Differenza tra ulcera venosa e arteriosa

MEDICINA ONLINE ULCERA CUTANEA ARTERIOSA VENOSA INSUFFICIENZA  DIABETE FERITA LESIONE ABRASIONE CONTUSIONE PIAGA ESCORAZIONE DIFFERENZA RIPARAZIONE INTENZIONE ASETTICA MORSO SQUALO PIEDE DOLORE SANGUE VIOLENTA BISTURI.jpgIl termine “ulcera” in medicina indica una soluzione di continuo (cioè una interruzione) del rivestimento mucoso di un tessuto/organo, di diametro maggiore di 3 mm e di forma generalmente rotondeggiante od ovalare con margini più o meno netti. La lesione ulcerosa ha inoltre tre caratteristiche:

  • ha una riparazione lenta, difficoltosa o addirittura può essere caratterizzata da assente cicatrizzazione;
  • ha scarsa tendenza alla risoluzione spontanea, anzi tende ad aumentare di gravità e dimensione;
  • ha la capacità di penetrare a fondo nel tessuto fino ad arrivare alla completa perforazione della parete del viscere.

Le ulcere possono essere classificate in:

  • ulcere artero-venose (ulcere venose ed ulcere arteriose);
  • ulcere angiodermitiche;
  • ulcere nel linfedema;
  • ulcere post-traumatiche.

Le ulcere da insufficienza artero-venosa sono frequenti nei diabetici e si associano a fattori di rischio cardiocircolatorio (età, ipertensione arteriosa, tabagismo, obesità, dislipidemie, carenza di inibitori fisiologici della coagulazione, omocistinuria, neoplasie, interventi chirurgici, traumi, gravidanze, etc.).

Le ulcere da insufficienza venosa sono in genere l’esito di una insufficienza venosa cronica con conseguente aumento della permeabilità vascolare, deposizione di fibrina, fenomeni trombotici e trombo flebitici, acidosi tissutale locale ed infine riduzione dell’apporto di O tissutale con necrosi e formazione di lesioni ulcerative. Poiché il danno di questa eccessiva pressione dipende dalla differenza di pressione fra il sangue nelle vene e la pressione nei tessuti, aumentando la pressione nei tessuti la cellula torna ad ossigenarsi. Per fare questo serve un bendaggio non elastico, che eserciti una bassa pressione quando il paziente sta fermo e che invece comprima i muscoli quando il paziente cammina. Il bendaggio viene fatto dal medico insieme alla medicazione e rimosso quando la medicazione viene sostituita, cioè ogni 10-12 giorni circa. Guarita l’ulcera il paziente indosserà una calza elastica terapeutica o se il problema della ipertensione venosa dipende dalle vene varicose si procederà ad una correzione emodinamica CHIVA.

L’ulcerazione arteriosa è dovuta invece ad un ridotto apporto di sangue arterioso all’arto inferiore causata quasi sempre a malattia aterosclerotica delle grandi e medie arterie. Altre cause includono il diabete, tromboangioite (come la malattia di Bürger), vasculite, pioderma gangrenoso, talassemia e anemia falciforme, alcuni dei quali possono predisporre alla formazione di un ateroma (una placca formata da grassi, proteine e tessuto fibroso che si forma nella parete delle arterie e configura il quadro dell’aterosclerosi). Ulteriori danni al sistema arterioso si verificano con ipertensione concomitante con danno dello strato intimale dell’arteria. La riduzione dell’apporto di sangue arterioso porta a risultato come l’ ipossia e il danno tissutale. Episodi trombotici e ateroembolici possono contribuire al danno dei tessuti e la formazione di ulcere. L’ulcerazione arteriosa si verifica spesso dopo un trauma apparentemente banale o come il risultato di una pressione localizzata. La malattia vascolare periferica è più comune negli uomini di età superiore a 45 e le donne di età superiore a 55 e i pazienti possono avere una storia familiare di malattia aterosclerotica precoce. Fattori di rischio modificabili per la malattia vascolare periferica includono il fumo, iperlipidemia, ipertensione, diabete e obesità, con associata diminuzione di attività. I pazienti possono anche avere una storia di problemi vascolari generalizzate, quali infarto del miocardio, angina, ictus, e claudicatio intermittens.

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Dolore ed ulcerazione

  • Il dolore da ulcerazione arteriosa può essere presente a riposo e può essere alleviato dall’abbassare la gamba fuori dal letto oppure dal dormire in poltrona con le gambe giù.
  • Il dolore da ulcerazione arteriosa si accentua con la sopraelevazione dell’arto (a differenza del dolore tipico da ulcerazione venosa).
  • Il dolore da ulcerazione arteriosa  solitamente inizia in posizione distale rispetto all’ostruzione, muovendosi prossimamente come una progressione ischemica.
  • L’ ulcera stessa è spesso dolorosa, sia quella arteriosa che venosa.

Caratteristiche  e sintomi delle ulcere arteriose

Solitamente le ulcere arteriose insorgono lateralmente sulla gamba ed hanno bordi netti, mentre invece le ulcerazioni venose insorgono più spesso sulla superficie mediale o laterale della gamba e sono circondate da aree di cute atrofica e sclerotica. L’ulcerazione arteriosa in particolare si verifica spesso sopra le dita dei piedi, talloni, e prominenze ossee del piede. L’ulcera appare “perforata”, con bordi ben delimitate e pallida, non granuleggiante, spesso di base necrotica. La pelle circostante può esibire eritema scuro e può essere fredda al tatto, glabra, sottile e fragile, con una tessitura lucida. Le unghie si ispessiscono e diventano opache e potrebbero cadere. Può verificarsi anche gangrena delle estremità. L’ esame del sistema arterioso può mostrare una ridotta o assente polso nel dorso del piede e nelle arterie tibiali posteriori. Ci possono essere soffi nelle arterie prossimali delle gambe, indicando la presenza di aterosclerosi. I pazienti con ulcere arteriose hanno un ridotto tempo di riempimento capillare. Con il normale riempimento capillare, dopo la compressione del dito grosso o dorso del piede per pochi secondi, il colore della pelle dovrebbe tornare alla normalità in meno di due o tre secondi. Il ritardo nel ritorno del colore normale è indicativo di compromissione vascolare. Un ritardo di più di 10 a 15 secondi in cambio di colore dopo alzando un gamba ischemica a 45 gradi per un minuto (test di Bürger) indica una compromissione vascolare.

Caratteristiche  e sintomi delle ulcere venose

Le ulcere venose insorgono, in genere, in sedemediale, regione perimalleolare. La cute perilesionale appare iperpigmentata, per l’accumulo dell’emosiderina, con zone di atrofia bianca di Milligan, lipodermatosclerosi. Il fondo della lesione può essere fibrinoso o granuleggiante, con bordo poco rilevato o piatto, a forma irregolare. La sintomatologia dolorosa è, in genere, assente, o quando presente si attenua con la sopraelevazione dell’arto. I polsi periferici sono presenti. All’anamnesi si potrà evidenziare pregresse TVP o un’insufficienza venosa cronica di vecchia data mal curata. Possono essere presenti i segni delle patologie di base: prurito, crampi notturni, senso di peso, parestesie.

Cura e gestione delle ulcere arteriose

L’aumento del flusso sanguigno periferico tramite la chirurgia ricostruttiva (per la malattia diffusa) o angioplastica (per stenosi localizzata) è l’intervento più in grado di influenzare il processo di guarigione delle ulcere arteriose. Le indicazioni per la chirurgia per ischemia cronica comprendono: l’ ulcera non-healing, cancrena, dolore a riposo, e la progressione della claudicatio invalidante. Il paziente deve smettere di fumare, e il controllo del diabete, ipertensione, iperlipidemia deve essere ottimizzato. I pazienti possono trovare benefici a dormire in un letto con la testo sollevata, devono seguire semplici consigli sulla cura e la salute delle gambe.

Cura e gestione delle ulcere venose

Il cardine della terapia delle ulcere venose è rappresentato dal:

  • bendaggio elastocompressivo atto a correggere l’ipertensione venosa;
  • tecniche di medicazione specifiche per l’ulcera.

Per elastocompressione intendiamo l’applicazione sulla superficie di un arto di materiali atti a bilanciare condizioni d’ipertensione venosa e/o di stasi linfatica. Il passaggio di liquidi attraverso una membrana è regolato dalla legge di Starling,secondo la quale la forza di filtrazione (F) dipende dalla permeabilità della parete capillare (coefficiente di filtrazione )e dal gradiente si pressione idrostatica e oncotica tra sangue e tessuti. In presenza di un gradiente di pressione oncotica su una membrana semi-permeabile, capillare, si determina un passaggio di liquidi attraverso la barriera fino al raggiungimento della stessa concentrazione da entrambi i lati.L’applicazione esterna di una compressione provoca un aumento della pressione tessutale locale,riducendo la perdita dei fluidi ,determinando contemporaneamente un riassorbimento degli stessi nei vasi.

Camminare è benefico per entrambi i tipi di ulcera.

Guida per i pazienti nel proteggere le gambe e i piedi

  • mantenere la pelle idratata;
  • non camminare mai a piedi nudi;
  • assicurare che le scarpe siano della misura giusta (che non sfreghino e non comprimano);
  • fare attenzione affinché non vi siano oggetti estranei all’interno (delle scarpe come sassolini) prima di indossarli;
  • evitare sandali con dita aperte e scarpe a punta;
  • smettere di fumare;
  • esaminare i piedi quotidianamente per pelle screpolata, vesciche, gonfiore o rossore;
  • riportare al medico sintomi peggiorativi ad esempio: diminuzione della distanza camminata, dolore a riposo, dolore alla notte, cambiamento nel colore della pelle;
  • eseguire regolarmente esercizi entro i limiti di tolleranza e di dolore.

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Differenza tra ulcera e piaga da decubito

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Piede di Charcot in paziente diabetico

Ulcera

Il termine “ulcera” in medicina indica una soluzione di continuo (cioè una interruzione) del rivestimento mucoso di un tessuto/organo, di diametro maggiore di 3 mm e di forma generalmente rotondeggiante od ovalare con margini più o meno netti. La lesione ulcerosa ha inoltre tre caratteristiche:

  • ha una riparazione lenta, difficoltosa o addirittura può essere caratterizzata da assente cicatrizzazione;
  • ha scarsa tendenza alla risoluzione spontanea;
  • ha la capacità di penetrare a fondo nel tessuto fino ad arrivare alla completa perforazione della parete del viscere.

Esistono molti tipi diversi di ulcera in base alle sue caratteristiche morfologiche, al tessuto dove si verifica ed alle cause che l’hanno determinata. Tipici esempi di ulcera sono l’ulcera gastrica e l’ulcera duodenale, che prendono il nome di “ulcera peptica” e sono causate nella maggioranza dei casi da un’infezione dello stomaco provocata dal batterio denominato Helicobacter pylori; altra causa importante di ulcera peptica è rappresentata dall’uso cronico/abuso farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetilsalicilico contenuto nella classica aspirina. Nell’uso comune il termine ulcera è divenuto ormai sinonimo di ulcera peptica, anche se ciò è errato in quando, come già accennato, l’ulcera può colpire anche altre tessuti, come l’esofago o il retto.

Le cause di ulcera sono diverse e di differente natura: meccaniche, chimiche, infettive, trofiche (per scarsa irrorazione dei tessuti periferici come avviene nelle u. vascolari e in quelle diabetiche), avitaminosiche, neoplastiche (ulcus rodens) e fisiche (raggi X e radiazioni ionizzanti).

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Piaga

Con “piaga” in medicina ci si riferisce ad un tipo particolare di lesione, caratterizzata dall’interruzione di uno o più tessuti esterni del corpo e provocata dall’ischemia (interruzione dei vasi sanguigni) e conseguente necrosi (morte cellulare) della cute e, in caso di piaga grave, dei tessuti sottostanti. Spesso le piaghe sono definite “ferite difficili” proprio perché – al contrario di ciò che avviene nella maggioranza delle ferite – le piaghe tendono ad essere “ferite croniche”, ovvero che non guariscono entro i 60 giorni dalla loro comparsa. Sia le ulcere che le piaghe sono quindi entrambe:

  • lesioni che determinano soluzione di continuità del tessuto
  • lesioni con profondità diverse in base alla gravità
  • lesioni che difficilmente guariscono, sia spontaneamente che curate, specie se gravi  profonde.

La differenza è che nell’uso comune “ulcera” si riferisce ad una lesione “interna” al corpo (specie relativamente al tessuto dell’apparato digerente), mentre “piaga” è riferita a lesioni “esterne” che riguardano la cute, almeno nelle prime fasi della malattia.

L’interruzione del flusso sanguigno, che porta alla morte del tessuto ed alla formazione della piaga, può essere determinata da varie cause esterne ed interne al corpo, come ad esempio una pressione cronica in un dato punto del corpo, insufficiente apporto ematico da varie cause e diabete.

Una delle cause esterne più frequenti di piaga sono le lesioni da decubito, cioè ferite che compaiono gradualmente in seguito alla pressione del peso del corpo su uno stesso punto della pelle, che viene compressa tra la prominenza ossea, (esempi tipici: anca o tallone) contro il letto o una sedia a rotelle. Le lesioni da decubito sono tipiche di persone che per motivi di disabilità fisica o anche psichica, hanno mobilità limitata (specie degli arti inferiori) o sono costretti a letto per lunghi periodi (coma, paralisi, frattura di femore in anziano…). La causa eziologica principale della piaga in questo caso è la pressione cronica, tuttavia è innegabile che la lesione è favorita da altri fattori, come ad esempio l’età avanzata del paziente o patologie croniche della circolazione.

Altri esempi di causa di piaga sono le insufficienze di arterie e vene, per cui non arriva il corretto apporto di sangue nel tessuto cutaneo, specie negli arti, poiché sono zone dette “periferiche” e la pressione in essi è inevitabilmente minore rispetto alle zone centrali del corpo, più vicine al cuore. Ancora un’altra causa tipica può essere la patologia diabetica, la quale se non curata determina un danno nel microcircolo che porta ad ipoperfusione di parti del tessuto che vanno incontro facilmente ad ulcerazione, tipicamente ai piedi (vedi foto in alto).

La guarigione da una piaga è quindi molto lenta e spesso risulta difficile, se non impossibile, rimuovere la causa che l’ha determinata: ad esempio risulta difficile impedire la formazione di piaghe da decubito in un paziente tetraplegico. Per tale motivo l’attenzione del medico, dell’infermiere e dell’OSS dovrebbe essere focalizzata soprattutto nella prevenzione della comparsa di questo tipo di ferite (ad esempio mobilizzando passivamente periodicamente il paziente) piuttosto che nella cura, spesso molto complessa, specie se la piaga va in profondità e/o si infetta, mettendo in alcuni casi addirittura a rischio la vita del paziente.

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Differenza tra ferita e piaga

 

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Piede diabetico

Con ferita in medicina si intende un tipo particolare di lesione, caratterizzata dall’interruzione traumatica di uno o più tessuti esterni o interni del corpo, causata da agenti esterni di varia natura che agiscono con modalità diversa. In relazione al percorso e alla profondità le ferite possono essere distinte in ferite superficiali (quando interessano esclusivamente lo strato cutaneo e sottocutaneo) o profondepenetranti ed interne. In base al grado di contaminazione della ferita, quest’ultima può essere “pulita” o “contaminata”. Infine in base al meccanismo che l’ha determinata, una ferita può essere da taglio, da punta o di altro tipo (da arma da fuoco, lacero-contuse…).

Con “piaga” in medicina ci si riferisce ad un tipo particolare di ferita, caratterizzata dall’interruzione di uno o più tessuti esterni del corpo e provocata dall’ischemia (interruzione dei vasi sanguigni) e conseguente necrosi (morte cellulare) della cute e, in caso di piaga grave, dei tessuti sottostanti. Spesso le piaghe sono definite “ferite difficili” proprio perché – al contrario di ciò che avviene nella maggioranza delle ferite – le piaghe tendono ad essere “ferite croniche”, ovvero che non guariscono entro i 60 giorni dalla loro comparsa.  L’interruzione del flusso sanguigno, che porta alla morte del tessuto ed alla formazione della piaga, può essere determinata da varie cause esterne ed interne al corpo.

Una delle cause esterne più frequenti di piaga sono le lesioni da decubito, cioè ferite che compaiono gradualmente in seguito alla pressione del peso del corpo su uno stesso punto della pelle, che viene compressa tra la prominenza ossea, (esempi tipici: anca o tallone) contro il letto o una sedia a rotelle. Le lesioni da decubito sono tipiche di persone che per motivi di disabilità fisica o anche psichica, hanno mobilità limitata o sono costretti a letto per lunghi periodi (coma, paralisi, frattura di femore in anziano…). La causa eziologica principale della piaga in questo caso è la pressione cronica, tuttavia è innegabile che la lesione è favorita da altri fattori, come ad esempio l’età avanzata del paziente o patologie croniche della circolazione.

Altri esempi di causa di piaga sono le insufficienze di arterie e vene, per cui non arriva il corretto apporto di sangue nel tessuto cutaneo, specie negli arti, poiché sono zone dette “periferiche” e la pressione in essi è inevitabilmente minore rispetto alle zone centrali del corpo, più vicine al cuore. Ancora un’altra causa tipica può essere la patologia diabetica, la quale se non curata determina un danno nel microcircolo che porta ad ipoperfusione di parti del tessuto che vanno incontro facilmente ad ulcerazione, tipicamente ai piedi (vedi foto in alto).

La guarigione da una piaga è quindi molto lenta e spesso risulta difficile, se non impossibile, rimuovere la causa che l’ha determinata: ad esempio risulta difficile impedire la formazione di piaghe da decubito in un paziente tetraplegico. Per tale motivo l’attenzione del medico, dell’infermiere e dell’OSS dovrebbe essere focalizzata soprattutto nella prevenzione della comparsa di questo tipo di ferite (ad esempio mobilizzando passivamente periodicamente il paziente) piuttosto che nella cura, spesso molto complessa, specie se la piaga va in profondità e/o si infetta, mettendo in alcuni casi addirittura a rischio la vita del paziente.

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Betadine 10% soluzione cutanea antisettica: foglio illustrativo

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICBetadine 10% soluzione cutanea è un antisettico a largo spettro di azione per uso esterno, usato in ambito ospedaliero e casalingo per una efficace disinfezione e pulizia della cute lesa da ferite, piaghe ed altre lesioni di varia natura.

Composizione di Betadine 10% soluzione cutanea

1 ml contiene:

  • Principio attivo: Iodopovidone (al 10% di iodio) g 0,1, pari a g 100 per flacone da 1000 ml.
  • Eccipienti: alcool isopropilico, acido citrico, sodio fosfato bibasico, acqua depurata.

Il principio attivo Iodopovidone è contenuto in vari prodotti disinfettanti equivalenti al Betadine, come ad esempio questo: http://amzn.to/2FfgqhL

Controindicazioni: quando non dev’essere usato Betadine

Ipersensibilità verso i componenti o altre sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico. Bambini di età inferiore ai 6 mesi.

Precauzioni per l’uso: cosa serve sapere prima di prendere Betadine?

In età pediatrica usare solo in caso di effettiva necessità e sotto controllo medico. In caso di impiego per periodi prolungati su estese superfici corporee, su mucoseo sotto bendaggio occlusivo (bendaggio effettuato con materiale impermeabile), in particolare nei bambini e nei pazienti con disordini tiroidei, praticare test di funzionalità tiroidea. Interrompere il trattamento almeno 10 giorni prima di effettuare una scintigrafia con iodio marcato (test di funzionalità tiroidea). L’ingestione o l’inalazione accidentale di alcuni disinfettanti può avere conseguenze gravi, talora fatali. Evitare il contatto con gli occhi.

Interazioni: quali farmaci o alimenti possono modificare l’effetto di Betadine?

Evitare l’uso contemporaneo di altri antisettici e detergenti. Non impiegare contemporaneamente sulla parte trattata prodotti contenenti sali di mercurio o composti del benzoino. Può manifestarsi incompatibilità con i sali di mercurio, carbonati, acido tannico, alcali, acqua ossigenata. Se state usando altri medicinali chiedete consiglio al vostro medico o farmacista.

Avvertenze in gravidanza/allattamento e bambini

Usare in bambini, gravidanza ed allattamento solo in caso di effettiva necessità e solo dopo avere consultato il medico. Tenere Betadine fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.

Dose, modo e tempo di somministrazione: posologia

  • Applicare 2 volte al giorno direttamente su piccole ferite ed infezioni cutanee. Si può coprire la parte con garze e bende adesive. Una quantità di 5 ml di soluzione (contenente 50 mg di iodio) è sufficiente a trattare un’area di circa 15 cm di lato. La soluzione di colore marrone, applicata sulla cute, crea una pellicola superficiale protettiva che non macchia.
  • Attenzione: non superare le dosi indicate senza il consiglio del medico.
  • Attenzione: usare solo per brevi periodi di trattamento; in assenza di risultati apprezzabili si consiglia di consultare il medico.

Sovradosaggio: cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Betadine?

Trattandosi di un impiego locale su cute e ferite, l’eventualità di un uso eccessivo di prodotto è improbabile. Tuttavia, in caso di impiego di dosi superiori a quelle consigliate, potrebbero manifestarsi gli effetti generali dello iodio: diminuzione o aumento della funzione della tiroide. Instaurare un trattamento dei sintomi o una terapia di supporto. In caso di uso di una dose eccessiva di Betadine® 10% soluzione cutanea avvertite immediatamente il medico o rivolgetevi al più vicino ospedale.

Effetti Indesiderati: quali sono gli effetti collaterali di Betadine?

In qualche caso l’uso di Betadine potrebbe dare origine a bruciore od irritazione. L’uso, specie se prolungato, può dare origine a fenomeni di sensibilizzazione. In tal caso interrompere il trattamento ed adottare idonee misure terapeutiche. La reazione dello iodio con i tessuti lesi può ritardarne la cicatrizzazione. Il rispetto delle istruzioni contenute nel foglio illustrativo riduce il rischio di effetti indesiderati. Questi effetti indesiderati sono generalmente transitori. Quando si presentano è tuttavia opportuno consultare il medico o il farmacista. È importante comunicare al medico o al farmacista la comparsa di effetti indesiderati non descritti nel foglio illustrativo.

Scadenza e conservazione

Attenzione: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza indicata sulla confezione. Conservare al riparo dal calore, ben chiuso. È importante avere sempre a disposizione le informazioni sul medicinale: pertanto conservare il flacone.

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Prurito alla testa (cuoio capelluto): cause e quando diventa pericoloso

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRURITO TESTA CUOI CAPELLUTO  CAUSE RIMEDI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgTutti noi, durante la giornata, ci grattiamo il cuoio capelluto ed i capelli varie volte, senza neanche rendercene conto. Ciò non deve destare preoccupazioni, tuttavia bisogna tener presente che a volte, un prurito cronico al cuoio capelluto, può indicare una reazione infiammatoria della cute sottostante i capelli. Il prurito al cuoio capelluto è un problema molto diffuso, che può essere o non essere associato ad una eruzione cutanea visibile o ad una lacerazione della cute. La gravità, la frequenza e la durata di questa condizione dipendono dalla causa sottostante. Alcune cause di prurito al cuoio capelluto, come la forfora (dermatite seborroica), possono essere relativamente lievi. Tuttavia, il prurito al cuoio capelluto può essere dovuto anche a condizioni più gravi, come infezioni, infiammazioni, infestazione da parassiti, disturbi autoimmuni e allergie.
Il prurito al cuoio capelluto può manifestarsi singolarmente o in concomitanza con altri sintomi, come una eruzione cutanea o la formazione di protuberanze visibili su cuoio capelluto e nuca. Inoltre, grattare in modo eccessivo la parte pruriginosa può favorire l’ingresso di batteri o funghi negli strati del cuoio capelluto, comportando l’insorgenza di infezioni secondarie. E’ importante riferire al medico tutti i sintomi sperimentati, affinché possa diagnosticare la causa della condizione. Il prurito al cuoio capelluto può essere causato da una grave condizione sottostante che richiede un trattamento medico, come lupus o ipotiroidismo. Qualora il prurito sperimentato dovesse essere persistente, è essenziale consultare immediatamente il medico.

Modalità di insorgenza

In alcuni casi, questa tipologia di prurito può iniziare all’improvviso e scomparire spontaneamente in breve tempo o a seguito di un trattamento minimale, come nel caso di una lieve reazione allergica o sensibilità ad un nuovo prodotto per capelli. Il prurito al cuoio capelluto può anche insorgere nel corso di un lasso di tempo relativamente lungo, come in caso di psoriasi del cuoio capelluto.

Altri sintomi spesso associati al prurito alla testa

Il prurito al cuoio capelluto può manifestarsi accompagnato da altri sintomi, che variano a seconda della condizione, del disturbo o della malattia sottostanti. I sintomi possono interessare la cute, il cuoio capelluto e, in alcuni casi, altri sistemi del corpo. Per esempio, è possibile sperimentare dolore articolare se il prurito al cuoio capelluto è causato da artrite psoriasica, un disturbo infiammatorio cronico.

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Il prurito può insorgere in concomitanza con altri sintomi correlati a cute e cuoio capelluto, tra cui:

  • formazione di pustole
  • bruciore
  • pelle screpolata su cuoio capelluto o altre regioni cutanee
  • diradamento e caduta dei capelli
  • gomiti e ginocchia pruriginosi
  • dolore
  • comparsa di un’eruzione cutanea o di segni sulla pelle
  • arrossamento, irritazione o infiammazione
  • desquamazione, sfaldamento o screpolatura della cute
  • scolorimento della cute
  • piaghe o lesioni da grattamento
  • piccoli punti bianchi alla base dei capelli (uova di pidocchi, lendini) o piccoli parassiti che si spostano nei capelli, nelle sopracciglia o nelle ciglia (pidocchi)

Il prurito può manifestarsi accompagnato da sintomi correlati a sistemi del corpo diversi dalla cute e dal cuoio capelluto, tra cui:

  • pelle fredda e scarsa tolleranza al freddo
  • appetito ridotto
  • depressione
  • stanchezza
  • sintomi simil-influenzali (stanchezza, febbre, mal di gola, cefalea, tosse e dolori)
  • dolore e rigidità articolare
  • scarsa concentrazione e problemi di memoria
  • problemi a carico delle unghie, come ingiallimento o vaiolatura o unghie fragili
  • occhi rossi, pruriginosi e lacrimazione oculare
  • starnuti e naso gocciolante
  • stress e ansia
  • perdita o aumento di peso inspiegabili

Cause

La causa più comune di prurito al cuoio capelluto è la forfora, o dermatite seborroica, che si ritiene sia causata da una combinazione di pelle grassa e crescita eccessiva di lieviti. I fattori ambientali e lo stile di vita (come prodotti per i capelli, acne, stress e obesità) sembrano incrementare il rischio di sviluppare dermatite seborroica.
Molti altri disturbi e condizioni possono causare l’insorgenza di prurito al cuoio capelluto, tra cui disturbi autoimmuni e infiammatori, infezioni, allergie e pidocchi. La psoriasi è un disturbo infiammatorio cronico causato da un problema a carico del sistema immunitario, tuttavia la causa esatta non è nota. Batteri e lieviti possono infettare la cute e i follicoli piliferi presenti sul cuoio capelluto, causando l’insorgenza di un intenso ciclo prurito-grattamento.
I pidocchi sono piccoli insetti che si nutrono di sangue e depongono le loro uova sul cuoio capelluto. I pidocchi non comportano gravi problemi medici, sebbene siano estremamente contagiosi e causa di forte prurito, che può causare lacerazioni cutanee e l’insorgenza di possibili infezioni batteriche secondarie. Il prurito al cuoio capelluto può anche essere provocato da una allergia o sensibilità ai prodotti per capelli, come tinture e altre sostanze chimiche.

Il prurito può essere causato da una varietà di disturbi e infezioni della cute, tra cui:

  • acne cheloidea nucale (tipologia specifica di follicolite che interessa principalmente i maschi di origine africana)
  • dermatite allergica da contatto o dermatite da contatto irritante (per esempio una dermatite dovuta ad una tintura per capelli)
  • forfora o crosta lattea (dermatite seborroica)
  • eczema (dermatite atopica)
  • follicolite (infezione di un follicolo pilifero)
  • infezione fungina (tinea capitis, tigna) o infezione batterica a carico del cuoio capelluto
  • pidocchi
  • ipotiroidismo
  • lupus
  • psoriasi
  • stress e ansia
  • scottatura solare

Potenziali complicazioni e pericolosità legate al prurito

In alcuni casi, il prurito al cuoio capelluto può comportare l’insorgenza di complicazioni, specie in caso di intenso grattamento, che può causare la lacerazione della cute del cuoio capelluto. Grattare la parte pruriginosa può favorire l’ingresso di batteri o funghi negli strati della cute del cuoio capelluto provocando l’insorgenza di infezioni. Le potenziali complicazioni includono:

  • cellulite (infezione della cute e dei tessuti circostanti causata da una crescente infezione batterica o fungina)
  • caduta e/o diradamento/assottigliamento dei capelli o aree prive di capelli
  • formazione di lesioni e piaghe che possono determinare infezioni

E’ possibile l’insorgenza di complicazioni correlate alle cause sottostanti del prurito. Per ridurre il rischio di complicazioni, è di fondamentale importanza attenersi al piano di cura formulato dal medico.

I migliori prodotti per la cura del capello 

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Lavaggio dei capelli

Cura dei capelli

Asciugatura ed acconciatura dei capelli

Tintura dei capelli, ciglia, sopracciglia

Eliminazione dei pidocchi

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