Ecco come reagisce un cane davanti ad un bambino con la Sindrome di Down

Perché certe volte dire che un cane può essere migliore di un uomo, non è solo retorica.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Più rischi per la gravidanza dopo i 35 anni: ecco come evitarli

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO GRAVIDANZA PANCIA MATERNITA MAMMA GINECOLOGIA CONCEPIMENTO PARTO PANCIONE FIGLIO MADRE BAMBINA AMOREAbbiamo visto alcuni giorni fa di come l’età dell’uomo sia importante nel determinare la capacità riproduttiva di una coppia. Questo però non ci deve far dimenticare quanto sia importante l’età della donna nel determinare sia le possibilità di rimanere incinta, sia quelle di portare a termine la gravidanza con successo, sia le probabilità di generare un figlio affetto da patologie. Ci sono buone e cattive notizie per voi lettrici. Cominciamo da un fatto purtroppo incontrovertibile: la fertilità femminile declina con l’avanzare dell’età a causa dell’ovulazione meno frequente o di vari problemi, come ad esempio l’endometriosi. Questo declino inizia in genere tra i trenta e i trentacinque anni di età, ed è fisiologico che più passa il tempo, più la donna farà fatica a restare incinta.

Le buone notizie: gravidanze in aumento negli ultimi 30 anni

A partire dalla fine degli anni ’70, le percentuali di gravidanza delle trentenni e quarantenni sono aumentate in modo significativo. Secondo il National Center for Health Statistics statunitense, tra il 1978 e il 2000 le nascite da donne di età compresa tra 35 e 44 anni sono più che raddoppiate. Tuttavia, ancora oggi mettere al mondo un figlio dopo i 35, o – peggio – dopo i 40, è un’operazione discretamente rischiosa, e le donne ne devono essere informate per poter effettuare una scelta consapevole di gravidanza. I dati della American Society for Reproductive Medicine confermano che un terzo delle donne di età compresa tra 35 e 39 anni e due terzi delle donne con più di quarant’anni presentano in effetti problemi di fertilità, ma una volta che hanno concepito, le donne sane nella fascia 35-40 anni hanno in genere gravidanze sane. Le donne incinte di 35 o più anni affrontano rischi speciali, ma molti di questi pericoli possono essere affrontati efficacemente con un’adeguata attenzione medica prenatale.

Le brutte notizie: i rischi di una gravidanza dopo i 35 anni

Il rischio di avere un bambino con disturbi cromosomici aumenta con l’aumentare dell’età della donna. Il più comune di questi disturbi è la Sindrome di Down, una combinazione di ritardo mentale e di anomalie fisiche provocata dalla presenza di un cromosoma aggiuntivo. L’aumento del rischio appare chiaro guardando lo schema che segue:

  • entro i 25 anni la donna ha 1 probabilità su 1250 di avere un bambino con Sindrome di Down;
  • intorno ai 30 anni ne ha 1 su 1000;
  • a 35 anni 1 su 400;
  • a 40 anni 1 su 100;
  • a 45 anni 1 su 30.

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Il “pancione” dopo i 35 o più: come ridurre i rischi

In questa fascia di età le donne dovrebbero seguire alcune linee guida di base:

  • pianificare la gravidanza significa consultare il medico prima di iniziare i tentativi di concepimento;
  • assumere acido folico ogni giorno prima del concepimento e durante il primo mese di gravidanza;
  • farsi assistere regolarmente dal medico lungo tutto l’arco della gravidanza;
  • mangiare in modo sano e variato e mangiare alimenti ricchi di acido folico;
  • iniziare la gravidanza quando si è a un peso ideale;
  • smettere di fumare;
  • smettere di bere alcolici;
  • evitare la cavitazione;
  • non iniziare diete dimagranti “esagerate” prima o durante la gravidanza;
  • cercate di rilassarvi;
  • non assumere sostanze stupefacenti o farmaci.

Vi consiglio di leggere questo mio articolo: Problemi a rimanere incinta? I consigli per diventare finalmente mamma e quest’altro articolo: I consigli per aumentare le possibilità di rimanere incinta.

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La molecola che “spegne” la sindrome di Down

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE LABORATORIO RICERCA OSPEDALE SCIENZA SCIENZIATO MICROSCOPIO FARMACI CHIMICA TESTUna molecola che sembra riuscire a “spegnere i sintomi” della trisomia 21, conosciuta anche come sindrome di Down. È l’incoraggiante risultato a cui è giunto un team di ricercatori statunitensi che, studiando i topi, ha scoperto che somministrando una singola dose di questa sostanza direttamente nel cervelletto dei roditori è possibile ”spegnere” gli effetti che questa anomalia genetica provoca nei neonati.

Questa ricerca accende una speranza su una patologia diffusa in tutto il mondo. Lo studio, riporta l’Huffington Post francese, è stato condotto alla Johns Hopkins University di Baltimora, in collaborazione con il National Institutes of Health americano, e il risultato ottenuti sui topi è molto incoraggiante. “La maggior parte degli individui affetti dalla sindrome di Down presentano un cervelletto grande il 60% rispetto al normale – ha spiegato il Dott. Roger Reeves, docente presso l’Istituto di Medicina Genetica della Johns Hopkins University e leader dello studio – Questa molecola ha normalizzato la crescita del cervelletto nei topi, che sono stati geneticamente modificati per riprodurre la trisomia 21 umana”.

Questa molecola, tuttavia, non influirebbe sulle capacità di apprendimento delle persone affette dalla sindrome di Down perché, precisa Reeves, si tratta di funzioni cerebrali controllate dall’ippocampo, che regola anche le capacità mnemoniche dell’individuo. Il nuovo farmaco, dunque, non farebbe “guarire” dalla trisomia 21, ma ne limiterebbe semplicemente gli effetti nefasti, limitando la terapia farmacologica: “La sindrome di Down è una patologia molto complessa – spiega ancora Reeves – E nessuno pensa che esista un farmaco miracoloso in grado di donare alle persone affette un’intelligenza normale. Sono necessari approcci multipli”. Tuttavia, è lo stesso Reeves a essere cauto sul possibile inizio della sperimentazione umana: sugli uomini la sostanza potrebbe avere importanti effetti collaterali, tra cui lo sviluppo di forme tumorali derivate dall’alterazione di un meccanismo biologico delicatissimo. I risultati ottenuti in laboratorio, tuttavia, sono piuttosto incoraggianti e il progetto verrà ulteriormente approfondito.

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