Da luglio 2023 a Roma il costo dei biglietti per bus e metro diventa 2 euro. Bel modo per incentivare l’uso dei mezzi pubblici e diminuire l’inquinamento. Avrebbero dovuto Continua a leggere
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Sensibilità chimica multipla: cause, sintomi, diagnosi, cure
Con “sensibilità chimica multipla” (in inglese “multiple chemical sensitivity”) si indica una malattia – non universalmente riconosciuta dalla Continua a leggere
Differenza tra PM10 e PM2,5 e rispettivi effetti sulla salute
Le polveri fini (o “sottili”) sono delle particelle inquinanti presenti nell’aria che respiriamo tutti i giorni, di natura organica o inorganica, a stato solido o liquido. Tali particelle sono capaci di adsorbire sulla loro superficie diverse sostanze con proprietà tossiche quali solfati, nitrati, metalli e composti volatili. Le polveri fini vengono classificate in base alla loro dimensione, che può determinare un diverso livello di nocività. Infatti, più queste particelle sono piccole più hanno la capacità di penetrare nell’apparato respiratorio:
- Le PM10 hanno un diametro inferiore a 10 µm (micron) e possono essere inalate e penetrare nel tratto superiore dell’apparato respiratorio, dal naso alla laringe.
- Le PM2,5 hanno un diametro inferiore a 2,5 µm e possono essere respirate e spingersi nella parte più profonda dell’apparato, fino a raggiungere i bronchi.
- polveri ultrafini “UFP“: hanno diametro inferiore ad 0,1 µm e potrebbero essere addirittura in grado di filtrare fino agli alveoli ed ancora più in profondità nell’organismo e, si sospetta, entrare nel circolo sanguigno e poi nelle cellule.
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Origine delle polveri fini
Le fonti principali di polveri fini sono due:
- fonti naturali
- incendi boschivi
- attività vulcanica
- polveri, terra e sale marino alzati dal vento (il cosiddetto aerosol marino)
- pollini e spore
- erosione di rocce
- fonti antropogeniche
- traffico veicolare, sia dei mezzi diesel che benzina
- uso di combustibili solidi per il riscaldamento domestico (carbone, legna e gasolio)
- residui dell’usura del manto stradale, dei freni e delle gomme delle vetture
- attività industriale
Il livello di concentrazione delle PM10 nelle aree urbane aumenta nel periodo autunno-inverno, cioè quando al traffico veicolare si aggiungono le emissioni di polveri derivanti dall’accensione degli impianti di riscaldamento, in modo particolare quelli alimentati a biomasse legnose. Le condizioni meteorologiche di questo periodo, inoltre, favoriscono un innalzamento del livello delle polveri fini. Fenomeni atmosferici come quello dell’inversione termica, infatti, causano lo schiacciamento delle polveri al suolo e ne impediscono la dispersione.
Effetti acuti e cronici delle polvere sottili sulla salute dell’uomo
Studi epidemiologici, confermati anche da analisi cliniche e tossicologiche, hanno dimostrato come l’inquinamento atmosferico abbia un impatto sanitario notevole; quanto più è alta la concentrazione di polveri fini nell’aria, infatti, tanto maggiore è l’effetto sulla salute della popolazione.
- Gli effetti di tipo acuto sono legati ad una esposizione di breve durata (uno o due giorni) a elevate concentrazioni di polveri contenenti metalli. Questa condizione può provocare infiammazione delle vie respiratorie, come crisi di asma, o inficiare il funzionamento del sistema cardiocircolatorio.
- Gli effetti di tipo cronico dipendono, invece, da una esposizione prolungata ad alte concentrazioni di polveri e possono determinare sintomi respiratori come tosse e catarro, diminuzione della capacità polmonare e bronchite cronica. Per soggetti sensibili, cioè persone già affette da patologie polmonari e cardiache o asmatiche, è ragionevole temere un peggioramento delle malattie e uno scatenamento dei sintomi tipici del disturbo. Studi condotti in materia hanno anche registrato un aumento dei ricoveri ospedalieri e della mortalità per patologie respiratorie e cardiache direttamente riferibili all’inquinamento da polveri.
Consigli di comportamento
Adottando un comportamento più consapevole tutti i cittadini possono contribuire quotidianamente alla riduzione dell’inquinamento da polveri fini, ecco alcuni consigli:
- usare di meno e meglio l’automobile;
- far controllare periodicamente il motore e il consumo dei pneumatici dell’auto;
- privilegiare nell’acquisto di un’auto nuova modelli a metano o GPL e comunque meno inquinanti;
- praticare il carpool, ovvero usare la stessa macchina in più persone
- ridurre la velocità di marcia;
- muoversi in bicicletta o a piedi usare i mezzi pubblici.
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Accendere correttamente il fuoco del camino: i 12 consigli salvavita
Il freddo è tra noi e molti possessori di camino, anche per creare una bella atmosfera di festa che undubbiamente esso regala, lo accendono. Il riscaldamento domestico a legna ed a pellet non è però “amico” dell’ambiente, dal momento che è responsabile di quasi la metà delle emissioni totali di polveri sottili primarie (PM10 e PM2,5) in diverse regioni italiane, come la Lombardia, per una buona parte attribuibile agli apparecchi più vecchi, quali caminetti aperti e stufe tradizionali che spesso sono poco efficienti e molto inquinanti. Come se non bastasse, le statistiche dei Vigili del Fuoco evidenziano come – a livello nazionale – ogni anno si verifichino ben 10.000 incendi derivanti da canne fumarie non correttamente installate o manutenute. Ecco oggi allora i 12 consigli per accendere correttamente il camino, consigli che – in alcuni casi – sono davvero “salvavita”.
- nella fase di accensione lasciare il controllo dell’aria completamente aperto fino a quando la camera di combustione è piena di fiamme e ben riscaldata;
- per accendere la fiamma non gettare MAI liquidi infiammabili direttamente sulla fiamma accesa ed utilizzare la giusta quantità di legna finemente spaccata e molto secca, oppure appositi prodotti per l’accensione o una quantità minima di carta di giornale (non utilizzare carta patinata, di riviste o settimanali);
- una volta avviata la combustione, la legna dovrebbe bruciare con fiamma vivace finché non è ridotta a carbonella. Se il fuoco langue, spaccare il legno in pezzi più piccoli e usare più di un pezzo per ciascun carico. Non caricare mai una quantità eccessiva di legna: il quantitativo massimo è indicato nel libretto di istruzioni dell’apparecchio;
- mantenere sempre la fiamma vivace e calda. Le fiamme blu, giallo-rosso o rosso chiaro indicano una buona combustione; fiamme rosse o rosso scuro significano cattiva combustione;
- nella buona combustione il fumo deve essere quasi invisibile: se si nota del fumo denso all’uscita del camino, di colore da giallo a grigio scuro, la combustione non è corretta e occorre procedere a verifiche;
- dalla combustione della legna non si devono generare odori: se si sentono vuol dire che si stanno formando sostanze nocive in quantità significative;
- la cenere che proviene da una buona combustione è grigio chiaro o bianca: se si trova cenere scura e pesante, o la testa del camino è sporca di nero, significa che si sta bruciando male;
- un impianto efficiente comporta un basso consumo di combustibile e poca fuliggine nei camini: se si vede molta fuliggine significa che si ha un elevato consumo di combustibile e quindi una maggior spesa;
- è necessario mantenere gli sportelli dell’apparecchio chiusi quando non si carica o ricarica il combustibile;
- per assicurare il corretto apporto di aria, occorre rimuovere la cenere dall’apparecchio tramite un contenitore metallico dotato di coperchio. Il contenitore della cenere va lasciato all’esterno dell’abitazione sopra una lastra di mattoni o di cemento (mai sopra una copertura di legno o vicino alla legna);
- è raccomandabile l’installazione di un allarme anti-fumo per l’allertamento in caso di innesco di incendio; molte vittime in incendi residenziali sono causate dall’inalazione di fumi e gas tossici;
- è raccomandabile anche l’installazione di un identificatore di monossido di carbonio (CO), gas inodore, incolore e molto tossico che deriva da una combustione inadeguata.
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Come smaltire la cenere?
La cenere residua dalla combustione della legna è una piccola frazione (circa lo 0,5 % del peso) della legna bruciata, variabile in base ai diversi combustibili legnosi bruciati.
Considerando che una ricerca del 2006 stimava il consumo annuo di biomasse legnose per riscaldamento domestico pari a circa 19,1 Mt a livello nazionale, la questione relativa allo smaltimento delle circa 95.000 tonnellate di cenere prodotte a livello nazionale assume una certa rilevanza. I principali componenti della cenere di legna sono il calcio, il silicio, il potassio e il magnesio, presenti principalmente nella forma chimica di ossidi.
La cenere di legna naturale contiene quindi importanti elementi di fertilità, in particolare il potassio e il fosforo: il riutilizzo agronomico delle ceneri consentirebbe pertanto la reale chiusura del ciclo della filiera “legna-energia”, riportando al terreno le sostanze chimiche che la pianta aveva da questo assorbito durante la sua crescita. Al di là delle considerazioni di opportunità agronomica, però, in Italia lo spandimento diretto su suolo agricolo o forestale di ceneri di combustione di biomassa non è consentito dalle norme vigenti (D.Lgs.22/1997) in quanto si tratterebbe dello smaltimento di un rifiuto. Fortunatamente, si fa sempre più strada la strategia di recupero delle ceneri come materia prima per la produzione di compost, sempre che la cenere derivi dalla combustione di materiale consentito (legna naturale, cippato e pellet). Come noto, il sistema di raccolta dei rifiuti spetta ai Comuni: in ogni contesto territoriale tale sistema dipende da numerosi fattori strutturali; esso deve comunque consentire il raggiungimento di standard di igiene e pulizia da un lato e l’intercettazione ottimale dei singoli flussi di rifiuti dall’altro, anche in funzione della tecnologia degli impianti di trattamento posti a chiusura del ciclo di gestione delle materie. Seppur sulla scorta delle indicazioni pianificatorie della regione d’appartenenza, ogni Comune adotta propri sistemi di raccolta dei rifiuti urbani, e proprie strategie di raccolta differenziata. La maggior parte dei Comuni che raccolgono separatamente la frazione umida dei RSU richiede di eliminare con tale frazione la cenere spenta di legno, finalizzando tale frazione alla produzione di compost di qualità. Alcuni Comuni, invece, richiedono specificatamente di non introdurre cenere nei rifiuti compostabili.
I Comuni che non raccolgono separatamente la frazione umida chiedono di eliminare la cenere di legna con i rifiuti generici indifferenziati. Se ne deduce che è indispensabile chiedere direttamente all’amministrazione comunale – nel cui territorio ricade l’impianto domestico a legna – la corretta modalità di smaltimento delle ceneri.
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Lo smog annulla gli effetti positivi dell’esercizio fisico
Smog e inquinamento delle nostre città possono annullare gli effetti positivi che l’esercizio fisico ha sull’organismo: lo suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Lancet, diretto dai ricercatori dell’Imperial College di Londra e della Duke University. Lo studio è stato condotto a Londra su 119 volontari, di età superiore ai 60 anni, sani o con situazioni stabili di broncopneumopatia cronica ostruttiva o cardiopatia ischemica.
I risultati
I volontari hanno passeggiato per due ore dentro Hyde Park, polmone verde londinese, o nella trafficata Oxford Street. Dall’analisi è emerso che anche una breve esposizione all’inquinamento generato dal traffico può cancellare gli effetti positivi che una passeggiata di un paio d’ore avrebbe avuto su cuore e polmoni degli anziani. Coloro che hanno camminato nel parco hanno registrato miglioramenti – nelle funzioni polmonari e vascolari – più elevati rispetto a chi aveva comminato nel traffico. Questi risultati dimostrano una volta di più quanto l’inquinamento atmosferico ha un impatto negativo sul sistema cardiovascolare e respiratorio, anche in caso di una esposizione di breve durata.
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Lo smog fa male alle ossa: aumenta il rischio di osteoporosi e fratture
L’inquinamento porta molti danni all’organismo, tra cui l’indebolimento delle ossa, fatto che favorisce l’osteoporosi: è questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health condotto presso la Columbia University’s Mailman School of Public Health. Dalla ricerca emerge che i ricoveri per frattura aumentano al crescere dell’inquinamento atmosferico ed evidenzia che lo smog si associa a perdita di densità ossea (condizione tipica dell’osteoporosi) e ridotta concentrazione di ormone paratiroideo nel sangue (l’ormone che presiede all’assorbimento del calcio e ha un ruolo nella mineralizzazione delle ossa).
Lo studio
La ricerca si è svolta in due tempi: nella prima parte gli esperti hanno studiato 9,2 milioni di ricoveri per fratture legate a osteoporosi e hanno rilevato che anche un piccolo aumento delle concentrazioni di particelle inquinanti (particolato fine) porta a un aumento delle fratture tra gli anziani. Nella seconda parte del lavoro gli esperti hanno studiato 692 individui di mezza età e visto che coloro che vivono in aree più inquinate presentano una minore densità ossea e minore concentrazione dell’ormone paratiroide.
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Asma bronchiale: fattori di rischio ambientali e genetici
Prima di leggere quali sono i fattori di rischio per l’asma bronchiale, ti consiglio di leggere questo articolo: Asma bronchiale in bambini e adulti: cause, sintomi e cura
Fattori di rischio ambientali per l’asma bronchiale
Gli allergeni sono considerati un’importante causa di asma bronchiale. L’aumento di incidenza dell’asma riguarda soprattutto le forme ad andamento perenne, in una considerevole parte delle quali è possibile evidenziare una sensibilizzazione ad allergeni indoor, come acari, derivati di animali domestici (gatto e cane) e muffe.
Una meta-analisi sui fattori ambientali considerati responsabili dell’incidenza e della gravità dell’asma, ha concluso che l’esposizione agli allergeni indoor è il fattore ambientale con il più forte effetto sullo sviluppo di asma. Le principali fonti allergeniche degli ambienti esterni sono pollini, derivati da piante erbacee ed arboree e micofiti. Altri agenti responsabili di asma sono i sensibilizzanti professionali. Questi sono responsabili del 9 – 15% dei casi di asma negli adulti. Le sostanze più frequentemente in causa sono isocianati, farina, polvere di cereali e di legno e lattice.
Il fumo di tabacco ha un ruolo importante nello sviluppo di asma ed influenza negativamente il controllo della malattia. L’esposizione al fumo passivo, sia di tipo pre-natale per l’abitudine tabagica della madri durante la gravidanza, sia durante l’infanzia, rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di asma nell’infanzia e nell’età adulta. L’esposizione in età adulta peggiora il controllo dell’asma nelle persone che ne sono affette.
L’esposizione ad inquinanti ambientali è spesso associata a riacutizzazione di un’asma preesistente. Gli inquinanti esterni più comuni sono: ossidi di azoto, ozono, particolato sottile PM10, monossido di carbonio e anidride solforosa. Aumentano prevalentemente durante i mesi invernali nelle città, per il traffico veicolare più frequente, per i riscaldamenti domestici e per le condizioni ambientali climatiche favorevoli alla loro concentrazione. Le costruzioni moderne, caratterizzate da un ridotto ricambio di aria, possono contribuire ad una maggior esposizione ad inquinanti chimici (fumi e vapori irritanti) presenti negli ambienti interni (indoor) derivanti dalla combustione del gas e dai detersivi. Anche le infezioni virali delle vie aeree sono state associate allo sviluppo di asma. Se contratte nella prima infanzia, come nel caso delle infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV), causano frequentemente wheezing e bronchiolite, che nel corso degli anni diventano un fattore favorente lo sviluppo di asma non allergica. Infezioni virali in età adulta possono anche slatentizzare una reattività bronchiale misconosciuta e rappresentare l’esordio dell’asma.
Esistono inoltre alcune condizioni patologiche che possono facilitare l’insorgenza di asma o favorirne le riacutizzazioni. Poliposi nasale, rinite, rino-sinusite, reflusso gastroesofageo possono contribuire alla manifestazione dell’asma. Il controllo di queste malattie, pertanto, favorisce anche il controllo dell’asma, riducendo la frequenza delle riacutizzazioni.
Fattori di rischio genetici per l’asma bronchiale
L’atopia è una predisposizione geneticamente determinata a produrre un eccesso di IgE in risposta all’esposizione ad allergeni, e si evidenzia con la dimostrazione di aumentati livelli sierici di IgE specifici e/o con una risposta positiva ai test allergometrici cutanei (prik test) effettuati con una batteria di allergeni inalanti standardizzati. La proporzione di asme attribuibili all’atopia è circa la metà dei casi. L’atopia presenta una familiarità; pertanto, si apprezza un aumento del rischio di sviluppare l’asma in presenza di genitori atopici affetti da asma. La manifestazione dell’atopia ha una storia naturale: di solito la dermatite atopica precede lo sviluppo di rinite allergica e di asma. La rinite allergica rappresenta quindi un importante fattore di rischio per lo sviluppo di asma. Non a caso, spesso le due patologie coesistono nello stesso paziente e in molti casi la rinite allergica precede lo sviluppo di asma. Altro elemento da considerare è l’eventuale presenza di wheezing (sibilo che caratterizza il respiro del neonato) ricorrente nei primi anni di vita. Una parte di questi bambini svilupperà asma.
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Polvere toracica: le case dei fumatori sono inquinate come Pechino
Il tabagismo, come ormai sanno anche i sassi, rappresenta una delle più diffuse (e, da ex fumatore, aggiungo io “stupide”) cause principali di morte evitabili, in quanto la tossico-dipendenza da nicotina risulta uno dei maggiori fattori nello sviluppo di patologie quali tumore al polmone, enfisema e patologie cardiovascolari, oltre ad avere un ruolo eziologico importante in quasi tutte le altre malattie conosciute. Risultano piuttosto risaputi anche i danni che può provocare il fumo passivo, ovvero sia quella quantità di fumo assorbita involontariamente per la semplice presenza contemporanea di fumatori all’interno di un ambiente condiviso: ciò nonostante, spesso vengono dimenticati e sottovalutati.
La ricerca
Per comprendere quanto invece possa essere estremamente pericoloso il fumo passivo, i ricercatori dell’Università di Aberdeen hanno condotto uno studio, pubblicato sulla rivista specializzata Tobacco Control e sul British Medical Journal, in cui andavano ad analizzare l’atmosfera di 93 abitazioni di fumatori, mettendola a confronto con quella di 17 case di non fumatori. Il risultato ha evidenziato come nei salotti delle prime i livelli di inquinamento erano circa 10 volte superiori a quelli dove non veniva accesa alcuna sigaretta.
Inquinamento tre volte superiore ai limiti di sicurezza
Misurando la quantità di particelle inquinanti presente nell’atmosfera delle abitazioni in cui il tabagismo è un’abitudine, si riscontrano livelli di tre volte superiori a quelli che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha imposto come limite di sicurezza. La conseguenza diretta di una tale scoperta risulta piuttosto eloquente: chi convive con un fumatore risulta esposto a standard di particolato fine paragonabili a quelle delle città più inquinate del mondo, come Londra o Pechino (vedi foto in alto!).
Polvere toracica
Il particolato fine, o PM2,5, è composto da varie particelle tossiche per l’organismo: è definito come polvere toracica, in quanto in grado di penetrare in profondità all’interno dei polmoni durante la respirazione, e viene generalmente utilizzato per quantificare i livelli di inquinamento atmosferico. Tale risultato mette in luce un tipo di inquinamento di cui si parla poco, quello indoor, ovvero sia quello presente nelle nostre case e dovuto precipuamente al fumo passivo: dunque, se ci sta a cuore la nostra salute e quella di coloro i quali vivono assieme a noi, occorre spegnere una volta per tutte la sigaretta. Io ci sono riuscito: potete riuscirci anche voi!
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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