Tricofagia (sindrome di Raperonzolo), tricobezoario, tricotillomania, pica, picacismo: cosa sono e quali sono le cure?

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Tricofagia

La tricofagia (dal greco τριχοφαγία: τρίξ “capello” + φάγειν “mangiare”) è l’impulso non volontario di mangiarsi i capelli; spesso essi – se abbastanza lunghi – sono inseriti in bocca quando sono ancora attaccati alla testa, per poi essere staccati ed ingoiati. La tricofagia viene anche chiamata “sindrome di Raperonzolo” o “sindrome di Rapunzel“, in riferimento proprio alla principessa Raperonzolo ed alla sua lunga e folta chioma. La tricofagia appartiene al campo della psichiatria e colpisce soprattutto le donne sotto i 20 anni ed i bambini. La tricofagia compare nella letteratura scientifica per la prima volta già nel 1889, ma solamente nel 1987 viene riconosciuta come disturbo vero e proprio.

Tricobezoario

Essendo lunghi e fatti di cheratina, i capelli non vengono smaltiti come le altre sostanze di cui ci cibiamo, ma si attorcigliano nei tratti dello stomaco o dell’intestino. Può capitare che essi – accumulandosi nel tratto gastrointestinale – causino sintomi quali indigestione e dolore gastrico, organizzandosi in una struttura solida e intricata cui si dà il nome di tricobezoario (vedi foto in alto in questo articolo); in questi casi, può risultare necessario un intervento chirurgico per rimuovere la massa. Nel 2007 fu documentata la rimozione di un tricobezoario di circa 4,5 kg dallo stomaco di una diciottenne di Chicago. Nel 1999 una ragazza britannica morì per un’emorragia interna dovuta a un intervento chirurgico atto a rimuovere un tricobezoario.

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Tricotillomania e pica

La tricofagia viene diagnosticata attraverso altre due sindromi specifiche, che sono la tricotillomania e il pica (picacismo).

Le persone che soffrono di Tricotillomania, anche in forma momentanea, non riescono a resistere all’impulso di strapparsi i capelli, solitamente nello stesso punto, lasciando sulla cuoio capelluto vistose aree di alopecia. Con questi capelli poi, inconsapevolmente giocherellano per ore infilandoseli in bocca fino ad ingoiarli. Un gesto di tensione diretto a scaricare una forte dose di stress, che comporta però, col tempo, ai dei rischi seri per la salute. I capelli ingeriti, infatti, non sono assimilati dagli organi come il cibo, ed uno dopo l’altro, per la loro lunghezza e sostanza, si arricciano e si raggomitolano tra loro formando una palla che ostruisce il passaggio degli altri alimenti.

Il termine “pica” fa riferimento ad un uccellino, la gazza eurasiatica, che ha delle insolite abitudini come quello di cibarsi di sostanze non nutritive come la terra, l’argilla, sassi e rametti. Se compiuto in tenera età tale comportamento, denominato “picacismo” può essere scambiato con l’abitudine degli infanti di tastare e conoscere ogni cosa intorno a loro mettendosela in bocca, ma spesso nasconde ben altro. La sindrome denominata Pica non fa riferimento ad una curiosità soddisfatta con l’unico modo conosciuto dai bambini attraverso la bocca, ma alla necessità del soggetto di ingerire sostanze anomale come la sabbia, il sale, il sapone, leccando per terra o mangiando prodotti non commestibili.

Solitamente si verifica nei bambini molto piccoli od incapaci di comunicare il bisogno da soddisfare determinati bisogni, oppure nelle donne in gravidanza che patiscono delle anomali “voglie”. La ricerca del motivo che scatena la causa dello stress è fondamentale per risolvere il problema ed il disagio che esso esprime e ciò può avvenire grazie all’intervento di una apposita terapia psicoterapica.

Terapie

Le terapie relative a queste condizioni, sono principalmente volte a due obiettivi:

  1. la rimozione del groviglio di capelli che, accumulandosi nell’apparato digerente, può portare a conseguenze perfino mortali;
  2. aiutare il paziente a smettere di ingerire capelli con un supporto psicologico e psichiatrico.

Rimozione del tricobezoario

Nella maggior parte dei casi, l’intervento chirurgico è necessario per rimuovere il tricobezoario (vedi il video pubblicato più in alto), tuttavia – se la sua massa non è di dimensioni eccessive – è anche possibile scioglierlo con l’ausilio di prodotti chimici, romperlo in pezzi di minor dimensione con un laser, oppure rimuoverlo in endoscopia. Questi metodi meno invasivi non garantiscono però il successo dell’intervento alla pari della chirurgia, specie in caso di masse molto grandi.

Supporto psicologico e farmacologico

Un percorso psicoterapeutico è caldamente raccomandato per prevenire future problematiche legate alla tricofagia. In particolare, ciò è fondamentale per i soggetti affetti da pica da stress o da tricotillomania, poiché è molto probabile che tornino a sviluppare la sindrome di raperonzolo non appena rimosso il tricobezoario. Un trattamento psicologico efficace per la cura della tricofagia, come di tutti i disturbi ossessivo compulsivi (tra cui vi sono la tricotillomania e la dermatillomania) è la terapia cognitivo comportamentale; questa, attraverso precisi protocolli di intervento, si pone l’obiettivo di interrompere la dinamica che porta il soggetto a gestire le proprie problematiche e il proprio distress attraverso gesti di tipo compulsivo. Farmaci antidepressivi potrebbero essere utili per migliorare la condizione, specie se affiancati dalla psicoterapia.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Soffri di picacismo? Scopri cos’è e cosa rischi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SOFFRI PICACISMO COSE COSA RISCHI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari An Pene.jpgCon il termine “picacismo” (o “allotriofagia“, in inglese “pica disorder“) si intende in campo psichiatrico un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato dall’ingestione continuata nel tempo di sostanze non nutritive come ad esempio:

  • sassi;
  • sabbia;
  • terra;
  • carta;
  • legno;
  • tessuti;
  • gesso;
  • chiodi.

Un caso famoso è quello di Kerry Trebilcock, la 26enne che vedete in foto, che nella sua vita ha mangiato oltre 4000 spugne da cucina. Tale comportamento è tipico nei bimbi fino a circa i due anni di età; in questa fase ingerire oggetti non nutritive, non viene considerato una patologia dal momento che avvicinare qualsiasi cosa alla bocca rappresenta una normale esperienza con cui il bimbo esplora il mondo. Il picacismo viene diagnosticato quindi solo se il comportamento:

  • si verifica in bambini più grandi di 24 mesi;
  • se il soggetto continua ad ingerire oggetti nonostante gli sia detto che faccia male;
  • se l’abitudine perdura per più di un mese.

Queste condizioni non sono applicabili a bambini o adulti affetti da ritardo mentale, né a individui appartenenti a culture che accettano tali pratiche per motivi sociali o religiosi. La sindrome interessa spesso anche le donne incinte dove si manifesta come desiderio di cibi nutritivi ma inappropriati, come per esempio la carne cruda.

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Sintomi del picacismo
Il picacismo appare di facile riconoscimento dal momento che l’ingestione di sostanze non alimentari, specie se molto piccole e non appuntite, può non dare sintomi per lungo tempo. Solitamente il picacismo si manifesta quando determina eventi acuti come una emorragia interna o una occlusione: i sintomi saranno quindi legati alla patologia causata dalla cronica ingestione di oggetti, quindi potranno essere variegati: stipsi, inappetenza, malessere generale, febbre, perdita di coscienza e coma.

Cause del picacismo
Alla base di questo pervertimento dell’appetito – tipico anche del mondo animale, come ad esempio tra i gatti –  vi è quasi sempre un’anemia da carenza di ferro, e il disturbo regredisce con la correzione della carenza o, nel caso delle donne incinte, col termine della gravidanza. A volte nei bambini è il sintomo di una parassitosi intestinale o di una malattia celiaca, che hanno sempre come conseguenza un disturbo del metabolismo del ferro e di altri minerali. Il picacismo può essere ovviamente espressione di malattie psichiatriche come il disturbo ossessivo-compulsivo. Nella maggior parte dei casi, l’eziologia del picacismo rimane però sconosciuta (picacismo idiopatico).

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Picacismo: quali sono i rischi?
Sia nei bambini che tra gli adulti, il picacismo può determinare patologie anche gravi, tra cui:

  • occlusioni del canale alimentare, specie a livello intestinale;
  • intossicazioni nel caso d’ingestione di materiali tossici, come vernici (saturnismo);
  • malnutrizione: nei casi più gravi lo stomaco del soggetto è talmente già pieno delle sostanze non alimentari da non lasciare spazio a quelle alimentari. Il soggetto in pratica smette di alimentarsi;
  • infezioni, se gli oggetti sono contaminati;
  • lesioni degli organi interni con emorragie, quando gli oggetti ingeriti sono appuntiti, come ad esempio chiodi o coltelli.

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Terapia del picacismo
Nel 75% dei casi risulta necessario l’intervento chirurgico che avrà l’obiettivo di estrarre, laddove possibile, gli oggetti o gli altri materiali ingeriti precedentemente. Il soggetto potrebbe giovare di psicoterapia per correggere l’abitudine malsana.

  • Nel caso di psicoterapia sistemico-relazionale, il disturbo psicopatologico viene letto e interpretato alla luce della situazione familiare, come negli esempi sopra descritti, tale per cui sarà possibile dare un significato all’assunzione delle sostanze non alimentari e, sulla base di questo significato, si interverrà su tutto il sistema famiglia. I “significati” possibili sono infiniti, in alcuni casi, per esempio l’assunzione di sostanze non alimentari può essere visto come il tentativo di attirare l’attenzione dei genitori. In questo caso, il terapeuta familiare si occuperà di ristabilire la sana attenzione a ciascun membro della famiglia.
  • Nel caso di soggetti più grandi potrà anche essere usato un approccio cognitivo-comportamentale in cui, dopo aver analizzato i pensieri sottostanti all’assunzione di sostanze non alimentari, si proverà a fare estinguere tali comportamenti attraverso esercizi e tecniche propri di questo approccio.

Tra le varie strategie cognitivo-comportamentali, molto efficace risulta essere l’utilizzo dei rinforzi e delle punizioni in seguito rispettivamente a comportamenti sani (come mangiare sostanze alimentari) e a comportamenti disfunzionali (come mangiare sostanze non alimentari). I rinforzi consistono nell’utilizzo di parole (come lodi e complimenti), oggetti (regalini di vario tipo) o comportamenti (come abbracci, sorrisi e concessioni) che, poiché valutati positivamente dal soggetto e associati al comportamento sano che li precede, servono ad incrementare l’assunzione di tali comportamenti sani. Al contrario, invece, le punizioni consistono in parole, oggetti o comportamenti che, valutati negativamente dal soggetto, servono ad estinguere il comportamento disfunzionale che li precede.

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Picacismo tra gli animali
Come già precedentemente accennato, il picacismo è noto anche come disturbo comportamentale diffuso tra gli animali, specie tra i gatti, nei quali si manifesta con una tendenza a succhiare abiti di lana, e in altri animali, come nel caso del cane, che può derivare da stress, vizi comportamentali, fino anche da processi neoplastici cerebrali, predispone a occlusioni esofagee, piloriche, intestinali o torsione gastrica, tutti quadri che necessitano di una terapia chirurgica a volte di estrema urgenza.

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