Differenza tra taglio di vena, arteria e capillare

MEDICINA ONLINE CUORE SANGUE AORTA VENA CAVA INFERIORE ANALISI ANATOMIA ARTERIE VENE CAPILLARI PRESSIONE IPERTENSIONE UMANO FISIOLOGIA PROLASSO MITRALE VALVOLE CARDIACHE CIRCOLAZIONE SISTEMICA POLMONARE.jpgLa fuoriuscita di sangue (emorragia) che si verifica in caso di lesione, è diversa in base a quattro fattori fondamentali:

  • il calibro del vaso interessato: più il diametro del vaso è elevato e maggiore sarà il sangue perso nell’emorragia;
  • la distanza dal cuore: in caso di lesione arteriosa sistemica, tanto più il taglio avviene in prossimità del cuore e tanto più velocemente il sangue verrà perso;
  • tempo di intervento: maggiore è la velocità di intervento medico e minore è il sangue perso. Soprattutto in caso di lesioni di grosse arterie, agire in modo tempestivo è l’unico modo per salvare la vita al paziente;
  • il tipo di vaso (arteria, vena o capillare), argomento di questo articolo.

Continua a leggere

Betadine 10% soluzione cutanea antisettica: foglio illustrativo

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICBetadine 10% soluzione cutanea è un antisettico a largo spettro di azione per uso esterno, usato in ambito ospedaliero e casalingo per una efficace disinfezione e pulizia della cute lesa da ferite, piaghe ed altre lesioni di varia natura.

Composizione di Betadine 10% soluzione cutanea

1 ml contiene:

  • Principio attivo: Iodopovidone (al 10% di iodio) g 0,1, pari a g 100 per flacone da 1000 ml.
  • Eccipienti: alcool isopropilico, acido citrico, sodio fosfato bibasico, acqua depurata.

Il principio attivo Iodopovidone è contenuto in vari prodotti disinfettanti equivalenti al Betadine, come ad esempio questo: http://amzn.to/2FfgqhL

Controindicazioni: quando non dev’essere usato Betadine

Ipersensibilità verso i componenti o altre sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico. Bambini di età inferiore ai 6 mesi.

Precauzioni per l’uso: cosa serve sapere prima di prendere Betadine?

In età pediatrica usare solo in caso di effettiva necessità e sotto controllo medico. In caso di impiego per periodi prolungati su estese superfici corporee, su mucoseo sotto bendaggio occlusivo (bendaggio effettuato con materiale impermeabile), in particolare nei bambini e nei pazienti con disordini tiroidei, praticare test di funzionalità tiroidea. Interrompere il trattamento almeno 10 giorni prima di effettuare una scintigrafia con iodio marcato (test di funzionalità tiroidea). L’ingestione o l’inalazione accidentale di alcuni disinfettanti può avere conseguenze gravi, talora fatali. Evitare il contatto con gli occhi.

Interazioni: quali farmaci o alimenti possono modificare l’effetto di Betadine?

Evitare l’uso contemporaneo di altri antisettici e detergenti. Non impiegare contemporaneamente sulla parte trattata prodotti contenenti sali di mercurio o composti del benzoino. Può manifestarsi incompatibilità con i sali di mercurio, carbonati, acido tannico, alcali, acqua ossigenata. Se state usando altri medicinali chiedete consiglio al vostro medico o farmacista.

Avvertenze in gravidanza/allattamento e bambini

Usare in bambini, gravidanza ed allattamento solo in caso di effettiva necessità e solo dopo avere consultato il medico. Tenere Betadine fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.

Dose, modo e tempo di somministrazione: posologia

  • Applicare 2 volte al giorno direttamente su piccole ferite ed infezioni cutanee. Si può coprire la parte con garze e bende adesive. Una quantità di 5 ml di soluzione (contenente 50 mg di iodio) è sufficiente a trattare un’area di circa 15 cm di lato. La soluzione di colore marrone, applicata sulla cute, crea una pellicola superficiale protettiva che non macchia.
  • Attenzione: non superare le dosi indicate senza il consiglio del medico.
  • Attenzione: usare solo per brevi periodi di trattamento; in assenza di risultati apprezzabili si consiglia di consultare il medico.

Sovradosaggio: cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Betadine?

Trattandosi di un impiego locale su cute e ferite, l’eventualità di un uso eccessivo di prodotto è improbabile. Tuttavia, in caso di impiego di dosi superiori a quelle consigliate, potrebbero manifestarsi gli effetti generali dello iodio: diminuzione o aumento della funzione della tiroide. Instaurare un trattamento dei sintomi o una terapia di supporto. In caso di uso di una dose eccessiva di Betadine® 10% soluzione cutanea avvertite immediatamente il medico o rivolgetevi al più vicino ospedale.

Effetti Indesiderati: quali sono gli effetti collaterali di Betadine?

In qualche caso l’uso di Betadine potrebbe dare origine a bruciore od irritazione. L’uso, specie se prolungato, può dare origine a fenomeni di sensibilizzazione. In tal caso interrompere il trattamento ed adottare idonee misure terapeutiche. La reazione dello iodio con i tessuti lesi può ritardarne la cicatrizzazione. Il rispetto delle istruzioni contenute nel foglio illustrativo riduce il rischio di effetti indesiderati. Questi effetti indesiderati sono generalmente transitori. Quando si presentano è tuttavia opportuno consultare il medico o il farmacista. È importante comunicare al medico o al farmacista la comparsa di effetti indesiderati non descritti nel foglio illustrativo.

Scadenza e conservazione

Attenzione: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza indicata sulla confezione. Conservare al riparo dal calore, ben chiuso. È importante avere sempre a disposizione le informazioni sul medicinale: pertanto conservare il flacone.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie

Differenza tra guarigione per prima, seconda e terza intenzione

MEDICINA ONLINE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA MELLITO TIPO 1 2 CURA ULCERA DECUBITO PIEDE DIABETICOQuando nel corpo si verifica una ferita, l’organismo se possibile mette in atto un complesso processo biologico finalizzato al riempimento della soluzione di continuo rappresentata dalla ferita, con una struttura definitiva di natura connettivale chiamata “cicatrice”. Pur se generalmente il tessuto cicatriziale, che sia di epidermide o di altro tipo, ricalchi il più possibile il tessuto originario, sicuramente non possiede le medesime caratteristiche sia nell’ambito delle funzioni che della elasticità. Il tessuto cicatriziale generalmente perde in parte o totalmente le funzionalità possedute dal tessuto originario e tende ad essere meno elastico di quest’ultimo, pur essendo generalmente molto robusto e resistente. Anche se di solito il termine “cicatrice” è riferito alle ferite cutanee, in realtà può essere riferito alle ferite di tutti i tessuti biologici.

Modalità della guarigione per prima, seconda o terza intenzione

Le ferite possono andare incontro a guarigione con tre modalità differenti:

  • Per prima intenzione: è il caso delle ferite da taglio (delle quali rappresenta un esempio tipico la ferita chirurgica da bisturi) lineari o a grande curvatura, a margini netti e soprattutto suturate. Tale procedimento, infatti, riducendo al minimo la perdita di sostanza per accostamento dei lembi, ne favorisce il riempimento da parte del tessuto di granulazione con tempi di cicatrizzazione veloci e risultati estetici buoni.
  • Per seconda intenzione: riguarda le ferite non suturate e quindi lasciate aperte, per scelta o per necessità. In questi casi il tessuto di granulazione, che si forma sul fondo della lesione, per riempirla deve procedere dal basso in superficie con un processo che richiede tempi più lunghi e che può determinare inestetismi anche gravi. Appartengono a questo gruppo le:
    • Ferite lacero-contuse caratterizzate da margini frastagliati e poco vitali, da aree necrotiche e dalla presenza di ematomi, situazioni che predispongono all’infezione.
    • Ferite inquinate o infette quali sono quelle traumatiche particolarmente contaminate o quelle chirurgiche interessanti siti infetti come si verifica in presenza di ascessi o fistole o dermatopatie.
    • Ferite con perdita di sostanza rappresentate tipicamente dalle ustioni per la loro estensione in larghezza, per la irregolarità dei margini, per la presenza di aree necrotiche, per i fenomeni essudatizi.
  • Per terza intenzione: questo tipo di guarigione riguarda le ferite chirurgiche andate incontro, nel decorso post-operatorio, a una deiscenza parziale o totale. Il trattamento di questa complicazione prevede di norma la riapertura completa della ferita, la sua accurata detersione, l’asportazione delle aree mortificate, un adeguato zaffaggio. In un secondo momento, valutata la situazione locale e dopo aver escluso la presenza di focolai di infezione, si può procedere a una nuova sutura dei lembi. Ciò favorirà il processo di guarigione che, in questo caso, sarà detto per III intenzione.

Leggi anche:

Processo di guarigione

Consiste in una serie di eventi finalizzati alla neo formazione di un tessuto di natura connettivale, quindi diverso da quello originario, la cicatrice, avente la funzione di riempire la perdita di sostanza rappresentata dalla ferita. Il processo avviene per fasi distinte, ma che in alcuni momenti possono sovrapporsi, precedute da una fase preliminare emostatica.

  • Fase emostatica: rappresenta la risposta locale all’emorragia, provocata dalla rottura dei vasi sanguigni, mediante l’azione dei trombociti e l’attivazione dei fattori tissutali della coagulazione. Questa fase è caratterizzata dalla formazione di un coagulo, struttura costituita da una rete di fibrina nella quale rimangono imprigionati gli elementi corpuscolati del sangue, che occupa la ferita. Questo coagulo è poco aderente alle pareti e può essere rimosso facilmente anche da piccoli traumi.
  • Fase infiammatoria: l’infiammazione, risposta tipica dell’organismo agli insulti patogeni, nel caso della ferita provvede alla circoscrizione e alla eliminazione dell’agente microbico, degli eventuali corpi estranei e delle cellule necrotiche, ma anche all’attivazione di quei fattori che sono alla base dei successivi processi proliferativi e quindi della riparazione o sostituzione del tessuto danneggiato. Comporta vasodilatazione ed essudazione plasmatica e la proliferazione dei macrofagi, cellule mononucleate dotate di capacità fagocitica, che insieme ai granulociti neutrofiliprovvedono alla detersione della ferita. La reazione infiammatoria inizia immediatamente dopo il trauma e dura qualche giorno, prolungandosi anche durante la fase successiva. In quest’epoca la ferita si presenta edematosa e fortemente arrossata.
  • Fase proliferativa: ha inizio già a qualche ora di distanza dall’evento lesivo e ha lo scopo di rimpiazzare il coagulo con una struttura solida, definitiva. È contraddistinta dalla proliferazione cellulare delle strutture epiteliali, endoteliali e connettivali presenti sui bordi della ferita, che dà origine a un tessuto detto di granulazione per il suo caratteristico aspetto granuloso.
    • Ai margini della ferita, dall’endotelio, prende avvio la produzione di abbozzi cellulari che, seguendo l’impalcatura formata dalla rete di fibrina, si portano verso la zona centrale dove si saldano con quelli provenienti dal lato opposto. Dopo il contatto inizia un processo di canalizzazione che trasforma i cordoni solidi in vasi sanguigni; si costituisce in tal modo una nuova rete vascolare.
    • A distanza di 24-72 ore dal trauma si ha un’importante proliferazione a partenza dal connettivo, quella dei fibroblasti, elementi cellulari che hanno la proprietà di secernere acido ialuronico. Questa sostanza rappresenta un componente attivo nella formazione delle fibre collagene, strutture robuste che progressivamente prenderanno il posto dei filamenti di fibrina. Dai fibroblasti originano inoltre le miofibrille, fibre dotate di elevata capacità contrattile attive nel ridurre il volume della ferita, inizialmente dilatata per la trazione esercitata sui bordi dalla tensione dei tessuti e dei muscoli vicini, di oltre 1/3. I fibroblasti già allo scadere della prima settimana rappresentano la quasi totalità delle cellule presenti nella ferita; la loro attività durerà ancora per il tempo necessario al collageno prodotto di riempire la ferita. A questo punto, esaurito il loro compito, intorno alla terza settimana, i fibroblasti scompariranno dando l’avvio all’ultima fase, quella della maturazione.
    • Contemporaneamente alle altre inizia anche la proliferazione delle cellule dello strato basale dell’epitelio. Questo tessuto ha l’importante funzione di copertura della ferita e la sua produzione è autoregolata, nel senso che cessa quando i gettoni cellulari prodotti sui margini vengono a contatto centralmente. Nei processi di guarigione per seconda intenzione, dove il tessuto di granulazione riempie la ferita dal basso e non offre il sostegno adeguato alla progressione di queste cellule, il meccanismo risulta inefficace e determina ipertrofie e inestetismi della cicatrice.
  • Fase della maturazione: corrisponde a quella fase in cui la ferita, inizialmente edematosa ed arrossata, viene stabilmente e definitivamente chiusa da una cicatrice con caratteristiche ben diverse: di colorito pallido, liscia, anelastica, priva di annessi cutanei con irrorazione e innervazione ridotte. Questa fase dura almeno tre settimane, ma a volte prosegue anche per mesi o per anni.

Il processo descritto è tipico delle guarigioni per prima intenzione. Nelle altre, quelle per seconda intenzione, le fasi, ben evidenti ad occhio nudo, sono analoghe ma i tempi risultano allungati e gli esiti, sotto l’aspetto estetico, spesso non soddisfacenti.

Leggi anche:

Fattori che influenzano la guarigione delle ferite

Sul processo di guarigione delle ferite possono incidere negativamente alcuni fattori locali e altri generali.

Fattori locali

  • alterazione della irrorazione sanguigna: per deficit dell’apporto arterioso o dello scarico venoso dovuti a patologie vascolari concomitanti o alla sede della ferita, come accade per quelle localizzate nelle estremità distali degli arti.
  • malattie locali: come le affezioni dermatologiche, le ulcere e gli eczemi varicosi, le infezioni.
  • presenza di corpi estranei: rappresentati da terriccio, schegge, frustoli di tessuto ma spesso anche dagli stessi materiali di sutura che possono determinare un’azione di rigetto da parte dell’organismo.
  • localizzazione e direzione della ferita: le ferite cutanee guariscono meglio se seguono alcune linee virtuali (linee di tensione di Langer) e se non sono a contatto con salienze ossee.
  • presenza di grossi ematomi o raccolte sierose

Fattori generali

  • età del soggetto: la guarigione delle ferite è più lenta nei soggetti anziani;
  • stato nutrizionale e carenze vitaminiche: individui con gravi carenze nutrizionali, soprattutto proteiche, presentano un ritardo significativo del processo cicatriziale.
  • patologie sistemiche e terapie particolari: alcune malattie, e particolarmente il diabete, influiscono negativamente sulla guarigione delle ferite. Allo stesso modo alcune terapie, come quelle citostatiche e cortisoniche.

Anomalie del processo di guarigione

Cheloide

Dal punto di vista estetico ogni cicatrice, grazie alla fase di maturazione, migliora il proprio aspetto col passare del tempo fino a diventare quasi invisibile anche se spesso continua ad essere vissuta come un inestetismo più o meno grave. In alcune circostanze tuttavia gli esiti possono essere obiettivamente deturpanti. Ne sono responsabili soprattutto le ferite che guariscono per seconda intenzione, come quelle lacero contuse o le ustioni, ma anche le incisioni chirurgiche andate incontro a una deiscenza parziale o totale. Per queste ultime inevitabilmente viene chiamato in causa il chirurgo. Occorre precisare che indubbiamente alcuni errori di tecnica operatoria o l’utilizzo di materiali di sutura inadatti o impropri possono essere causa di anomalie nel processo di guarigione di una ferita, ma la responsabilità maggiore va ricercata in altre cause: un inquinamento del sito chirurgico, la natura della patologia operata (altra cosa è un intervento pulito per ernia, altra un intervento sporco per appendicite purulenta), le condizioni generali dell’organismo (diabete, disprotidemie, malattia neoplastica), terapie concomitanti a base di cortisone o antineoplastici, una predisposizione individuale.

Esiste poi una vera e propria patologia a carico delle cicatrici con quadri di:

  • ipertrofia, in cui la cicatrice si presenta come un cordone arrossato, duro, rilevato e dolente. Le cause sono riconducibili a fattori locali e a predisposizione individuale. Il quadro non si modifica nel tempo e richiede un trattamento chirurgico, risolutivo nella maggior parte dei casi, che consiste nella escissione completa della cicatrice e ricostruzione immediata mediante sutura con materiali inerti.
  • ipotrofica, quando la cicatrice si presenta depressa, di colore pallido, facilmente ulcerabile e sanguinante. In questo caso sembrano responsabili, più che i fattori locali e la predisposizione individuale, le condizioni generali dell’organismo. Per questo, a differenza che nel caso precedente, la terapia chirurgica non produce effetti positivi se prima non si correggono le carenze sistemiche.
  • cheloide, si distingue dalla cicatrice ipertrofica perché si presenta più esuberante e quindi dislocata rispetto alla ferita originaria e quindi molto più deturpante. Inoltre, a differenza dell’altra, recidiva abitualmente dopo l’asportazione ripresentandosi in forma addirittura più grave. L’eziologia è sconosciuta anche se sembrano avere un ruolo importante la predisposizione familiare o individuale, l’etnia (prevalenza nei neri), il sesso(femminile), l’età (giovanile). È più frequente in alcuni distretti corporei come la base del collo o in corrispondenza delle salienze ossee, ad esempio quella sternale e si osserva più spesso nelle guarigioni per seconda intenzione.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie

Differenze taglio sfilato e scalato: quale preferire?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Medicina Estetica Roma CAPELLI SECCHI CAUSE EVITARLI CURE Cute Cuoio Capo Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Luce Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaCome spesso accade nel campo della bellezza, non esiste un taglio da preferire rispetto all’altro: dipende molto dal risultato che volete ottenere.

Lo scalato per dare volume
Per realizzare un taglio scalato il parrucchiere gioca con ciocche di diversa lunghezza. Alcune sono tagliate più corte di altre per apportare movimento e dare l’impressione di un volume naturale. Non si vede nessuna demarcazione, l’equilibrio è perfetto. Questa tecnica si adatta a qualsiasi lunghezza ma è bene tenere presente che più lo scalato è pronunciato e più i capelli guadagnano volume, salvo per i capelli fini in cui il risultato è opposto.

Lo sfilato, per sfoltire
Sfilare i capelli, invece, consiste nello sfoltire la chioma in alcune zone con forbici seghettate o con un rasoio per apportare leggerezza alla pettinatura. Può anche, in misura minima, creare volume. Se hai capelli piatti, ad esempio, questa tecnica applicata alle radici permette di farle diventare più voluminose creando immediatamente un effetto massa. È utilizzata per lo stesso effetto anche sulle punte o sulla frangia. Attenzione però: abbastanza aggressiva, questa tecnica non è adatta ai capelli rovinati o molto fini perché li rende ancora più sottili.
Ultimo punto: contrariamente al carré e allo scalato, questo taglio si adatta perfettamente ai capelli lunghi e folti in quanto li alleggerisce dando un tocco di movimento.

Non è infine vietato chiedere al proprio parrucchiere di fare un sapiente mix dei due stili di taglio.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra arma bianca, da fuoco e da taglio

MEDICINA ONLINE MEDICINA LEGALE ARMI ARMA ELENCO TIPO TIPOLOGIA ARMA DA FUOCO DA TAGLIOUna “arma da fuoco” o “arma a fuoco” (in inglese “gun”) è per definizione una macchina termobalistica che sfrutta l’energia cinetica (cioè l’energia legata al movimento) dei gas in espansione da una carica di lancio o scoppio per scagliare dei proiettili. L’energia è utilizzata per proiettare un oggetto (che viene chiamato proiettile o proietto se il suo diametro è maggiore di 20 mm) a grandissima velocità verso un bersaglio: sarà l’azione perforante del proiettile a causare i danni al bersaglio.  Esempi di arma da fuoco sono il fucile semiautomatico americano Garand M1 ed il fucile d’assalto Sturmgewehr MP44.

Con “arma bianca” (in inglese “melee weapon”) si intende un gruppo di armi che provocano ferite per mezzo di:

  • punte (come pugnali e baionette);
  • forme contundenti (come martelli e arieti);
  • lame di metallo (come spade e sciabole);
  • lancio di oggetti bellici (come archi, balestre, cerbottane e catapulte);
  • potere offensivo di strutture usate come difesa (come scudi e armature).

La locuzione deriverebbe dal bianco riflesso del sole sopra le superfici metalliche da parte di queste armi.

Con “arma da taglio” si intende un tipo particolare di arma bianca, dove il danno all’obiettivo è causato dall’azione di lame. Esempi di arma da taglio sono sciabole, spade, asce, machete e scimitarra.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Lo shampoo indebolisce i capelli ed altre leggende metropolitane sui capelli

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SHAMPOO CAPELLI LAVARE FORFORA DOPPIE PUNTE UOMO CALVIZIE BALSAMO1) Lo shampoo indebolisce i capelli e ne causa la caduta
Falso. Il tempo di contatto dello shampoo con il cuoio capelluto è molto breve, il prodotto è, infatti, diluito con l’acqua e risciacquato dopo pochi minuti: non esistono quindi shampoo, almeno tra quelli di marche conosciute, che causano un’aumentata caduta dei capelli.

2) Tagliare i capelli li rende più forti 
E’ una affermazione che fanno in molti ma non ha alcun fondamento scientifico. La parte del capello che fuoriesce dal cuoio capelluto è morta, di conseguenza il capello non trae alcun beneficio dal taglio. Tuttavia, la capigliatura appare più gradevole esteticamente e più corposa perché le punte dei capelli, eliminate con il taglio, sono la parte più rovinata ed assottigliata.

3) Lavare spesso i capelli li danneggia
Lavare i capelli frequentemente non solo non è dannoso, ma previene malattie del cuoio capelluto come la dermatite seborroica, che possono provocare un’aumentata caduta
dei capelli. I capelli si possono lavare anche quotidianamente, il motivo per cui i capelli cadono durante il lavaggio è che il trauma meccanico facilita il distacco delle radici in telogen, ovvero di quei capelli in fase di riposo già destinati a cadere. L’importante è che lo shampoo utilizzato sia delicato e l’acqua non sia troppo calcarea. In caso di capelli secchi
e rovinati, però, è consigliabile utilizzare il balsamo per proteggere durante la pettinatura e l’asciugatura. È inoltre importante non asciugare i capelli con aria troppo calda o con il phon a distanza troppo ravvicinata. Ovviamente il termine “frequentemente” è riferito al buon senso: evitate cinque lavaggi al giorno!

Leggi anche: Differenza tra pelo e capello

4) Lacca e gel sono dannosi
Questi prodotti non penetrano attraverso il cuoio capelluto, ma si depositano sul fusto, di conseguenza non hanno effetti sul follicolo e quindi sul capello che cresce.
Bisogna stare attenti però alla qualità dei prodotti. I prodotti di buona qualità formano intorno al capello una pellicola invisibile che permette la tenuta della piega e ha una funzione protettiva.

5)  Pettinatura, phon caldo, tinture e permanenti non causano le doppie punte
È importante non aggredire i capelli ma essere il più possibile delicati nel trattarli. Trattamenti troppo intensi danneggiano la cuticola e poi la corteccia, causando le doppie punte. Per questo bisogna proteggere quotidianamente i capelli: l’unico altro rimedio per le doppie punte è il taglio.

Leggi anche: Le regole d’oro per la bellezza di ogni tipo di capello

6) Il phon caldo si può usare sempre
Il rivestimento di sebo che abbiamo sui capelli protegge il fusto dall’ambiente. Il sebo, presente nella parte superiore del follicolo, non interferisce con l’attività della matrice. Quando fuoriesce dal follicolo, invece, il sebo si deposita sulla cute e si diffonde sul capello ad una velocità crescente quanto più il sebo è fluido ed i capelli sono sottili. Visto che il calore tende a fluidificare il sebo, i soggetti con aumentata seborrea e capelli grassi dovrebbero evitare l’uso del phon caldo. Anche toccare e pettinare frequentemente i capelli favorisce la diffusione del sebo e peggiora il problema dei capelli grassi.
Contrariamente a quanto molti pensano, invece, la secrezione sebacea non è influenzata dal lavaggio.

Leggi anche: Come porti capelli rivela molto della tua personalità

7) Il casco protettivo per i motoveicoli e i cappelli causano la caduta
Contrariamente a quanto si crede, l’uso di cappelli o del casco non genera un aumento della caduta dei capelli. Anzi, permette di proteggere il cuoio capelluto dal sole.
La falsa credenza che lega caduta dei capelli e casco è forse dovuta al fatto che chi perde molti capelli può facilmente rinvenirli sul cappello o nel casco.

8) Tagliare i capelli è utile in caso di caduta o di diradamento
E’ falso, ma non sempre: è, infatti, utile solo se sono presenti doppie punte o altre alterazioni esterne del fusto, o per un fatto puramente estetico.

Leggi anche: I tuoi capelli rivelano la tua salute: ecco come leggere i segnali che ti inviano

9) La rasatura rende i capelli più folti o grossi
I capelli appaiono più grossi solo perché asportiamo l’estremità, che è naturalmente più sottile. In realtà, però, la rasatura non modifica lo spessore o la densità dei capelli

10) Risciacquare i capelli con acqua ghiacciata dopo shampoo e balsamo li fa brillare di più
Quest’idea è in giro da tanto tempo: risciacquare i capelli con acqua fredda li fa splendere di più. Il ragionamento è che risciacquando i capelli con acqua fredda le cuticole si appiattiscono e riflettono più luce. Mancano prove scientifiche per supportare questa credenza. Risciacquare i capelli con l’acqua fredda certamente ti sveglia, ma un modo scientificamente provato (e molto più comodo) per rendere le cuticole lisce è usare il balsamo adatto ai tuoi capelli ogni volta che fai uno shampoo. Verdetto: Non esistono prove scientifiche

11) Il cloro rende i capelli più lisci
Assolutamente falso, anzi è vero il contrario: il cloro ha un effetto “irruvidente” sui capelli. Gran parte dell’effetto capelli ruvidi dipende dal tipo di cloro, dal tempo di esposizione dei capelli al cloro e dalla percentuale di cloro in acqua. Se e quando i capelli sono esposti al cloro (si trova quasi esclusivamente nelle piscine), assicurati di risciacquare con acqua pulita il prima possibile in modo da evitare i capelli ruvidi.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!