Tetraplegia: significato, cause, cure e riabilitazione

MEDICINA ONLINE FISIOTERAPIA RIABILITAZIONE DISABILE SEDIA ROTELLE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS PARAPLEGIA EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA DECUBITO RECUPERO  PARALISI.jpgCon tetraplegia (anche chiamata quadriplegia) si intende una paralisi sia del torso che degli arti superiori ed inferiori, causato da svariate patologie e traumi, ad esempio in caso di incidenti stradali o sportivi. Anche una lesione cerebrale in età infantile precoce (paralisi cerebrale infantile) o in epoche successive della vita possono provocare una tetraplegia nel caso vengano danneggiate estesamente le aree encefaliche deputate al controllo della motilità volontaria. Questa grave patologia, che fa perdere forza e sensibilità alle parti colpite, viene provocata da lesioni o traumi del midollo spinale e delle arterie vertebrali , in modo particolare delle prime sette vertebre cervicali che sorreggono il cranio, identificate con le sigle C1- C2 – C3 – C4 – C5 – C6 – C7.

Cause di tetraplegia

La tetraplegia in genere è la conseguenza di un grave trauma avvenuto in questa particolare e delicata frazione della colonna vertebrale composta dalle vertebre sopra descritte. Il trauma più frequente è quello provocato da un incidente d’auto  e da cadute da motociclette e motorini ( il casco protegge la testa ma non quel tratto del collo). Può essere anche causato da un violento impatto da cadute accidentali, o da traumi derivati da attività sportive (equitazione, hockey, paracadutismo, tuffi ecc.) insomma in tutti quei casi per cui il midollo spinale viene coinvolto o danneggiato da lesioni in quel tratto di vertebre cervicali. Volendo calcolare percentualmente questi traumi:

  • il 45% derivano da incidenti d’auto o motociclette
  • il 21% da cadute
  • il 16% da atti violenti
  • il 13% da infortuni sportivi

Il deficit neurologico che ne consegue è la tetraplegia incompleta ( circa il 30% dei casi), la tetraplegia completa ( nel 26 % dei casi ), quindi la paraplegia incompleta (nel 20% dei casi). Quasi il 60% di questi devastanti infortuni riguarda giovani-adulti tra i 16 e i 30 anni, con tutte le conseguenze e i costi sociali che comportano patologie di questa gravità che prevedono la non autosufficienza per il resto della vita.

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Conseguenze della lesione

Volendo semplificare e rendere più chiare le conseguenze che derivano da traumi subiti dalle prime sette vertebre, possiamo dire che:

  • La lesione che colpisce le vertebre C1 e C2 è il trauma più grave che in genere provoca la morte o la dipendenza da ventilatore meccanico.
  • La lesione che dovesse colpire la vertebra C3 in genere provoca oltre alla probabile paralisi del tronco, la perdita della funzionalità del diaframma.
  • La lesione che dovesse colpire la vertebra C4,  può provocare la perdita della funzionalità delle spalle e del bicipite brachiale e difficoltà nella respirazione.
  • Un trauma alla vertebra C5 può provocare oltre alla probabile paralisi del tronco, l’incapacità del movimento dei bicipiti,delle spalle, dei polsi e delle mani.
  • Una lesione alla vertebra C6 può provocare, oltre alla perdita completa del movimento delle mani anche i movimenti del polso, la paralisi del tronco e degli arti inferiori.
  • Il trauma alla vertebra C7, generalmente provoca ,oltre alla possibile paralisi del tronco,  una limitazione al movimento degli arti superiori impedendo anche l’articolazione di mani e dita.

Il risultato finale purtroppo è quello che le persone che subiscono incidenti in queste prime sette vertebre, non sono più in grado di poter gestire la loro vita normale.  Tra le altre lesioni che possono colpire il midollo osseo di questo segmento di colonna vertebrale, e che possono provocare forme progressive di tetraplegia, vanno aggiunti anche alcuni tipi di tumori cerebrali, forme di necrosi del midollo, o poliomelite (fortunatamente pressoché scomparsa), oppure gravi forme di distrofia muscolare, o da sclerosi a placche in fase avanzata.

Diagnosi

La persona ferita e colpita da presunta tetraplegia va urgentemente ricoverata presso una struttura dotata di unità spinale. Un team specializzato provvederà ad effettuare  rapidamente approfonditi esami per individuare la collocazione della lesione e valutarne il grado di gravità attraverso test neurologici, TAC, analisi radiologiche con liquido di contrasto alle membrane delle meningi, oltre a stimolazioni magnetiche del cranio per valutare la funzionalità dei circuiti che riconducono al Sistema Nervoso Centale.

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Terapie e riabilitazione

Si può guarire da una tetraplegia? Purtroppo allo stato attuale delle ricerche e della conoscenza scientifica non esiste un intervento risolutivo per questa grave patologia. Le più recenti  e promettenti ricerche sono orientate verso terapie innovative che si basano sulla rigenerazione delle parti lese  del Sistema Neurologico Centrale con l’utilizzazione di cellule staminali. Solo ripristinando queste funzionalità sarà infatti possibile recuperare parte dei movimenti e della sensibilità. In attesa, le opzioni terapeutiche per le persone colpite da tetraplegia si basano in genere sulla somministrazione di corticosteroidi e medicinali per rilassare i muscoli ed alleviare il dolore. Oltre ad eventuali trazioni spinali e a sedute fisioterapiche e riabilitative, durante la riabilitazione non è escluso l’intervento chirurgico per rimuovere detriti ossei o liquidi che possano premere sul midollo spinale.

Le tecniche riabilitative più usate per tentare il recupero delle funzioni neurologiche sono:

  • Metodo Kabat;
  • Metodo Bobath;
  • Metodo Perfetti.

A queste si aggiungono:

  • Mobilizzazioni articolari;
  • Stretching;
  • Terapia respiratoria;
  • Trattamento di disturbi sfinterici;
  • Terapia occupazionale.

Complicazioni

La tetraplegia porta purtroppo con sé varie problematiche legate alla riduzione della mobilità, con diminuzione della qualità della vita del paziente. I pazienti necessitano di un’assistenza quotidiana in quanto quasi totalmente non-autosufficienti negli spostamenti, nell’alimentazione, nel vestirsi e nell’espletare i bisogni fisiologici. Inoltre varie complicanze rendono precaria la salute generale, esse sono generalmente:

  • lesioni da pressione;
  • trombosi;
  • polmonite;
  • danni mio-osteo-articolari: limitazioni articolari, retrazioni muscolo-tendinee;
  • complicanze psicologiche: disturbo post traumatico da stress, depressione, pensieri suicidari;
  • complicazioni nervose.

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Differenza tra paraplegico e tetraplegico

MEDICINA ONLINE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS SANGUE EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVODECUBITO RECUPERO SUBARACNOIDEA PARALISICon paraplegia in medicina si intende una diplegia in cui la parte inferiore del corpo è affetta da paralisi motoria e/o carenza funzionale, associata a disturbi della sensibilità. La lesione midollare che provoca paraplegia è sottostante alla prima vertebra toracica (T1). Lesioni al di sopra di tale vertebra, provoca invece tetraplegia.

Con tetraplegia (anche chiamata quadriplegia) si intende una paralisi e perdita di sensibilità sia del torso che degli arti superiori ed inferiori, causato da svariate patologie e traumi, ad esempio in caso di incidenti stradali o sportivi. La lesione midollare che provoca tetraplegia è superiore alla prima vertebra toracica (T1), in modo particolare sono interessate le prime sette vertebre cervicali che sorreggono il cranio, identificate con le sigle C1- C2 – C3 – C4 – C5 – C6 – C7.

Semplificando la paraplegia interessa la parte inferiore del corpo ed è causata da lesioni al di sotto di T1 (sia lesioni lombari che sacrali), mentre la tetraplegia interessa tutto il corpo tranne la testa ed è causata da lesioni al di sopra di T1, in regione cervicale (da C1 a C8).

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Diagnosi differenziale

Per distinguere una paraplegia da una tetraplegia si effettua un test muscolare sull’abduttore del mignolo: se il test di forza è positivo significa che la lesione è inferiore a T1, poiché la radice nervosa che innerva tale muscolo, T1 è integra e funzionale.

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Classificazione generale delle paresi e delle plegie

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Classificazione delle paralisi in base alla distribuzione topografica

La classificazione delle paralisi in base alla distribuzione topografica, fa riferimento alle parti del corpo colpite ed agli effetti che la lesione provoca. Due termini sono al centro di questo metodo di classificazione:

  • paresi: indica un indebolimento o una paralisi parziale (possibilità di movimento, pur se limitata);
  • plegia: indica una condizione di paralisi completa (impossibilità di movimento).

Le classificazioni topografiche comunemente utilizzate nella pratica medica odierna si basano sull’utilizzo della combinazione dei due termini prima citati, in associazione a vari prefissi.

I termini “monoplegia” e “monoparesi” indicano che la condizione (rispettivamente di paralisi completa e di paralisi parziale) interessa solo un arto.

I termini “diplegia” e “diparesi” di solito indicano che la condizione (rispettivamente di paralisi completa e di paralisi parziale) interessa due parti simmetriche del corpo, per esempio entrambi gli arti inferiori.

I termini “emiplegia” ed “emiparesi” indicano che ad essere affetti dalla condizione (rispettivamente di paralisi completa e di paralisi parziale) sono il braccio e la gamba di una parte del corpo, ad esempio il braccio destro e la gamba destra.

I termini “paraplegia” e “paraparesi” indicano che ad essere affetta dalla condizione (rispettivamente di paralisi completa e di paralisi parziale) è la parte inferiore del corpo, comprese entrambe le gambe.

I termini “triplegia” o “triparesi” indicano che sono affette dalla condizione (rispettivamente di paralisi completa e di paralisi parziale) solo tre zone del corpo. Potrebbe quindi trattarsi di entrambe le braccia e di una gamba o di entrambe le gambe e di un braccio o di un arto inferiore, di uno superiore e della faccia.

Le espressioni “doppia emiplegia” ed “emiparesi doppia” indicano che tutti e quattro gli arti sono coinvolti (rispettivamente da paralisi completa o da paralisi parziale), ma che un lato del corpo è maggiormente colpito rispetto agli altri.

I termini “tetraplegia” e “quadriplegia” indicano che tutti e quattro gli arti sono colpiti da paralisi completa.

I termini “tetraparesi” o “quadriparesi” indicano che tutti e quattro gli arti sono colpiti da paralisi parziale.

I termini “pentaplegia” e “pentaparesi” significano che, oltre al coinvolgimento di tutti e quattro gli arti (con paralisi rispettivamente completa e parziale), il soggetto è colpito da paralisi dei muscoli respiratori. Nella pentaplegia il paziente non sopravvive se non grazie ad un respiratore meccanico.

Classificazione delle paralisi in base al tono muscolare

Molti termini relativi alla funzione motoria descrivono gli effetti della paralisi sul tono muscolare e sul modo in cui i muscoli interagiscono. Il tono muscolare, che in condizioni normali, ad esempio, si determina quando si piega un braccio, è caratterizzato dalla contrazione del bicipite e dal rilassamento del tricipite. Quando il tono muscolare è compromesso i muscoli lavorano in maniera non coordinata o in opposizione tra loro. Due termini utilizzati per descrivere il tono muscolare sono:

  • ipertonia/ipertonico: tono muscolare aumentato, spesso risultante in arti molto rigidi. L’ipertonia è associata con la paralisi cerebrale spastica;
  • ipotonia/ipotonico: tono muscolare diminuito, spesso risultante in arti flaccidi. L’ipotonia è associata con la paralisi cerebrale non spastica.

Classificazione delle paralisi in base alla funzione motoria

Le due forme principali sono quella spastica e quella non spastica. Ognuna ha molteplici variazioni ed è possibile avere casi caratterizzati dalla compresenza di entrambe le forme.

  • la forma spastica è caratterizzata da un aumento di tono muscolare;
  • la forma non spastica (“forma flaccida“) è caratterizzata da tono muscolare diminuito o fluttuante.

La classificazione in base alla funzione motoria fornisce una descrizione sia della maniera in cui il bambino è affetto dalla condizione sia dell’area nella quale la lesione è localizzata. L’uso di tale tipo di classificazione fornisce a genitori e medici una descrizione al contempo ampia e specifica dei sintomi del bambino. Ciò aiuta lo specialista nella scelta del trattamento avente le maggiori probabilità di successo.

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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