Oggi vi proponiamo 18 consigli per smettere di fumare e non tornare mai più ad essere un fumatore evitando le possibili ricadute:
1. Smetti di colpo. A lungo andare si tratta Continua a leggere
Oggi vi proponiamo 18 consigli per smettere di fumare e non tornare mai più ad essere un fumatore evitando le possibili ricadute:
1. Smetti di colpo. A lungo andare si tratta Continua a leggere
Una volta che l’allergologo abbia individuato la diagnosi specifica di una sindrome allergica, accanto alle eventuali terapie farmacologiche, può Continua a leggere
Il freddo è tra noi e molti possessori di camino, anche per creare una bella atmosfera di festa che undubbiamente esso regala, lo accendono. Il riscaldamento domestico a legna ed a pellet non è però “amico” dell’ambiente, dal momento che è responsabile di quasi la metà delle emissioni totali di polveri sottili primarie (PM10 e PM2,5) in diverse regioni italiane, come la Lombardia, per una buona parte attribuibile agli apparecchi più vecchi, quali caminetti aperti e stufe tradizionali che spesso sono poco efficienti e molto inquinanti. Come se non bastasse, le statistiche dei Vigili del Fuoco evidenziano come – a livello nazionale – ogni anno si verifichino ben 10.000 incendi derivanti da canne fumarie non correttamente installate o manutenute. Ecco oggi allora i 12 consigli per accendere correttamente il camino, consigli che – in alcuni casi – sono davvero “salvavita”.
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La cenere residua dalla combustione della legna è una piccola frazione (circa lo 0,5 % del peso) della legna bruciata, variabile in base ai diversi combustibili legnosi bruciati.
Considerando che una ricerca del 2006 stimava il consumo annuo di biomasse legnose per riscaldamento domestico pari a circa 19,1 Mt a livello nazionale, la questione relativa allo smaltimento delle circa 95.000 tonnellate di cenere prodotte a livello nazionale assume una certa rilevanza. I principali componenti della cenere di legna sono il calcio, il silicio, il potassio e il magnesio, presenti principalmente nella forma chimica di ossidi.
La cenere di legna naturale contiene quindi importanti elementi di fertilità, in particolare il potassio e il fosforo: il riutilizzo agronomico delle ceneri consentirebbe pertanto la reale chiusura del ciclo della filiera “legna-energia”, riportando al terreno le sostanze chimiche che la pianta aveva da questo assorbito durante la sua crescita. Al di là delle considerazioni di opportunità agronomica, però, in Italia lo spandimento diretto su suolo agricolo o forestale di ceneri di combustione di biomassa non è consentito dalle norme vigenti (D.Lgs.22/1997) in quanto si tratterebbe dello smaltimento di un rifiuto. Fortunatamente, si fa sempre più strada la strategia di recupero delle ceneri come materia prima per la produzione di compost, sempre che la cenere derivi dalla combustione di materiale consentito (legna naturale, cippato e pellet). Come noto, il sistema di raccolta dei rifiuti spetta ai Comuni: in ogni contesto territoriale tale sistema dipende da numerosi fattori strutturali; esso deve comunque consentire il raggiungimento di standard di igiene e pulizia da un lato e l’intercettazione ottimale dei singoli flussi di rifiuti dall’altro, anche in funzione della tecnologia degli impianti di trattamento posti a chiusura del ciclo di gestione delle materie. Seppur sulla scorta delle indicazioni pianificatorie della regione d’appartenenza, ogni Comune adotta propri sistemi di raccolta dei rifiuti urbani, e proprie strategie di raccolta differenziata. La maggior parte dei Comuni che raccolgono separatamente la frazione umida dei RSU richiede di eliminare con tale frazione la cenere spenta di legno, finalizzando tale frazione alla produzione di compost di qualità. Alcuni Comuni, invece, richiedono specificatamente di non introdurre cenere nei rifiuti compostabili.
I Comuni che non raccolgono separatamente la frazione umida chiedono di eliminare la cenere di legna con i rifiuti generici indifferenziati. Se ne deduce che è indispensabile chiedere direttamente all’amministrazione comunale – nel cui territorio ricade l’impianto domestico a legna – la corretta modalità di smaltimento delle ceneri.
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Come si fa a capire se il vostro partner è pronto per una relazione? A volte capita che la persona è quella giusta ma il momento invece non lo è, e allora anche se apparentemente va tutto bene, anche se ci si vuole bene, non basta, gli intoppi e i problemi superano i momenti felici e non si può far altro che dirsi addio… o arrivederci.
Ecco qualche consiglio per capire se il partner è pronto per una relazione e se è il momento giusto per iniziare o proseguire una storia.
Se l’altro non è pronto, abbastanza innamorato o disponibile lasciate perdere, mettete voi stessi al primo posto e guardate avanti.
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E’ la paura che ogni neo-genitore nutre, quando apprende dell’esistenza di una simile sindrome, eppure la morte in culla (nota anche come Sindrome della morte improvvisa del neonato, SIDS) è tra le prime cause di decesso tra i neonati. Una sindrome di cui oggi si conoscono meglio le cause, grazie a uno studio pubblicato dall’autorevole rivista Pediatrics.
I ricercatori del Boston Children’s Hospital hanno analizzato campioni del cervello di 71 bambini morti per presunta Sids tra il 1995 e il 2008, sia messi a dormire in condizioni considerate poco sicure sia in posizioni sicure. Nei bimbi sono state riscontrate alterazioni nei livelli di alcuni neurotrasmettitori, dalla serotonina ai cosidetti recettori gaba. “Queste sostanze controllano respirazione, ritmo cardiaco, pressione e temperatura – spiegano gli autori di questa pubblicazione importantissima – e in questo caso impediscono ai bambini di svegliarsi se respirano troppa anidride carbonica o il corpo diventa troppo caldo. Le regole per una corretta messa a letto restano quindi fondamentali, per evitare di mettere i bimbi in situazioni a rischio asfissia da cui non sono in grado di difendersi”. Una notizia che, grazie alla grande generosità di questi ricercatori e dei genitori di questi neonati, segna un notevole passo avanti nella prevenzione di questa sindrome poste le linee guida suggerite per ridurne l’incidenza.
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Incidenza della morte in culla
Non esistono dati nazionali – si apprende consultando il sito ufficiale del dicastero – sull’incidenza del fenomeno, mancando un sistema di rilevazione omogeneo; in Italia, in passato, è stata calcolata nell’ordine del 1-1,5% dei nati vivi, ma è attualmente in netto declino per la maggior attenzione nel coricare i neonati in posizione supina. Ora è stimabile attorno allo 0,5%, ovvero 250 nuovi casi SIDS/anno. Il picco è fra i 2 e 4 mesi di età, soprattutto nel periodo invernale; è più rara dopo i 6 mesi, eccezionale nel primo mese. La prevenzione della SIDS si pone come una assoluta priorità nella salute pubblica.
Le vittime della morte in culla sono bambini sani che non mostrano nessun segno di malattia. Alcuni bambini mostrano dei sintomi qualche giorno prima della morte ed è consigliabile una comunicazione costante col pediatra sulla salute del bambino. Tra questi sintomi ci sono tosse, sibili, vomito, diarrea e scarso appetito. I bambini possono sembrare irrequieti o irritabili o apparire pallidi e svogliati. Progressivamente la pelle del bambino assume un colorito bluastro, le mani e i piedi si raffreddano e sopraggiungono difficoltà respiratorie. Internamente i polmoni e il canale respiratorio diventano gonfi e infiammati. L’acqua e il sangue si depositano nei polmoni e i vasi che collegano i polmoni al flusso sanguigno sono soggetti a spasmi.
Vi riportiamo di seguito le principali linee guida, l’adozione di queste regole, nei Paesi in cui sono state diffuse attraverso campagne di informazione di massa in larga parte di matrice governativa, hanno comportato una riduzione della percentuale di casi.
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Capita a tutti nella vita di fare i conti con pensieri intrusivi, è una cosa normale ma estremamente fastidiosa. Nei casi più lievi questi pensieri sono solo una fonte di distrazione, ma se non trattati nel modo corretto possono diventare delle vere e proprie ossessioni. Proprio come i problemi somatici, anche nel caso dei pensieri intrusivi è meglio affrontarli all’esordio: presi in tempo sono più facili da vincere, ma se lasciati lì a crescere, potrebbero diventare ingestibili. Molti studi rivelano che lo stress che deriva dalla ruminazione mentale facilita l’insorgenza di depressione, cancro, problemi cardiaci e malattie autoimmuni. Cosa puoi fare quindi per toglierti qualcuno dalla testa o per smettere di pensare a qualcosa che ti assilla, ma verso la quale non puoi fare nulla? Ecco dieci strategie che ti possono aiutare.
La prima cosa da fare è smettere di nutrire quel pensiero parlando sempre di lui o di lei o pensando sempre a lui o lei. Appena nella nostra testa si materializza il pensiero del nostro ex partner, interrompiamolo sul nascere pensando ad altro o iniziando a fare una qualsiasi attività che ci possa distrarre immediatamente. Il tempo è tuo alleato e, se riesci a bloccare sul nascere i pensieri negativi ora, tra un po’ di tempo i pensieri negativi cercheranno di irrompere sempre meno volte nella tua testa.
In certi casi più di agire è importante fermarsi a osservare. Smetti di contrastare quel pensiero e siediti a spiare il futuro con la curiosità di scoprire cosa arriverà domani. Cerca di progettare nuova vita e nuove situazioni, prendendo strade che prima non avevi mai intrapreso. Iscriviti in palestra, iscriviti ad un corso di ballo, iscriviti a nuoto, iscriviti ad un corso di pittura… Fai qualcosa di nuovo che ti permetta di voltare pagina e, magari, incontrare nuove persone!
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Vuoi veramente toglierti qualcuno dalla testa? Evita di cercare un colpevole alla situazione in cui vi trovate. Nella maggioranza dei casi, la colpa non è mai solo da una parte ma da entrambe le parti. In ogni caso è sempre controproducente passare le giornate a rimurginare sul fatto di chi sia la colpa.
La cosa peggiore che puoi fare è immaginare cosa sta provando lui o lei in questo momento. Immaginare che stia male pensando a te, può essere piacevole, ma non risolve certo la situazione ed in ogni caso potrebbe essere una cosa non vera. Immaginare che stia bene senza di te, può solo farti del male. Pensa ad organizzare la TUA nuova vita, piuttosto che pensare a come lui o lei si sia riorganizzata la sua.
Il problema non è la recente separazione. Non è nemmeno la mancanza di lui/lei. Il tuo problema è quello che fa finire tutte le tue storie nello stesso modo. Non puoi agire sul particolare per affrontare il generale. Per esempio, non ha senso affrontare il tuo ex se il motivo per il quale vi siete lasciati sono le tue frequenti crisi di rabbia, che ti hanno portato a chiudere le ultime relazioni. Cerca i tuoi lati negativi e migliorali, in modo da non sabotare le tue nuove relazioni.
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Quando le ferite sono ancora aperte e il nostro cuore un turbinio di emozioni, non è possibile ragionare. Occorre freddezza per affrontare le situazioni con la giusta razionalità. Qualsiasi pensiero che ti verrà in testa subito dopo la fine di una relazione, potrebbero essere estremamente razionali e quindi inutili o controproducenti per affrontare la situazione.
Primo: non riuscirai mai a immaginarlo correttamente. Secondo: a cosa ti serve aggiungere l’ansia sociale a una situazione dove la tua ansia privata sta già divorando la tua serenità? Gli altri ed i loro giudizi non devono esistere: esisti solo tu.
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La prima cosa da imparare sui propri pensieri è di non credere mai del tutto a quello che pensi. Credere intensamente a qualcosa non rende quella cosa più vera.
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Ospita nella tua testa solo i pensieri che possono servirti per crescere, riconoscerli è facile, sono quelli che non ti fanno soffrire. I pensieri che possono farti crescere sono privi di emozioni ma carichi di punti di domanda a cui rispondere. Trovare le risposte significa crescere.
Non è necessario essere onesti con la proprio sofferenza. Sì, è accaduto. Sì, è orribile. Ma veramente pensi di non essere nulla oltre questo tuo errore? Perdonati! Non sono solo gli altri che meritano il nostro perdono, siamo sopratutto noi stessi. Siamo umani ed è umano sbagliare. Al massimo, impara dai tuoi errori, in modo da non rifarli più.
Se credi di non riuscire da solo o da sola a gestire la fine di una relazione, ed i tuoi pensieri diventano ogni giorno più cupi, prenota la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a risolvere definitivamente il tuo problema.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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La gelosia è un sentimento che da sempre ha contraddistinto l’essere umano, tuttavia alcune volte può assumere connotati patologici. Vediamo oggi alcuni consigli per evitare che un normale sentimento si trasformi in un vero e proprio incubo di ansie e paure ingiustificate, ricordando al lettore che – qualora si accorgesse che la gelosia stia diventando fastidiosamente intrusiva nella propria mente e/o sia probabilmente frutto di ossessione o di paranoie e/o che stia interferendo con la propria vita sociale, relazione, professionale o penale – allora è il caso di chiedere aiuto ad un medico, perché potrebbe trattarsi di gelosia patologica.
Dobbiamo capire le emozioni provocate dalla gelosia. Si tratta della fusione di rabbia e paura. La gelosia è rafforzata dalla paura di perdere qualcuno (oppure una situazione a cui noi teniamo particolarmente) e dalla rabbia che un’altra persona possa avere accesso privilegiato con il partner o con la situazione alla quale noi teniamo particolarmente. Da questo sentimento non possiamo trarre nulla di buono, sia per chi è geloso, sia per chi subisce questa situazione. Ecco perché, riconoscerlo subito, è la prima difesa che possiamo attuare.
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È fondamentale analizzare profondamente le cause che hanno acceso la gelosia. Proviamo a cercare di capire “perché” ci sentiamo gelosi. Probabilmente è legato al fatto che ci fa rivivere delle esperienze traumatiche di abbandono che forse arrivano dal passato e che vanno a minare la fiducia verso il partner, anche se le circostanze attuali sono completamente differenti. Altre probabili cause possono essere la rabbia verso se stessi ed una fragilità marcata che deriva da una forte insicurezza. Se riusciamo ad essere onesti con noi stessi, ci possiamo rendere conto che il sentimento della gelosia nasce quando ci sentiamo minacciati, quando abbiamo paura di essere abbandonati oppure quando si fa strada in noi, la sensazione di non poterci fidare dell’altra persona, senza che non vi sia realmente un collegamento con il motivo della nostra mancanza di fiducia. Questo tipo di analisi non deve essere fatto per sentirci in colpa, piuttosto è fondamentale svolgerla in modo compassionevole verso noi stessi per utilizzarla come un’autovalutazione per restare obiettivi nel risolvere questo disagio.
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Proviamo ad osservare in che modo i nostri comportamenti da geloso agiscono sulle persone. È inevitabile che se attacchiamo qualcuno con la nostra gelosia, questa persona si metta sulla difensiva. Il problema è che spesso, il geloso confonde questa difensiva come una conferma ai propri sospetti mentre è normale che chi si sente sotto pressione tenda a difendersi. Se noi incalziamo il partner con una raffica di “dove sei stato”, “che stai facendo”, “dove vai”, rischiamo di stancare la persona, di tenerla sotto pressione e di demoralizzarla. Dobbiamo ricordare che reazioni di impazienza e frustrazione non sono una dichiarazione di colpevolezza ma segnali che la persona ha raggiunto il limite di sopportazione, cercando di difendere il proprio comportamento naturale.
È importante ostacolare subito l’inizio dei sentimenti di gelosia. Dobbiamo imparare a riflettere sulla gelosia ogni volta che si manifesta. Chiediamoci ad esempio: “ Sono geloso perché ho paura o sono arrabbiato? E perché sono arrabbiato ed ho paura?” Con questa semplice regola si può già intervenire sulla progressivo ingigantirsi del fenomeno ed impedire alla gelosia di trasformarsi in una devastazione emotiva. Inoltre, questa osservazione fatta in consapevolezza consente di gestire i sentimenti in modo costruttivo senza essere sopraffatti da sentimenti negativi. Rispondere alla domanda : “Perché mi sento minacciato?” è un buon primo passo per scomporre il problema e percepirlo in modo meno drammatico.
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Dobbiamo strappare e allontanare quelle convinzioni che, spesso, non hanno alcun riscontro oggettivo. Tra queste convinzioni possono esserci frasi del tipo : “Se questa persona mi tradisce non vorrò mai più altri partner”. Queste sono solo protezioni preventive contro la possibilità che possa accadere qualcosa di brutto e doloroso. Le convinzioni, però, possono essere modificate se mettiamo volontà nel farlo. Se cambiamo le nostre opinioni cambiamo anche il modo di percepire le circostanze. Occorre poi, essere consapevoli che i pensieri negativi possono insorgere in modo del tutto improvviso, tanto da non poter neppure essere notati appena insorgono. Aumentare la consapevolezza dei nostri pensieri e di ciò che li innesca è un aspetto determinante per contrastare il problema.
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Imparate a prendere nota delle sensazioni che il vostro corpo rimanda ogni qualvolta siete in uno stato negativo. La paura, la tensione spesso agiscono sullo stomaco mentre la rabbia si accumula sulle spalle causando perfino bruciore o contrazione delle mandibole. È importante riuscire ad individuare queste sensazioni nel fisico perché sono un campanello di allarme che permette, con la sua segnalazione, di essere consapevoli, di trasformare la qualità dei pensieri e di contrastare i sentimenti di gelosia.
Quando ci rendiamo conto di aver permesso ai pensieri di intossicarsi con la gelosia, impariamo a scusarci, in modo da tranquillizzare il partner ( o l’altra persona in questione), se abbiamo, in qualche modo ecceduto con accuse ingiuste. Normalmente questo è sufficiente per riportare l’armonia, e consentire ad entrambi di parlare dell’accaduto in modo sereno.
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Un altro modo per arginare gli effetti negativi della gelosia è stabilire un dialogo con il partner o con la persona interessata da questo nostro problema. Condividere quello che sta accadendo dentro di noi, in una circostanza del genere, può portare sollievo e stabilisce un confronto positivo tra i partner a patto che: – si eviti di colpevolizzare l’altro. -si impari ad utilizzare espressioni non accusatorie (es: “tu mi fai sentire”…oppure “non dovevi fare questo/quello” etc.); meglio esprimersi con un “sono rimasto male quando tu…etc -tenere presente che, il modo in cui percepiamo le circostanze, potrebbe essere completamente diverso rispetto a quello che l’altra persona ha visto. È fondamentale cercare di restare aperti e ricettivi il più possibile senza arroccarsi su posizioni di difesa. -ricordarsi di manifestare a se stessi e al partner, un atteggiamento compassionevole. La soluzione ottimale sarebbe ammettere il danno che si è causato, ma anche il danno che si è subito, ed utilizzare questa riflessione per cercare di stare meglio evitandolo in futuro.
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Bisogna ricordare che i sentimenti di gelosia riguardano noi stessi e non l’altra persona. Quando ci sembra che le circostanze sono fuori dal nostro controllo, vuol dire che dobbiamo incanalare la pressione dei sentimenti in qualcosa di costruttivo invece di continuare a rimuginare sulla situazione. Ad esempio dedicarsi ad un hobby che ci appassiona, praticare il nostro sport preferito, deviare l’attenzione morbosa dal problema relazionale verso qualcosa di costruttivo per dirigere le emozioni in modo più salutare ed evitare di creare un circolo vizioso nei pensieri. Questa strategia è indicata per togliere pressione al rapporto ma non significa rifiutare di risolvere la gelosia sfuggendo; è solo un modo per scaricare malumori pericolosi.
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È importante che tutta questa sofferenza ci lasci qualcosa su cui riflettere. Tutte le emozioni negative hanno il compito di insegnarci ad essere migliori affrontandole e risolvendole. Sono utili perché ci aiutano a crescere ma non dobbiamo permettere loro di controllarci. Essere timorosi in una relazione, specie se nata da poco, è un sentimento comune; l’importante è non farlo radicare e consentirgli di trasformarsi in possessività. È normale, ad esempio che, nelle relazioni sentimentali, sia gli uomini che le donne continuino a guardare i rispettivi rappresentanti dell’altro sesso pur essendo in coppia. Dipende dal nostro comportamento biologico e comunque questo non significa che il partner, pur “osservando”, voglia interrompere la propria relazione con noi. Teniamo sempre presente che questo potrebbe accadere anche a noi stessi e, finché questo atteggiamento si ferma ad una fugace e saltuaria occhiata, non costituisce di certo un problema insormontabile. In definitiva, per risolvere la gelosia occorre fare un atto di fede nei nostri stessi confronti, imparare ad occuparci delle nostre necessità primarie sviluppando al meglio la nostra capacità creativa, perché molto spesso, diamo troppa importanza agli altri trascurando completamente quelle che sono le nostre esigenze di base, la nostra espressione completa. Piuttosto che fossilizzarci su pensieri ossessivi e deleteri come la gelosia, impariamo a “dirottare” tutta questa energia incanalandola in qualcosa di molto più utile e gratificante, per noi stessi e per gli altri.
Se credi di provare una gelosia eccessiva, che ti impedisce di vivere serenamente la tua vita e ti crea problemi con il tuo o la tua partner, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a gestirla ed a superare tutte le tue paure.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Come spesso accade nel campo della bellezza, non esiste un taglio da preferire rispetto all’altro: dipende molto dal risultato che volete ottenere.
Lo scalato per dare volume
Per realizzare un taglio scalato il parrucchiere gioca con ciocche di diversa lunghezza. Alcune sono tagliate più corte di altre per apportare movimento e dare l’impressione di un volume naturale. Non si vede nessuna demarcazione, l’equilibrio è perfetto. Questa tecnica si adatta a qualsiasi lunghezza ma è bene tenere presente che più lo scalato è pronunciato e più i capelli guadagnano volume, salvo per i capelli fini in cui il risultato è opposto.
Lo sfilato, per sfoltire
Sfilare i capelli, invece, consiste nello sfoltire la chioma in alcune zone con forbici seghettate o con un rasoio per apportare leggerezza alla pettinatura. Può anche, in misura minima, creare volume. Se hai capelli piatti, ad esempio, questa tecnica applicata alle radici permette di farle diventare più voluminose creando immediatamente un effetto massa. È utilizzata per lo stesso effetto anche sulle punte o sulla frangia. Attenzione però: abbastanza aggressiva, questa tecnica non è adatta ai capelli rovinati o molto fini perché li rende ancora più sottili.
Ultimo punto: contrariamente al carré e allo scalato, questo taglio si adatta perfettamente ai capelli lunghi e folti in quanto li alleggerisce dando un tocco di movimento.
Non è infine vietato chiedere al proprio parrucchiere di fare un sapiente mix dei due stili di taglio.
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