Omosessualità negli adolescenti: pregiudizi, fattori genetici e ormonali

MEDICINA ONLINE DEPRESSIONE TRISTE UMORE SUICIDIO ADOLESCENTE SCUOLA BULLISMO OMOSESSUALITA SOLITUDINE MORTE LUTTO AIUTO VOGLIO SUICIDARMIOltre alle esperienze eterosessuali, tra gli adolescenti sono abbastanza comuni anche i rapporti omosessuali, cioè quelli in cui entrambi i partner sono dello stesso sesso, specialmente per i maschi e soprattutto durante la terza infanzia o all’inizio dell’adolescenza. Dalle relativamente poche ricerche sull’omosessualità degli adolescenti, risulta che il 15% dei maschi e il 10% delle femmine abbiano avuto almeno un contatto omosessuale, mentre il 2-3% dichiara di avere rapporti omosessuali abituali. Tra gli adulti dei paesi occidentali sembra che gli omosessuali rappresentino il 4-6% della popolazione, anche se ovviamente tale numero potrebbe essere decisamente sottostimato e in alcune teorie l’omosessualità raggiunge il 20%.

Naturale tendenza alla omosessualità

Prove recenti hanno rafforzato l’ipotesi che la tendenza all’omosessualità possa derivare non solo da fattori ambientali (una volta indicati come unico fattore casuale dell’omosessualità), ma anche da fattori genetici o da disposizioni ormonali durante la vita intrauterina. A tal proposito lo psicologo Carl Roberts ed i suoi collaboratori hanno
studiato un gruppo di bambini manchi che fin dai primi anni di vita avevano mostrato una spiccata predilezione per i giocattoli ritenuti “femminili” e preferivano giocare con le coetanee femmine piuttosto che con i maschi usando. Quando Roberts confrontò questi bambini con altri che manifestavano un comportamento tipicamente “maschile” (giochi considerati “maschili” e compagnie soprattutto maschili), trovò poche prove che avessero ricevuto particolari rinforzi in tal senso e neppure risultò che i padri avessero fornito loro i modelli per tali comportamenti. Ciò che Roberts ha scoperto invece è che questi bambini dal comportamento “femminile” e che avevano una predilezione per i giochi “femminili” fin dall’inizio della prima infanzia, da adulti – in tre casi su quattro – erano diventati omosessuali o bisessuali. L’esperimento di Roberts presupponeva quindi l’esistenza di una naturale tendenza alla omosessualità in alcuni soggetti, praticamente libera da condizionamenti ambientali e forse correlata al bagaglio genetico.

Omosessualità ed ormoni

Anche gli studi compiuti su alcune bambine che avevano ricevuto elevati livelli di ormoni androgeni durante il periodo prenatale hanno mostrato gli effetti comportamentali causati dalle condizioni prenatali. Queste bambine «androgenizzate» paragonate alle loro sorelle normali risultarono in seguito più interessate a giochi rumorosi e “maschili”, generalmente preferivano giocare con i maschi, erano meno interessate alle bambole ed ai bambini piccoli e difficilmente immaginavano sé stesse
come future madri, ma non abbiamo dati concernenti le loro preferenze sessuali da adolescenti o da adulte. Ancor più convincente è uno studio sui gemelli condotto da Bailey e Pillard, dal quale risulta che la preferenza sessuale è molto più simile tra i gemelli monozigoti che tra quelli eterozigoti. In questo campione, quando uno dei
gemelli era omosessuale la probabilità che anche l’altro lo fosse era del 52% tra i monozigotici, ma soltanto del 22% tra gli eterozigoti. In confronto, l’equivalente «per-
centuale di concordanza» era soltanto dell’11% tra coppie di bambini senza legami biologici, adottati dalla stessa famiglia. Questo esperimento spinge quindi nella direzione genetica come fattore alla base dell’orientamento omosessuale.

Cause ambientali

Tali prove biologiche non significano ovviamente che non esista alcuna causa ambientale che sia capace di influenzare l’orientamento in direzione omosessuale. Come ho detto più volte, nessun comportamento è interamente controllato dalla natura (genotipo) o dalla cultura (fenotipo), bensì è il risultato tra una complessa interazione tra i due comparti. Lo studio sui gemelli mostra che i monozigoti non hanno immancabilmente lo stesso orientamento sessuale, come ad indicare che il genotipo sia una parte della causa, mentre l’ambiente (o altro!) sia l’altra parte: è anche difficile quanta parte percentuale sia l’una e quanta l’altra. Qualcosa al di là degli agenti biologici deve essere all’opera, ma ancora non sappiamo quali siano i fattori ambientali coinvolti, né se ci siano ulteriori fattori attualmente non presi in considerazione.

Pregiudizi

Qualunque sia la causa, un orientamento omosessuale è attualmente la scelta di una minoranza di persone ed è quindi associata ad alti livelli di pregiudizi e di stereotipi ed a un rischio elevato di vari problemi adolescenziali. In uno studio, ad esempio, quattro quinti dei ragazzi gay intervistati a Minneapolis avevano avuto un peggioramento nel rendimento scolastico e più di un quarto aveva abbandonato la scuola superiore proprio a causa del bullismo derivato dal proprio orientamento sessuale. Questi giovani devono anche affrontare la decisione se “tenere tutto per sé” o “dichiarare ufficialmente” le proprie tendenze sessuali (il “coming out”): già solo dover affrontare tale scelta è fonte di enormi dubbi e paure per un adolescente. I giovani che decidono di parlare ad altri della propria omosessualità, è più probabile si confidino con i coetanei che con i genitori, sebbene parlarne con i coetanei presenti un rischio visto che tale informazione può rapidamente viaggiare in ambienti ristretti, come la scuola, e diffondersi come “pettegolezzo”, anche grazie al potere virale dei social come Facebook o Twitter. Altro rischio è che l’amico – per ignoranza – si spaventi del fatto che in qualche modo egli possa “infettarsi” e diventare gay o essere lui stesso oggetto delle avances dell’amico omosessuale. Dalla stessa ricerca di Minneapolis è emerso che il 41% dei ragazzi gay aveva perso un amico a causa delle sue tendenze sessuali. Alcune ricerche indicano che i due terzi dei giovani gay non hanno rivelato il loro problema ai genitori: fare coming out in famiglia è in molti casi estremamente difficile, soprattutto per gli omosessuali maschi nati in ambienti estremamente cattolici dove l’omofobia è legge. Ovviamente ci sono molte cose che non sappiamo riguardo agii adolescenti e alle adolescenti omosessuali, ma si può immaginare che per questo sottogruppo gli anni dell’adolescenza siano particolarmente stressanti, tanto che si è coniata l’espressione “minority stress”. Come i giovani appartenenti alle minoranze etniche, gli adolescenti omosessuali hanno di fronte un problema in più per la formazione di una chiara identità.

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