuga dal futuro con Matthew Broderick), a David Cronenberg (che avrebbe poi diretto Peter Weller ne Il pasto nudo), ad Alex Cox. Alla fine dell’agendina telefonica arrivarono alla V di Verhoeven, regista già di diverse pellicole famose nella nativa Olanda (come Fiore di Carne con Rutger Hauer) e alle prime esperienze a Hollywood (L’amore e il sangue, sempre con Rutger Hauer). Il regista lesse le prime pagine dello script e lo gettò via, ma la moglie andò a ripescarlo dal cestino, lo lesse tutto e fece capire a Verhoeven che la storia non era affatto banale come poteva sembrare. RoboCop inaugurò cinque pellicole dirette da Paul Verhoeven destinate a precipitare con i rispettivi seguiti, non diretti da Verhoeven: l’insulso RoboCop 2L’uomo senza ombra 2 (direct to video del 2006), il flop supersonico Basic Instinct II e Starship Troopers II (direct to video del 2004).

17 – Per interpretare l’agente Anne Lewis, la collega di RoboCop, era stata scelta Stephanie Zimbalist, all’epoca famosa per la serie Mai dire sì. Il telefilm era terminato e la Zimbalist era contrattualmente libera di accettare altri ruoli, ma poi la NBC ci ripensò, decise di girarne altri episodi e l’attrice dovette mollare. Fu allora chiamata Nancy Allen, ma Verhoeven non era contento dei suoi capelli e chiese di farglieli tagliare per darle un look mascolino. Non gli bastava, e glieli fece tagliare ancora più corti. Per quanto riguarda i due cattivi del film, il regista volle mischiare le carte: Kurtwood Smith (il boss Clarence Boddicker) e Ronny Cox (Dick Jones, vicepresidente della OCP) vennero scelti proprio perché non abituati a ruoli del genere. Cox era stato spesso un ufficiale nei suoi film precedenti (colonnello in Taps squilli di rivolta o tenente della polizia in Beverly Hills Cop – Un piedipiatti a Beverly Hills, ad esempio). Per quanto riguarda Kurtwood Smith, Verhoeven gli fece indossare quegli occhiali con montatura a giorno perché così gli ricordava il nazista Heinrich Himmler. Bob Morton, invece, era stato pensato come il tipico dirigente insopportabile, ma lo sceneggiatore Edward Neumeier e Paul Verhoeven si resero conto che grazie all’interpretazione di Miguel Ferrer il personaggio sarebbe venuto fuori un po’ più piacevole, e perciò decisero di smussarne un pelo il carattere. Miguel Ferrer è il cugino di un noto attore hollywoodiano.

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16 – La corazza di Robocop è stata progettata da Rob Bottin (esperto di effetti speciali che aveva già lavorato in Guerre Stellari e La Cosa). Al risultato finale si è arrivati dopo aver scartato per mesi un’infinità di proposte e bozzetti ed esser tornati grossomodo a una delle prime idee, quella cioè di una corazza ispirata al protagonista del manga/anime 8 Man (uno dei primi cyborg nel mondo dell’entertainment) e a quello di Space Sheriff Gavan (il primo metal hero della Toei). Il ritardo del team divenne a un certo punto tale che la consegna del costume avvenne due settimane dopo il previsto, a riprese già iniziate, lo stesso giorno in cui si doveva girare la prima scena con RoboCop. Bottin e i suoi assistenti impiegarono UNDICI ORE per far entrare Peter Weller nel costume e solo a quel punto l’attore si accorse che tutta la mimica studiata con Moni Yakim per il personaggio era inutile: i movimenti con il costume addosso erano talmente limitati che toccava ripartire da zero. Stop alle riprese. La corazza avrebbe dovuto avere un colore più brillante, ma si pensò che una tinta più prossima al grigio le avrebbe conferito un look metallico e avrebbe limitato i riflessi. Le sette tute realizzate in totale da Bottin ed i suoi costarono alla produzione una somma prossima al milione di dollari. Verhoeven e Bottin litigarono durante la produzione del film, soprattutto per la scena in cui Alex Murphy si svita il casco: Bottin voleva un ambiente quasi buio per evitare che si vedesse il trucco sul volto di Weller, mentre il regista voleva che la scena fosse illuminata il più possibile ed era convinto che avrebbe pensato a tutto il direttore della fotografia. La spuntò ovviamente Verhoeven, e i due smisero di parlarsi… fino alla prima di RoboCop. Contenti per il risultato, tornarono amicici e Verhoeven volle Bottin con sé per Atto di forza, film con cui Bottin vinse un Oscar.

15 – Il costume di RoboCop era talmente pesante e faceva sudare a tal punto che Peter Weller perse quasi un chilo e mezzo di liquidi al giorno. Weller aveva studiato la parte indossando un costume imbottito, ma quando (in ritardo, come visto) arrivò quello vero, scoprì che era difficile muoversi dopo averlo indossato quando fuori c’erano 38° C. Prima si provò a rinfrescare l’attore tra una ripresa e l’altra (il suo assistente personale, Todd Trotter, gli stava vicino munito di ventilatori) ed a piazzarlo sotto l’aria condizionata, ma alla fine si decise di munire il costume di una ventola. All’inizio delle riprese, Peter Weller decise di restare nel personaggio tra una scena e l’altra, rispondendo alle indicazioni del regista solo se lo chiamava “Robo”. Ma dopo qualche giorno Verhoeven iniziò a ridergli in faccia e gli chiese di lasciar perdere.

14 – Ben sei tra i protagonisti di RoboCop sono apparsi in film o telefilm di Star Trek: Peter Weller in Enterprise, Ronny Cox (Dick Jones) in Star Trek: The Next Generation, Kurtwood Smith (Clarence Boddicker) in Rotta verso l’ignoto, Star Trek: Deep Space Nine e Star Trek: Voyager, Ray Wise (Leon Nash) in Star Trek: The Next GenerationStar Trek: Voyager, Miguel Ferrer (Bob Morton) in Star Trek III – Alla ricerca di Spock, Robert DoQui (sergente Warren Reed), infine, era Doggra in Star Trek: Deep Space Nine. Circa 20 anni dopo, inoltre, Peter Weller, Paul McCrane (Emil Antonowsky) e Ray Weiss sarebbero apparsi in una stessa puntata della serie 24. Oltre a fare l’attore, Peter Weller tiene oggi occasionalmente delle lezioni alla Syracuse University sulla materia in cui si è laureato e ha conseguito un master: il Rinascimento italiano.

13 – La CPU di RoboCop gira su MS-DOS, come si evince da quel command.com: siamo nel futuro e c’è ancora gente che non si fida di Windows.

12 – La scena del sindaco e dei membri della giunta tenuti in ostaggio dal pazzoide ricalcava un celebre fatto di cronaca di nove anni prima, quando un ex consigliere comunale della città di San Francisco, Dan White, licenziatosi per il salario molto basso e vistosi rifiutare in seguito la sua richiesta di essere riassunto, uccise il sindaco Moscone (cui è dedicato oggi il Moscone Center di San Francisco) ed il consigliere Harvey Milk (alla cui vita Gus Van Sant ha dedicato nel 2009 un biopic con Sean Penn, Milk). Nel film il rapitore sta mangiando dei biscottini Twinkies perché la difesa di Dan White cercò di dimostrare durante il processo come il passaggio da un’alimentazione sana al junk-food avesse influito sul comportamento dell’uomo. Da allora, ogni volta che in mancanza di meglio un avvocato americano tira fuori una teoria bislacca per difendere il proprio assistito, si parla di “Twinkie Defense“.

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11 – Il droide ED-209 (Enforcement Droid 209, in italiano “Elemento Droide 209”) venne creato da Craig Davies ispirandosi alla cabina di un Bell UH-1 Iroquois, detto Huey, l’elicottero della guerra in Vietnam. Ne vennero realizzati sia un modellino in scala, animato in stop motion da Phil Tippett (che si era occupato nella prima trilogia di Star Wars di animare gli AT-AT e i tauntaun ed aveva portato a casa un Oscar per Il ritorno dello jedi), sia un paio di versioni a dimensioni naturali. La voce del droide era quella del produttore Jon Davison, mentre per i versi si erano utilizzati quelli di alcuni animali: un giaguaro ed un maiale. Lo scienziato della OCP che presenta il droide si chiama McNamara, come il Segretario della Difesa USA durante le presidenze di Kennedy e Lyndon Johnson, Robert McNamara.

10 – La pistola che Robocop fa roteare come Clint Eastwood nella Trilogia del dollaro di Sergio Leone, chiamata nel copione Auto-9, è una Beretta M93R modificata per dotarla di una canna notevolmente più lunga. All’inizio si pensò di usare una Desert Eagle Magnum, come quella che si vede durante il primo, non felicissimo test di ED-209, e alcune foto scattate nel backstage mostrano Peter Weller che fa pratica con quel tipo di pistola. Solo che anche quella nelle mani di RoboCop sembrava troppo piccola e si ripiegò allora sulla soluzione “Beretta allungata”. Le auto usate dalla polizia sono versioni modificate di Ford Taurus. All’epoca la principale rivale sul mercato per la Taurus era la Pontiac 6000 ed infatti l’auto che usano i membri della banda di Clarence Boodicker, mostrata anche in una delle finte pubblicità durante il film. Avete poi notato che ogni volta che un’auto della polizia sale o scende la rampa del parcheggio sotterraneo, urta per terra con il parafanghi posteriore sollevando delle scintille?

9 – Non tutti i sette costumi realizzati per il film erano uguali. Uno era infatti dotato di protezioni speciali per farlo indossare ad uno stuntman nell’esplosione della stazione di servizio, mentre altri due erano le versioni danneggiate, da impiegare quando RoboCop affronta ED-209. Il costume, si è detto, era così scomodo e ingombrante da rendere impossibile a Peter Weller indossarlo per intero nelle scene in cui RoboCop è alla guida di un auto: per quelle ci si limitò a usare solo la parte superiore del costume mentre sotto Weller era letteralmente in mutande. Questo spiega anche perché in molte sequenze lo si vede solo mentre sta per entrare o è appena uscito dall’auto. Weller ha dichiarato qualche anno fa che il momento più difficile per lui in tutto il film è stata la scena in cui doveva scendere le scale della discoteca: aveva addosso solo la parte superiore del costume, ma non poteva guardare gli scalini e tutto intorno aveva comparse, musica ad alto volume e fumo. Numero di ciak per completare la scena: tre; numero di volte in cui Weller è venuto giù per le scale: pare nessuna, fortunatamente. Poco dopo lì nella discoteca c’è un cameo del regista: è il tizio che ride quando Leon prova a rifilare un calcio sui testicoli a RoboCop e si fracassa il piede. Le mani di RoboCop erano dei guantoni di gomma, e nella scena in cui Weller deve acchiappare al volo le chiavi dell’auto lanciate dal sergente, alla prima uscita di RoboCop, queste continuavano a rimbalzare. Numero di ciak per completare la scena: 50, un intero giorno di riprese.

8 – La colonna sonora del film venne composta da Basil Poledouris (cui si deve, tra le altre cose, lo splendido soundtrack di Conan il Barbaro), che impiegò sia musica orchestrale che sintetizzatore, per rendere l’idea del tema uomo-macchina. Nella scena in discoteca si sente il brano “Show Me Your Spine” dei P.T.P., progetto di breve durata portato avanti dai membri dei Ministry e dei canadesi Skinny Puppy: il brano non è mai stato pubblicato ufficialmente su alcun supporto fino al 2004, quando è apparso nell’album Side Trax dei Ministry. Restando in tema, in uno dei telegiornali del film appare un uomo riccioluto: molti sostengono si tratti di Alex Van Halen, qualcuno dice che sia suo fratello Eddie, ma non ci sono conferme.

7 – Diverse scene presenti negli storyboard del film non sono mai state girate, ma alla fine delle riprese (20 ottobre 1986) non era stata girata nemmeno quella della morte di Murphy. Visto che erano già in ritardo e avevano sforato sul budget, Paul Verhoeven e il produttore Jon Davison volarono a Los Angeles per comunicare ai piani alti della Orion che mancava quella scena chiave: i dirigenti diedero il via libera alle riprese extra necessarie, girate in un capannone di Los Angeles qualche mese dopo (gennaio 1987).

6 – Sul copione la scena in cui RoboCop sventa uno stupro sparando al primo dei due delinquenti era descritta in modo diverso da quello che si vede nel film. RoboCop avrebbe dovuto semplicemente mirare accanto alla guancia della vittima, centrando l’assalitore dietro di lei. Mentre si provava la scena, Verhoeven notò però che la stuntman Donna Keegan era molto brava, tanto che si poteva provare un’altra soluzione, facendo passare tra le sue gambe il fuoco di RoboCop, dritto nei testicoli del criminale: la scena risultante è di particolare effetto. Quanto alla sparatoria nel laboratorio di droga, tutto avviene a una velocità sensibilmente maggiore rispetto a quanto previsto. Le armi automatiche utilizzate continuavano a incepparsi dopo circa tre secondi di utilizzo, il che voleva dire un massimo di tre secondi buoni di pellicola per ciascuna angolazione: al montaggio ne venne fuori una scena dal ritmo frenetico.

5 – Il cassiere della stazione di servizio porta gli occhiali e legge un libro di geometria: è un omaggio di Verhoeven a se stesso, occhialuto ex studente di matematica in Olanda. Nel drugstore si vedono molti fumetti Marvel, tra cui un numero di Iron Man (quello che il rapinatore porta alla cassa), l’adattamento di Blade Runner e, soprattutto, diversi numeri di ROM, il cavaliere dello spazio. Se il collegamento tra Iron Man e RoboCop è immediato, chi non è un lettore dei fumetti Marvel di vecchia data potrebbe non sapere che quello tra ROM e il poliziotto cyborg di Verhoeven è ancora più stretto: ROM era un eroe che aveva sacrificato la propria umanità, facendo riversare la propria mente in un corpo robotico pur di salvare il suo pianeta. ROM de il Giudice Dredd furono tra le principali fonti di ispirazione dello sceneggiatore Neumeier nello sviluppare il personaggio di RoboCop.

– Il fatto che Weller non riusciva a muoversi dentro al costume, cambiò radicalmente le movenze previste per il personaggio. All’inizio lui e il già citato Moni Yakim avevano studiato dei movimenti rapidi, degli scatti improvvisi come quelli di un serpente, poi rivelatisi impossibili da eseguire. Moni pensò allora a un RoboCop che si muoveva lentamente, come si vede nel film, ma la discussione tra lui, Weller e Verhoven fermò le riprese per tre giorni.

3 – La produzione temeva che i poliziotti non avrebbero gradito la scena in cui RoboCop afferra Clarence Boddicker e lo getta attraverso tre diverse vetrate mentre gli legge i suoi diritti. Per evitare casini e sondare il terreno in anticipo, si organizzò un’anteprima per un pubblico composto solo da agenti di polizia. I poliziotti si divertirono moltissimo con la scena, che venne approvata. Sempre a proposito di poliziotti nella vita vera, quando il film arrivò in sala, RoboCop aiutò ad arrestare un criminale reale. Nella città californiana di Sacramento, un ladro cercò di sfuggire agli agenti che lo inseguivano nascondendosi in un cinema dove proiettavano RoboCop: il ladro restò talmente affascinato dal film da non accorgersi che nel frattempo la sala era stata sfollata e attorno a lui c’erano solo poliziotti che temo non gli abbiano lasciato vedere tutti i titoli di coda. La Orion pensò in un primo momento di usare come frase di lancio per il film “He’s like Dirty Harry with Ball Bearings”, cioè “È come Harry la canaglia, ma con i cuscinetti a sfera”. Poi però decisero saggiamente di lasciar perdere, temendo una causa da parte della Warner. Su questo tema, leggete anche: Quella volta che RoboCop arrestò un vero criminale

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2 – Per RoboCop 2  si sarebbe impiegato qualche tempo dopo un Amiga 2000 con sistema di editing Video Toaster NewTek (usato in seguito anche per la serie Babylon 5), ma in RoboCop quasi tutti gli effetti erano ancora pura creatività meccanica anni 80. Tanto che due degli elementi più famosi della corazza di RoboCop… non facevano parte della corazza di RoboCop. Per la scena della fondina nella coscia in cui Murphy infila la pistola dopo averla fatta roteare venne usata in realtà una gamba a sé stante, con il meccanismo di apertura controllato da un telecomando. Stesso discorso per lo spuntone che esce dalle nocche di RoboCop, usato da Murphy sia per collegarsi al database della polizia, sia per colpire Boddicker a fine pellicola: in quelle scene c’era semplicemente un tizio che reggeva un finto braccio davanti alla telecamera. Per la scena degli ostaggi visti da RoboCop attraverso il muro con gli infrarossi, semplicemente rivestirono dei tizi nudi di vernice fluorescente e usarono la luce nera di una lampada di Wood.

1 – Nel 1988, per sfruttare la popolarità del poliziotto di Verhoeven, la Meineke (azienda di ricambi per auto) realizzò uno spot con RoboCop. Un RoboCop che, per non avere beghe legali, era completamente arancione. Parlando di testimonial, qualche anno fa saltò fuori anni fa questa foto con un tizio vestito da RoboCop assieme all’ex presidente Richard Nixon: nessuno tra quelli che erano stati coinvolti nella realizzazione del film ne sapeva nulla. Solo dopo un po’ qualcuno si è ricordato di questa iniziativa di beneficenza cui aveva partecipato anche la Orion e come portavoce della quale Nixon era intervenuto a una festa, nei giorni dell’uscita su VHS del film. Il prezzo di quella videocassetta, al lancio, era di 89,98 dollari del 1987 che – in termini di potere d’acquisto – sono quasi 200 dollari di oggi! Uno degli elementi più noti del film, gli spot con il loro umorismo cinico (poi ripresi da Verhoeven in Starship Troopers), furono aggiunti dal regista per i problemi che il film stava incontrando con la censura. RoboCop aveva infatti ricevuto una X dall’MPAA, l’organo di autocensura dei film USA, lo stesso rating che si dà ai film per adulti e che solo in rarissimi casi (Arancia Meccanica) veniva affibbiato per i contenuti violenti di un film. Per ottenere una R (minori di 17 anni accompagnati), Verhoeven fu costretto ad edulcorare molte scene, come l’uccisione di Murphy o l’impalamento finale di Boddicker (scene poi ripristinate in varie edizioni per l’home video), accantonando così il suo progetto di un film con una violenza talmente esagerata da risultare comica. Lo stesso Paul Verhoeven ha dichiarato inoltre in un’intervista che la figura di RoboCop nel film rappresenta un’allegoria cristiana: la morte e resurrezione, il buco in fronte di Murphy quando viene ucciso che ricorderebbe la corona di spine portata da Gesù, come anche la camminata sull’acqua in cui Murphy si esibisce alla fine del film. C’è poi chi alle dichiarazioni del regista ha aggiunto dell’altro, accostando anche la pozza di acqua divenuta rossa per il sangue di RoboCop e di Boddicker al miracolo della tramutazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana da parte di Gesù.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Le 20 curiosità che ancora non conosci sul film Aliens – Scontro Finale

MEDICINA ONLINE ALIEN 2 SCONTRO FINALE Aliens is a 1986 American science-fiction action horror film written and directed by James Cameron, produced by Gale Anne Hurd and starring SigournQuanto ne sapete sul film Aliens – Scontro Finale dl 1986? Ecco le venti cose che forse non sapete su questo bellissimo film di fantascienza, seguito del primo Alien del 1979!

20 – Sigourney Weaver NON voleva girare un secondo film nei panni di Ripley. La storia presentata da James Cameron le piacque però tanto da farle cambiare idea: restava quindi da appianare solo un piccolissimo problema in merito al suo cachet. Le discussioni tra il suo agente e la Fox andarono avanti così a lungo che, a un certo punto, la compagnia cercò di convincere Cameron a sviluppare un sequel SENZA Ripley. Alla fine il regista contattò l’agente di Schwarzenegger, fingendo di volerlo tirare dentro come protagonista. L’agente, come previsto da Cameron, chiamò il collega che si occupava della Weaver per avvisarlo, visto che i due lavoravano per la stessa agenzia, e in breve tempo si trovò l’accordo. Tutta contenta, l’attrice si portò dietro pure la mamma (Elizabeth Inglis interpreta la figlia di Ripley, invecchiata e morta mentre la madre era in giro in ipersonno). Sigourney Weaver pose inizialmente tre condizioni a Cameron: in questo seguito Ripley non doveva impugnare alcuna arma, doveva essere ingravidata da un alieno ed alla fine doveva morire. Cameron non ne ha rispettata nessuna.

19 – L’APC (M577 Armoured Personnel Carrier), il veicolo impiegato per il trasporto truppe dai Marine, nei piani di Cameron avrebbe dovuto avere un design diverso. Ma la società incaricata di crearlo da zero pretendeva troppi soldi e perciò si è ripiegato su un rimorchio della British Airways, uno di quei così piatti con le ruotone giganti usati negli aeroporti per tirarsi dietro gli aerei. Per renderlo più veloce, però, si è stati costretti ad eliminare buona parte della struttura originale, riducendone così il peso di oltre 45 tonnellate.

18 – Il nome della nave del primo Alien, la Nostromo, era un omaggio al romanzo omonimo di Joseph Conrad. Quello della nave di Aliens – Scontro Finale, la USS Sulaco pure. Sulaco era la città mineraria sudamericana in cui lo scrittore polacco-britannico ha ambientato Nostromo. Le altre citazioni letterarie di Aliens spaziano da Starship Troopers di Heinlein (la “caccia all’insetto” di cui parla Hudson all’inizio) ad Asimov: Bishop cita a un certo punto in versione bignami la prima delle tre leggi della robotica, quella secondo cui “Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno”.

17 – Nella prima versione dello script, “Alien II” (settembre 1983), il personaggio di Carter Burke non c’era, il nome del pianeta era solo Acheron senza la sigla alfanumerica LV-426, la figlia di Ripley era ancora viva, Ripley, Newt e Hicks finivano imbozzolati e, soprattutto, gli alieni erano divisi in varie razze. Quelli addetti all’imbozzolamento, in particolare, erano albini e più piccoli dei guerrieri.

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16 – Il set della colonia Hadley’s Hope, cioè la vecchia centrale elettrica dismessa di Acton, Londra, è stato riutilizzato nel Batman di Tim Burton per gli interni della Axis Chemicals. La troupe di Aliensha lasciato tutto così, ciao, chiudete voi, e i tizi della Warner si sono trovati i muri con la finta bava e tutto il resto da ripulire. Felicissimi, guarda. Non ti dico. Stando a quanto dichiarato da Lance Henriksen, visto che le scene in interni ai Pinewood Studios sono state girate mentre Kubrick era alle prese con il suo Full Metal Jacket, cast e troupe delle due pellicole hanno organizzato in quelle settimane lì feste, partite a scaricabarile e pinella, gare di rutti. In uno studio lì accanto c’era anche Al Pacino (sul set di Revolution), che è passato un paio di volte a distribuire cinque alti a tutti.

15 – Tutti gli attori che interpretano dei marine nel film, tranne il ritardatario Michael Biehn hanno dovuto seguire due settimane di addestramento da parte di uomini del SAS britannico. Cameron ha esentato Sigourney Weaver, Paul Reiser e William Hope, perché Ripley e Burke sono due civili e Gorman doveva fare la figura dell’incapace.

14 – Le capsule dell’ipersonno sulla Sulaco che si vedono all’inizio del film sembrano dodici, ma sono in realtà solo sei. Il problema era ovviamente di natura pecuniaria, perché ciascuno di quei cosi costava la bellezza di quattromila e trecento dollari

13 – All’inizio delle riprese, Hicks era James Remar. Solo che a un certo punto lui e James Cameron hanno litigato perciò Remar è stato allontanato ed al suo posto è stato chiamato in fretta Michael Biehn, con cui Cameron aveva già lavorato in Terminator. Narra la leggenda che il venerdì sera il regista gli abbia fatto un colpo di telefono e che il lunedì mattina lui fosse già a Londra sul set. Ma che fare delle scene già girate? Quelle in cui i Marine entrano nella colonia? C’erano i soldi per rigirarle da capo? No, no che non c’erano. Morale della favola, anche se voi non lo sapete, in alcune inquadrature in cui lo si vede di spalle, Hicks è ANCORA James Remar.

12 – Gli attori che interpretano i Marine della Sulaco hanno avuto carta bianca da Cameron per personalizzare armature ed elmetti. Giusto per quel tocco di realismo da warmovie in Vietnam in più che buttalo via. Cynthia Dale Scott, che nel film è Dietrich, si è fatta scrivere “BLUE ANGEL” sull’elmetto, come omaggio all’angelo azzurro di Marlene Dietrich. Bill Paxton (Hudson), invece, “Louise” sulla corazza, come dedica alla moglie, Louise Newbury. Ricco Ross (Frost) il diminutivo “Heath” in un cuore, per la fidanzata dell’epoca, Heather.

11 – Per le navette da sbarco (UD-4L Cheyenne Dropship), James Cameron ha ingaggiato diversi designer ed esaminato molte proposte. Ma siccome nessuna lo convinceva, ha fatto da sé: il suo prototipo l’ha ottenuto incollando sul cockpit di un elicottero Apache giocattolo dei pezzi di altri modellini.

10 – Lance Henriksen voleva indossare delle lenti a contatto con la doppia pupilla per far assumere a Bishop un look più inquietante nella scena in cui sta osservando dei campioni al microscopio in laboratorio.

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9 – Il fucile a impulsi dei Marine (M41A Pulse Rifle) nasceva dall’accoppiamento di una mitragliatrice Thompson M1A1, di uno shotgun Remington 870 e di alcuni pezzi di un altro fucile, il bimodale semi-automatico/a pompa Franchi SPAS 12. Le smart gun M56 derivavano invece da vecchie mitragliatrici tedesche MG 42 fissate a un’imbracatura da steadicam modificata. Pesavano davvero un casino. Sempre a proposito delle armi, nella scena in cui Vasquez si trova nel condotto dell’aria e spara agli alieni con la pistola, l’attrice Jenette Goldstein non riusciva a tener ferma l’arma dopo aver fatto fuoco. In quelle scene, perciò, è stata sostituita da una stuntman d’eccezione: la produttrice Gale Anne Hurd, da poco moglie di Cameron, che aveva già maneggiato armi vere al poligono e sapeva che diavolo fare. Oggi la Hurd è tra i produttori di The Walking Dead. Ha divorziato da James Cameron nel 1989: due anni dopo ha sposato Brian De Palma, ma anche lì è durata poco. Il suo terzo marito è lo sceneggiatore e regista Jonathan Hensleigh (The Punisher).

8 – La produzione voleva coinvolgere H.R. Giger per fargli sviluppare un altro po’ di design per il film, ma Cameron si disse contrario. C’era da creare in pratica solo la Regina Aliena, e per quella aveva già dei bozzetti pronti. Appena finiva di ramazzare il set, preparare il pranzo per tutti e spicciare casa ci si metteva lui.

7 – In una scena eliminata del film, un impiegato della colonia, prima di diventare amico intimo di un facehugger come tutti i suoi colleghi, incontra un supervisore e i due si lamentano della compagnia, la Weyland Yutani: “…e otteniamo sempre la stessa risposta: Lascia stare”. Cameron riutilizzò in seguito tutta la scena, frase inclusa, in Terminator 2 – Il giorno del giudizio. Metti la CyberDyne Systems al posto della Weyland Yutani ed ecco fatto.

6 – Altri collegamenti con la saga di Terminator? Quanti ne volete. In una delle scene presenti solo nella special edition, Bill Paxton (Hudson) parla del “phased plasma pulse rifle”. I fucili usati dai marine coloniali esplodono proiettili e granate, non plasma: si tratta infatti di una citazione dal primo Terminator, la scena in cui il giovane Schwarzenegger chiede al tipo nell’armeria, perlappuntamente, un “phased plasma rifle”. Nel primo Terminator appaiono inoltre vari membri del cast di Aliens: Michael Biehn, Lance Henriksen e Bill Paxton. In Terminator 2 si aggiunge alla cumpa anche Jenette Goldstein/Vasquez.

5 – Tutta quella parte del film in cui Ripley tiene con una mano il fucile e con l’altro braccio regge Newt? Per evitare alla Weaver un eccessivo sforzo, venne realizzato un fantoccio più leggero della giovane Carrie Henn da impiegare in alcune inquadrature. Le scarpe di Ripley, quelle sneaker alte con lo strap, erano un paio di Reebok. L’azienda britannica ne ha rimesso in commercio una replica nel 2010. Il conto alla rovescia di quindici minuti, a fine pellicola? Dura davvero quindici minuti.

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4 – Dei Marine Coloniali della Sulaco non viene citato il nome di battesimo, ma solo il cognome. Per praticità, nei documenti ufficiali del film ciascuno conservava il nome dell’attore che lo impersonava: Colette Ferro (Colette Hiller), Daniel Spunkmeyer (Daniel Kash), Mark Drake (Mark Rolston), Ricco Frost (Ricco Ross), Trevor Wierzbowski (Trevor Speedman), Al Apone (Al Matthews), Jenette Vasquez (Jenette Goldstein), William Hudson (Bill Paxton), William Gorman (William Hope), Cynthia Dietrich (Cynthia Dale Scott). L’unica eccezione è rappresentata dal caporale Hicks, che di nome fa Dwayne e non Michael o James (come Biehn e Remar).

3 – Al Matthews, che nel film interpreta il sergente Apone, era stato davvero un sergente dei Marine. Matthews ha combattuto in Vietnam, dove ha rimediato varie medaglie ed è stato il primo soldato di colore della prima divisione Marine ad esser promosso sul campo sergente.

2 – Hudson (Bill Paxton) pronuncia nel film 35 volte la parola “Man”. La celebre scena in cui, precipitata la dropship, dice “Game over, man! Game over!” non era così sul copione e fu frutto perlopiù di una sua improvvisazione. La parola “fuck”, invece, è ripetuta 25 volte. 18 delle quali per bocca di Hudson.

1 – Avete presente tutta quella tonnellata di xenomorfi fatti a brandelli nel film? La produzione poteva contare su SEI costumi da alieno, alcuni dei quali incompleti (tutine nere con giusto delle parti in lattice appiccicate sopra). Il risultato finale è frutto solo di un lavoro di pianificazione, scelta delle inquadrature, abuso di trucchi di illuminazione e montaggio così certosini da avere il beneplacito ufficiale della Grande Chartreuse.

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