Differenza tra incidenza e prevalenza: significato ed esempi

MEDICINA ONLINE STUDIO STUDIARE LIBRO LEGGERE LETTURA BIBLIOTECA BIBLIOGRA LIBRERIA QUI INTELLIGENTE ESAMI 30 LODE TEST INGRESSO MEDICINA UNIVERSITA SCUOLA COMPITO VERIFICA INTERROGAZIONE ORALE SCRITTO PICTURE HD WALLPAPERLa spiegazione, nel nostro caso, riguarda l’ambito medico tuttavia i concetti possono essere applicati a qualsiasi campo dove viene applicata la statistica.

Incidenza e tasso di incidenza

L’incidenza è un indicatore statistico che misura la velocità di comparsa di nuovi casi di una certa malattia, per esempio di un determinato tipo di tumore, nell’ambito di una popolazione di riferimento in un preciso arco di tempo. Viene espressa sotto forma di tasso di incidenza, ovvero il rapporto tra il numero di nuovi casi di malattia e il numero di persone considerate in un preciso arco di tempo ed in un preciso ambito, per esempio “10 nuovi casi di tumore epatico ogni 100 persone in un mese”, ovvero un tasso di incidenza di 0,1. Il suo valore è un numero che può andare da 0 ad infinito. L’incidenza è correlata al concetto di stima della probabilità di ammalarsi e può quindi essere utile quando si vuole prevedere il numero di nuovi casi di una data patologia.

Rischio incidente

Il rischio incidente si calcola mettendo al numeratore il numero di nuovi casi di malattia registrati durante il periodo di osservazione ed al denominatore il numero di persone a rischio di ammalarsi (o di avere l’evento) all’inizio del periodo di osservazione. L’incidenza esprime quindi la probabilità che si manifesti una certa malattia in un campione di persone a rischio, mentre il tasso di incidenza invece non esprime una probabilità, ma la velocità con cui questa malattia si manifesta. Il rischio incidente converge con il tasso di incidenza quando si tratta di eventi rari (che colpiscono meno del 10% della popolazione) e il numero di soggetti persi durante il periodo di osservazione è trascurabile.

Prevalenza

La prevalenza è un indicatore statistico che misura il rapporto fra il numero di eventi sanitari rilevati in una popolazione in un definito momento (o in un breve arco temporale) e il numero degli individui della popolazione osservati nello stesso periodo. Per migliorare la leggibilità del dato si moltiplica il risultato per una costante (pari a dieci o un suo multiplo). Esiste una distinzione tra prevalenza puntuale e prevalenza periodale:

  • prevalenza puntuale: l’osservazione del numero di individui malati e che possono sviluppare la malattia è riferita ad un definito momento (ad es. al 31/12 di un anno).
  • prevalenza periodale: l’osservazione si riferisce ad un breve arco temporale.

La necessità di distinguere le due è legata alle diverse necessità di indagine epidemiologica, relative allo studio statistico preso in esame. Conoscere la prevalenza di una malattia consente di comprendere il suo impatto sulla salute pubblica, di pianificare le risorse in base alla sua prevalenza attesa e programmarle in base alla sua variazione temporale. Ad esempio conoscere la prevalenza di una malattia infettiva che richiede isolamento può consentire di programmare il numero di posti in ospedale in sezioni di isolamento e variarli nel tempo i n relazione all’aumento o alla diminuzione prevista della prevalenza della malattia basati su modelli previsionali.

SEMPLIFICANDO: La prevalenza prende in considerazione i casi già esistenti, mentre l’incidenza si riferisce ai casi nuovi. In nessun caso la prevalenza consente di valutare la probabilità di ammalarsi: il concetto di stima della probabilità di ammalarsi è connesso invece all’incidenza della malattia.

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Fumare non fa male: mio nonno fumava 50 sigarette al giorno e ha vissuto bene fino a 90 anni

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FUMARE NON FA MALE MIO NONNO 50 90 ANNI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgE’ una frase che sento dire a molti miei pazienti fumatori, che non ne vogliono proprio sapere di smettere di fumare:

“Fumare non fa male. Mio nonno fumava 50 sigarette al giorno e ha vissuto bene fino a 90 anni”

A parte la stranissima coincidenza di tutti questi fumatori accomunati dalla parentela con simpatici vecchietti ultra-fumatori… Questa situazione non è ovviamente sufficiente a smentire i danni del fumo per svariati motivi. Innanzitutto in questioni mediche non esiste mai il 100 % e non esistono mai regole matematiche precise. La medicina ruota sempre intorno a questioni di statistiche e probabilità.
Il formarsi di un tumore maligno ai polmoni per esempio dipende da molteplici variabili quali fattori interni all’organismo, fattori esterni, predisposizioni, presenza di altre malattie etc. Per cui è la sommazione di più fattori che determina l’origine della malattia. Il fumare non determina il tumore “sicuramente” ma “con più alta probabilità” così come il non fumare non annulla del tutto il rischio ma lo rende molto meno probabile, quindi è assolutamente possibile che una persona possa avere un tumore ai polmoni a 30 anni non fumando e che un altra possa vivere anche 100 anni pur fumando. Quello che però è assolutamente certo è che chi fuma, statisticamente, vive undici anni in meno rispetto alla popolazione non fumatrice.

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Supernonni

A ciò dobbiamo aggiungere che l’organismo di oggi è geneticamente più vulnerabile rispetto a quello dei nostri nonni e questo perché essi sono soggetti selezionati, molto più di quanto lo siamo noi. Gli attuali novantenni sono sopravvissuti a malattie che oggi sono curabili ma che prima mietevano vittime (che altro non erano che le persone più deboli). Sono sopravvissuti ad un periodo di stenti e di fame (pensi al periodo delle guerre mondiali). Non hanno avuto accesso a cibi estremamente industriali come quelli che mangiamo noi oggi. Sono stati abituati a lavori più fisici e “meno di scrivania”: ciò ha contribuito a mantenerli informa. I figli del 2000, in Italia, sono i bambini più obesi al mondo, secondi solo a quelli statunitensi.
Per cui io non mi stupisco troppo quando un novantenne che fuma 50 sigarette sta bene mentre un quarantenne fumatore di oggi va in giro con l’ossigeno. In ogni caso, per un fumatore 90enne che sta “bene”, ce ne sono almeno altri dieci che stanno molto male, e ce ne sono altri 100 che sono deceduti molti anni prima.

Infine, se il fumatore 90enne sta bene, significa due cose:

  • Ha una salute di ferro NONOSTANTE le sigarette e non certo GRAZIE ad esse.
  • Se non avesse mai fumato, ora starebbe non BENE… ma BENISSIMO!

Vuoi finalmente diventare un ex fumatore? Prenota una visita con il nostro esperto che – in poche sedute – vi aiuterà a smettere di fumare per sempre grazie a tecniche innovative e – se occorre – a farmaci antifumo.

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I migliori prodotti per smettere di fumare

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, pensati per il fumatore che vuole smettere di fumare o che ha smesso da poco:

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Perché anche 10 anni dopo aver smesso di fumare, il rischio di tumore è più elevato rispetto a chi non ha mai fumato?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma OBESI FUMATORI FONDO LISTA CHIRURGIA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneSmettere di fumare sigarette fa sempre bene, a qualsiasi età. Uscire dal tunnel della tossicodipendenza da nicotina, fa diminuire in poco tempo il rischio di sviluppare non solo vari tipi di tumore, ma anche moltissime altre patologie, specie quelle cardiovascolari. Tuttavia, specie se l’ormai ex fumatore ha fumato per molto tempo prima di smettere, ci vogliono parecchi anni prima di tornare ad avere lo stesso rischio di sviluppare certe patologie rispetto alla popolazione che non ha mai fumato. Se il paziente smette di fumare da giovane, questo rischio tornerà più rapidamente simile a quello di chi non ha mai fumato; invece se non si smette in giovane età, questo rischio non tornerà probabilmente mai più quello di una persona che non ha mai fumato.

In alcuni soggetti, anche se hanno smesso ormai da dieci anni, il rischio di sviluppare alcune patologie tumorali e cardiovascolari, rimane più elevato rispetto a chi non ha mai fumato. Ma perché ciò avviene?

Un tumore polmonare può svilupparsi anche a distanza di anni perché l’organismo non riesce a liberarsi subito delle sostanze nocive che si sono accumulate nei tessuti umani durante tanti anni di dipendenza dalla nicotina. Queste sostanze quindi hanno tutto il tempo per creare alterazioni cellulari irreparabili. All’interno delle cellule ci sono meccanismi di riparazione del DNA ma se i danni di quest’ultimo sono continui e reiterati ad un certo punto un tumore può originarsi anche se è passato molto tempo dall’ultima sigaretta fumata, specie se il soggetto è anziano e/o è in sovrappeso/obeso.

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Colesterolo: gli italiani non lo misurano e non fanno prevenzione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COLESTEROLO ITALIANI PREVENZIONE MISURA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgItaliani e colesterolo: un rapporto “inconsapevole”. Due su 3 non lo misurano e uno su 2 non fa prevenzione del rischio cardiovascolare. Ma poi la metà di questa quota che fugge scopre di avere livelli preoccupanti (sopra i 200 mg/dl). Per sensibilizzare il Belpaese sull’importanza di andare ‘al cuore del problema’, un team di specialisti investirà un mese intero: marzo, il ‘Mese del cuore’. L’iniziativa di prevenzione ha debuttato a Roma lo scorso anno e ora si sposta da metropoli a metropoli, sbarcando a Milano. A promuoverla Danacol in collaborazione con il Policlinico universitario Gemelli di Roma e l’università Cattolica del Sacro Cuore. In programma ci sono 5 fine settimana di visite gratuite offerte alla cittadinanza nei chiostri dell’ateneo. In occasione della tappa romana – al Policlinico Gemelli nel settembre 2016 – è stata scattata una fotografia significativa della situazione nel Belpaese, dove si risponde alle campagne di prevenzione gratuita, ma c’è ancora da imparare su stili di vita di qualità, collegati alla longevità.

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Italiani inconsapevoli
Lo screening del Mese del cuore ha riguardato circa 1.200 persone, dai 18 ai 90 anni, a cui si aggiungono i risultati di oltre 26 mila utenti registrati al portale ‘viaggioalcuoredelproblema.it’, dove è stato messo a disposizione un percorso formativo e test di autovalutazione dei 7 principali fattori di rischio cardiovascolare: pressione arteriosa, indice di massa corporea, colesterolo, dieta equilibrata, esercizio fisico, fumo e glicemia. Gli italiani risultano ancora sospesi fra la consapevolezza dell’importanza della prevenzione e la sottovalutazione del valore di controlli periodici, a tutte le età. Il 61% delle persone valutate sono risultate con valori alti di pressione arteriosa e il 56% in sovrappeso. Le osservazioni – spiegano gli esperti – hanno inoltre permesso di confermare come il colesterolo di chi fa attività fisica regolare sia nettamente più basso, così come quello di coloro che hanno un regime alimentare equilibrato. Nonostante ciò, più della metà delle persone coinvolte nei check-up ha dichiarato di non seguire una dieta equilibrata (52%) e di non fare regolarmente attività fisica (53%). Ancora tanti i fumatori: il 24% del campione. La tappa milanese vedrà impegnati gli specialisti nei 5 weekend dal 3 marzo al 2 aprile (venerdì dalle 16.30 alle 19, sabato dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 19, e domenica dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16). Ci si potrà sottoporre a un check-up gratuito nella sede dell’università Cattolica a Milano, in Largo Gemelli 1, prenotando al numero verde 800.08.77.80 fino al 17 febbraio. I medici del Gemelli misureranno la pressione arteriosa, i valori di glicemia e colesterolo, l’indice di massa corporeo, e indagheranno su stile di vita, abitudini alimentari e alcuni parametri di performance funzionale (come ad esempio, la forza muscolare), per rilasciare al termine una scheda con i risultati delle valutazioni e una serie di raccomandazioni. Dopo Milano, il Mese del cuore tornerà ancora una volta a Roma a settembre.

Un corretto stile di vita è importante
In campo il team specialistico coordinato da Francesco Landi, docente della facoltà di Medicina e chirurgia della Cattolica e geriatra al Gemelli di Roma, da anni al lavoro sull’identificazione dei fattori associati a una longevità ‘di successo’. “Un corretto stile di vita può aiutare a controllare in modo sostanziale i fattori di rischio per lo sviluppo di importanti patologie – spiega l’esperto – e iniziative di sensibilizzazione come il Mese del cuore possono contribuire a una maggiore consapevolezza degli italiani sul tema prevenzione. E’ sufficiente un check-up per valutare la correttezza delle proprie abitudini di vita e ricevere consigli su come vivere in modo più sano e più a lungo”. Tutti i risultati dell’iniziativa, conclude Landi, “saranno presentati in occasione del secondo World Congress on Public Health and Nutrition che si terrà a Roma il 22-24 marzo”.

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Asma bronchiale: fattori di rischio ambientali e genetici

MEDICINA ONLINE ASMA BRONCHIALE FATTORI RISCHIO GENETICI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di leggere quali sono i fattori di rischio per l’asma bronchiale, ti consiglio di leggere questo articolo: Asma bronchiale in bambini e adulti: cause, sintomi e cura

Fattori di rischio ambientali per l’asma bronchiale
Gli allergeni sono considerati un’importante causa di asma bronchiale. L’aumento di incidenza dell’asma riguarda soprattutto le forme ad andamento perenne, in una considerevole parte delle quali è possibile evidenziare una sensibilizzazione ad allergeni indoor, come acari, derivati di animali domestici (gatto e cane) e muffe.
Una meta-analisi sui fattori ambientali considerati responsabili dell’incidenza e della gravità dell’asma, ha concluso che l’esposizione agli allergeni indoor è il fattore ambientale con il più forte effetto sullo sviluppo di asma. Le principali fonti allergeniche degli ambienti esterni sono pollini, derivati da piante erbacee ed arboree e micofiti. Altri agenti responsabili di asma sono i sensibilizzanti professionali. Questi sono responsabili del 9 – 15% dei casi di asma negli adulti. Le sostanze più frequentemente in causa sono isocianati, farina, polvere di cereali e di legno e lattice.
Il fumo di tabacco ha un ruolo importante nello sviluppo di asma ed influenza negativamente il controllo della malattia. L’esposizione al fumo passivo, sia di tipo pre-natale per l’abitudine tabagica della madri durante la gravidanza, sia durante l’infanzia, rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di asma nell’infanzia e nell’età adulta. L’esposizione in età adulta peggiora il controllo dell’asma nelle persone che ne sono affette.
L’esposizione ad inquinanti ambientali è spesso associata a riacutizzazione di un’asma preesistente. Gli inquinanti esterni più comuni sono: ossidi di azoto, ozono, particolato sottile PM10, monossido di carbonio e anidride solforosa. Aumentano prevalentemente durante i mesi invernali nelle città, per il traffico veicolare più frequente, per i riscaldamenti domestici e per le condizioni ambientali climatiche favorevoli alla loro concentrazione. Le costruzioni moderne, caratterizzate da un ridotto ricambio di aria, possono contribuire ad una maggior esposizione ad inquinanti chimici (fumi e vapori irritanti) presenti negli ambienti interni (indoor) derivanti dalla combustione del gas e dai detersivi. Anche le infezioni virali delle vie aeree sono state associate allo sviluppo di asma. Se contratte nella prima infanzia, come nel caso delle infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV), causano frequentemente wheezing e bronchiolite, che nel corso degli anni diventano un fattore favorente lo sviluppo di asma non allergica. Infezioni virali in età adulta possono anche slatentizzare una reattività bronchiale misconosciuta e rappresentare l’esordio dell’asma.
Esistono inoltre alcune condizioni patologiche che possono facilitare l’insorgenza di asma o favorirne le riacutizzazioni. Poliposi nasale, rinite, rino-sinusite, reflusso gastroesofageo possono contribuire alla manifestazione dell’asma. Il controllo di queste malattie, pertanto, favorisce anche il controllo dell’asma, riducendo la frequenza delle riacutizzazioni.

Fattori di rischio genetici per l’asma bronchiale
L’atopia è una predisposizione geneticamente determinata a produrre un eccesso di IgE in risposta all’esposizione ad allergeni, e si evidenzia con la dimostrazione di aumentati livelli sierici di IgE specifici e/o con una risposta positiva ai test allergometrici cutanei (prik test) effettuati con una batteria di allergeni inalanti standardizzati. La proporzione di asme attribuibili all’atopia è circa la metà dei casi. L’atopia presenta una familiarità; pertanto, si apprezza un aumento del rischio di sviluppare l’asma in presenza di genitori atopici affetti da asma. La manifestazione dell’atopia ha una storia naturale: di solito la dermatite atopica precede lo sviluppo di rinite allergica e di asma. La rinite allergica rappresenta quindi un importante fattore di rischio per lo sviluppo di asma. Non a caso, spesso le due patologie coesistono nello stesso paziente e in molti casi la rinite allergica precede lo sviluppo di asma. Altro elemento da considerare è l’eventuale presenza di wheezing (sibilo che caratterizza il respiro del neonato) ricorrente nei primi anni di vita. Una parte di questi bambini svilupperà asma.

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Differenza tra fattore di rischio modificabile, fattore di rischio non modificabile, fattore protettivo

Un uomo grasso che mangia cibo spazzatura e un uomo magro che fa sport

Un uomo grasso con alcol e cibo spazzatura, un uomo magro che fa sport

Cos’è un fattore di rischio?

I fattori di rischio sono condizioni che risultano correlati statisticamente ad una o più patologie. Ciò significa che la presenza di un fattore di rischio non è necessariamente causa di patologia, ma la presenza di uno di essi – e ancor di più la contemporanea presenza di più fattori di rischio – ne aumenta notevolmente il rischio di insorgenza e di sviluppo. Parimenti l’assenza di un fattore di rischio NON esclude necessariamente la comparsa della malattia, ma ne diminuisce il rischio di insorgenza e di sviluppo. I fattori di rischio sono classificabili in:

  • Familiari, fattori legati alla famiglia;
  • Ambientali, fattori legati al luogo in cui si vive;
  • Occupazionali, fattori legati alla professione svolta;
  • Chimici, fattori legati all’esposizione ad agenti chimici;
  • Biomeccanici, movimenti ripetuti o carichi pesanti;
  • Relazionali, lavoro notturno, burn out, mobbing;
  • Psicosociali, legati al carattere e alla psicologia dell’individuo.

I fattori di rischio si dividono tradizionalmente in due grandi gruppi:

  • fattori di rischio non modificabili;
  • fattori di rischio modificabili.

Qual è la differenza tra fattore di rischio modificabile e non modificabile?

I fattori di rischio non modificabili (o “fattori di rischio immodificabili”) sono quei fattori di rischio che il paziente non può in nessun modo modificare, come ad esempio:

  • l’età (alcune malattie sono statisticamente più probabili ad una certa età piuttosto che in un’altra);
  • il sesso (alcune patologie sono più diffuse nell’uomo che nella donna ed altre viceversa);
  • la ereditarietà/familiarità (avere un parente con una certa malattia, aumenta il rischio di averla a propria volta).

I fattori di rischio modificabili sono invece quelli che il soggetto può modificare ad esempio cambiando dieta, smettendo di fumare, assumendo un dato farmaco o iniziando a svolgere attività fisica in modo continuato. I fattori di rischio modificabili più importanti sono:

Cos’è un fattore protettivo?

Un “fattore protettivo” o “fattore di protezione” è l’opposto di un fattore di rischio, cioè una condizione che diminuisce il rischio di sviluppare una data patologia. Parlando in generale, fattori che proteggono da molte malattie – in particolare quelle cardiovascolari – sono:

E’ importante comunque ricordare che ovviamente la presenza di uno o più fattori di protezione NON esclude necessariamente la comparsa della malattia, come l’assenza di un fattore di protezione non implica necessariamente la comparsa della malattia.

Fattore protettivo modificabile o non modificabile

Quelli appena elencati sono fattori protettivi modificabili, cioè – salvo alcune eccezioni – è il paziente che può scegliere se svolgere una attività sportiva o non farlo ed è sempre lui che sceglie se mangiare e bere nel modo corretto. Esistono anche fattori protettivi non modificabili (o “immodificabili”): ad esempio nascere da due genitori che non hanno mai sofferto di malattie cardiovascolari è un fattore protettivo non modificabile per le malattie cardiovascolari.

I migliori prodotti per abbassare il colesterolo e dimagrire

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, che sono estremamente utili per abbassare il colesterolo e dimagrire, fattori protettivi che diminuiscono il rischio di ipertensione, ictus cerebrale ed infarto del miocardio:

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Eccesso di colesterolo (ipercolesterolemia): perché è pericoloso?

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE ANALISI CLINICHE GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI LEUCOCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANEA EPer comprendere meglio quello di cui stiamo parlando, ti consiglio di leggere prima questo mio articolo: Colesterolo: cos’è, a cosa serve, perché è pericoloso?

Quando si parla di ipercolesterolemia in campo medico si intende un eccesso di colesterolo nel sangue; più precisamente ci si riferisce ad un aumento del colesterolo trasportato dalle lipoproteine a bassa densità (LDL), quello che comunemente definito “colesterolo cattivo”. Prima di rispondere alla domanda del titolo, è però necessario riportarvi qualche informazione sulla fisiologia del nostro organismo.

Colesterolo e trasporto
Il colesterolo, come tutti i lipidi, non è solubile in acqua, per cui per il suo trasporto nel sangue viene veicolato da proteine, chiamate apolipoproteine (APO). Il complesso formato dalle apolipoproteine, dal colesterolo, da trigliceridi e da fosfolipidi costituisce le lipoproteine, particelle relativamente voluminose che circolano nel sangue allo scopo di trasportare i grassi verso tutti i tessuti. In condizioni di digiuno (cioè quando si effettuano le analisi), il colesterolo presente nel sangue è per la maggior parte (60-75%) quello trasportato dalle LDL, per cui il dosaggio del colesterolo plasmatico totale è un indice, anche se approssimativo, del colesterolo LDL. Tuttavia, poiché una buona percentuale di colesterolo è trasportato anche da altre lipoproteine (VLDL e HDL), per una più esatta valutazione della colesterolemia è preferibile dosare le LDL. Questa modalità permette di distinguere il colesterolo LDL (colesterolo “cattivo”) da quello HDL (colesterolo “buono”).

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LDL e HDL (il “cattivo” ed il “buono”)
Le LDL (che sono un prodotto del metabolismo delle VLDL di sintesi epatica) trasportano il colesterolo dal fegato ai tessuti, dove viene utilizzato per una varietà di processi; quando però le LDL sono presenti in concentrazioni eccessive, il loro accumulo nella parete arteriosa promuove lo sviluppo dell’aterosclerosi. Di conseguenza l’ipercolesterolemia da LDL rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio cardiovascolare (cioè un fattore che aumenta la probabilità di sviluppare una patologia cardiovascolare, come un infarto del miocardio o un ictus cerebrale) . Al contrario, le HDL sono responsabili del “trasporto inverso” del colesterolo, cioè rimuovono il colesterolo in eccesso dai tessuti e lo trasportano al fegato. Di qui viene eliminato nel lume intestinale in parte come sali biliari e in parte come colesterolo libero. Le HDL svolgono quindi una funzione protettiva sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Un eccesso di colesterolo HDL è pertanto un fattore favorevole. In fase post-prandiale, nel sangue prevale invece il colesterolo trasportato dalle lipoproteine di origine intestinale (chilomicroni). Il loro dosaggio viene effettuato soltanto in situazioni particolari.

Altri fattori di rischio cardiovascolare li potete trovare in questo articolo: Fattori di rischio cardiovascolare modificabili e non modificabili

Studi che confermano l’ipercolesterolemia quale fattore di rischio cardiovascolare
L’identificazione dell’ipercolesterolemia quale fattore di rischio cardiovascolare è il risultato di una lunga serie di studi epidemiologici che hanno messo in evidenza la correlazione tra colesterolemia (valori del colesterolo nel plasma) ed eventi ischemici cardiovascolari, in primo luogo l’infarto del miocardio e la mortalità cardiovascolare, della quale l’infarto miocardico e l’ictus cerebrale costituiscono le cause più frequenti.
Gli studi internazionali hanno confrontato fra loro gruppi di individui di diversi paesi, valutando l’incidenza della mortalità per cardiopatia ischemica e la sua relazione con alcuni possibili fattori di rischio. Il Seven Countries Study (1999) è uno dei più famosi di questi studi. In esso sono stati indagati, per 25 anni, 12.770 uomini di età fra 40 e 59 anni, in sette paesi: Paesi Bassi, Finlandia, Grecia, Yugoslavia, Italia, Giappone e USA. La Finlandia presentava la più alta mortalità per cardiopatia ischemica ed il Giappone la più bassa. Con eccezione del Giappone, dove sia i decessi per cardiopatia ischemica sia i valori di colesterolemia erano particolarmente bassi tanto da impedire un calcolo statistico significativo, i due principali fattori di rischio emersi dallo studio sono stati l’ipertensione e la colesterolemia, a sua volta in rapporto con il contenuto di grassi della dieta.
In un famoso studio pubblicato nel 1975 (Ni-Hon-San Study) è stata rilevata l’incidenza di cardiopatia ischemica tra 12.000 uomini di origine giapponese e residenti in Giappone, Hawaii e California; è risultato che i giapponesi che vivevano nelle Hawaii e in California avevano un’incidenza di cardiopatia ischemica quasi doppia rispetto a quelli che vivevano in Giappone, ma pur sempre la metà rispetto agli statunitensi di razza caucasica. Da questi dati è emersa l’importanza dei fattori ambientali nello sviluppo della cardiopatia ischemica, ma anche la probabile partecipazione di un substrato genetico.
Fra i numerosi studi longitudinali (cioè studi che hanno tenuto sotto osservazione gli stessi individui per diversi anni), hanno una particolare importanza, per durata o per numero di individui esaminati, due studi:

  • il Framingham Heart Study, iniziato nel 1949 e tuttora in corso, è condotto nella cittadina di Framingham (Massachusetts) e interessa circa 5000 individui di entrambi i sessi e senza malattie cardiache al momento del reclutamento, che vengono controllati ogni due anni;
  • il MRFIT (Multiple Risk Factor Intervention Trial), iniziato nel 1973 e durato 16 anni, ha reclutato circa 360.000 soggetti liberi da cardiopatie.

Gli studi longitudinali (detti anche prospettici) hanno dimostrato che il rischio di morte per cardiopatia ischemica è strettamente proporzionale ai livelli di colesterolemia: più alti sono i valori di colesterolo maggiore è la mortalità cardiovascolare. Mentre i primi studi prospettici (Framingham Heart Study, 1971; Pooling Project, 1978; Israeli Prospective Study, 1985) suggerivano che il rischio di un nuovo evento ischemico rimanesse pressoché immodificato fino a 200 mg/dl di colesterolemia totale (circa 130 mg/dl di LDL), gli studi successivi di maggiori dimensioni, MRFIT in particolare, hanno chiaramente indicato che la correlazione tra colesterolemia e mortalità cardiovascolare è costantemente positiva lungo tutto l’intervallo dei valori della colesterolemia, senza che si possa individuare un valore soglia, al di sotto del quale il rischio si mantenga costantemente basso. Tale correlazione è di tipo curvilineare, cosicché al crescere della colesterolemia la mortalità da cardiopatia ischemica aumenta più rapidamente, in modo tale che un aumento della colesterolemia pari ad un punto percentuale corrisponde un aumento di quasi due punti percentuali della mortalità: rispetto a 200 mg/dl di colesterolemia, il tasso di mortalità è raddoppiato a 250 mg/dl e quadruplicato a 300 mg/dl.
Inoltre da questi studi è emerso chiaramente che i vari fattori di rischio esaminati (principalmente ipertensione, fumo, diabete, obesità, familiarità per cardiopatia ischemica e bassi livelli di HDL) si potenziano a vicenda, per cui tanto più numerosi sono i fattori di rischio in un singolo individuo, tanto maggiore sarà la probabilità di morte per cause cardiovascolari.
Nel 1990 Pekkanen, utilizzando i dati dello studio LRCPPS (Lipid Research Clinics Program Prevalence Study), ha definito una curva mortalità per cardiopatia ischemica/colesterolemia per i soggetti con pregressa cardiopatia ischemica. Questa curva presenta una crescita molto più ripida della mortalità con l’aumentare della colesterolemia, proprio per la presenza, nei soggetti cardiopatici, di fattori di rischio molteplici, che interagiscono sinergicamente.
In conclusione, gli studi epidemiologici hanno dimostrato con buona certezza che la colesterolemia totale e, soprattutto, i valori delle LDL e il rapporto LDL/HDL sono importanti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari a carattere ischemico; tuttavia gli studi a carattere epidemiologico di per sé consentono soltanto di formulare delle ipotesi di probabilità, ma non sono in grado di dimostrare un rapporto di causa-effetto, in questo caso tra la colesterolemia e le malattie cardiovascolari.

I migliori prodotti per abbassare il colesterolo e dimagrire
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, che sono estremamente utili per abbassare il colesterolo e dimagrire, fattori che diminuiscono il rischio di ipertensione, ictus cerebrale ed infarto del miocardio. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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