Con “aprassia” (in inglese “apraxia”), in medicina ci si riferisce a un disturbo neuro-psicologico acquisito del movimento volontario caratterizzato dalla perdita degli schemi appresi del movimento, in assenza di segni di lesione del motoneurone superiore o inferiore, di atassia o di disturbi extrapiramidali. Purtroppo attualmente la quantità degli studi sull’aprassia è piuttosto esigua, come anche le terapie. L’aprassia è – nei casi più gravi – è invalidante: può abbassare di molto la qualità della vita, interferire con l’attività lavorativa e minare l’autonomia della persona.
Sintomi e segni
L’aprassia si manifesta frequentemente in modo caratteristico: il paziente perde la capacità di compiere gesti coordinati e diretti ad un determinato fine, nonostante siano inalterate la capacità mentale di ideare il gesto, la volontà di compierlo e la capacità motoria del soggetto. Ad esempio un paziente aprassico vorrebbe allacciarsi le scarpe, o versare del vino in un bicchiere o farsi il nodo alla cravatta, tuttavia non riesce a portare a termine lo schema dei movimenti necessari e quindi non riesce a mettere in atto il gesto che vorrebbe compiere. I disturbi prassici in genere non ostacolano l’esecuzione delle attività della vita quotidiana ampiamente automatizzate ma coinvolgono le attività gestuali relative ad azioni complesse, lunghe e soprattutto di recente apprendimento.
I pazienti con aprassia costruttiva possono avere difficoltà a copiare una semplice forma geometrica (vedi immagine in basso) e/o a tenere in mano ed utilizzare una penna; in alcuni casi non riescono a comprendere/immaginare/ideare il compito di copiatura.

Il paziente con aprassia costruttiva non riesce a copiare il disegno del cubo in modo normale
L’aprassia di tipo cinetico si manifesta nella anomala lentezza di un arto nell’esecuzione di un’azione conosciuta e già ben acquisita: ad esempio il soggetto riesce ad allacciarsi la scarpa o a farsi il noto alla cravatta, tuttavia riesce a portare a termine lo schema motorio solo tramite movimenti molto lenti. L’aprassia in particolare colpisce i muscoli delle braccia, mentre quelli degli arti inferiori e del viso sono rapidamente interessati. Ancora discussa è l’aprassia del tronco. In molti casi i soggetti affetti da aprassia sono inconsapevoli di avere una patologia: non si rendono infatti conto di soffrire di aprassia.
Sintomi e segni associati
Nelle forme da lesione a focolaio si osservano soprattutto deficit neurologici focali (afasia, emiplegia destra, più raramente emianestesia o emianopsia omonima). I pazienti con aprassia sono generalmente dotati di intelligenza normale. altri eventuali sintomi e segni sono legati alla malattia a monte che ha provocato l’aprassia.
Cause e fattori di rischio
Le cause di una aprassia possono essere molto varie. Possibili condizioni e patologie che causano o comunque favoriscono l’insorgenza di una aprassia, includono:
- traumi;
- neoplasie;
- danni vascolari;
- ictus cerebrale;
- atrofia focale;
- encefalopatia epatica;
- TIA (attacco ischemico transitorio).
Fattori di rischio per l’aprassia sono:
- infarti di tipo trombotico od embolico;
- emodialisi a lungo termine;
- famigliarità;
- età avanzata;
- tumori cerebrali;
- malattie psichiatriche;
- cirrosi epatica;
- insufficienza epatica;
- morbo di Alzheimer e malattie neurodegenerative in generale;
- lesioni a carico del corpo calloso.
L’incidenza dell’aprassia è considerevole tra i pazienti cerebrolesi: circa un terzo dei soggetti con lesioni dell’emisfero cerebrale sinistro soffre di una forma di aprassia.
Diagnosi
Per porre una diagnosi di aprassia sono importanti anamnesi ed esame obiettivo: in particolare è necessario osservare il soggetto durante l’esecuzione di azioni quali il lavarsi, il radersi o il mangiare. Successivamente si chiede al paziente di compiere una serie di atti simbolici (salutare, mandare un bacio, fingere di pettinarsi o di lavarsi i denti). Se il soggetto non è in grado di compiere tali azioni gli si forniscono gli strumenti (ad esempio un paio di forbici) con cui esse vengono compiute e gli si chiede di imitare l’esaminatore. Un altro test ancora riguarda l’uso coordinato e sequenziale di più oggetti, per esempio l’azione di preparare il caffè o accendere una candela. Per escludere che si tratti di ipostenia (miastenia), si osservano i vari muscoli impegnati nell’azione scelta nel loro insieme. Una volta individuata l’aprassia e la sua tipologia, una TC e/o una risonanza magnetica (con o senza sequenze angiografiche) possono essere molto utili per individuare la lesione nervosa che causa il disturbo (ad esempio una emorragia o una massa tumorale).
Aprassia melo-cinetica di Kleist (o innervatoria)
L’aprassia melocinetica di Kleist (o aprassia innervatoria) è una aprassia di esecuzione pura, in cui è coinvolta l’attività manuale e l’esecuzione di gesti già acquisiti sia
automatici che volontari. Di solito è unilaterale e consiste in un disturbo del
movimento volontario che appare goffo, impacciato, grossolano impreciso. Vi è una perdita di destrezza di un arto o di un emicorpo. Assomiglia ad un disturbo incoordinatorio, più che a un’aprassia. E’ spesso associato a degenerazione
corticobasale.
Trattamento
Il trattamento di una aprassia dipende dalla causa a monte che l’ha determinato: ad esempio se presente un tumore cerebrale si rende necessario un intervento chirurgico per rimuoverlo. Una volta eliminata la causa a monte, l’aprassia potrebbe sparire oppure permanere. Non esiste una terapia medica specifica per curare l’aprassia: alcuni farmaci che si pensava potessero rallentare la progressione dei sintomi, non si sono dimostrati efficaci. Fisioterapia, logopedia e terapia occupazionale sono senz’altro utili e tendono almeno ad aumentare l’autonomia e migliorare la qualità della vita del paziente. L’approccio riabilitativo “cinematico” è basato sull’analisi cinematica degli attributi spazio-temporali delle traiettorie nell’esecuzione di gesti usuali ed ha come obiettivo quello della riacquisizione del controllo/automatizzazione delle sequenze motorie.
Prognosi e qualità della vita
La prognosi è estremamente variabile: alcune aprassie migliorano spontaneamente in un tempo variabile (generalmente alcuni mesi), ma in alcuni casi (circa due pazienti su dieci) il soggetto rimane aprassico per anni o per tutta la vita e l’aprassia in questo caso tende a peggiorare progressivamente nel tempo anche se la fisioterapia potrebbe invertire lievemente questa tendenza e determinare un leggero miglioramento. Alcuni tipi di aprassia non determinano un grande calo della qualità della vita sociale e/o professionale, mentre altri tipi possono impattare molto negativamente sulla qualità della vita sociale/professionale e sull’autonomia del paziente, specie in soggetti anziani e/o già debilitati. Alcuni pazienti con grave aprassia necessitano di assistenza continua, dal momento che potrebbero non essere più in grado di svolgere le normali attività sociali (lavarsi, alimentarsi, indossare un vestito…) e professionali. La fisioterapia, la logopedia e la terapia occupazionale migliorano, anche se in genere in misura modesta, il grado di autonomia del paziente.
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