Cardiopatie in gravidanza: sindrome di Marfan, cardiopatie congenite e protesi valvolari

MEDICINA ONLINE SINDROME DI MARFAN GENETICA VITA MORTE PROGNOSI SEGNI CLINICI CARATTERISTICHESindrome di Marfan

Le donne in gravidanza affette da sindrome di Marfan hanno un rischio aumentato di dissecazione e rottura dell’aorta, specialmente durante il terzo trimestre e nel primo mese dopo il parto. Le pazienti che presentano un diametro della radice aortica superiore ai 40 mm hanno Continua a leggere

Aracnodattilia, segno del pollice e del polso, Sindrome di Marfan e di Beals

MEDICINA ONLINE ARACNODATTILIA MANO DITA SCHELETRO RAGNO SEGNO DEL POLLICE SEGNO DEL POLSO SINDROME DI MARFAN DI BEALS SEMEIOTICA MEDICA DITA LUNGHE.jpgCon “aracnodattilia” (“dita a ragno”) si intende una deformità dello scheletro delle mani caratterizzata da dita affusolate e sproporzionatamente allungate rispetto al palmo della mano o alla pianta del piede. Queste estremità possono risultare, inoltre, insolitamente flessibili, similmente alle zampe di un ragno, motivo per cui questa patologia è così chiamata. Costituisce uno dei sintomi della Sindrome di Marfan ed è caratterizzata dal “segno del pollice” e dal “segno del polso”. L’aracnodattilia può essere congenita e svilupparsi nel contesto di diverse malattie genetiche. Altre persone possono manifestare questo allungamento patologico delle dita delle mani e dei piedi nel tempo, durante l’infanzia o l’età adulta.

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Cos’è il “segno del pollice”?

L’aracnodattilia si riconosce per la positività del “segno del pollice”, che consiste nel far chiudere il pugno con all’interno il pollice: se si osserva la protrusione della falange distale dello stesso dito, oltre il bordo ulnare, allora il segno del pollice è detto “positivo” ed indica la presenza di aracnodattilia (vedi foto in alto a sinistra).

Cos’è il “segno del polso”?

Altro esame utile nella valutazione della patologia in questione, è il “segno del polso”: se le falangi distali di pollice e mignolo si sovrappongono, quando poste a cingere il polso, il segno del polso è “positivo” ed indica aracnodattilia (vedi foto in alto a destra).

Patologie in cui è presente l’aracnodattilia

L’aracnodattilia costituisce tipicamente un sintomo della Sindrome di Marfan, dipendendo da un’alterazione nel metabolismo del collagene. Questa deformità rientra però anche tra le anomalie che si possono riscontrare nell’omocisteinuria e nella Sindrome di Beals (malattia del tessuto connettivo che si presenta in modo simile alla Sindrome di Marfan). In qualche caso, però, l’aracnodattilia può presentarsi in assenza di una malattia di base.

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Sindrome di Marfan: trasmissione, sintomi e frequenza

MEDICINA ONLINE SINDROME DI MARFAN GENETICA VITA MORTE PROGNOSI SEGNI CLINICI CARATTERISTICHE.jpgLa sindrome di Marfan (MFS) è una malattia genetica a trasmissione autosomica dominante, che colpisce il tessuto connettivo. Questo tipo di tessuto entra per esempio nella formazione delle articolazioni delle ossa, delle valvole cardiache, dei legamenti che mantengono nella giusta posizione la lente dell’occhio (cristallino) e delle pareti dei grossi vasi sanguigni.

Diffusione

La MFS colpisce indifferentemente uomini e donne di tutte le razze. La frequenza è 1:5000. Si ritiene che in Italia circa 15.000 persone siano affette dalla sindrome di Marfan. Diversi personaggi storici ne sono stati indicati come probabilmente affetti: Abraham Lincoln, Charles de Gaulle, Niccolò Paganini, il faraone Akhenaton, Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, Reinhard Heydrich.

Sistemi coinvolti

Nella MFS è soprattutto coinvolto il sistema muscolo-scheletrico (dolicostenomelia, aracnodattilia, ipermobilità articolare, scoliosi, protrusione dell’acetabolo, coinvolgimento dello scheletro toracico), il sistema oculare (sublussazione del cristallino, miopia assiale) e l’apparato cardio-vascolare; quest’ultimo condiziona la prognosi in relazione alla gravità delle anomalie delle valvole mitrale e aortica. La gestione della patologia deve essere multidisciplinare, con la consulenza di diversi specialisti (cardiologo, genetista, oculista, pediatra e reumatologo).

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Manifestazioni

Lo spettro delle manifestazioni della sindrome è molto ampio e diversificato: mentre per alcuni pazienti la diagnosi è immediata e precoce, per quei soggetti invece per i quali solo alcuni dei sintomi sono presenti la diagnosi è difficoltosa. Solo un’indagine genetica può in definitiva garantire una diagnosi precisa per queste persone che, paradossalmente, sono quelle più a rischio.

Le manifestazioni oculari sono fondamentalmente caratterizzate dal dislocamento del cristallino (chiamato anche ectopia lentis) e dalla sferofachia, spesso presente nelle forme diagnosticate in età infantile e da problemi della retina, come il distacco. Recenti studi hanno dimostrato che la dislocazione del cristallino è un segno estremamente peculiare nei pazienti Marfan, in quanto nel 90-95% dei casi esso è correlato proprio a questa sindrome. Il cristallino risulta in genere sublussato, e questa anomalia causa molto spesso vizi di rifrazione (tra i quali il più frequente è una miopia spesso molto forte, ma si possono riscontrare anche presbiopia, ipermetropia e astigmatismo).

Nelle manifestazioni muscolo – scheletriche, ciò che più colpisce è l’altezza dei pazienti, che sono più alti della media dei coetanei, e spesso sviluppano (soprattutto durante l’adolescenza) segni di magrezza eccessiva (intesa non soltanto come un semplice sottopeso, ma anche come un habitus in generale eccessivamente affusolato e dinoccolato). Un’altra caratteristica è la lunghezza e forma affusolata delle dita, che viene chiamata aracnodattilia ed è riconoscibile dal segno del pollice (l’intera unghia del pollice flesso verso il palmo della mano oltrepassa il bordo ulnare) e dal segno del polso (l’estremità del mignolo e del pollice di una stessa mano riescono a sovrapporsi facendo il giro attorno al polso dell’altro braccio); l’aracnodattilia, che tende a causare un’ipermobilità delle dita, è legata alla lassità generalizzata dei legamenti.

L’apparato cardiovascolare comprende delle alterazioni talora molto gravi: l’occorrenza di una dissecazione dell’aorta non è rara. Mentre un paziente diagnosticato sarà seguito durante tutta l’evoluzione della malattia e quindi monitorato con ecocardiogrammaper le sue eventuali modifiche delle misure aortiche (e, nel caso, operato prima che si arrivi alla dissecazione), le persone che non ricevono una diagnosi rischiano di essere colpite improvvisamente dalla patologia aortica con conseguenze spesso drammatiche. Da ricordare l’insufficienza della valvola mitrale e della tricuspide, talora dovute al prolasso dei lembi, talora alla rottura delle corde tendinee.

Trasmissione e geni

L’alterazione genetica si trasmette come carattere autosomico dominante. Questo significa che una persona affetta ha una probabilità del 50% ad ogni gravidanza di avere un figlio affetto, indipendentemente dal sesso. Dal punto di vista genetico, non esistono portatori sani della malattia, ma i sintomi e i segni possono essere  sono così lievi da passare quasi inosservati, se non opportunamente ricercati. Oggi, grazie al test genetico, è possibile identificare casi che sfuggono all’esame clinico. La MFS è una fibrillinopatia dovuta alla sintesi difettosa della fibrillina-1. Il gene che codifica per la proteina (FBN1) è stato parzialmente clonato e localizzato sul cromosoma 15q21. Ad oggi sono state descritte oltre 400 mutazioni. Un secondo gene implicato nella MFS (definito MFS2), è stato localizzato sul braccio corto del cromosoma 3 in 3p25. Questo gene e la proteina che codifica non sono noti. È attualmente stimato che 8-15% dei casi di MFS siano attribuibili alle mutazioni di questo gene.

Terapia

Attualmente l’unica strategia praticata per rallentare l’indebolimento e l’allargamento dell’aorta è l’impiego di farmaci per ridurre la pressione sanguigna. Di solito vengono prescritti betabloccanti ma ultimamente la pratica clinica sembra evidenziare un maggior beneficio con i sartani (losartan, telmisartan, ecc.) e con gli ACE inibitori. Studi sono in corso per accertarne l’effettiva efficacia. In particolare ultimamente è emerso che il perindopril è risultato particolarmente efficace durante uno studio su un ridotto numero di pazienti con sindrome di Marfan. Lo studio fatto presso il Baker Heart Institute a Melbourne ha evidenziato una sensibile diminuzione del diametro aortico, della rigidità dell’aorta ed un conseguente aumento di elasticità con minor rischio di rottura. Si è recentemente concluso e sono stati pubblicati i risultati di uno studio “piccolo”, ma ben organizzato, che evidenziano per il perindopril, il verapamil e l’atenololo una riduzione della pressione sistolica periferica e centrale significativa, ma solo i beta bloccanti, rallentando la frequenza cardiaca e ritardando l’onda aortica, possono avere un ruolo costante nella riduzione dell’espansione ritardata nell’arco e nell’aorta addominale. Recenti ricerche hanno dimostrato che i sartani, in particolare il losartan, tendono a rallentare in modo significativo la dilatazione dell’aorta ascendente. La terapia chirurgica è rivolta ad individuare il giusto “timing chirurgico” per la correzione della dilatazione aortica prima che si raggiungano livelli pericolosi, che possono portare alla dissezione dell’aorta acuta. Recenti studi hanno evidenziato che un diametro aortico di 50 mm possa considerarsi il cut off per intervenire in tempi relativamente sicuri. Altri studi considerano invece i 45 mm di diametro come limite di diametro aortico oltre il quale è consigliabile l’operazione chirurgica. Molto spesso durante questi interventi si ricorre all’impianto di una protesi non-organica che va a sostituire il tratto dell’aorta interessato dalla dilatazione, talvolta secondo l’intervento di Bentall, talvolta secondo l’intervento di David (si tende a prediligere il primo di questi per via della mortalità operatoria e post-operatoria mediamente inferiore).

Prognosi

In epoca prechirurgica l’aspettativa di vita media per i malati Marfan era di circa 40 anni, con le donne leggermente “favorite” rispetto agli uomini; la morte poteva avvenire anche in età molto giovane, essenzialmente per dissecazione aortica e conseguente rottura del vaso, nonché per insufficienza cardiaca legata all’aggravamento delle condizioni di prolasso mitralico ed insufficienza aortica. Recentemente sono stati compiuti notevoli miglioramenti in questo senso; ora, grazie ad un adeguato stile di vita (evitando sport pericolosi per le pareti aortiche e che innalzano molto la pressione arteriosa), la possibilità di interventi chirurgici su aorta, cuore ed altre parti dell’organismo, metodi diagnostici e di screening più efficienti e medicinali che aiutano a prevenire le principali complicanze della malattia, la speranza di vita non differisce molto da quella della popolazione generale.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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