Una esperienza specifica che – tra le altre – potrebbe influenzare lo sviluppo di quelle che lo psicologo, biologo, pedagogista e filosofo svizzero Jean Piaget (Neuchâtel, 9 agosto 1896 – Ginevra, 16 settembre 1980) chiama “operazioni concrete“, è la scuola. E’ ragionevole ritenere che la scuola inizi intorno ai 6-7 anni in tutte le culture proprio perché gli adulti hanno implicitamente riconosciuto che i bambini di questa età sono pronti per apprendere materie più astratte, ma è anche possibile che sia la scuola stessa a stimolare o provocare il passaggio a forme più astratte di pensiero. Se questo è vero dovremmo constatare che i bambini che non frequentano la scuola subiscono ritardi nell’acquisire le abilità relative alle operazioni concrete. I ricercatori hanno cercato di verificare questa ipotesi studiando i bambini di società o culture in cui la scuola non è obbligatoria o non è disponibile ovunque.
Confrontando gruppi simili, alcuni formati da bambini che frequentano la scuola e altri da bambini che non la frequentano, è possibile rendersi conto del ruolo che svolge la scuola nello sviluppo cognitivo.
Assenza della scuola
Una grande varietà di studi condotti in Messico, Perù, Colombia, Liberia, Zambia, Nigeria, Uganda, Hong Kong e in molti altri paesi, ha portato alla conclusione che la scuola svolge un ruolo attivo causale nello sviluppo di almeno alcuni tipi di pensiero complesso. I bambini che frequentano la scuola, rispetto a quelli della stessa età che non la frequentano, riescono meglio nei compiti che richiedono l’uso
della memoria, specialmente in quelli che comportano la costruzione di nuove categorie mentali o l’uso di strategie mnemoniche superiori. I bambini che vanno a scuola, rispetto a quelli che non la frequentano, sono inoltre più bravi nei compiti di classificazione, specialmente quelli che implicano una base di classificazione diversa da quella del colore o della funzione e sono più abili nel passare da una base di classificazione a un’altra; inoltre, hanno maggiore probabilità di comprendere i principi della conservazione. Più in generale, i bambini che frequentano la scuola risultano migliori quando devono applicare a un nuovo contesto un concetto o un principio che hanno già appreso.
L’esperimento di Stevenson
Un buon esempio, tra le ricerche sulla scuola, è lo studio dello psicologo statunitense e professore presso la University of Michigan Harold W. Stevenson (1924 – 2005) sui bambini indiani Quechua del Perù.

Harold W. Stevenson
Insieme ai suoi collaboratori, Stevenson ha testato dei bambini di età compresa tra i 6 e gli 8 anni in aree rurali e che vivevano in città e, in ogni ambiente, ne ha esaminati alcuni che avevano frequentato la scuola per circa sei mesi ed altri che non avevano ancora iniziato o che abitavano in una zona in cui la scuola non esisteva. Stevenson ha riscontrato che, sia nelle aree rurali che in quelle urbane, i bambini che avevano frequentato la scuola riuscivano meglio in quasi tutti i compiti, comprese le prove relative alla seriazione e alla formazione dei concetti. Queste differenze rimanevano anche tenendo conto del livello culturale dei genitori, dell’alimentazione del bambino e della quantità di istruzione supplementare fornita a casa. Solo nelle prove relative alla memoria, ad esempio nella capacità di ripetere una serie di numeri che venivano letti, non vi erano differenze.
Venditori ambulanti in Brasile
Quanto detto fino ad ora non significa ovviamente che la scuola sia il solo modo per i bambini di acquisire forme complesse di pensiero, in quanto anche le esperienze specifiche in un settore particolare possono promuovere le capacità. Ad esempio il professore e ricercatore Geoffrey Saxe in un esperimento ha constatato che, in Brasile i ragazzini di 10 anni che fanno i venditori ambulanti e che non hanno mai frequentato una scuola hanno comunque inventato delle strategie personali ed originali per risolvere i problemi aritmetici e lo fanno con una precisione molto maggiore dei bambini brasiliani che non frequentano la scuola e che non fanno i venditori ambulanti. Nello stesso tempo, tuttavia, i venditori ambulanti hanno difficoltà a risolvere i problemi aritmetici di tipo scolastico: se ne deduce perciò che la scuola non solo metta a contatto i bambini con molte abilità specifiche e settori della conoscenza che aumentano le loro capacità in molti campi, ma risulta anche che stimoli lo sviluppo di strategie più generalizzate, astratte e flessibili per ricordare e risolvere i problemi.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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