La perdita dei diritti
La legge disciplina le circostanze e i modi nei quali le persone possono acquistare o perdere i propri diritti: in questa sede ci occuperemo di quest’ultima situazione. Esiste nel nostro ordinamento un principio generale che disciplina la perdita dei diritti: semplificando, chi non esercita un proprio diritto per un determinato periodo di tempo, lo perde.
Questo principio stabilisce dunque un modo generale di estinzione del diritto. Si spiega e si giustifica considerando che, per un buon funzionamento dei rapporti tra le persone, occorre garantire stabilità e certezza, sul piano del diritto, alle situazioni di fatto consolidate da tempo. Si pensi a un caso di questo genere: se io ho un credito di 500 euro nei confronti di una persona, ma non mi curo di esigerlo per molti anni, creo una situazione di fatto consolidata: da un lato il mio debitore si è ormai abituato al fatto che io “non mi faccia vivo” presso di lui, e dunque a pensare e sentire quasi come se quel denaro non me lo dovesse e a fare affidamento su di esso come se fosse suo; dall’altro lato la mia inerzia nell’esigere quanto mi è dovuto induce a pensare che io, in fondo, dimostri di non avere interesse a far valere il mio diritto. Queste aspettative, che derivano da situazioni di fatto consolidate, sono ritenute dalla legge degne di tutela, proprio per essersi protratte per un tempo molto, molto lungo.
Il codice stabilisce due diversi modi di estinzione dei diritti per inerzia del titolare e
decorso del tempo, aventi una regolazione in parte simile e in parte diversa: la prescri-
zione (art. 2934 e segg.) e la decadenza (art. 2964 e segg.).
La prescrizione
L’art. 2934 del Codice Civile stabilisce che «ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge», a meno che non si tratti di un diritto in disponibile – cioè di un diritto che il titolare non può trasferire ad altri, né al quale può rinunciare – o di un diritto specificamente indicato dalla legge come imprescrittibile. Non si prescrivono, in quanto indisponibili, i diritti della personalità e molti diritti familiari. Tra i diritti che non si prescrivono per specifica indicazione della legge il più importante è la proprietà; ma attenzione: come vedremo in seguito, il diritto di proprietà può essere perso dal titolare per non uso, se contemporaneamente si verifica un’usucapione (studieremo questa ipotesi successivamente).
Salvo diverse indicazioni date dalla legge, la prescrizione si compie in 10 anni e inizia a decorrere dal giorno in cui il titolare può esercitare il diritto (art. 2935): per esempio, se devo pagare 500 euro il 31 gennaio, la prescrizione inizia a decorrere da questa data, poiché prima il creditore non ha neppure il diritto di esigere il pagamento. Il decorso della prescrizione si interrompe ogniqualvolta il titolare del diritto lo esercita con atti materiali (per esempio, se attraverso il terreno altrui sul quale ho una servitù di passaggio) o con gli atti formali indicati dall’art. 2943 (costituzione in mora, citazione in giudizio); oppure ogniqualvolta la persona contro la quale il diritto può essere fatto valere ne riconosce l’esistenza. A partire dal giorno in cui il diritto è stato esercitato incomincia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione nel quale non si computa il tempo trascorso prima dell’interruzione. Per esempio, se il creditore di una somma di denaro inizia un procedimento giudiziario per ottenere il pagamento, interrompe la prescrizione; a partire da quel giorno incomincia a decorrere il nuovo termine, sicché il suo diritto si prescriverà decorsi 10 anni da quel giorno.
La prescrizione è sospesa, cioè il suo decorso subisce un arresto provvisorio, quando
il titolare del diritto viene a trovarsi in una delle particolari situazioni elencate in modo tassativo dagli arti. 2941 e 2942 come, per esempio, quando il titolare del diritto si trova ad essere un militare in servizio in tempo di guerra, o quando il debitore e il creditore contraggono matrimonio fra loro. Quando tali situazioni vengono meno, la prescrizione riprende a decorrere e vi si computa anche il tempo trascorso prima della sospensione.
La disciplina della prescrizione è inderogabile: le persone non possono stabilire termini diversi da quelli indicati dalla legge, né possono accordarsi preventivamente per non tenerne conto (art. 2936). La persona che adempie spontaneamente un obbligo caduto in prescrizione non può riottenere quanto ha dato, nonostante non fosse più dovuto (art. 2940).
La decadenza
Vi sono situazioni giuridiche incerte, nelle quali è considerato opportuno raggiungere una sistemazione definitiva entro termini piuttosto brevi. Per esempio, chi compra merci che risultano poi difettose ha il diritto, se lo desidera, di ottenere una riduzione del prezzo; dal momento in cui egli scopre i difetti, inizia a esistere una situazione nella quale è incerto se egli farà valere o meno il suo diritto alla riduzione del prezzo. La legge fissa un termine entro il quale quest’incertezza deve cessare ed egli deve esercitare il suo diritto; decorso tale termine non lo potrà più esercitare. Questo termine è detto di decadenza (art. 2964 del Codice Civile).
La disciplina della decadenza è diversa da quella della prescrizione nei seguenti
punti:
- le persone possono stabilire termini di decadenza diversi da quelli indicati dalla legge, purché non siano talmente brevi da rendere «eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto» (art. 2965) e purché si tratti di diritti disponibili (art. 2968);
- il decorso del termine di decadenza non può essere sospeso (art. 2964);
- il decorso del termine di decadenza non può essere interrotto e ricominciare a decorrere (art. 2964): infatti esercitando il diritto soggetto a decadenza viene necessariamente e definitivamente meno quella situazione di incertezza che il termine di decadenza mirava a limitare nel tempo.
I termini di decadenza, assai più brevi di quelli di prescrizione, sono diversi da caso a caso.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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