Aibileen: sono nata nel 1911 nella contea di Chickasaw, piantagione Piedmont.
Skeeter: da bambina sapevi che un giorno avresti fatto al cameriera?
Aibileen: lo sapevo, sissignora.
Skeeter: e come facevi a saperlo?
Aibileen: mia mamma era Continua a leggere
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L’esperimento di Jane Elliott per spiegare il razzismo ai bambini
Siamo nel 1968 in una piccola scuola di Randall, nello Iowa, USA, dove lavora Jane Elliott, una educatrice e un’attivista per i diritti civili. Quando Continua a leggere
Con un semplice gesto questa ragazza ha cambiato la mentalità di molti americani
“L’ho fatto perché sono nera. E’ stato il mio modo di difendere me stessa, mio figlio, la mia famiglia, la mia comunità e tutti quanti dalla violenza razziale”. Così Ieshia Evans, la ragazza dello scatto simbolo delle proteste esplose negli Stati Uniti dopo l’ondata di violenze che ha coinvolto polizia e afroamericani, spiega il momento in cui sola e disarmata ha fronteggiato gli agenti in tenuta antisommossa a Baton Rouge, in Louisiana. “The Queen in the Sundress”, la ragazza in prendisole, come l’hanno ribattezzata i social, lo racconta in una breve intervista video girata all’aeroporto prima di tornare a casa a New York.
Continua la lettura su https://www.repubblica.it/esteri/2016/07/12/news/usa_la_ragazza_della_foto_simbolo_l_ho_fatto_per_mio_figlio_e_per_tutti_noi_-143890146/
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La diversità è il più grande dono che la natura ha fatto a tutti gli esseri viventi
Essere diversi dagli altri è il segno tangibile di quanto la natura tenga alla sopravvivenza degli uomini e di tutti gli esseri viventi della terra.
La variabilità genetica è la caratteristica che ci ha permesso di evolverci e di essere così come siamo oggi.
La diversità non è un difetto; la diversità è il più grande dono che la natura ha fatto a tutti gli esseri viventi.
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- Essere diversi è una qualità!
- Come un filo d’erba nell’asfalto ed il cemento
- La prossima volta che ti cercano
- Torna indietro solo per prendere la rincorsa
- Ogni istante della nostra vita è una occasione per rivoluzionare tutto, completamente
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I cervelli non sono tutti uguali…
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Il colore della pelle? Solo una questione di melanina
La melanina è un pigmento nerastro/bruno elaborato in molti animali, tra cui l’uomo, da particolari cellule chiamate melanociti. Negli esseri umani la melanina – presente nella pelle, nei peli, nell’iride e in numerosi altri organi – determina il colore della pelle.
Sei troppo intelligente per lasciare che un semplice pigmento condizioni la tua capacità di giudizio.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Suicidarsi a causa del Minority Stress: minoranza, discriminazione e sofferenza
Proprio ieri Roma è stata scossa dal suicidio di Simone, un giovane 21enne omosessuale:
“Sono gay. L’Italia è un Paese libero ma esiste l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza”
Queste le parole che il giovane ha lasciato prima di gettarsi nel vuoto, dall’altissimo palazzo Pantanella, famoso specialmente tra i romani che come me si recano spesso in zona San Giovanni passando dalla Tangenziale Est. Si tratta purtroppo della terza tragedia, in appena dodici mesi, che vede come protagonista un giovane omosessuale nella Capitale. Purtroppo il tasso di suicidi tra le persone omosessuali è circa tre volte più alto rispetto alla popolazione eterosessuale, questo perché l’appartenenza ad una minoranza – in questo caso riguardante l’orientamento sessuale ma potrebbe riferirsi ad una minoranza etnica o religiosa – è essa stessa fonte di stress a causa dei pregiudizi e delle discriminazioni compiuti dal resto della popolazione. Tale stress, di cui oggi vi parlo, in ambienti anglosassoni prende il nome di Minority Stress.
Il “Minority stress” è un importante settore di ricerca in psichiatria e psicologia portato avanti in particolar modo dal Dr. Meyer (Ilan H. Meyer, Ph.D., Professore di Scienze Cliniche Socio-sanitarie e Vice Presidente per i programmi MPH presso il Dipartimento di Scienze medico-sociale a Mailman School of Public Health della Columbia University).
“Minority stress” (stress delle minoranze) è il nome che la psichiatria americana dà al disagio psichico che deriva dalla discriminazione e dalla stigmatizzazione sociale di una minoranza. Nello sviluppo psicologico, il riconoscimento sociale ha grande importanza perché permette a una rappresentazione interna di consolidarsi nella mente come legittima e convalidata. Questa stabilizzazione assume a sua volta importanza perché, nel costituirsi come «possibile» e «legittima», perde il suo contenuto «minaccioso» e quindi disincentiva le azioni violente e persecutorie nei suoi confronti (come per esempio bullismo, omofobia sociale). Le sue aree di ricerca includono lo stress e la malattia nelle popolazioni di minoranza, e in particolare il rapporto tra status di minoranza e l‘identità di minoranza, il pregiudizio e la discriminazione; si interroga su quali siano i risultati in fatto di salute mentale in minoranze sessuali e quale l’intersezione di fattori di stress di minoranza relative ad un orientamento sessuale, alla razza/etnia, all’età e al sesso.
Sul libro “Disgusto e umanità” (Nussbaum Martha C.) è anche ben descritto come le situazioni di stress si possano verificare a livello inconsapevole e ci sono infiniti motivi di stress inconscio nella vita quotidiana di tutti noi. E’ vero però che anche per chi si sente pienamente accettato, queste situazioni di forzatura a lungo andare possano causare comunque condizioni di stress, infatti pare che a lungo termine volenti o nolenti queste piccole gocce di stress quotidiano tocchino quasi tutti.
Lo stress, è generalmente concepito come una condizione avente il potenziale di suscitare il meccanismo adattivo dell’individuo. La risposta allo stress può verificarsi a fronte di eventi di vita minori o maggiori. Il Dott. Meyer ha sottolineato che lo stress non è l’ unico per gli individui appartenenti ad una qualsivoglia minoranza: il “minority stress” viene da svantaggi, da stigmi e pregiudizi che le persone incontrano. Questo tipo di stress richiede perciò risposte adattative speciali. A tale proposito, spesso le minoranze traggono dai propri meccanismi personali e comunitari a livello di coping, le risorse per sviluppare la resilienza e la robustezza. Allo stesso modo, le persone che adottano una forte identità di minoranza possono essere in grado di gestire nel modo migliore questi fattori di stress, come anche allontanamenti e licenziamenti, oppure affrontare discriminazioni e atteggiamenti pregiudicanti nei loro confronti affermando un’ autovalutazione positiva.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Sei di destra? Sei meno intelligente
Premesse importanti
Visto che questo articolo sviluppa, anche a distanza di anni, delle vere e proprie “guerre” tra opposte fazioni politiche sui social come Facebook, mi sento in dovere di scrivere a posteriori questa premessa. Anticipando le possibili fallacie logiche di qualche lettore, vi comunico che questo studio e questo articolo NON vogliono dire:
- che tutte le persone di idee politiche di sinistra o di centro siano “intelligenti”;
- che tutte le persone di destra siano “non intelligenti”;
- che non possa esistere un “non intelligente” che sia di sinistra o di centro;
- che non possa esistere un “intelligente” che sia di destra;
- che tutte le idee politiche di sinistra o di centro siano necessariamente giuste;
- che tutte le idee politiche di destra siano necessariamente sbagliate.
Già ora possiamo quindi avvertire il lettore che il tirar fuori una lista di grandi studiosi o geni di destra, dicendo “Quei famosi premi Nobel sono di destra, quindi tutto lo studio è falso” è una chiara fallacia logica. Una lista di geni di destra non inficia né scredita i risultati dello studio. Inoltre, per definizione, il parere personale non può in alcun modo sminuire i risultati di uno studio scientifico, quindi dire “Mio zio Ugo è un genio ed è di destra, quindi lo studio è falso” (frase realmente letta su Facebook), non ha alcun senso logico. L’unico modo che ha il lettore che non sia d’accordo con questo studio, di contraddire i suoi risultati, è quello di presentare i risultati di un altro studio altrettanto autorevole che abbia risultati opposti. Tutto il resto è opinione personale e, ripeto, non smonta nulla.
Il lettore valuti inoltre che:
- l’affermazione contenuta nel titolo non rappresenta necessariamente l’opinione di chi scrive bensì è il risultato di una ricerca condotta dalla Brock University nell’Ontario, Canada, e pubblicata sulla prestigiosa rivista Psychological Science; il sottoscritto, in questa sede assolutamente neutrale nei confronti dei diversi schieramenti politici, ha semplicemente trovato interessante questa ricerca e meritevole di dibattito;
- no, non è una fake news: che siate d’accordo o no con i suoi risultati, sappiate che lo studio è vero ed è stato riportato su riviste scientifiche autorevoli. Chi dice che “questo articolo è basato su una notizia falsa”, sta oggettivamente dicendo una falsità;
- lo studio è del 2012, quindi se state leggendo questo articolo nel 2027, considerate che potrebbe essere considerato già “vecchio” e sorpassato da altri studi più recenti;
- quanto detto al punto precedente non significa che questo studio, essendo del 2012, sia falso o necessariamente non più valido: esistono studi scientifici effettuati decenni fa che sono ancora validi perché nessun altro studio è riuscito a contraddirli;
- valutare l’intelligenza umana è estremamente difficile, anche perché esistono vari tipi di intelligenze e svariati modi per misurarle: lo stesso QI viene da anni messo in discussione;
- il titolo di questo articolo, così tranchant, è ovviamente provocatorio: la questione in realtà – come sempre accade – è molto più complessa, quindi cerchiamo di non fermarci al titolo come spesso fa l’italiano medio;
- no, questo sito non parla di politica e nessuno del nostro Staff – pur avendo ovviamente le proprie idee – ha interessi e/o lavora in politica: chi vede in questo articolo un modo subdolo per attaccare qualche schieramento politico e/o soggetto politico o per favorirne un altro, compie un grossolano bias cognitivo;
- il concetto su cosa siano con esattezza le idee politiche di “destra”, “estrema destra”, “centro”, “sinistra” o “estrema sinistra”, non è universalmente valido, bensì cambia a seconda dello Stato che si prende in considerazione e del periodo storico di riferimento: una stessa idea considerata di “sinistra” negli USA degli anni ’90, potrebbe essere valutata di “destra” nell’Italia del 2010 o nell’Unione Sovietica degli anni ’70.
Fatte queste premesse, ora passiamo finalmente all’articolo vero e proprio.
Il circolo vizioso
Dallo studio dei ricercatori canadesi della Brock University è emerso che chi da bambino presenta un quoziente intellettivo alquanto basso, crescendo avrà maggiori possibilità di sviluppare tendenze razziste, conservatrici, pregiudizi e intolleranza verso altre culture e religioni; al contrario, chi da bambino ha un QI più alto, crescendo avrà maggiori tendenze a sviluppare idee progressiste. Il professore di psicologia Gordon Hodson, autore e responsabile dello studio, ha spiegato:
“Quello che è emerso è un ciclo vizioso, in cui le persone con basso QI vivono intorno a ideologie conservatrici che formano resistenze al cambiamento e dunque pregiudizi e razzismo”.
Secondo il prof. Hodson, i risultati della ricerca mostrano che le persone “meno intelligenti” svilupperebbero fin da bambini tendenze maggiormente conservative a causa di strutture ed ordini più facili da capire rispetto alla complessità che li circonda. Semplificando: secondo la ricerca in questione, chi ha un QI più basso tenderebbe ad appoggiare idee più “facili da comprendere” e conservative (generalizzando: “porti chiusi”, forte attaccamento alla propria religione e cultura, patriottismo, famiglia “tradizionale” e patriarcale, contrasto all’omosessualità, libero mercato, pensiero dogmatico, maggiore libertà di difesa personale e della proprietà privata anche con armi, difesa dei propri valori, pregiudizio verso altre culture e religioni, autoritarismo, potere all’uomo “forte”…), mentre chi ha un QI più alto tenderebbe ad appoggiare idee più “complesse” e progressiste (accoglienza degli stranieri, inclusività, ateismo, sentirsi “cittadini del mondo”, tolleranza verso altre culture e religioni, parità sessuale, potere “al popolo”, azione sociale dello stato, libertà sessuale, maggiore attenzione alla ricerca scientifica, opposizione ai dogmi, apertura mentale, redistribuzione della ricchezza…).
Lo studio completo potete leggerlo in questo PDF: Gordon Hodson – Lower Cognitive Ability Predicts Greater Prejudice Through Right-Wing Ideology
Pregiudizi e razzismo
Ecco le parole esatte emerse dallo studio di Hodson:
“Sfortunatamente queste caratteristiche contribuiscono a sviluppare pregiudizi. Nonostante le loro implicazioni importanti per i comportamenti e le relazioni interpersonali, le capacità cognitive sono state ampiamente ignorate come spiegazioni del pregiudizio. Abbiamo proposto e testato modelli di mediazione in cui basse capacità cognitive predicono un maggiore pregiudizio, un effetto mediato attraverso l’approvazione di ideologie di destra (conservatorismo sociale, autoritarismo di destra) e bassi livelli di contatto con i membri esterni al gruppo. In un’analisi su larga scala, a livello nazionale rappresentante del Regno Unito, abbiamo scoperto che più è bassa l’intelligenza generale durante l’infanzia, più razzismo si produce in età adulta, e questo effetto è stato in gran parte mediato attraverso una ideologia conservatrice. Un’analisi secondaria di un set di dati degli Stati Uniti ha confermato un effetto predittivo di scarsa capacità di ragionamento astratto-omofobico sul pregiudizio, un rapporto parzialmente mediato sia da autoritarismo e bassi livelli di contatto con l’intergruppo. Tutte le analisi hanno tenuto conto dell’istruzione e dello status socioeconomico. I nostri risultati suggeriscono che le abilità cognitive svolgono un ruolo fondamentale, anche se sottovalutato, nel determinare il pregiudizio. Di conseguenza, si consiglia una accresciuta attenzione sulla capacità cognitiva nel campo della ricerca sul pregiudizio e una migliore integrazione delle capacità cognitive nei modelli di pregiudizio.”
Tutti i lettori di destra, prima di sentirsi offesi da questa ricerca, dovrebbero leggersi questo articolo.
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