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Aneurisma dell’aorta toracica: quando operare e complicanze
L’aneurisma dell’aorta toracica è una dilatazione patologica, permanente, del calibro del tratto toracico dell’aorta, la più grande e tra le più importanti arterie dell’organismo, al suo interno, infatti, scorre tutto il sangue che dal cuore – tramite la circolazione sistemica – giunge agli arti, al cervello ed agli organi contenuti nell’addome. La dilatazione permanente dell’aorta toracica è potenzialmente pericolosa: in presenza di elevata dilatazione e di molti fattori di rischio è preferibile intervenire chirurgicamente, scongiurando il rischio di pericolose rotture ed emorragie che in pochi minuti possono determinare la morte del paziente.
Aneurisma dell’aorta toracica: quando è meglio operarlo?
Non esiste un vero e proprio cut off che valga per tutti: uno stesso aneurisma di pari dimensioni può essere “da operare” in un soggetto giovane, ma non è operabile in un soggetto di 85 anni. Ogni caso deve essere valutato singolarmente e deve prendere in esame vari fattori come:
- rischio di rottura (il fattore più importante);
- vantaggi;
- svantaggi;
- età;
- presenza di sintomi;
- eventuali patologie concomitanti.
Rischio di rottura di un aneurisma dell’aorta toracica
All’aumentare della dimensione della dilatazione di un aneurisma, generalmente aumenta il rischio di sua rottura che è anche correlato a molti altri fattori, specie età del soggetto ed eventuali altre patologie. Sono più a rischio di rottura dell’aorta toracica gli individui:
- di sesso maschile;
- grandi fumatori;
- con diabete;
- che conducono vita sedentaria;
- con alimentazione sbilanciata ipercalorica ed iperlipidica;
- in sovrappeso o obesi;
- con aterosclerosi;
- che soffrono di vasculiti;
- con colesterolo elevato;
- che usano droghe;
- con ipertensione arteriosa;
- dai 60 anni in su;
- con una storia familiare di aneurisma dell’aorta addominale.
Quando operare: cosa dicono le Linee Guida
Il diametro medio di una aorta sana oscilla tra i 2 ed i 3,5 cm circa. Se il diametro dell’aorta toracica raggiunge e supera i 5 centimetri la chirurgia NON è generalmente rinviabile in quanto il pericolo di morte del paziente a seguito di emorragia diffusa è troppo alto. Si effettua quindi una operazione chirurgica, a meno che il rischio operatorio superi i vantaggi (ad esempio: un paziente molto anziano e debilitato).
Quale terapia nei casi di aneurisma toracico?
La soluzione terapeutica dell’aneurisma è quasi esclusivamente di tipo chirurgico. Se l’aorta presenta una dilatazione della porzione toracica (tratto ascendente, arco aortico e tratto toracico discendente), l’intervento è di competenza del cardiochirurgo. Tuttavia, nella terapia anche i farmaci rivestono un ruolo non secondario: ad iniziare da quello di abbassare la pressione arteriosa. Più nello specifico alcuni medicinali, detti Sartanici, sembrano agire direttamente sulle pareti del vaso sanguigno, rallentandone la dilatazione.
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In che modo si esegue l’intervento chirurgico?
dL’intervento fa parte dei trattamenti di chirurgia maggiore e si esegue in anestesia totale utilizzando il monitoraggio dei parametri vitali durante e dopo l’operazione.Nei casi di aneurisma dell’aorta ascendente e dell’arco aortico, il cardiochirugo prati-ca un’incisione centrale del torace attraverso lo sterno (sternotomia mediana verticale). L’apertura della cassa toracica consente di esporre tutto il cuore, l’aorta ascendente e parte dell’arco aortico (chirurgia tradizionale o a cielo aperto). La chirurgia dell’aneurisma ascendente può essere anche praticata “incidendo” solo la parte superiore dello sterno.Una volta messa in funzione la macchina cuore-polmone (CEC, circolazione extra-corporea), l’attività cardiaca viene – temporaneamente – bloccata facendo ricorso ad una specifica miscela di farmaci. La cardioplegia, questo il termine tecnico, è utilizzata a protezione del miocardio durante l’ischemia (assenza di afflusso sanguigno) derivante dal clampaggio (chiusura con pinza chirurgica apposita) dell’aorta ai fini dell’intervento. Completata la prima parte, si elimina la porzione di aorta dilatata (aneurisma) e si sostituisce il tratto malato con la cucitura di una protesi artificiale (protesi tubulare).
Aneurisma aorta ascendente ed insufficienza valvolare
In alcune situazioni, oltre all’aneurisma dell’aorta nel paziente può coesistere una grave insufficienza (incapacità a funzionare correttamente) della valvola aortica (la valvola che regola il flusso di sangue pompato dal cuore verso l’intero organismo). Il cardiochirurgo procede pertanto ad asportare anche la valvola deteriorata, impiantando un’altra protesi artificiale (una valvola meccanica o biologica a seconda della valutazione clinica) e reinnestando sulla precedente protesi tubulare le ar-terie coronarie (le arterie originanti dall’aorta) il cui compito è quello di ossige-nare il muscolo cardiaco. Ma vi è anche un’altra opzione, ovvero un intervento più “raffinato” – metodica Tirone David – per mezzo del quale la valvola aortica na-tiva (naturale) del paziente viene reimpiantata sulla protesi tubulare se e quando i lembi valvolari della stessa non siano di per sé già malati e compromessi in modo irreparabile. E’ però una procedura da affidare soltanto a mani molto esperte.Negli interventi sull’arco aortico occorre inoltre reimpiantare le arterie (i vasi epiaortici) che portano sangue al cervello e agli arti superiori. Alla circolazione extracorporea si affiancano dunque tecniche di ipotermia profonda e protezione cerebrale.
Aneurisma aorta toracica discendente
Per affrontare un aneurisma dell’aorta toracica discendente, il cardiochirurgo pratica invece un’incisione nella parte sinistra del torace (toracotomia laterale). Se l’aneurisma coinvolge pure l’aorta addominale, il taglio chirurgico sarà esteso all’addome tramite il diaframma. L’approccio è poi del tutto simile a quello descritto per l’aorta ascendente con la sostituzione del tratto di aorta malato per mezzo di una protesi artificiale tubulare. In seguito vengono reimpiantate le arterie che ossigenano il midollo spinale e, più in basso, le arterie dedicate all’apparato digerente e ai reni.
Chirurgia tradizionale o protesi endovascolare?
Gli aneurismi dell’aorta toracica discendente e, in casi selezionati, dell’arco aortico oggi possono essere trattati con un approccio meno invasivo per il paziente. Ciò gra-zie all’impiego di endoprotesi posizionate all’interno del lume arteriorso utilizzando metodiche che sfruttano gli accessi offerti dalla normale rete vascolare. Il dispositivo (catetere) contenente l’endoprotesi da applicare, è sottile e flessibile: viene inserito in un’arteria, in genere quella femorale, all’altezza dell’inguine e da qui fat-to risalire fino al punto desiderato. Il suo avanzamento è costantemente monitorato per mezzo di uno specifico sistema di imaging (controllo tramite immagini) molto avanzato. Raggiunta l’area da trattare, il catetere rilascia l’endoprotesi – che si espande in modo automatico – per poi essere recuperato seguendo lo stesso percor-so d’introduzione, ma in senso inverso. La protesi (TEVAR nel linguaggio medico), composta da un tubo di tessuto sintetico avvolto da una retina metallica, ha lo scopo di riparare/rinforzare l’aorta così da prevenire/scongiurare la rottura dell’aneurisma. Rispetto alla tecnica operatoria standard, l’impianto endoprotesico non necessi-ta d’incisione toracica (niente ferite, nessun sanguinamento, niente stress da trauma ortopedico); non richiede l’asportazione dei segmenti aortici compromessi; non ricorre alla circolazione extracorporea (CEC, macchina cuore-polmone); può essere eseguito in anestesia locale ed abbrevia la degenza ospedaliera.
Cosa succede se non ci si sottopone all’intervento?
Chi decide di non sottoporsi all’intervento per un aneurisma dell’aorta toracica e sceglie di proseguire con la sola terapia farmacologica (farmaci antipertensivi), deve sapere di andare incontro ad un rischio, molto elevato nel tempo, d’improvvisa rottura dello stesso e quindi a conseguenze probabilmente letali. Fermo restando le valutazioni di ordine clinico precedenti l’operazione e le condizioni generali del paziente, il successo del trattamento chirurgico sfiora il 100%.
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Aneurisma dell’aorta toracica: dimensioni normali e diagnosi
Qual è il diametro normale dell’aorta toracica?
La misura varia enormemente da soggetto a soggetto, oscillando tra i 2 e gli oltre 3,5 centrimetri di diametro.
Quali sono le cause dell’aneurisma dell’aorta toracica?
Tra le cause più comuni e frequenti alla base della dilatazione aortica (aneurisma) gli specialisti indicano la malattia aterosclerotica. I fumatori, i diabetici, i soggetti ipertesi e quelli con alti valori ematici di colesterolo sono pertanto maggiormente esposti al rischio di sviluppare un aneurisma dell’aorta. A questi fattori se ne aggiungono altri che possono contribuire alla sua insorgenza, tra cui: la causa “genetica” (o congenita o familiare) specie negli aneurismi toracici (utile la con-sulenza in centri qualificati), l’età avanzata, la razza, i traumi, le patologie del tessuto connettivo tali da compromettere l’integrità della parete arteriosa.
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I sintomi dell’aneurisma toracico
Nei soggetti affetti da aneurisma dell’aorta toracica ascendente, dell’arco aortico e dell’aorta discendente i sintomi associati alla dilatazione del calibro arterioso sono pressoché nulli in quanto la sacca aneurismatica cresce piuttosto lentamente. La comparsa di forti dolori al torace indica invece la rottura dell’aneurisma. Vi sono poi altre manifestazioni della più che probabile presenza di un aneurisma correlati alla compressione delle strutture anatomiche circostanti – quali disfagia (disturbo della deglutizione), dispnea (mancanza d’aria) o mutamenti nel tono della voce – o alla fistolizzazione (apertura) dell’aneurisma nei visceri cavi attorno ad esso (emot-tisi=sangue dalla bocca, ematenesi = sangue proveniente dallo stomaco).
Diagnosi dell’aneurisma toracico
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Differenza tra aorta ascendente, discendente e arco aortico
L’aorta è la più grande e tra le più importanti arterie dell’organismo, è lunga approssimativamente 30-40 cm ed il suo diametro è di circa 2 – 3,5 cm. Emerge dal ventricolo sinistro del cuore e trasporta il sangue ossigenato a tutte le parti del corpo tramite la circolazione sistemica. E’ divisa in due grosse parti:
- aorta toracica: è la parte di aorta contenuta nel torace (al di sopra del diaframma) e comprende l’aorta ascendente, l’arco aortico e la porzione toracica dell’aorta discendente;
- aorta addominale: è la parte di aorta contenuta nell’addome (al di sotto del diaframma) e comprende l’aorta addominale sotto-renale.
Aorta ascendente
L’aorta ascendente (anche chiamata “aorta toracica ascendente”) corrisponde al primo breve tratto (circa 5–7 cm) dell’aorta; ha origine a livello della valvola semilunare aortica del ventricolo sinistro del cuore all’altezza del margine inferiore della terza cartilagine costale di sinistra. Si dirige verso l’alto, ventralmente e verso destra fino all’articolazione della seconda cartilagine costale con lo sterno.
Arco aortico
L’arco dell’aorta è la porzione dell’aorta toracica che fa seguito all’aorta ascendente, a livello della 2a articolazione sterno-costale destra e si porta quindi in dietro e verso sinistra per raggiungere il margine sinistro del corpo della 4a vertebra toracica dove termina continuando con l’aorta discendente. Dalla faccia superiore dell’arco aortico prendono origine, dall’avanti in dietro, vasi sanguigni molto importanti, tra cui il tronco brachiocefalico (o arteria anonima), l’arteria carotide comune sinistra (diretta al cervello) e l’arteria succlavia sinistra. Queste arterie forniscono sangue alla testa, al collo, agli arti superiori e alla parte superiore del torace.
Aorta discendente
L’aorta discendente è l’ultimo tratto dell’aorta, segue all’arco aortico e viene distinta in due porzioni: toracica (anche chiamata “aorta toracica discendente”) ed addominale, il cui limite è dato dal passaggio nel diaframma al livello della dodicesima vertebra toracica. Da entrambe le porzioni originano rami collaterali che irrorano le pareti (rami parietali) o i visceri (rami viscerali).
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Aorta toracica
Dall’aorta toracica, che si origina verso la IV vertebra toracica con un restringimento (istmo aortico), originano:
- arterie bronchiali: che irrorano i tessuti nel polmone;
- le arterie pericardiche: irrorano il pericardio;
- le arterie mediastiniche: irrorano il mediastino);
- le arterie esofagee: irrorano l’esofago;
- arterie intercostali;
- arterie freniche superiori.
Aorta addominale
Comprende la porzione denominata “aorta addominale sotto-renale”. Dall’aorta addominale, che inizia allo iato aortico del diaframma, originano:
- tronco celiaco (vascolarizza il fegato, lo stomaco, l’esofago, la colecisti, il duodeno, il pancreas e la milza)
- l’arteria mesenterica superiore (pancreas, duodeno, intestino tenue e crasso)
- e l’arteria mesenterica inferiore (porzione terminale del colon e retto)
- arterie freniche inferiori (diaframma e porzione inferiore dell’esofago)
- arterie surrenali (i surreni),
- arterie renali (i reni)
- arterie genitali (arterie testicolari nell’uomo e arterie ovariche nella donna)
- arterie lombari: vascolarizzano il midollo spinale e la parete addominale).
L’aorta addominale non termina biforcandosi nell’arteria iliaca comune destra e sinistra, che costituiscono collaterali, ma termina con l’arteria sacrale media posta sulla faccia anteriore del sacro.
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Rottura di aneurisma dell’aorta addominale: intervento chirurgico
Un aneurisma dell’aorta addominale è una dilatazione patologica permanente che interessa la parete della più grande arteria dell’addome.
In condizioni normali, nell’adulto, il diametro dell’aorta addominale misura circa 20 -25 millimetri (cioè 2 – 2,5 centimetri). Si parla di aneurisma addominale quando il rigonfiamento aortico raggiunge una dilatazione permanente di almeno i 30 millimetri (ovvero 3 centimetri) di diametro. L’aneurisma è ritenuto di grandi dimensioni quando supera un diametro di 50 millimetri (5 centimetri).
Come per ogni altro aneurisma, la parete aortica interessata dal rigonfiamento è fragile e può rompersi con relativa facilità, provocando una grave perdita di sangue. Per dare un’idea della gravità degli aneurismi addominali, si pensi che il 70-90% dei casi di rottura spontanea si conclude con la morte del soggetto colpito. Insieme agli aneurismi cerebrali, quelli che interessano l’aorta addominale sono gli aneurismi che più mettono in pericolo la vita di un individuo.
Rottura dell’aneurisma dell’aorta addominare: l’intervento chirurgico
Le opzioni chirurgiche, in caso di aneurisma dell’aorta addominale, sono due:
1) La chirurgia classica (a cielo aperto o “open”)
Il chirurgo vascolare incide l’addome da sotto lo sterno fino all’altezza del pube: l’aorta si trova nella parte posteriore dell’addome, appoggiata alla colonna vertebrale. Una volta “messo in luce” l’aneurisma, il flusso sanguigno viene interrotto applicando delle pinze chirugiche ad hoc (si procede cioè al clampaggio o pinzatura del vaso). Si asporta il tratto vasale dilatato e lo si sostituisce con una protesi tubulare artificiale cucita (sopra e sotto) alla porzione sana del’arteria. L’operazione richiede l’anestesia totale. L’operazione NON necessita di circolazione extracorporea (CEC, macchina cuore-polmone). Il ricovero ospedaliero è di circa 7 giorni e il paziente può riprendere la sua normale attività lavorativa e sociale, salvo complicazioni, dopo alcune settimane di convalescenza, anche in relazione ad età e stato di salute generale. Nel tempo dovrà sottoporsi a periodici controlli tramite ecografia dell’addome ed ecocolordoppler.
2) Chirurgia con protesi endovascolare
L’impianto di un’endoprotesi, vale a dire la riparazione dell’aorta dall’interno (EVAR in termine tecnico) consente di affrontare la dilatazione arteriosa con minore invasività rispetto alla chirurgia tradizionale raggiungendo l’aneurisma per mezzo di cateteri introdotti tramite un’arteria della gamba (arteria femorale) in prossimità dell’inguine e dopo aver somministrato l’anestesia locale per togliere sensibilità all’area d’ingresso.
Il catetere assomiglia ad un tubicino sottile e flessibile e contiene l’endoprotesi. Viene fatto scorrere dentro la rete arteriosa fino al punto desiderato; il percorso del dispositivo è monitorato dal chirurgo attraverso un costante controllo radiologico. Catturato il bersaglio, l’endoprotesi – dotata di uno scheletro in lega metallica – esce dal guscio del catetere e si aggancia all’aorta. Per completare l’impianto endoprotesico – alla protesi principale possono essere aggiunte, laddove necessario, ulteriori parti modulari allo scopo di isolare completamente la sacca aneurismatica dal normale circolo sanguigno – occorrono dalle 2 alle 4 ore, tempi notevolmente ridotti se rapportati ad una riparazione aortica standard. I successivi test strumentali – radiografie ed ecografie – aiuteranno lo specialista a verificare che l’endoprotesi risulti perfettamente inserita e l’aneurisma non aumenti più di volume. La degenza ospedaliera, in assenza di anomalie cliniche, varia dai 2 ai 4 giorni, un periodo quindi più limitato rispetto a quello della chirurgia open tradizionale.
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Vantaggi e svantaggi dei due tipi di intervento
I vantaggi della seconda tecnica elencata, quella con protesi endovascolare, sono senza dubbio elevati:
- bassa invasività,
- nel minor rischio intraoperatorio;
- minor rischio legato all’anestesia;
- tempi di recupero più brevi rispetto alla tecnica tradizionale.
Lo svantaggio è però che lo stent potrebbe staccarsi, rendendo così necessario un altro intervento per la sua sistemazione. Per assicurarsi che lo stent si mantenga in posizione corretta, è consigliabile svolgere un’ecografia addominale ogni 6 – 12 mesi nel periodo post operatorio.
Quale tecnica è la migliore?
Non esiste una terapia necessariamente migliore in senso assoluto: secondo uno studio statistico, le due procedure – se vanno a buon fine – garantiscono risultati ed efficacia simili: il tasso di sopravvivenza a lungo termine è infatti sovrapponibile. Da quali parametri dipende, allora, la scelta della procedura chirurgica? Per scegliere quale procedura è meglio adottare, il medico valuta l’età del paziente, il suo stato di salute generale (funzione renale ecc.) e la sede dell’aneurisma. Non ultima c’è da considerare che alcuni chirurghi hanno maggior esperienza in una delle due tecniche e preferiscono usare quella in particolare.
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Aneurisma dell’aorta addominale: quando è meglio operarlo?
Un aneurisma dell’aorta addominale è una dilatazione patologica permanente che interessa la parete della più grande arteria dell’addome.
In condizioni normali, nell’adulto, il diametro dell’aorta addominale misura circa 20 -25 millimetri (cioè 2 – 2,5 centimetri). Si parla di aneurisma addominale quando il rigonfiamento aortico raggiunge una dilatazione permanente di almeno i 30 millimetri (ovvero 3 centimetri) di diametro. L’aneurisma è ritenuto di grandi dimensioni quando supera un diametro di 50 millimetri (5 centimetri).
Come per ogni altro aneurisma, la parete aortica interessata dal rigonfiamento è fragile e può rompersi con relativa facilità, provocando una grave perdita di sangue. Per dare un’idea della gravità degli aneurismi addominali, si pensi che il 70-90% dei casi di rottura spontanea si conclude con la morte del soggetto colpito. Insieme agli aneurismi cerebrali, quelli che interessano l’aorta addominale sono gli aneurismi che più mettono in pericolo la vita di un individuo.
Aneurisma dell’aorta addominare: quando è meglio operarlo?
Non esiste un vero e proprio cut off che valga per tutti: uno stesso aneurisma di pari dimensioni può essere “da operare” in un soggetto giovane, ma non è operabile in un soggetto di 85 anni. Ogni caso deve essere valutato singolarmente e deve prendere in esame vari fattori come:
- rischio di rottura (il fattore più importante);
- vantaggi;
- svantaggi;
- età;
- presenza di sintomi;
- eventuali patologie concomitanti.
Rischio di rottura di un aneurisma dell’aorta addominale
All’aumentare della dimensione della dilatazione di un aneurisma, generalmente aumenta il rischio di sua rottura:
- 40 mm – 55 mm: la probabilità di rottura è pari a un 1- 5%
- 55 mm – 60 mm: la probabilità di rottura è pari a un 10 – 20%
- 60 mm – 69 mm: la probabilità di rottura è pari a un 20 – 35%
- 70 mm – 79 mm: la probabilità di rottura è pari a un 30 – 50%
- 80 mm o di più: la probabilità di rottura è pari ad oltre il 50%
Tale ampia variabilità statistica è determinata da molti altri fattori, specie età del soggetto ed eventuali altre patologie. Sono più a rischio di rottura dell’aorta addominale gli individui:
- di sesso maschile;
- grandi fumatori;
- con diabete;
- che conducono vita sedentaria;
- con alimentazione sbilanciata ipercalorica ed iperlipidica;
- in sovrappeso o obesi;
- con aterosclerosi;
- che soffrono di vasculiti;
- con colesterolo elevato;
- che usano droghe;
- con ipertensione arteriosa;
- dai 60 anni in su;
- con una storia familiare di aneurisma dell’aorta addominale.
Quando operare: cosa dicono le Linee Guida
La dimensione della sacca aneurismatica rappresenta il fattore preminente nella rottura: in pazienti con aneurisma addominale inferiore ai 6 centimetri, la percentuale di rottura è pari al 20%, mentre un aneurisma di 7 centimetri va incontro ad un rischio del 50%. In base a ciò, e sempre valutando tutti gli altri fattori individuali, generalmente:
- sotto i 4 centimetri si procede con una “sorveglianza” diagnostica con TAC ogni 2-3 anni;
- dai 4 ai 5 centimetri si propende per la “sorveglianza” tramite TAC una volta ogni 6-12 mesi;
- oltre i 5 centimetri la chirurgia NON è generalmente rinviabile in quanto il pericolo di morte del paziente a seguito di emorragia diffusa è troppo alto. Si effettua quindi una operazione chirurgica classica o con protesi, a meno che il rischio operatorio superi i vantaggi (ad esempio: un paziente molto anziano e debilitato).
Tali dati possono variare in funzione della presenza o assenza dei fattori di rischio di rottura prima elencati.
Leggi anche:
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Rottura di aneurisma dell’aorta addominale: sintomi premonitori
Un aneurisma dell’aorta addominale è una dilatazione patologica permanente che interessa la parete della più grande arteria dell’addome.
In condizioni normali, nell’adulto, il diametro dell’aorta addominale misura circa 20 -25 millimetri (cioè 2 – 2,5 centimetri). Si parla di aneurisma addominale quando il rigonfiamento aortico raggiunge una dilatazione permanente di almeno i 30 millimetri (ovvero 3 centimetri) di diametro. L’aneurisma è ritenuto di grandi dimensioni quando supera un diametro di 50 millimetri (5 centimetri).
Come per ogni altro aneurisma, la parete aortica interessata dal rigonfiamento è fragile e può rompersi con relativa facilità, provocando una grave perdita di sangue. Per dare un’idea della gravità degli aneurismi addominali, si pensi che il 70-90% dei casi di rottura spontanea si conclude con la morte del soggetto colpito. Insieme agli aneurismi cerebrali, quelli che interessano l’aorta addominale sono gli aneurismi che più mettono in pericolo la vita di un individuo.
Sintomi premonitori dell’imminente rottura
Come già in altri articoli ribadito più volte, la presenza di un aneurisma può essere asintomatica (cioè non determinare alcun sintomo) oppure determinare dei sintomi aspecifici e/o che il paziente tende a sottovalutare, come la presenza di una particolare sensazione di pulsazione a livello ombelicale, o di un dolore addominale che si può estendere alla zona lombare. Più l’aneurisma è piccolo ed a crescita lenta, minori saranno i sintomi della sua presenza. Non esistono neanche dei veri e propri sintomi premonitori della sua imminente rottura, se non a volte una sensazione di malessere generale legata all’eventuale aumento del dolore addominale. Capita spesso – purtroppo – che la rottura di un aneurisma addominale non sia anticipata da nessun sintomo, fatto questo che rende difficile una diagnosi precoce ed alza il livello di mortalità dei pazienti colpiti, che – come precedente accennato – raggiunge picchi del 90%.
Sintomi della rottura di un aneurisma dell’aorta addominale
Quando c’è una rottura dell’aorta addominale, si riduce il flusso del sangue nella parte inferiore del corpo e si forma un accumulo di sangue nell’addome. I sintomi correlati in questo caso sono estremamente intensi:
- malessere generale;
- nausea;
- vomito;
- improvviso dolore acuto a schiena, addome e/o torace;
- improvviso aggravamento di un dolore già presente in schiena, addome e/o torace;
- improvvisa ipotensione arteriosa (abbassamento della pressione rapido);
- vertigine;
- sensazione di svenimento;
- perdita di conoscenza;
- tachicardia (frequenza cardiaca accelerata);
- tachipnea (frequenza respiratoria accelerata);
- freddo, specie alle estremità (mani e piedi);
- formicolio alle gambe.
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